La lastra di ghiaccio non si forma in una sola notte

Adesso tutti vogliono ripartire da Rifondazione Comunista e criticano l’esperienza del Governo Prodi, dichiarando fallita l’esperienza dell’Unione e della Sinistra Arcobaleno. Oggi di fronte al disastro elettorale, dire questo costa poco, ma quando nel 2007, in tempi non sospetti, lanciammo da Firenze l’appello «per rilanciare i movimenti e l’autonomia del Prc» di fronte alla deriva governista ed allo snaturamento del partito, non solo fummo ignorati, ma addirittura emarginati e tacciati di essere residuali e nostalgici, da larga parte del gruppo dirigente, sia di area Vendola, sia dell’area Ferrero.
Ritengo che le principali questioni oggi al centro del congresso siano l’esistenza o meno di un partito comunista rifondato e la necessità di darsi un chiaro progetto alternativo al Pd: su questi nodi di fondo era auspicabile una sola mozione alternativa a quella di Vendola.
Questo non è stato possibile perché l’area Ferrero, nonostante la rottura prodottasi nella maggioranza all’indomani del 14 aprile, ha mantenuto una inaccettabile reticenza sulle cause profonde della sconfitta, sulla natura del Pd, sulla rimozione del “governismo” e soprattutto perché fino all’aprile 2008 ha condiviso tutte le scelte del gruppo dirigente fino al disastro della Sinistra Arcobaleno (con fenomeni di evidente”trasformismo” di cui è salutare non fidarsi!)
La Sinistra Arcobaleno è fallita perché è stata una fuga in avanti (e calata dall’alto) rispetto ai problemi di logoramento sociale prodotti dalla permanenza al governo, un progetto debole e moderato di unità a sinistra rispetto alle contraddizioni in campo. In mancanza di un credibile riferimento a sinistra, ampi settori sociali si sono spostati a destra.
Contro ogni ipotesi di superamento o liquidazione del Prc, la proposta centrale della terza mozione è quella di riprendere con decisione la rifondazione di un partito comunista come necessità imposta dalla globalizzazione capitalista, strumento essenziale – anche se ovviamente non sufficiente – per rilanciare la sinistra, l’opposizione e riaprire una nuova stagione dei movimenti.
La rifondazione/ricostruzione di un partito comunista e il rilancio di una sinistra di alternativa non possono basarsi su scorciatoie politiciste (come la Sinistra Arcobaleno o l’ipotesi di una costituente di sinistra che prevede di fatto il superamento del Prc o altre formule astratte) ma su precisi contenuti e pratiche sociali, sulla critica al governismo e soprattutto su un progetto alternativo al Pd. Questi criteri di fondo valgono anche per il doveroso compito di riaggregare forze comuniste oggi disperse o diversamente collocate: un percorso quindi incompatibile con operazioni di vertice e di ceto politico, con visioni libresche ed astratte di comunismo.
Adesso dobbiamo ridislocare il nostro impegno nella società, ricostruire l’opposizione al governo delle destre, riaggregare un blocco sociale con un chiaro programma di lotte sociali, dare risposta al bisogno di un nuovo sindacalismo di classe, rimuovere il governismo anche negli enti locali,
E’ urgente su questo una verifica rigorosa della nostra partecipazione alle giunte, basata sui contenuti, sui risultati conseguiti, sui rapporti sociali, anche per costruire in vista del 2009 coalizioni di sinistra, dove sia presente il Prc, con programmi alternativi al Pd.
L’autocritica sul Congresso di Venezia deve coinvolgere in modo rigoroso sia l’errata valutazione dei rapporti di forza e la permeabilità del centro-sinistra ai movimenti, sia le ragioni per cui gli “antidoti” al virus del governismo non hanno funzionato o non sono stati praticati (centralità dei contenuti, autonomia dei movimenti, conflitto sociale, fino ad accettare la logica del “meno peggio”che non ci ha evitato il peggio!)
Si cerca di svilire questo congresso a logiche americane e bipolari, basate sulla figura del leader e sul “voto utile”. Non esistono solo i primi due documenti: al contrario sostenere la “mozione dei 100 circoli” rappresenta la migliore garanzia per spostare a sinistra il partito, condizionare la stessa mozione Ferrero e praticare una vera discontinuità nella linea, nella organizzazione del Prc.
C’è bisogno di scelte congressuali chiare, ma anche di una gestione democratica e collegiale del partito per impedire che ancora una volta le mozioni diventino correnti cristallizzate, ovvero negazione della dialettica e strumenti di potere.