La guerra in Jugoslavia: una sfida per la sinistra

Europa

I governi e i popoli

La guerra è nel cuore dell’Europa. La quasi totalità dei governi europei e soprattutto i quindici dell’Unione Europea, si sono schierati con la Nato, sotto la bandiera degli Stati Uniti. Al contrario, nei popoli l’ostilità verso la guerra è andata aumentando, diventando, in molti paesi, maggioritaria (1).

Differenze geopolitiche

La mappa dei paesi europei contrari alla guerra mostra differenze tra est ed ovest. L’est è sostanzialmente ostile, in particolare la quasi totalità dei russi e degli altri popoli dell’ex URSS, la maggioranza di ungheresi, cechi, slovacchi, bulgari, rumeni… Questa stessa divisione è confermata in Germania, dove i tedeschi orientali sono in maggioranza contrari ai bombardamenti, e sono due volte più numerosi dei tedeschi occidentali. Nei confini del vecchio Patto di Varsavia, dove la questione dell’adesione alla Nato si pone per molti paesi, cresce l’ostilità verso l’organizzazione militare.

La Polonia rimane piuttosto favorevole all’occidente. Per quanto riguarda l’Albania, ovviamente essa sostiene i kosovari e la Nato.

In Europa occidentale si è verificata una divisione nord-sud. All’inizio della guerra solamente i paesi meridionali si sono dimostrati in maggioranza ostili alla guerra. Quasi unanime in Grecia e a Cipro, il rifiuto dei bombardamenti è maggioritario in Portogallo, Italia e Spagna. Altrove, la maggioranza favorevole alla Nato si è ridotta, specialmente nell’opinione pubblica francese e tedesca. In tutta Europa, il movimento contro la guerra ha preso essenzialmente la forma di manifestazioni, tra cui le più importanti si sono svolte in Grecia e in Italia, ma ha dato anche luogo a molti appelli e petizioni

Differenze negli atteggiamenti politici

A sinistra, i comunisti e gli altri partiti della sinistra anticapitalista, si trovano uniti contro i bombardamenti, pur divergendo sulla valutazione della politica della Jugoslavia in Kosovo e sulle responsabilità dello scoppio della guerra. Le diverse dichiarazioni riportate più avanti permettono di valutare i punti di convergenza e di divergenza.

I socialisti e i socialdemocratici, al contrario, sono parte attiva del conflitto come forze di governo fedeli alla Nato. È il caso, in particolare, dei britannici, dei tedeschi e dei francesi. Ma, se nei vertici regna l’unanimità, si sono opposte alla guerra delle minoranze, a volte con nomi prestigiosi come Oscar Lafontaine, leader della SPD tedesca, se non addirittura la maggioranza dei quadri (come nel partito socialdemocratico ceco). I verdi sono divisi, ma in netta maggioranza optano in favore della Nato, trascinati dal peso dei paesi dove si trovano al governo (Francia, Germania).

La sinistra contro la guerra

I partiti a sinistra dei socialdemocratici e in particolare i partiti comunisti, o nati da questa tradizione, si sono opposti in massa ai bombardamenti della Nato. Lo scoppio della guerra ha dato luogo ad innumerevoli prese di posizione e manifestazioni. Per facilitare la lettura di queste opinioni e l’ampiezza del loro sostegno, abbiamo privilegiato, laddove possibile, le dichiarazioni collettive. Infatti, dalle prime settimane dopo l’inizio dei bombardamenti, una serie di iniziative europee hanno dato luogo a dichiarazioni tese a creare mobilitazione contro la guerra.

Il 21 e 22 aprile, il Partito Progressista dei lavoratori di Cipro (AKEL) ha organizzato a Nicosia un “meeting dei partiti europei di sinistra sulla questione jugoslava” in cui 16 partiti di sinistra (2), in particolare comunisti (3), di 14 paesi, hanno adottato una risoluzione comune per:

“condannare l’attacco Usa-Nato in Jugoslavia ed esprimere sostegno al popolo jugoslavo”

Il meeting

1. Condanna nel modo più energico l’attacco e i bombardamenti degli Stati Uniti e della Nato contro la Jugoslavia e ne chiede la cessazione immediata. I bombardamenti violano in modo flagrante il diritto internazionale e la Carta dell’ONU, minandone le fondamenta.

2. Esprime piena solidarietà e sostegno al popolo jugoslavo fortemente provato. Esprime la sua preoccupazione per il destino del popolo jugoslavo, adesso ed in futuro.

3. Chiede la fine immediata dei bombardamenti della Nato e delle ostilità in Kosovo. Sostiene la ripresa del dialogo politico sotto gli auspici dell’ONU e con la partecipazione della Russia, per arrivare ad una soluzione pacifica della questione kosovara. La soluzione dovrebbe garantire i diritti di autonomia del Kosovo e la salvaguardia dei diritti umani e politici dei suoi abitanti. Allo stesso tempo, comunque, dovrebbe riconoscere ed assicurare la sovranità, l’integrità territoriale ed i confini della Repubblica Federale Jugoslava.

4. Condanna le intenzioni degli Usa e della Nato di Usare forze di terra nella Repubblica Federale Jugoslava. Tale azione destabilizzerebbe ulteriormente la situazione nei Balcani. Creerebbe pericoli di un conflitto più ampio con conseguenze inimmaginabili per l’umanità e non contribuirebbe a raggiungere una soluzione.

5. Esprime preoccupazione per il numero sempre crescente dei rifugiati e per le loro terribili condizioni di vita. Insiste per la salvaguardia del diritto di tutti i rifugiati di rimpatriare e per la creazione di condizioni che permettano loro di tornare in sicurezza.

6. Fa appello alle nazioni verso cui i rifugiati sono diretti, perché rispettino la quarta convenzione di Ginevra per i rifugiati, perché li accolgano e creino condizioni per un confortevole soggiorno temporaneo. Allo stesso tempo chiede a tutte le nazioni di contribuire agli aiuti umanitari offrendo soccorso ai rifugiati.

7. Rifiuta la proposta che siano le truppe Nato a garantire la soluzione. La soluzione dovrebbe essere garantita dall’ONU.

8. Esprime la preoccupazione che la Nato, nel quadro del cosiddetto “nuovo ordine”, stia assumendo il ruolo di gendarme del mondo con azioni dirette contro gli interessi dei popoli. I suoi nuovi principi, che saranno adottati in occasione delle celebrazioni per il cinquantenario della Nato, porteranno alla sostituzione dell’ONU e a un uso sconsiderato della forza militare ogni qual volta sia ritenuto negli interessi degli Stati Uniti e dei loro alleati.

9. Conclude di prendere nuove iniziative specifiche sulla base delle proposte avanzate dai partiti presenti a questo meeting, come marce di pace o scudi umani e altre forme di mobilitazione dell’opinione pubblica.

10. La risoluzione è stata presa all’unanimità sebbene i partiti abbiano opinioni diverse sulla politica seguita dal Governo jugoslavo in Kosovo.

Appello per la pace in Jugoslavia (4)

L’indomani, il 23 e il 24 aprile, ad Atene, su invito della Coalizione di sinistra e di progresso (Synaspismos, Grecia) si è tenuta una Conferenza europea sulla pace nei Balcani”. Più di venti organizzazioni politiche principalmente europee, oltre a numerose organizzazioni sociali greche “condannano con forza la barbara guerra in Jugoslavia ed esprimono solidarietà ai cittadini della Jugoslavia che sono le vittime di questa guerra, indipendentemente dalla loro appartenenza etnica.

La nostra coscienza si rivolta al fatto che, per la prima volta dalla seconda guerra mondiale, uno stato indipendente europeo è stato bombardato senza sosta ogni giorno con un numero crescente di vittime civili, sia serbe sia albanesi. Siamo profondamente preoccupati riguardo al danno ecologico che colpisce tutta la popolazione e le future generazioni. Secondo il nostro punto di vista, il bombardamento della Jugoslavia da parte degli Usa e della Nato non ha giustificazione, né morale né legale (…). Le gravi responsabilità del governo di Belgrado nei confronti degli albanesi del Kosovo sono evidenti, sebbene ci siano posizioni differenti sull’argomento tra i partecipanti alla conferenza. Le forze progressiste europee sono fortemente preoccupate per la violazione dei diritti umani in quelle aree (…).

Europa occidentale

All’interno dell’Unione europea, il gruppo parlamentare “Sinistra unitaria europea – Sinistra verde nordica” (GUE – GVN) che raggruppa, al momento del conflitto, 34 deputati (appartenenti a una decina di partiti) (5) e in cui si riconoscono numerosi partiti di sinistra, in particolare comunisti, ha messo a punto una dichiarazione comune il 26 marzo 1999:

Il gruppo GUE-GVN del Parlamento europeo condanna i raid aerei della Nato in Jugoslavia, in violazione dei principi fondamentali della Carta dell’Onu, e senza autorizzazione da parte del Consiglio di Sicurezza. Pur ritenendo che le autorità di Belgrado abbiano una pesante responsabilità nella tragica evoluzione della situazione in Kosovo, come nella radicalizzazione del movimento indipendentista che ne è derivata, il gruppo GUE-GVN ritiene che tali attacchi colpiscano solo la popolazione civile, serba e kosovara.

Pretendere che le operazioni militari e un tale spiegamento di forze siano una missione umanitaria appare totalmente irresponsabile.

Queste operazioni Nato possono solo esacerbare ulteriormente i sentimenti nazionalisti e rafforzare la posizione degli estremisti. Il gruppo GUE-GVN lancia un appello per la fine immediata dei bombardamenti in Jugoslavia in modo da evitare il rischio di destabilizzazione di tutta la regione balcanica e rimettere in discussione i progressi fatti durante le difficili negoziazioni di Rambouillet. Continuare questi attacchi ed inviare eventualmente forze di terra in Jugoslavia può solo portare ad un punto morto e annientare qualsiasi speranza di una soluzione politica negoziata che apra la prospettiva di una coabitazione pacifica e di una cooperazione tra le diverse componenti delle popolazioni jugoslave.

Il GUE-GVN chiede un dibattito urgente al Parlamento Europeo alla presenza del Consiglio e chiede agli Stati membri di sospendere la loro partecipazione a questa operazione in Jugoslavia.

Differenze…

Data la sua composizione, il gruppo era il centro principale di opposizione ai bombardamenti in seno al Parlamento Europeo, ma comprendeva anche approcci diversi alle caratteristiche di questa guerra: origine del conflitto, politica jugoslava in Kosovo, natura degli accordi di Rambouillet, natura del regime politico di Belgrado, relazioni con la Nato. Le posizioni andavano da quella di mettere la Nato e la Jugoslavia praticamente sullo stesso piano, o di attribuire alla seconda la responsabilità principale, fino a quella di esprimere solidarietà alla Jugoslavia. È possibile distinguere schematicamente un polo che tendeva ad ammettere l’appropriatezza dell’intervento Nato e a denunciare Belgrado, pur criticando l’uso della forza e l’illegalità dell’azione, e un polo che denunciava la natura imperialista dell’attacco, la sua portata strategica dietro il pretesto umanitario, e tra i due poli una gamma di sfumature. Il primo era fortemente presente tra i partiti della sinistra nordica, il secondo tra i comunisti del sud del continente.

In Europa del nord, il Partito della sinistra svedese condannava gli attacchi e riteneva che essi rappresentassero una svolta nella storia europea del dopoguerra. Per la prima volta uno stato sovrano è attaccato dalla Nato (…). Le reazioni di molti paesi sono state severe: la Russia parla di sostegno militare, la Cina mette in guardia dalle possibili conseguenze ecc. La politica della Jugoslavia viene definita “detestabile” e il Partito della sinistra teme principalmente un allargamento del conflitto e l’estromissione dell’ONU. Il Partito Socialista di sinistra norvegese condanna più la Jugoslavia che la Nato.

Da parte sua, la Finlandia, paese neutrale non membro della Nato, si è messa in evidenza per il ruolo giocato dal presidente Martti Ahtisaari nell’accordo per la fine delle ostilità. Il Governo, compresi i ministri dell’Alleanza di Sinistra, hanno appoggiato i bombardamenti Nato e condannato le autorità jugoslave come responsabili della crisi. D’altra parte la dichiarazione della direzione dell’Alleanza di Sinistra sottolineava che il regime serbo è il principale responsabile della guerra. (…) l’Alleanza di Sinistra ha chiesto alla Nato di fermare i bombardamenti e a Milosevic di ritirare tutte le truppe dal Kosovo e di firmare il trattato di Rambouillet così com’è (6).

Nell’Europa del sud, il Partito Comunista portoghese, per esempio, ha chiesto lo scioglimento della Nato che non è mai stata un’organizzazione con una vocazione a difendere la democrazia, la libertà e i valori umanitari. La Nato non si è mai preoccupata dei drammi umani vissuti dai popoli di Timor, del Kurdistan, della Palestina, popoli massacrati da Stati membri della Nato o suoi alleati. La creazione della Nato il 4 aprile 1949, aveva come scopo principale quello di mettere l’Europa occidentale sotto l’egemonia americana, impedire qualsiasi trasformazione di natura progressista nei paesi membri, dividere profondamente l’Europa e combattere l’Unione Sovietica e gli altri paesi socialisti dell’Europa orientale (…). Continuava ricordando il ruolo della Nato nelle dittature portoghese, greca, turca, i tentativi neofascisti italiani del 1964 e 1969, la sua complicità con le dittature del Sudafrica, dell’America Latina ecc.

Date un’opportunità alla pace!

I dirigenti di diversi Partiti del gruppo GUE si sono ritrovati per lanciare un appello comune al Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo il 21 maggio: Date un’opportunità alla pace! Fermate i bombardamenti! Aprite immediatamente le trattative!. Si trattava dei responsabili, rispettivamente, del Partito Comunista Francese (Robert Hue), del Partito della Rifondazione Comunista (Fausto Bertinotti), della Sinistra Unita Spagnola (Julio Anguita) e dei due dirigenti della PDS tedesca Lothar Bisky (presidente) e Gregor Gysi (responsabile del gruppo parlamentare): (…) L’Europa non ha niente da guadagnare lasciandosi trascinare da Washington in un vicolo cieco di cui, in definitiva, pagherà da sola il prezzo. Non ha niente da guadagnare a lasciarsi privare delle proprie responsabilità da una Nato che si erge a “gendarme del mondo”. Ci appelliamo ai principali dirigenti dell’Unione Europea, perché colgano tutte le opportunità di stroncare la logica della guerra e di avviare la ricerca di una soluzione politica alla crisi. In Jugoslavia, alcuni rappresentanti di forze democratiche e antinazionaliste si sono pronunciate dopo molto tempo in favore di un tale esito. Al momento, voci ufficiali da Belgrado giudicano “accettabile” lo spirito della posizione comune del “G8” (…).

Europa dell’Est ed ex Urss

I partiti comunisti di tutti gli stati membri della Confederazione di Stati Indipendenti (CSI) hanno protestato energicamente contro l’aggressione Usa-Nato in Jugoslavia. Alla fine di marzo, il Partito Comunista della Federazione Russa (PCFR), il Partito Comunista Ucraino (PCU), e il Partito Comunista Bielorusso (PCB) hanno pubblicato una dichiarazione che condannava l’aggressione americana e organizzato manifestazioni di massa dei loro simpatizzanti davanti alle ambasciate americane, britanniche e francesi a Mosca, Kiev e Minsk. In seguito, le proteste si sono allargate ad altre città in cui erano presenti consolati americani.

Queste dimostrazioni si sono fermate dopo che la polizia le aveva vietate in Russia e in altri stati della CSI. I partiti comunisti dei paesi baltici, sebbene in questi paesi siano fuori legge, hanno pubblicato sulla stampa comunista russa una dichiarazione di condanna dell’aggressione americana. In Georgia e in Azerbaidjan, i presidenti Shevarnadze e Alev hanno ufficialmente appoggiato l’aggressione Nato e scoraggiato qualsiasi protesta contro di essa. È significativo che praticamente tutti i partiti e i movimenti socialisti e socialdemocratici di Russia abbiano espresso la loro solidarietà alla Jugoslavia, in un modo o nell’altro.

L’Unione popolare patriottica di Russia (UPPR), diretta dal presidente del PCFR Ghennady Zjuganov, ha pubblicato una dichiarazione in cui si chiedeva che la Russia smettesse immediatamente qualsiasi cooperazione con la Nato e ritirasse i distaccamenti di paracadutisti in Bosnia. Chiedeva inoltre che la Russia smettesse di appoggiare tutte le sanzioni all’Iraq, la Jugoslavia, la Libia, e l’Iran, rifiutasse il Trattato sulle armi strategiche-Start 2 firmato con gli Stati Uniti, e che riconsiderasse i precedenti trattati tra Usa e Russia sulle armi convenzionali a causa della crescente minaccia della Nato verso la Russia. Il leader dei comunisti russi ha chiesto che venissero fornite alla Jugoslavia le moderne batterie russe autopropellenti S-300 per la difesa aerea, aerei moderni da combattimento, radar e altri equipaggiamenti militari. L’UPPR ha iniziato la formazione di brigate di volontari per andare a combattere in Jugoslavia.

In aprile e in maggio gli altri partiti comunisti hanno pubblicato le loro dichiarazioni di appoggio alla Jugoslavia. In maggio, Oleg Shenin, il leader dell’Unione dei Partiti Comunisti – PCUS – ha di nuovo condannato l’aggressione Nato contro la Jugoslavia a nome di tutti i comunisti dell’ex URSS.

Nell’Europa dell’Est, in linea generale sono principalmente i comunisti ad essere contro l’aggressione Usa-Nato, ma alla riunione di Nicosia si trovava anche il PS bulgaro. I partiti dell’Internazionale Socialista, compresi gli ex PC si sono allineati alle posizioni atlantiste. Notiamo in questo contesto la situazione originale del Partito Socialista Polacco (PSP) che ha convocato manifestazioni contro la Nato.

Nato dalla dissidenza polacca prima del 1989, oggi è alleato della socialdemocrazia della Repubblica Polacca (SdRP, ex – comunisti), pur trovandosi chiaramente alla sua sinistra.

Sul campo di battaglia

Nel teatro del conflitto, in Jugoslavia, tutte le popolazioni, tutte le forze politiche, si sono opposte ai bombardamenti. È il caso, ovviamente delle forze di governo come il Partito Socialista (PSS), la Sinistra Jugoslava (JUL) che denuncia il neofascismo del nuovo ordine mondiale che tenta di riorganizzare il mondo alla fine del XX secolo con le bombe e il caos nelle relazioni internazionali.

È ugualmente il caso dei comunisti jugoslavi.

Ma è anche il caso, per esempio, di 17 organizzazioni non governative comprendenti la Confederazione sindacale Nezavisnost, l’Unione delle studentesse, il Comitato per i diritti Umani, , l’Associazione dei Cittadini per la Democrazia, ecc. organizzazioni nate essenzialmente dall’opposizione a Milosevic.

Al contrario, in Albania, come già detto, il Partito socialista (ex – comunista), come la stessa vedova di Enver Hoxha, ha sostenuto la Nato, l’UCK, con cui ha antichi legami (7), mentre il Partito comunista Albanese condanna vigorosamente l’intervento imperialista.

Dichiarazioni

di dimensione mondiale

Per iniziativa di alcune formazioni politiche europee, essenzialmente comuniste, alcune dichiarazioni hanno ampiamente superato i confini del continente da cui sono state diffuse.

Dichiarazioni dei PC dei paesi Nato

La seguente dichiarazione comune di 16 partiti (8) di 13 dei 19 paesi della Nato è stata resa pubblica il 13 aprile: (…) Esigere la fine immediata dei bombardamenti criminali e il ripristino della pace nella regione. Intensificare gli sforzi volti a trovare una soluzione alla crisi da parte di tutte le parti in causa utilizzando mezzi politici. La soluzione deve assicurare l’autonomia del Kosovo, per tutte le minoranze nel territorio della Repubblica Federale Jugoslava. Esprimere l’opposizione più forte alla “nuova Nato”, al “nuovo ruolo strategico” che permette alla Nato di operare fuori dal territorio degli stati membri, fuori dai suoi limiti operativi conosciuti fino ad ora, e diventare uno strumento più pericoloso d’imposizione del nuovo ordine mondiale imperialista (…).

Dichiarazione del seminario

di Bruxelles

Inoltre, durante un seminario organizzato a Bruxelles dal 2 al 4 maggio dal Partito del Lavoro belga, è stata adottata una dichiarazione comune da parte di 39 partiti e gruppi, principalmente di origine maoista. Era rappresentata una ambasciata: quella del Laos. L’originalità della dichiarazione fatta da alcune organizzazioni che secondo alcuni hanno avuto rapporti con il vecchio regime albanese è l’opinione secondo la quale la guerra degli Stati Uniti e della Nato ha portato all’occupazione dell’ex Repubblica popolare d’Albania, ha trasformato l’Albania nella principale base dell’imperialismo nella sua aggressione contro la Jugoslavia e ha fatto rivivere il concetto hitleriano di “Grande Albania”. La Nato si è chiaramente manifestata come una organizzazione terrorista internazionale”. La dichiarazione chiede negoziazioni politiche che dovrebbero garantire “una larga autonomia del Kosovo “nell’ambito della Serbia e della Jugoslavia” (9).

“Appello sulla guerra della Nato

contro il popolo della Jugoslavia”

Dal 21 al 23 maggio, 53 partiti di 44 paesi (10) hanno adottato una dichiarazione in occasione di una riunione internazionale organizzata dal PC greco sul tema Crisi del capitalismo, Globalizzazione e risposta del movimento operaio.

Condanniamo i bombardamenti criminali effettuati dalla Nato contro il popolo della R.F. di Jugoslavia. Insistiamo sul fatto che questo intervento aggressivo e ingiusto viola brutalmente i principi della carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale. Insistiamo sul fatto che questo intervento non è condotto affatto per la difesa di qualsivoglia diritto umano. Già molti civili innocenti, sia serbi sia di etnia albanese sono stati uccisi. Consideriamo la guerra condotta dalla Nato contro un paese e il suo popolo, che ha scelto di difendere a qualsiasi prezzo la sua indipendenza internazionale, i suoi diritti di sovranità e la sua integrità territoriale, il modo più brutale di illustrare i nuovi orientamenti del summit dell’Aprile 1999 a Washington. La Nato sembra poter intervenire arbitrariamente ogni volta che consideri i suoi interessi in gioco. Esprimiamo la nostra profonda inquietudine in merito all’esteso impatto ecologico delle armi della Nato sul territorio jugoslavo e sull’intera regione balcanica (…). Chiediamo una soluzione nell’ambito dell’ONU che garantisca il rispetto dell’integrità territoriale della RFJ e l’inviolabilità dei suoi confini, come pure l’autonomia della regione del Kosovo e la pienezza dei diritti per tutte le minoranze che vivono là, garantendo il ritorno di tutti i rifugiati alle loro case come pure il recupero delle importanti perdite materiali (…).

Nel suo comunicato, il partito organizzatore aggiunge che: I partecipanti hanno sottolineato anche la responsabilità dei governi europei, in particolare quelli sostenuti dai socialdemocratici.

I partiti socialdemocratici

per la guerra e per la Nato

Governando undici dei governi dell’Unione Europea, la maggior parte membri della Nato, i socialisti o i socialdemocratici sono totalmente implicati nella guerra. Lo sono in modo subordinato agli Stati Uniti, ma con una innegabile convinzione bellica propria. La Gran Bretagna di Blair si distingue per la sua aggressività. La Germania di Schroeder interviene per la prima volta all’estero dopo la sconfitta del nazismo. Per quanto riguarda la Francia di Jospin, non ha avuto il ruolo diverso che molti si aspettavano. Già prima del conflitto, il partito dei socialisti europei aveva, nel suo programma, giustificato l’intervento (11). Questo è stato confermato alla riunione del Comitato dell’Internazionale Socialista per l’Europa centrale e orientale (SICEE), che si è tenuto eccezionalmente a Roma il 17 aprile. La riunione era organizzata dai Socialisti italiani (SI), i Democratici di sinistra (DS, ex PCI), e presieduta da Piero Fassino e Laszlo Kovacs, copresidenti del Comitato, con la partecipazione, tra gli altri, del presidente e del segretario generale dell’Internazionale Socialista, il leader dei DS in Italia Walter Veltroni, del vice primo ministro d’Albania, Ilir Meta, di rappresentanti dei partiti membri di Albania, Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia (12), Ungheria, Italia, Norvegia, Polonia, Portogallo, Romania, Slovenia, Spagna, Svezia.

Dopo il dibattito, la riunione ha approvato all’unanimità una dichiarazione sul Kosovo: (…) ricordando i tentativi e gli sforzi fatti prima del 24 marzo dalla comunità internazionale per trovare una soluzione politica e negoziale al problema del Kosovo; si rammarica per i fallimenti dei suoi tentativi in seguito alla presa di posizione di Milosevic e condanna il suo rifiuto di arrivare ad un accordo (…), conferma che l’obiettivo dell’azione militare lanciata dalla Nato è di far cessare la violenza e la pulizia etnica di cui sono vittima le popolazioni del Kosovo ed aprire la strada ad una soluzione negoziale del conflitto ;(…) ribadisce – come hanno affermato il 14 aprile 1999 i capi di stato e di governo dell’Unione Europea a Bruxelles – che sta adesso alle autorità jugoslave accettare senza riserve le esigenze internazionali e cominciare immediatamente a soddisfarle; ciò permetterebbe una sospensione dell’azione militare della Nato e aprirebbe la strada a una soluzione politica (…) esprime la necessità di tutti i paesi della regione di rispettare il principio dell’inviolabilità dei confini attuali; denuncia gli atti di repressione commessi contro i media, le personalità della società civile e i settori politici democratici serbi e invita tutti i partiti membri dell’Internazionale Socialista a cooperare concretamente per la restaurazione delle strutture civili e democratiche al fine di attuare un regime democratico nella Repubblica Federale di Jugoslavia (…).

Questa posizione politica è riflessa a livello sindacale con un sostegno della Confederazione europea dei sindacati che, durante una riunione specifica ha confermato che l’intervento militare si è rilevato inevitabile, tenuto conto dell’azione repressiva del regime di Belgrado contro il popolo kosovaro, che ha raggiunto adesso lo stadio di epurazione etnica. La CES resta comunque convinta che si debbano fare dei tentativi e che si debbano esplorare tutte le possibilità per riaprire le negoziazioni in vista di una soluzione politica del conflitto (13).

Socialisti contro la guerra

Nei partiti socialisti e socialdemocratici sono apparse rapidamente delle minoranze pacifiste. La più emblematica è tedesca con Oscar Lafontaine che condanna l’atteggiamento del suo paese che ha imposto il riconoscimento di stati frammentati, giudica che sarebbe folle arrivare alla convinzione che uno solo dei popoli dello stato multietnico di Jugoslavia abbia sofferto le deportazioni. Anche i serbi ne hanno sofferto. Condanna “la politica criminale” di Milosevic ma chiede la fine dei bombardamenti, a causa della questione fondamentale alla quale ci hanno condotto i bombardamenti: ci sono ogni giorno di più vittime innocenti.

Questa non è una posizione isolata. Questa posizione, animata dall’ala sinistra del partito, ha ottenuto la maggioranza in molti Länder, il sostegno di una decina di deputati e quello dei potenti sindacati della metallurgia IG Metal. In Gran Bretagna undici deputati laburisti, guidati da Tony Benn e Jeremy Corbyn, hanno votato contro la guerra. Tra i socialisti francesi le critiche sono venute da una corrente interna del PS, la “sinistra socialista”, e all’esterno col movimento dei cittadini (MdC) di J.P. Chevènement (scissione dal Partito Socialista), ma anche da personalità come l’ex ministro della difesa Paul Quilès. Nella Repubblica Ceca, il congresso socialdemocratico ha riservato delle sorprese ai suoi dirigenti favorevoli alla Nato, poiché 341 delegati su 635 (cioè la maggioranza) hanno presentato una mozione di condanna della guerra, provocando un vivace dibattito. In parlamento, 12 deputati socialisti cechi su 74 si sono uniti ai 24 deputati comunisti contro la guerra. In Austria le tradizioni nazionali di “neutralità” hanno pesato sulla socialdemocrazia, dove persino il capolista alle europee si è espresso per una soluzione pacifica.

In Italia il movimento contro la guerra ha avuto una grande ampiezza. Si è sviluppato in due modi diversi: da una parte un movimento popolare, in opposizione al governo italiano, principalmente animato da Rifondazione Comunista, segnato da molte manifestazioni importanti; dall’altra una posizione minoritaria all’interno della maggioranza, che, sostenendo il Governo, ricercava una soluzione pacifica al conflitto. Questo atteggiamento è stato sostenuto da 190 parlamentari italiani dei mille presenti nelle due Camere (14). Questo doppio movimento ha raggiunto una tale influenza che ha ottenuto un voto della Camera per un’iniziativa di arresto unilaterale dei bombardamenti da parte della Nato, al fine di aprire le trattative, prima breccia una certa importanza nel blocco occidentale.

È anche per l’iniziativa dei socialisti francesi del MdC che più di 260 parlamentari di diversi paesi dell’Unione Europea e di molte formazioni di sinistra (15) hanno dichiarato: l’ingranaggio della guerra può condurre solo a crescenti dolori nei Balcani e nell’intera Europa. È urgente tornare alla ragione e far prevalere una soluzione politica negoziale in Kosovo.

Divisioni fra i verdi

La Federazione europea dei partiti verdi, in una dichiarazione del 26 marzo, ha affermato che l’opinione pubblica è sempre più scioccata dal modo vergognoso in cui vengono trattate le popolazioni albanesi della regione del Kosovo in Jugoslavia, dalle truppe e dalla polizia jugoslava (…), che le Nazioni Unite non sono state consultate, né hanno autorizzato l’azione militare della Nato; inoltre, questa azione militare è in contrasto con la convenzione di Vienna (art. 52) che stabilisce che “Un trattato la cui firma è ottenuto con la forza…è insussistente”…che l’azione militare intrapresa esce dal mandato della Nato, che è la protezione dei suoi stati membri in caso di attacco e costituisce quindi, per il futuro, un precedente di ingerenza militare negli affari interni di qualsiasi paese abbia offeso uno dei membri della Nato (…) i Verdi chiedono l’immediato cessate il fuoco della Nato, dell’UCK e delle forze jugoslave (…).

Comunque, il 31 marzo, i Verdi tedeschi, che annoverano tra di loro J. Fisher, il Ministro degli Esteri, hanno al contrario dichiarato: abbiamo sostenuto l’intervento delle forze aeree della Nato in Kosovo dopo il 24 marzo, malgrado i numerosi problemi che esso implica, specialmente per quanto concerne il rispetto delle leggi internazionali. Altri Verdi come gli olandesi del Groenlinks sono andati oltre, qualificando la dichiarazione dei Verdi europei un insulto a tutti i politici verdi, specialmente Joshka Fisher.

Il 29 e 30 aprile una riunione dei partiti verdi europei di 7 paesi (16) ha adottato il piano Fisher articolato in quattro punti: 1. reintrodurre la Russia, l’OSCE, l’ONU nel processo di risoluzione della crisi; 2. ottenere un mandato dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU che ufficializzi i cinque punti di Kofi Annan; 3. ottenere dalla Federazione Jugoslava la riapertura dei negoziati sullo statuto di autonomia del Kosovo; 4. sospendere i bombardamenti Nato per 24 ore rinnovabili, da quando i serbi avranno manifestato l’intenzione di ritirare le truppe.

Altri partiti verdi, al contrario hanno decisamente preso posizione contro la guerra, come i bulgari, secondo cui: gli attacchi aerei della Nato sono un chiaro caso di aggressione contro uno stato sovrano. Le Nazioni Unite non hanno più alcuna utilità poiché il gendarme del mondo è la Nato, strumento dei vincitori. Infine, all’interno di molti partiti verdi ci sono state notevoli differenze, soprattutto in Germania, dove il Congresso ha dato luogo a vivaci scontri.

In quelli che partecipano al governo di tre stati belligeranti importanti (Germania, Francia, Italia), il dibattito si è concluso, con varie sfumature, a favore della Nato.

Forme di azione diversificate

Le dichiarazioni riportate, e molte altre, hanno stimolato un vasto movimento di azioni in Europa, di cui le più massicce sono state senz’altro le grandi manifestazioni greche e italiane. Tra le numerose altre iniziative, segnaliamo anche le petizioni, le dichiarazioni e i passi dei leader e gli scambi su Internet.

Marce per la solidarietà e la pace

Alcuni leader di sinistra si sono mossi per manifestare la loro solidarietà alla Jugoslavia e/o favorire una soluzione pacifica al conflitto recandosi a Belgrado. È il caso, per esempio, di: Nikos A. Costantopulos, Presidente di Synaspismos, Gyula Thürmer, Presidente del Partito dei Lavoratori di Ungheria, Armando Cossutta, Presidente del partito dei Comunisti Italiani e Gregor Gysi, Presidente del gruppo della PDS nel Bundestag, Walter Baïer, Presidente del PC austriaco.

Tutti hanno incontrato i rappresentanti del PS serbo, della Sinistra Jugoslava (JUL), dei Comunisti jugoslavi e molti sono stati ricevuti da Milosevic. Molte organizzazioni hanno anche inviato messaggi di solidarietà alle organizzazioni politiche jugoslave. È il caso, in particolare, del PC di Boemia – Moravia che ha inviato una lettera di solidarietà ai Cari compagni e amici del Partito socialista di Serbia (SPS), alla Sinistra Jugoslava (JUL), e ai comunisti jugoslavi (JK) condannando l’aggressione criminale del Patto del Nord Atlantico contro la Repubblica Federale Jugoslava qualificata come un atto senza precedenti, giustificato da accuse fraudolente e menzognere e una flagrante violazione del diritto internazionale, della Carta delle Nazioni Unite, dell’atto della Conferenza di Helsinki (…). Vi preghiamo di accettare l’espressione di piena solidarietà del nostro Partito e di una consistente maggioranza dei nostri concittadini con la causa del vostro popolo e del vostro paese.

Dichiarazioni e petizioni

Al di là delle forze della sinistra, il movimento intellettuale e morale contro la guerra in Europa, ha preso forme che hanno largamente oltrepassato i confini della sinistra comunista e radicale. Forze di destra, ma anche autorità religiose, particolarmente il Papa, si sono pronunciate per la pace, la sovranità degli stati, la legalità internazionale.

Negli ambienti intellettuali, gli appelli contro i bombardamenti si sono moltiplicati in molti paesi. L’Appello europeo per una pace giusta e duratura nei Balcani del 15 maggio a Parigi tendeva a unificare una parte di queste iniziative ed è stato firmato da centinaia di intellettuali e dirigenti politici.

Contro la guerra con Internet

Il movimento contro la guerra in Jugoslavia ha probabilmente conosciuto, sul piano dei mezzi di comunicazione, una vera “rivoluzione”. L’uso di Internet per far circolare da una parte all’altra del pianeta testimonianze, opinioni e documenti ha contrastato la “guerra dell’informazione” della Nato. Personalità e partiti, giornali e associazioni, hanno esercitato, a questo riguardo, un ruolo importante e spesso nuovo.

• Questa raccolta di posizioni e atteggiamenti è stata possibile grazie all’aiuto dei nostri corrispondenti e amici, in particolare da Madrid, Parigi, Londra, Stoccolma, Atene, Budapest, Mosca, Helsinki, Roma, Praga, Lisbona.

Cogliamo l’occasione per ringraziarli tutti.

Note:

1) Un sondaggio realizzato in 8 paesi dell’UE mostrava un forte peggioramento dell’immagine degli Usa

2) Partiti partecipanti: PC Austria, PC Armenia, Partito socialista bulgaro, PC Grecia, Partito operaio (Ungheria), PRC (Italia), PdCI (Italia), PDS (Germania), Synaspismos (Grecia), PCFR (Russia), PC Portogallo, Partito Agrario (Russia), PC Spagna, IU (Spagna), PC Slovacchia, Akel (Cipro). Quasi tutti gli altri partiti ciprioti erano presenti come osservatori, sintomo di un’opinione pubblica cipriota contraria ai bombardamenti al 98%.

3) La vigilia della guerra, il 24 marzo, una riunione di partiti comunisti della regione balcanica aveva denunciato una “minaccia di guerra” ed “espresso la convinzione che i popoli serbo e albanese, come gli altri popoli balcanici, fossero in grado, da soli e senza intervento straniero, di risolvere i loro problemi pacificamente”. Si trattava di una dichiarazione intitolata “rafforzare la lotta antimperialista per la pace”, firmata da PC albanese, PC bulgaro, Piattaforma Marxista del Partito socialista bulgaro, PC di Bulgaria – G. Dimitrov, Nuovo PC di Yugoslavia, Comunisti jugoslavi, PC greco PC di Romania. L’appello è stato inoltre sostenuto da numerosi partiti assenti all’incontro, tra cui il Pc di Boemia e Moravia (KSCM). L’appello è stato inoltre sostenuto da numerosi partiti assenti all’incontro, tra cui il Pc di Boemia e Moravia (KSCM).

4) Partito comunista austriaco; Partito socialista bulgaro; AKEL (Cipro); EDEK Partito socialista (Cipro); Ecologisti-ambientalisti (Cipro); Democratici uniti (Cipro); Partito democratico (Cipro); Partito socialista popolare (Danimarca); Partito socialista di Macedonia; Movimento dei cittadini (Francia); Partito del socialismo democratico (Germania); Solidarietà internazionale per la cooperazione; Partito operaio (Ungheria); Partito dei comunisti italiani; Partito della rifondazione comunista (Italia); Partito socialista di sinistra (Norvegia); Alleanza per la Romania; Partito socialista dei lavoratori (Russia); Coalizione del centro socialista – forze di sinistra di Russia; Unione per il potere popolare e il lavoro della Federazione russa; Sinistra unita (Spagna); Partito del lavoro (Svizzera); Centro d’azione internazionale (Usa); alcuni deputati europei (Alecos Alavanos, Lucio Manisco, Papayannakis Mihalis). Tra i partecipanti greci: Synaspismos, AKOA (comunisti rinnovatori e sinistra ecologista, e rappresentanti di numerose ONG.

5) I parlamentari europei dei partiti comunisti di Francia, Italia, Grecia, Portogallo. Quelli di Izquierda Unida (Spagna), di Iniziativa per la Catalogna, del Partito della sinistra svedese, dell’Alleanza di sinistra della Finlandia, del Synaspismos di Grecia un laburista di sinistra (Gran Bretagna).

6) Da parte sua, il Partito comunista finlandese (SKP), all’opposizione, condanna l’intervento, non approva “le discriminazioni etniche e le violazioni dei diritti umani” e ritiene che “la guerra in Jugoslavia ha lo scopo di rafforzare il ruolo della Nato, la militarizzazione dell’UE, le industrie d’armamenti, gli obiettivi strategici dei poteri imperialisti (…)”.

7) Le Monde Diplomatique, giugno 1999.

8) PC belga, PC di GB e Nuovo PC di GB, PC del Canada, PC di Catalogna, PC di Boemia – Moravia, PC di Danimarca (KpiD) e PC danese (DKP), PDS e PC di Germania (DKP), PC di Grecia, Partito Operaio ungherese, Nuovo PC dei Paesi Bassi, PC portoghese, Partito del Lavoro (EMEP) di Turchia, PC degli Usa. I sei paesi appartenenti alla Nato e non rappresentati da un firmatario sono: Islanda, Italia, Francia, Lussemburgo, Norvegia e Polonia. Si nota anche l’assenza di un partito che rappresenti l’intero stato spagnolo.

9) Tra i firmatari più significativi troviamo l’Unione dei Partiti comunisti – PCUS dell’ex Unione Sovietica, il fronte Nazionale Democratico delle Filippine, il PC del Nepal (maoista), il JEFF/PADS del Senegal, i due PC marxisti – leninisti e il SUCI dell’India, il PC slovacco, il PC operaio russo.

10) 48 partiti hanno firmato la dichiarazione; si tratta del PADS (Algeria), PC Australiano, PT belga, PC di Gran Bretagna, PC di Bulgaria, PC “Georges Dimitrov” di Bulgaria, Piattaforma marxista del PS bulgaro, PC del Canada, PC colombiano, PC cubano, AKEL di Cipro, PC di Boemia – Moravia, PC di Danimarca, PC egiziano, PC finlandese, Unione dei comunisti di Macedonia, Partito comunista unificato di Georgia, PC tedesco, PC di Grecia, Partito operaio ungherese, Partito Tudeh d’Iran, Partito dei lavoratori d’Irlanda, Partito della Rifondazione Comunista italiano, P. dei comunisti italiani, PC giordano, Partito del lavoro di Corea (del Nord), Partito socialista di Lettonia, Nuovo Partito comunista dei Paesi Bassi, PC norvegese, PC di Palestina, PC portoghese, PC rumeno, PC operaio di Russia, Unione dei PC dell’Unione Sovietica, PCFR, PC sudafricano, PC di Spagna, Sinistra Unita di Spagna, i due PC di Siria, PC d’Ucraina, Unione dei comunisti d’Ucraina, PC degli Usa, PC del Vietnam, Nuovo PC di Jugoslavia.

11) Vedi articolo sulla preparazione alle elezioni europee.

12) La posizione greca è particolare, poiché il governo e il partito al potere sostengono l’intervento della Nato e vi contribuiscono concretamente in ragione della vicinanza del teatro delle operazioni, ma devono fronteggiare un’opinione pubblica totalmente ostile, che spinge il governo ad adottare un atteggiamento apparentemente reticente.

13) Questa posizione si è poi evoluta verso una richiesta di arresto dei bombardamenti. Non rifletteva neanche la posizione di tutti i movimenti sindacali, anche in seno alla CES. La CGT greca, francese e portoghese, l’IG Metal in Germania, tra gli altri, si sono dichiarati contro la guerra. I sindacati italiani hanno spinto per una politica di pace. I sindacati spagnoli CCOO e UGT sono rimasti discreti, ma i loro responsabili internazionali si sono pronunciati contro i bombardamenti.

14) Questi parlamentari vengono dai ranghi della sinistra del partito dei Democratici di sinistra (ex PCI), dal Partito dei comunisti italiani (scissione di Rifondazione Comunista condotta da Armando Cossutta e presente al governo), la Verdi e la cristiano democratici di sinistra del PPI.

15) 262 al 1 giugno di cui 9 parlamentari europei, 160 italiani, 38 tedeschi, 28 francesi, 14 spagnoli e 13 portoghesi. Politicamente i firmatari vengono da diverse correnti di sinistra e la verdi.

16) Germania, Francia, Paesi Bassi, Gran Bretagna, Svezia, Finlandia e Malta.

Africa

In Africa l’ostilità ai bombardamenti della Nato è stata dominante. Molti stati hanno manifestato la loro condanna. È stato in particolare il caso dei paesi dell’Africa meridionale. Il 25 marzo, il Sudafrica, il cui governo è diretto dall’ANC ha rilevato con grande inquietudine l’azione militare in corso contro lo stato sovrano della Repubblica Federale di Jugoslavia. Ciò è in violazione della Carta delle Nazioni Unite e delle norme accettate dal diritto internazionale e ha contribuito ad inasprire la situazione nei Balcani (…). Il governo sudafricano chiede a tutte le parti del conflitto di rispettare le risoluzioni 1199 e 1203 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e di cercare attivamente una soluzione diplomatica in questo spirito.

Da parte sua, il comunicato del ministero degli Esteri namibiano ha giudicato gli attacchi della Nato una violazione della Carta delle Nazioni Unite e ricordato che il governo aveva chiesto al governo jugoslavo di non violare i diritti umani degli albanesi del Kosovo, che volevano scindersi dal vecchio stato comunista ricordando che la Jugoslavia aveva fermamente sostenuto la lotta di liberazione nazionale contro l’apartheid sudafricana. Tra le formazioni di sinistra che, numerose, hanno condannato la Nato, il Partito comunista sudafricano ha effettuato una lunga analisi del conflitto e delle sue ripercussioni di cui pubblichiamo il riassunto che segue.

Fermate la guerra

imperialista nei Balcani!

“La vera storia che si nasconde dietro lo smembramento della Jugoslavia”

Il PC sudafricano condanna i bombardamenti e dichiara che “(…) questa guerra non ha niente a che vedere con i diritti delle minoranze ma soltanto con le politiche di potenza imperialista. (…) dobbiamo evitare di cadere nella trappola preparata dalla propaganda incessante Usa – Nato e di adottare analisi e risposte semplicistiche.

Dobbiamo piuttosto capire le cause vere nascoste dietro la tragedia umana attuale, imparare lezioni utili e agire di conseguenza”. Il SACP descrive la politica condotta dagli Usa e dalla Germania volta a “dividere e regnare”. “Tutto ciò ha creato le basi di una ricolonizzazione dei Balcani.

La guerra è servita solamente a istituzionalizzare ciò che già era realtà – la rottura totale e lo smembramento della Repubblica Federale di Jugoslavia. Al momento degli accordi di Dayton, l’obiettivo imperialista era rendere impossibile la sperimentazione di un “socialismo di mercato” e l’autogestione operaia e sostituirli con un debole “nuovo stato” sottomesso ai diktat del “libero mercato”, ciò che è stato realizzato”. Una volta sbriciolata la vecchia Jugoslavia, il piano imperialista riguardante elementi che ne restavano – la Serbia e il Kosovo – era che questi subissero, più o meno, la stessa sorte. La strategia generale, resa evidente da ciò che è successo prima dello scoppio del conflitto aperto in Kosovo, consisteva nel concludere il lavoro di “balcanizzazione”.

Dopo il fallimento degli sforzi delle potenze occidentali di lusingare i nazionalisti serbi, come l’uomo forte Milosevic, per persuaderli ad accettare il loro stato di dipendenza, la macchina militarista e la propaganda Usa – Nato sono state di nuovo utilizzate per forzare le cose.

Partito del Polo di Sinistra

del Senegal (1)

Più a nord del continente, i partiti della sinistra senegalese che sono, tra l’altro, in pieno processo di riavvicinamento, hanno pubblicato una dichiarazione comune: I partiti del polo di sinistra hanno esaminato il grave deterioramento della situazione nei Balcani, con gli attacchi aerei della Nato contro la Jugoslavia. Riferendosi all’esperienza della storia di questo secolo, in particolare la prima e la seconda guerra mondiale, i partito del polo di sinistra esprimono la loro grave preoccupazione sulle molteplici conseguenze che questa crisi si porta dietro. Mentre le restrizioni delle libertà democratiche e le repressioni esercitate contro gli oppositori al regime iugolsavo e gli albanese del Kosovo devono essere condannate senza equivoci, è inaccettabile che i paesi della Nato decidano una punizione militare contro questo regime con questo pretesto; soprattutto visto che i governi dei paesi della Nato hanno agito senza il consenso del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. I partiti del polo di sinistra chiedono la fine degli attacchi aerei contro la Jugoslavia e della repressione delle forze armate jugoslave in Kosovo per creare le condizioni favorevoli a una soluzione politica della crisi in questo paese”.

L’Africa mediterranea divisa

I paese arabi d’Africa (2) hanno adottato posizioni relativamente diverse nei confronti della Nato, che riflettono, al di là degli avvenimenti, da una parte il modo di relazionarsi agli Stati Uniti (alleanza/sfiducia/conflitto) ma anche, come in altre parti del continente, la relazione con la Jugoslavia, in cui si mischiano il ricordo del suo ruolo, con Tito, nel Movimento dei Non Allineati.

Il Marocco, il cui governo è guidato dal partito di sinistra della coalizione di Koutlah, ha auspicato una soluzione pacifica del conflitto, facendo cadere la responsabilità della guerra sulla Jugoslavia. Per quanto riguarda la Tunisia, molto più bellicosa, ha totalmente giustificato i bombardamenti della Nato auspicando che il caso venga trasferito nelle mani dell’ONU.

L’Algeria, al contrario, ha immediatamente rigettato la violenza come un metodo di risoluzione dei conflitti e condannato la scelta degli stati della Nato di Usare la forza contro la Jugoslavia, chiedendo una soluzione diplomatica alla crisi del Kosovo, che comprenda la garanzia dei diritti degli albanesi del Kosovo.

La Libia ha condannato l’azione della Nato in ragione della sua illegittimità e ha cercato di mobilitare tutte le organizzazioni interstatali cui appartiene: il Movimento dei Non Allineati, l’Organizzazione di Unità Africana (OUA), l’Organizzazione della Conferenza Islamica (OCI) e la Lega Araba.

Note

1) Questo testo è firmato dal Partito africano per la Democrazia e il Socialismo (And/PADS), la Lega Democratica/Movimento per il Partito del Lavoro (LD/MPT), il Movimento per il Socialismo e l’Unità (MSU) e il Partito dell’Indipendenza e del Lavoro del Senegal (PIT).

2) Vedere anche il capitolo sul mondo arabo a cavallo tra l’Africa e l’Asia.

Asia

Più del 40% dell’umanità

Incontestabilmente, contro gli Stati Uniti e la Nato, l’Asia ha fatto blocco, in particolare con tre grandi paesi, che riuniscono il 40% della popolazione mondiale: la Cina, la Russia e l’India. Questi hanno anche ipotizzato di costituire un’asse contro la politica della Nato. E non sono i soli in Asia ad aver condannato l’intervento militare, poiché bisogna ricordare anche in particolare, il Vietnam, la Cambogia, il Laos, la Corea del Nord, il Nepal e la Mongolia.

E, se gli Stati Uniti hanno conservato degli alleati fedeli come il Giappone e la Malaysia, per contro, la Corea del Sud e l’Indonesia hanno espresso la loro “disapprovazione”.

Il Pakistan, pur difendendo i musulmani del Kosovo, s’è guardato bene dal sostenere l’intervento della crede nella sovranità di tutti i paesi e la rispetta; si oppone all’uso della forza da parte della superpotenza (gli Usa) le cui azioni sono contrarie alla carta delle Nazioni Unite e violano l’indipendenza e la sovranità di una nazione (2).

La condanna cinese

La Cina, da parte sua, ha preso immediatamente posizione. Un articolo del 25 marzo apparso sul quotidiano del Partito comunista cinese si è opposto al barbaro intervento armato contro la Jugoslavia. Questa invasione della Nato deve essere fortemente denunciata.

Sullo sfondo del problema del Kosovo, l’articolo sostiene la posizione del governo di Milosevic: il problema del Kosovo trova la sua origine in una contraddizione nazionale complessa molto antica. È un problema puramente interno alla Jugoslavia. Dopo lo scorso febbraio, le attività terroriste delle forze armate illegali albanesi del Kosovo sono diventate sempre più intense. Al fine di conservare la propria sovranità nazionale e la propria integrità territoriale, il governo jugoslavo ha adottato delle misure necessarie. Esse erano completamente giustificate e legali. In poco meno di 200 paesi del mondo ci sono più di 2.500 minoranze nazionali (…). Se incoraggeremo la frammentazione, non diventerà più caotico il mondo?

Inoltre vengono denunciate le intenzioni degli Stati Uniti Attualmente la Nato cerca di utilizzare l’attacco militare contro la Jugoslavia per creare le basi teoriche e pratiche di nuovi piani strategici (…). Utilizzando adesso la questione del Kosovo per impiegare le armi contro la Jugoslavia, la Nato cerca di controllare questo spazio strategico che sono i Balcani, al fine di eliminare gli ostacoli alla sua espansione verso l’est e, per fare un esempio, per i suoi nuovi piani strategici che permettano di passare da una difesa strategica a un intervento globale.

Naturalmente, l’attacco della Nato contro l’ambasciata cinese a Belgrado ha solo aggravato le paure cinesi. Molte formazioni di sinistra in Asia hanno preso posizione contro l’intervento militare degli Stati Uniti e della Nato. Abbiamo scelto dei brani di alcune dichiarazioni.

La sinistra indiana

L’appello per un movimento di protesta contro l’aggressione della Nato in Jugoslavia del 6 aprile 1999 è stato firmato dai primi dirigenti di quattro partiti del Fronte di Sinistra e di molte organizzazioni sindacali e popolari, che rappresentano in totale decine di milioni di aderenti (3). Le forze della Nato hanno selvaggiamente bombardato la Jugoslavia per due settimane. Non c’è una fine in vista a questa sfacciata aggressione. Uno sbarramento di missili e di bombe punta al momento contro il centro di Belgrado, le infrastrutture e i servizi, in tutto il paese, in modo preciso per impedire qualsiasi vita normale. Ci sono già stati molti morti e centinaia di feriti. L’attacco della Nato, diretto dagli Stati Uniti, è un’aggressione pura e semplice contro uno stato sovrano. Viola tutte le norme internazionali; trasgredisce la carta delle Nazioni Unite poiché è stato portato senza l’accordo del Consiglio di Sicurezza. È una grossolana ingerenza negli affari interni della Jugoslavia. È una manifestazione evidente del potere illegale esercitato dagli Stati Uniti sui paesi che rifiutano di accettare i loro diktat.

Il popolo indiano è stato scioccato da questa dimostrazione brutale di potenza e di arroganza da parte delle potenze della Nato dirette dagli Stati Uniti. Il problema del Kosovo non si può risolvere punendo il popolo jugoslavo. L’esigenza di una fine dei bombardamenti presentata da Russia, Cina e India, che costituiscono il 40% della popolazione mondiale, è rappresentativa dell’opinione internazionale.

Le proteste contro questo attacco alla Jugoslavia si sono svolte in diversi luoghi. Poiché l’obiettivo degli Usa e della Nato è distruggere la Repubblica Serba, è essenziale che noi costruiamo un potente movimento di protesta in solidarietà col popolo della Jugoslavia, che è stato l’amico e il partner tradizionale del movimento non allineato. Facciamo sentire la voce da tutte le parte della popolazione: giù le mani dalla Jugoslavia! Fermate i bombardamenti! Negoziate sotto la supervisione dell’ONU!. Chiediamo a tutta la popolazione di unirsi al movimento di protesta in corso.

Il Partito comunista giapponese

Il 25 marzo il principale partito di sinistra del Giappone, il Partito comunista giapponese, ha denunciato la guerra in Jugoslavia e dichiarato: Per quel che riguarda la questione del Kosovo, con cui giustificano i bombardamenti, si erano svolti dibattiti di pace dallo scorso ottobre sotto la mediazione di sei paesi americani ed europei. Non c’è nessun motivo di lanciare tali bombardamenti semplicemente perché una delle parti nella negoziazione non è d’accordo col programma di pace. L’uso della forza da parte della Nato rende non solo più complicato il processo di ricerca di una soluzione al conflitto, ma provoca un aggravamento del conflitto e il pericolo di arrivare ad una guerra totale in cui molti civili innocenti e altre persone saranno ferite o uccise.

Il PCG critica severamente questi bombardamenti della Nato e ne chiede la fine immediata. Inoltre, non c’è nessuna risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, né alcuna norma internazionale che autorizzi questi bombardamenti. Essi costituiscono un’azione unilaterale che è deprecabile e pericolosa. L’editoriale di Akahata dell’8 aprile, intitolato Lo sviluppo dell’azione brutale viola la giustizia internazionale” dichiarava che a proposito della questione del Kosovo, è inutile ricordare che qualsiasi azione inumana e contraria al diritto di autodeterminazione è inammissibile. In fondo è una questione interna della Jugoslavia e i negoziati di pace erano in corso grazie alla mediazione di altri Paesi (…).

Filippine

La sinistra filippina ha ugualmente denunciato l’intervento della Nato. Il comunicato comune del Comitato Centrale del Partito comunista delle Filippine e del Consiglio Nazionale del Fronte Nazionale Democratico delle Filippine, che si intitola: “fermate la guerra di aggressione Usa e Nato”, datato 26 marzo 1999, dichiarava: (…)

Gli Usa e i loro alleati imperialisti sono mostruosi nel loro tentativo di imporre le forze di occupazione straniera in Jugoslavia, al fine di perseguire lo smembramento di questo paese e, dopo il rifiuto jugoslavo di accettare tali forze d’occupazione, intraprendere un vigliacco bombardamento della Jugoslavia, la missione umanitaria è un semplice pretesto per ciò che è un’aggressione imperialista. Si manifesta una falsa simpatia per il popolo albanese del Kosovo, ma ciò mira, in effetti, a sviluppare l’egemonia, lasciando aperta la strada alla barbarie imperialista e trasformando il popolo jugoslavo, ivi compreso il popolo del Kosovo, in vittima (…).

“Fermate la guerra Usa – Nato

contro la Serbia! Autodeterminazione per il Kosovo”

Più a sud, per iniziativa del giornale del DS australiano (4) “Green Left”, è stato firmato un appello da molte decine di intellettuali e responsabili di organizzazioni, principalmente in Australia ma anche in America Latina e in paesi asiatici:

Ci opponiamo contemporaneamente alla guerra della Nato diretta dagli Usa contro la Serbia – Jugoslavia e alla campagna di genocidio delle autorità serbe contro la maggioranza etnica albanese del Kosova (chiamato “Kosovo” dal regime serbo). Poggiamo il diritto all’autodeterminazione del popolo kosovaro, che include il diritto all’indipendenza dalla Serbia. La guerra delle potenze della Nato contro la Serbia – Jugoslavia non ha niente a che vedere con la difesa del popolo kosovaro dalla persecuzione serba, che è cominciata da una decina di anni e contro la quale queste potenze non hanno fatto niente. L’intenzione reale della guerra Usa- Nato è duplice: primo, guadagnare l’accettazione dell’opinione pubblica del diritto del governo Usa di utilizzare la sua macchina bellica in tutto il mondo; secondo, bloccare la guerra del popolo kosovaro per la sua indipendenza dalla Serbia.

I Paesi arabi

I Paesi Arabi sono divisi nelle reazioni tra un’ostilità verso la politica di forza degli Stati Uniti di cui soffrono, in particolare nel caso dell’Iraq, e d’altra parte la solidarietà verso la comunità albanese musulmana del Kosovo (5). Il risultato è un grande silenzio sui bombardamenti, la cui illegalità internazionale li imbarazza e solamente la Libia, l’Algeria e l’Iraq hanno denunciato fermamente i bombardamenti della Nato. Gli stati arabi si sono di contro ritrovati unanimi, in occasione della riunione dei ministri degli esteri della Lega Araba al Cairo, per sottolineare la doppiezza US che tratta in modo totalmente contraddittorio gli albanesi del Kosovo e i palestinesi. Tra le forze della sinistra araba, il rifiuto dell’intervento è molto più marcato.

La Coalizione Progressista Nazionale Unionista egiziana, per esempio, denunciava il 31 marzo, per voce del redattore capo del suo giornale Al Ahali, la Nato come uno strumento dell’egemonia americana sul mondo. Ciò che succede adesso non ha nessun rapporto coi diritti dei kosovari né la difesa dei loro diritti (…). I media ci spingono in una trappola colossale e verso l’accettazione del regime della legge della giungla (…). È una guerra lanciata da un gruppo di stati contro uno stato sovrano senza l’avallo dell’ONU.

Per il Partito del popolo palestinese: è l’avvertimento più forte dopo la fine della seconda guerra mondiale, lanciato a tutti i popoli e gli stati. Se essi non faranno fronte comune verso le mire aggressive di Washington, è la legge della giungla che governerà il mondo.

Dichiarazione comunista comune

Il comunicato dei partiti comunisti e operai dei paesi arabi giudicava ugualmente che: (…) questa aggressione in nome della Nato costituisce una violazione evidente della Carta dell’ONU e dei principi del diritto internazionale. (…) Se disapproviamo tutte le forme di oppressione etnica o religiosa, come “la pulizia etnica”, da qualsiasi parte esse provengano e chiunque ne sia l’autore, confermiamo che i nostri popoli – che hanno sofferto e continuano a farlo per le conseguenze dell’ipocrisia degli americani e per la politica del doppio standard che essi applicano – sappiamo benissimo che i veri obiettivi di Washington, camuffati dietro questa aggressione, sono: da una parte lo smembramento della Jugoslavia, come vendetta contro il suo ruolo storico nel movimento di liberazione nazionale nel mondo intero e perché essa resta determinata a preservare la sua sovranità naturale e rifiuta di sottomettersi alla direzione di Washington e alle richieste della Nato. D’altra parte, Washington cerca di rafforzare la presenza militare americana nei Balcani, per poterli soggiogare e controllare e perché essi diventino una nuova base a partire dalla quale sarà possibile esercitare pressioni sulla Russia, rendere effettivo il suo accerchiamento e dividere l’Europa stessa dall’interno, con l’obiettivo di impedirne il processo di unificazione, che costituisce un ostacolo all’egemonia americana (…) (6).

Note

1) Indipendentemente dalla posizioni degli stati, le manifestazioni nella regione hanno tutte denunciato la guerra.

2) In India le rimostranze contro l’intervento americano, sono state aumentate dal raffronto tra la situazione del Kosovo e del Kashemir, musulmano.

3) Harkishan Singh Surjeet, Prakash Karat (CPI-M), A.B. Bardhan, D. Raja (CPI, K. Pankajakshan (RSP), Debadrata Biswas (Forward Bloc). Sumit Sarkar, S.P. Shukla, Utsa Patnaik, Dr. Nirmal Chandra, Prabhat Patnaik, N. Ram, Dr. Arun Ghosh, Ambrose Pinto, Achim Vanaik, Tanika Sarkar. M.K. Pandhe (CITU), K.L. Mahendra (AITUC), S. Ramachandra Pillai (AIKS), Atulkumar Anjan (AIKS), A. Vijayaraghavan (AIAWU), P.K. Kodian (BKMU), Brinda Karat (AIDWA), Amarjeet Kaur (NFIW), T. Srinivas (AISF), Soni Thengamam (AI, Mohd. Salim (DYFI), Balagopal (SFI).

4) Organizzazione di matrice trotskista.

5) Il Libano è un caso particolare, in cui ciascuna delle comunità (musulmane e cristiano ortodosse) ha dato solidarietà ai propri correligionari.

I firmatari sono i Partiti comunisti di Giordania, Sudan, Iraq, Libano, Egitto, Siria (i due PC) e il Fronte Nazionale di Liberazione del Bahrein.

L’America latina e i Caraibi sulla guerra *

di Joaquin Buresi

Sebbene i mezzi di informazione internazionali e locali abbiano coperto ampiamente l’avvenimento per tutto il continente americano, le reazioni contro la guerra sono rimaste fino ad ora relativamente isolate, disperse e poco significative. Per i latino – americani questo conflitto si svolge in una regione geograficamente lontana, con radici storiche con le quali non hanno legami particolari. Politicamente, ciò che domina è la cattiva conoscenza e la disinformazione sulle vere motivazioni, sul carattere di questo attacco e sulle diverse etnie che vi sono coinvolte.

Ciononostante, molti governi si sono pronunciati contro i bombardamenti. Cuba, il Venezuela, il Messico, il Perù, il Cile, l’Uruguay, l’Ecuador, con varie gradazioni, si sono pronunciati per la ricerca di una soluzione pacifica al conflitto.

Il Venezuela ha condannato energicamente la Nato e inviato le sue condoglianze alla Repubblica Popolare Cinese per il bombardamento dell’ambasciata a Belgrado. Il Messico e il partito al potere (Partito Rivoluzionario Istituzionale, PRI) si sono pronunciati per una soluzione pacifica e la fine dell’attacco. In Perù, un importante gruppo di deputati che ha espresso disapprovazione per l’abbandono delle soluzioni negoziali, condanna il non rispetto dell’autorità del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e chiede la ripresa del dialogo. Il governo cileno ha disapprovato l’attacco della Nato e si è pronunciato per una soluzione pacifica del conflitto con la partecipazione delle Nazioni Unite.

Cuba, ovviamente, si trova tra gli stati più ostili a questa guerra, condanna l’aggressione ingiustificata della Nato contro la Jugoslavia e giudica che la guerra della Nato riaccende i giustificati timori dell’umanità verso la costituzione di un mondo unipolare e prevaricatore, controllato da un impero guerriero, che si erge a polizia mondiale (…) in modo simile a come è apparso durante la prima metà di questo secolo con la creazione di blocchi bellicisti che coprirono di distruzioni, di morti e di miseria l’Europa, la divisero e l’indebolirono mentre gli Stati Uniti rafforzavano il loro potere economico, politico e militare.

Alcuni governi, al contrario, hanno sostenuto l’intervento, come il Brasile e l’Argentina. Quest’ultima, tuttavia, ha espresso la propria inquietudine in seguito all’attacco contro l’ambasciata cinese. Altri governi del continente hanno scelto il silenzio. Il Salvador, il Nicaragua e il Guatemala hanno fatto causa comune con gli Stati Uniti. Numerose organizzazioni di sinistra si sono pronunciate contro l’intervento americano. Il rifiuto della “guerra imperialista” è netto tra le organizzazioni di tradizione comunista o rivoluzionaria. È il caso, tra gli altri, dei Sandinisti nicaraguensi (FSLN), del FMLN del Salvador, della Forza della Rivoluzione nella Repubblica Dominicana. Il partito dell’Unione rivoluzionaria guatemalteca (URNG), raggruppamento di forze di sinistra, ha auspicato che le Nazioni Unite abbiano il ruolo principale nella negoziazione, preoccupata dei rischi di estensione del conflitto della Jugoslavia che mette in pericolo la pace mondiale e con essa la stessa umanità.

Il Partito Comunista Colombiano giudica che attraverso i bombardamenti, che colpiscono gravemente la popolazione civile, le potenze mondiali intendono raggiungere la distruzione della Jugoslavia e imporre la legge del più forte come modo di trattare i problemi interni degli stati. Gli Usa e gli stati europei che li seguono cercano di scaricare sui paesi poveri il peso della crisi strutturale del mondo capitalista e offrire sfogo alla produzione militare delle grandi multinazionali.

In Argentina, il Movimento delle Donne della Plaza de Mayo, che unisce le madri delle vittime della dittatura argentina, proclama che esse non sono per “tutti contro tutti”, ma per dire a tutti che l’unico nemico è l’imperialismo. Questa terra jugoslava è oggi frammentata dagli interessi e le manipolazioni delle grandi potenze. Gli Stati Uniti e gli alleati sono i peggiori nemici dell’umanità ed esortano care madri jugoslave, care madri che lottate, siamo qui con voi per lottare per la pace e la dignità (…). Crediamo nella parola, nel dialogo, nell’amore per la vita.

Tra le forze politiche di tradizione socialista o riformista, la vicinanza ai loro omologhi d’Europa pro – Nato non ha impedito ad alcune di esse come il Partito Rivoluzionario Democratico (PRD) messicano di “esigere la fine immediata dei bombardamenti della Nato e della guerra etnica condotta dal presidentejugoslavo Slobodan Milosevic” e di “pronunciarsi perché l’ONU giochi il proprio ruolo di mediatore internazionale e partecipi attivamente alla soluzione pacifica del conflitto dei Balcani”.

In Brasile il PC do Brazil ha denunciato “l’imperialismo” degli Stati Uniti. Il Partito Democratico Laburista del Brasile di Leonel Brizzola si è opposto ai bombardamenti, condannando, il governo del suo paese che ha dato sostegno diplomatico ai bombardamenti. Così facendo, ha difeso una posizione simile a quella del Partito dei Lavoratori (PT), che condanna l’uso della forza da parte della Nato contro la Jugoslavia ed esprime la sua disapprovazione per i massacri delle minoranze kosovare da parte del governo Milosevic. Per il PT, la Nato, sotto chiara egemonia nordamericana, si attribuisce unilateralmente la funzione di gendarme del mondo e viola il diritto internazionale attaccando la Jugoslavia. (…). È estremamente grave che governi europei costituiti da forze di sinistra e di centro sinistra partecipino all’avventura militare nei Balcani.

Il Fronte Zapatista di Liberazione Nazionale condanna sullo stesso piano i nuovi signori della guerra e del denaro della Nato e i loro pedoni europei, Jospin, Blair, Schroeder, Aznar e la “politica sciovinista del governo Milosevic, ma senza simpatia per l’UCK poiché il FZLN si pronuncia contro le azioni dei gruppi terroristi sostenuti dalle oligarchie internazionali che cercano a loro volta di schiacciare i diritti della minoranza serba del Kosovo appoggiando la guerra e i bombardamenti della Nato.

* La raccolta di prese di posizione e orientamenti si è avvalsa del contributo dei nostri corrispondenti e amici a l’Avana e a Buenos Aires.

Usa

La risposta della sinistra

ai bombardamenti

di Erwin Marquit

La reazione ai bombardamenti della Nato in Jugoslavia è stata resa difficile, negli Stati Uniti, dall’assenza e/o debolezza di un movimento della pace nazionale e internazionale e dalla relativa debolezza della sinistra ufficiale. Ciononostante, la reazione ai bombardamenti si è immediatamente tradotta in manifestazioni in molte grandi città, con migliaia di partecipanti a New York e a San Francisco. Un appello per una mobilitazione urgente per la fine della guerra ha portato alla formazione di carovane di bus e auto in tutto il paese per partecipare il 5 giugno alla marcia nazionale a Washington DC, presso il monumento dei Veterani del Vietnam al Pentagono. Sebbene il Consiglio di San Francisco della confederazione sindacale AFL-CIO abbia condannato i bombardamenti, il movimento sindacale ha taciuto sull’argomento, malgrado la recente svolta a sinistra del sindacato a livello nazionale. Il Presidente dell’AFL-CIO John Sweeney, ha a dire il vero appoggiato i bombardamenti. La più grande organizzazione socialdemocratica degli Stati Uniti, i Socialisti Democratici d’America (DSA), a causa di divisioni interne, ha potuto soltanto chiedere la fine dei bombardamenti sui centri urbani jugoslavi, e non la fine dei bombardamenti in generale. Una dichiarazione del Partito Comunista degli Stati Uniti ha chiesto la fine dei bombardamenti, attribuendo la responsabilità della crisi in Kosovo alla politica dell’imperialismo Usa che provoca danni, attizza le fiamme dei conflitti civili e degli antagonismi nazionali, mette cittadini contro cittadini, famiglie contro famiglie e divide i paesi per dominare, controllare e saccheggiare per il profitto delle aziende. La dichiarazione del PC degli Usa afferma che la Nato è diventata un prolungamento della politica estera degli Usa. Pur condannando qualsiasi forma di genocidio e di pulizia etnica e rilevando l’indifferenza del governo degli Stati Uniti al genocidio in altri luoghi, il partito chiede la fine immediata dei bombardamenti in Jugoslavia, di non dare corso all’intervento di terra, una soluzione pacifica di tutti i problemi sotto gli auspici delle Nazioni Unite, la fine della fornitura di armi al movimento di liberazione del Kosovo e infine lo scioglimento della Nato. Altri articoli della stampa del partito chiedono la creazione di condizioni per il ritorno dei rifugiati kosovari. Il Black Radical Congress (BRC) e il Committees of Correspondence (CoC), altri due gruppi della sinistra americana, fanno altresì notare il carattere imperialista dei bombardamenti Usa/Nato in Jugoslavia e chiedono essenzialmente la stessa cosa del PC degli Usa: la fine dei bombardamenti, il ritiro dell’UCK e della Nato, l’intervento delle Nazioni Unite per risolvere la crisi in Kosovo e permettere il ritorno dei rifugiati. Le loro dichiarazioni implicano una critica diretta a Milosevic, alla sua politica interna in Kosovo e altrove, e manifestano il loro appoggio alle forze democratiche che si oppongono a Milosevic (BRC) . Il PC degli Usa non si occupa di tale questione, per due ragioni: 1) ritiene che essa non sia centrale nella discussione. 2) a causa della complessità della questione della lotta tra forze filocapitaliste e forze filosocialiste in Jugoslavia. Il BRC dichiara: i massacri e gli assassini dei popoli colonizzati del mondo intero (in modo più spettacolare in Congo, dove i Belgi hanno massacrato più di dieci milioni di africani), ma più recentemente in Ruanda e in Guatemala, non sono ricadute nella categoria di genocidio per le forze della Nato, perché questi genocidi erano perpetrati da alleati della Nato o con il tacito sostegno di questi alleati. In diritto internazionale c’è una distinzione tra pulizia etnica e genocidio. Il diritto internazionale obbliga i firmatari della convenzione dell’ONU a intervenire in caso di genocidio (…). Milosevic e gli estremisti serbi possono essere colpevoli di pulizia etnica nella provincia del Kosovo. La pulizia etnica, lo stupro, la profanazione, il martirio e la sopraffazione gratuita dei diritti umani devono essere denunciati e i loro responsabili giudicati. La dichiarazione punta l’attenzione sul fatto che l’intervento unilaterale attuale dei paesi che sono essi stessi complici di recenti genocidi, può solo dimostrare una morale selettiva. Uno dei principali gruppi che hanno organizzato l’opposizione ai bombardamenti Usa/Nato della Jugoslavia è il Centro Internazionale d’Azione (IAC), fondato dal vecchio procuratore generale Ramsey Clark. In un articolo intitolato Messaggio al movimento contro la guerra: non biasimate le vittime, lo IAC si oppone nel modo più assoluto alla risoluzione della crisi del Kosovo tramite negoziati e rifiuta ogni riferimento a una opposizione alla “pulizia etnica”. Assimila i negoziati al riconoscimento del diritto della Nato a imporre condizioni alla Jugoslavia. Dichiara che quelli che accusano il governo jugoslavo di genocidio e chiedono la fine della pulizia etnica non mettono in discussione il documento del Pentagono che dice che il governo è responsabile della crisi dei rifugiati in Kosovo. Mettono sullo stesso piano il bombardamento della Jugoslavia da parte della Nato e la campagna militare jugoslava contro l’UCK”. Questo punto di vista è difeso da molti piccoli gruppi di sinistra. Chi si oppone a questa interpretazione sottolinea che, al fine di far uscire le proteste contro la guerra fuori dall’ambito ristretto della sinistra americana, è necessario contrastare la propaganda dei media, mostrando che la via per una risoluzione pacifica passa tramite negoziati diretti da organismi internazionali non militari, come le Nazioni Unite, che possono garantire la fine della violenza etnica e il ritorno dei rifugiati kosovari, pur preservando l’integrità del territorio della Jugoslavia. Sebbene Ramsey Clark mantenga le sue relazioni con lo IAC, non si identifica con questa posizione. In effetti, il 5 aprile 1999 ha scritto all’ambasciatore americano alle Nazioni Unite, William Richardson, È assolutamente necessario che l’integrità, la forza futura, il ruolo costruttivo delle Nazioni Unite, che sono state create per metter fine ai focolai di guerra, che il Consiglio di Sicurezza e l’Assemblea Generale agiscano adesso per chiedere che gli Usa e la Nato interrompano i loro attacchi sulla Serbia e che l’ONU compia sforzi immediati per trovare soluzioni pacifiche ai numerosi conflitti, divisioni e fratture esistenti. Il Caucus Nero del Congresso americano, che in passato ha spesso preso forti posizioni antimperialiste (unanimi nel caso dell’invasione di Grenada) e il sedicente Caucus Progressista del Partito democratico, senza sostenere apertamente i bombardamenti, sono rimasti praticamente in silenzio. Tra di essi vi è la paura che la pseudo opposizione alla guerra espressa da qualche membro repubblicano del Congresso aumenti le possibilità di una vittoria repubblicana alle prossime elezioni.