La globalizazione capitalista: per una risposta da sinistra

Dopo più di 20 anni di politica globalizzatrice e di discorsi giustificatori della stessa (pensiero unico) possiamo affermare che sono tre le caratteristiche più evidenti del fenomeno chiamato Globalizzazione capitalista.
1. Ci troviamo di fronte ad un’ideologia che si manifesta, da un lato, attraverso la difesa ad oltranza del libero mercato e della competitività, dall’altro, attraverso l’attacco allo stato sociale come unico modo per poter creare benessere, crescita economica e occupazione in tutto il mondo. La realtà, che non può essere occultata, si manifesta con conseguenze molto distanti e differenti dalla propaganda del sistema; ci troviamo di fronte un ordine economico e sociale basato su vincitori (una piccola minoranza) e vinti (la stragrande maggioranza), nella profonda diseguaglianza economica e sociale in tutti i paesi del mondo.
2. La globalizzazione è anche un progetto politico ed ha come soggetto attivo il potere economico che oggi domina il pianeta e che utilizza gli organismi internazionali in una logica estremamente dipendente dagli Usa. Questo progetto politico, attraverso i suoi strumenti, preme per sviluppare e accrescere il predominio del mercato e delle relazioni capitalistiche su scala mondiale. Gli obiettivi sono chiari:
• Deregolamentazione generalizzata;
• Privatizzazione dei settori strategici pubblici;
• Mercificazione dei diritti sociali;
• Libera circolazione dei capitali e delle merci, perfettamente compatibile con le diverse forme dei vecchi e nuovi protezionismi dei paesi dominanti e l’ostacolo sempre più forte alla libera circolazione degli uomini e della forza lavoro.
3. Stiamo assistendo all’inizio di una nuova fase nella mondializzazione delle relazioni capitaliste di produzione che danneggia e cambia gli stessi modi di vita e i modelli culturali specifici di ciascun popolo. Queste trasformazioni si sono manifestate in un contesto storico e sociale molto specifico:
• Dissoluzione del cosiddetto “sistema socialista” e con esso scomparsa dell’ordine bipolare che aveva regolato le relazioni internazionali dalla seconda guerra mondiale in poi;
• Diffusione e regionalizzazione dell’economia capitalista;
• Frammentazione del cosiddetto terzo mondo;
• Configurazione di un nuovo ordine economico internazionale dominato da: Usa, Ue e Giappone;
• Logica militare imposta dagli Stati uniti e dai membri della Nato in Irak e in Kosovo. Essa, prima che delegittimare l’Onu, ha consolidato con l’assemblea della Nato di Washington, un nuovo sistema di sicurezza basato sull’uso della forza e l’intervento militare dei paesi membri del patto euroatlantico, in contrasto con i princìpi della carta dell’Onu.
Questo nuovo sistema è il risultato dell’egemonia imperialista degli Usa e farà sì che la logica interventista armata si estenda nei prossimi anni in tutti i continenti, causando la sconfitta della civiltà a favore delle barbarie. Basta come esempio la guerra in Cecenia.
Questo nuovo sistema non solo non permetterà il disarmo e la distensione nel mondo, ma accelererà la corsa agli armamenti. Il recupero da parte degli Usa del progetto Sdi (Iniziativa di difesa strategica – scudo spaziale) è una conseguenza chiara del nuovo sistema di sicurezza.
La ridefinizione dell’ordine gerarchico che organizza le relazioni internazionali passa attraverso l’egemonia politico militare degli Usa. Questa matrice imperialista si pone come manifesto della nuova militarizzazione delle relazioni internazionali. La Nato si è rifondata, gli interventi militari degli Usa sono aumentati e la corsa agli armamenti è ripresa con il ritorno del progetto chiamato Iniziativa di difesa strategica.
L’egemonia e il predominio politico culturale del neoliberismo (pensiero unico) è organizzato attraverso la creazione di soggetti funzionali al sistema.
Si aggravano le crisi sociali ed ecologiche del pianeta e aumentano le diseguaglianze sociali economiche e culturali nel mondo intero. Il 20% dell’umanità detiene l’86% del reddito mondiale. Le 225 persone più ricche del pianeta sono padrone del 48% del reddito mondiale, il resto è ripartito tra i 2 miliardi e 500 milioni di persone più povere del pianeta.
In questo nuovo contesto e in forma sempre più dipendente da esso si manifestano nuove e vecchie problematiche:
• L’emergere di vecchie e nuove crisi nazionali;
• Dibattito intorno al ruolo degli Stati nazionali e al margine di manovra delle politiche pubbliche, all’interno e all’esterno di ciascun paese e nelle relazioni tra gli organismi internazionali di carattere multilaterale;
• Il ruolo della Russia, che continua a detenere una grande potere nucleare;
• La presenza sempre più rilevante di paesi-continenti come la Cina o l’India che tentano, con processi politici e sociali estremamente complessi, forme di inserimento nell’economia mondiale.
La globalizzazione aumenta le decisioni di livello planetario, incrementando le diseguaglianze sociali, economiche e culturali e facendo retrocedere le politiche di uguaglianza e pari opportunità tra donne e uomini.
Diversi sono gli atteggiamenti che si manifestano di fonte a queste forze:
• La rassegnazione. L’assunzione di queste dinamiche come definitive ed inevitabili, nei confronti delle quali, come per i fenomeni naturali, niente si può fare per cambiarle o evitarle. La resa ideologica e politica di una parte non indifferente della sinistra ha molto a che vedere con questa concezione, anche se tende a nascondersi dietro politiche cosiddette realiste.
• Quella che viene chiamata terza via è l’intento di una parte della sinistra politica e sociale di adattarsi al nuovo regime tentando di conservare le conquiste sociali e i diritti ottenuti dopo un lunghissimo processo di conflitti e lotte sociali. Questo atteggiamento, “moderno” e “possibilista”, si scontra da una parte con gli orientamenti politici che tagliano sostanzialmente le condizioni di vita e di lavoro della maggior parte della società e dall’altra rimane prigioniero dei discorsi politico ideologici dominanti, che limitano la sinistra finendo con il rendere accettabili le politiche neoliberiste esistenti.
• Una strategia di resistenza e di accumulazione di forze di fronte alla ristrutturazione capitalista e a i suoi effetti sociali, culturali e politici. Izquierda Unida ha optato chiaramente per questa strategia ed ha scommesso sulla lotta unitaria di carattere democratico, su forme aperte di relazione con le forze sociali, culturali e religiose, partendo dalla difesa del proprio progetto, della propria autonomia e dell’opzione socialista.
In questo panorama ci sono fatti, eventi e processi nuovi che fanno ben sperare. Significativi settori dell’opinione pubblica mondiale iniziano a discutere su questi processi. Una discussione che aumenta nella misura in cui, per le analisi disponibili, si va facendo più evidente il carattere profondamente disuguale e sfruttatore di quella che chiamiamo globalizzazione.
Ciò che è accaduto a Seattle durante la riunione dell’Organizzazione mondiale del commercio può essere un punto di partenza per il futuro, per tre ragioni fondamentali:
1. Perché esprime un ampia convergenza di entità, cittadini, sindacati, forze religiose e tutto un arcipelago di movimenti e forze politiche;
2. Perché mette in marcia forme di intervento politico sociale estremamente diverse e complesse che definiscono bene l’ampio ventaglio di azioni che la sinistra può utilizzare in questa fase.
3. Perché hanno stabilito linee di demarcazione, elementi, idee e forze di un programma alternativo intorno ad un insieme di assi come la lotta contro la corsa agli armamenti e alle spese militari; la cancellazione del debito dei paesi del terzo mondo; la messa in pratica di un sistema fiscale internazionale che regoli la circolazione dei capitali (Tobin Tax), la fine dei paradisi fiscali, del segreto bancario, dello sfruttamento sfrenato delle risorse naturali; la messa a punto di meccanismi giuridici e politici internazionali che garantiscano diritti sociali per tutte e tutti.
Un altro fatto che sta evidenziando il livello di disuguaglianze a livello globale e che sempre più sta emergendo è il movimento delle donne contro la povertà, l’esclusione e la violenza a livello mondiale, articolato intorno alla marcia del 2000 con il motto Contro la povertà e la violenza nei confronti delle donne.
L’obiettivo è analizzare la cause di oppressione, marcare le rivendicazioni a livello internazionale contro coloro che detengono il potere di decisione, con il fine di porre termine a questo nuovo ordine mondiale.
La lotta delle donne è quindi irreversibile nella trasformazione mondiale.
Appare dunque chiaro che la sinistra necessita di un organismo internazionale unitario e plurale capace di assicurare – oltre alle informazioni – un coordinamento più solido delle azioni istituzionali e delle lotte sociali. Sappiamo che costruire qualcosa del genere è estremamente difficile, ma bisogna sapere che il tempo che si perde esitando a compiere questo salto qualitativo renderà più facile, per i poteri economici oggi dominanti nel pianeta, continuare la costruzione dell’ordine sociale neoliberista.

Traduzione a cura di Roberto Di Fede