Consentire che una o congiuntamente più Organizzazioni Sindacali che superano il 50% possano validare e rendere vincolante persino il diritto di sciopero porta alla balcanizzazione della situazione sociale a seconda della prevalenza o meno di questa o quell’altra Organizzazione.
L’accordo Interconfederale del 28 giugno 2011 nasce dall’esigenza di superare la pratica degli accordi separati; la pratica di Cisl e Uil di siglare accordi legittimati dalla controparte senza alcun pronunciamento delle lavoratrici e dei lavoratori interessati. Una pratica utilizzata anche per definire avvisi comuni nel rapporto con il Governo che hanno permesso lo smantellamento di diritti e tutele con il collegato lavoro.
In questa legislatura non c’è atto legislativo e/o contrattuale significativo che non sia stato condiviso da Confindustria, Cisl e Uil. Ma tutto questo non è stato sufficiente, come evidenziato da numerosi accordi aziendali approvati dai lavoratori e dalle prime sentenze sulle iniziative legali promosse dalla FIOM. Sentenze che negano la erga-omnes degli accordi separati per i lavoratori e le lavoratrici iscritti ad un Sindacato non firmatario e per i non iscritti ai Sindacati.
La stessa vicenda Fiat è parte di questa situazione e, non a caso, Marchionne chiede un atto legislativo che copra il passato (la retroattività) e l’efficacia della erga-omnes, perchè teme gli “scherzi” della FIOM sui soggetti che possono proclamare gli scioperi.
La questione da affrontare è molto semplice: Come coniugare il pluralismo sindacale, la libertà sindacale, con la definizione di regole condivise per validare e rendere esigibili piattaforme ed accordi. Non mi pare un problema irrisolvibile, se il riferimento sono le lavoratrici e i lavoratori, quello della democrazia del voto referendario per validare o meno piattaforme ed accordi anche in presenza di posizioni diverse tra le Organizzazioni Sindacali.
Democrazia cancellata
L’accordo Interconfederale, appena firmato, prevede il suo esatto opposto perché cancella la democrazia e definisce un meccanismo di autodifesa e conservazione delle Organizzazioni attraverso un meccanismo di validazione fondato sulla soglia del 50% più uno.
Per il Contratto Nazionale, con la certificazione della rappresentatività di ogni Organizzazione Sindacale, per i Contratti Aziendali, compresi quelli peggiorativi del CCNL (deroghe o adattabilità sono la stessa cosa), attraverso il voto della maggioranza della RSU, come se fosse una parodia del Parlamento, visto che i delegati sono eletti su liste di Organizzazione, decise dall’Organizzazione.
Il Referendum è previsto soltanto laddove esistono le RSA (Rappresentanza Sindacale Aziendale).
Coniugare in questo modo pluralismo sindacale e validazione degli accordi è il modo peggiore di rapportarsi ai lavoratori e alle lavoratrici, cui si chiede di scioperare e si comunica che non possono esprimersi sui loro contratti.
Provo ad enucleare alcune considerazioni sul significato di questo accordo:
1. Un meccanismo che prevede per il CCNL e la contrattazione aziendale che un’Organizzazione o congiuntamente più Organizzazioni Sindacali che superano la soglia del 50% possano validare e rendere vincolante persino il diritto di sciopero (questo significa “tregua sindacale”) per Cgil, Cisl e Uil porta alla balcanizzazione della situazione sociale a seconda della prevalenza o meno di questa o quell’altra Organizzazione. Prevedere che con un voto della maggioranza della RSU possano essere definiti accordi peggiorativi del CCNL è una deriva di devastazione del Sindacato Confederale.
2. Si favorisce in questo modo un vero e proprio decadimento morale nella vita sindacale perché vedremo muoversi diversi soggetti per favorire o scoraggiare il superamento dello sbarramento del 50% a seconda del gradimento della controparte. Soltanto chi non conosce o finge di non conoscere cosa avviene concretamente nei luoghi di lavoro può pensare ad una sorta di accordo tra galantuomini.
3. Tutti i giorni verifichiamo il crescere del disagio sociale, la crisi evidente delle forme della democrazia, della rappresentanza politica e sociale. Siamo in presenza nel nostro Paese e in Europa del diffondersi di movimenti, dagli studenti, ai precari, alle donne, animati da un’istanza fondamentale, quella della partecipazione e della democrazia. Movimenti che hanno espresso nello stesso tempo interesse e diffidenza nei confronti della Cgil. Negare alle lavoratrici e ai lavoratori il diritto democratico di decidere sulle loro piattaforme, sui loro accordi, significa dare un messaggio di chiusura, di arroccamento burocratico, il cui significato va ben oltre una dimensione sindacale.
Tutto ciò avviene mentre si esplicita il progetto autoritario del Governo che a partire dal lavoro vuole ridurre tutti gli spazi di esercizio democratico, fino alla Costituzione.
Si riproduce anche in questo modo la distanza e la miopia del mondo politico, delle forze politiche di opposizione che considerano un diritto democratico alla stregua di un problema assolutamente irrilevante e lo leggono in funzione alle manovre politiche in essere. C’è di che preoccuparsi per le sfide che avremo di fronte i prossimi mesi, per la condizione del mondo del lavoro dipendente e delle fasce sociali più deboli.
3 luglio 2011
* Segretario generale nazionale della Fiom fino a giugno 2010, attualmente Coordinatore nazionale dell’area programmatica “la CGIL che vogliamo”.