Dissento dal metodo e dal merito della relazione del segretario Giordano.
Sul metodo. Anche la relazione dimostra che c’è un enorme problema democratico nel partito. Trovo incredibile prima che inaccettabile che dopo una sconfitta elettorale pesantissima, con la quale abbiamo perso i 2/3 nostri elettori e in molti casi siamo stati sorpassati dal Pdci, non solo non si convochi subito un Cpn (invece viene convocato dopo quasi due mesi), ma addirittura si giunga a non fare nemmeno un cenno alla sconfitta elettorale nella relazione introduttiva del segretario. Non era mai avvenuta una cosa del genere nel nostro partito, nemmeno quando c’era Cossutta!
Stessa cosa per il fallimento clamoroso di Piazza del Popolo del 9 giugno. Nessun cenno alla vicenda nella relazione introduttiva. Altro che “autocritica”. Era solo formale. E’ stata già rimossa la rottura con una parte rilevante dei movimenti, già rimosso il fallimento dell’unità d’azione stipulata una settimana prima con Mussi, che ha rifiutato di partecipare persino alla manifestazione musicale e moderata di Piazza del Popolo.
E sempre sulla democrazia interna al Partito, chi ha deciso che la nostra proposta di unità della sinistra è quella delle liste uniche alle prossime amministrative? Al di là del giudizio di merito, dove, in quale istanza di partito, in quale documento è stata decisa questa cosa che Giordano ed altri dirigenti vanno proponendo su tutti i giornali?
Dove, in quale istanza di partito, in quale documento è stato deciso che la nostra proposta sulle pensioni è di sostituire lo scalone con uno scalino a 58 anni?
Questo Cpn potrebbe essere risparmiato, risparmiando anche sulle spese e sulla fatica di venire a Roma. E’ stato già tutto deciso prima. Una settimana fa, dopo tutto lo scontro fra i massimi dirigenti su Liberazione e sui giornali se sciogliere o no Rifondazione Comunista, si fa un conclave ristrettissimo di maggioranza e si decide tutto, la confederazione delle sinistre, le liste uniche, lo scalino a 58 anni, la linea da tenere a questo Cpn e persino il congresso. Cosa lo facciamo a fare il congresso? Avete già deciso tutto nella riunione ristretta della corrente di maggioranza.
Questa gravissima crisi democratica accompagna una crisi profondissima del nostro partito. Non c’è bisogno del compagno Bertinotti o del compagno Sansonetti per “andare oltre”. Siamo già oltre la Rifondazione Comunista che abbiamo fatto nascere e abbiamo costruito in questi 16 anni. Siamo stati messi in una doppia prigione. Il governo Prodi o Veltroni, insomma l’alleanza organica di governo col Pd, è la prima prigione. Ma anche se riuscissimo a individuare uno spiraglio, una possibilità di uscita da questa prigione per salvare la pelle, ecco che c’è pronta la seconda catena che ci tira indietro: l’unità a tutti i costi con Mussi. E non è solo un problema delle forme, liste uniche, “cosa rossa”, confederazione, eccetera. Il problema è la sostanza, sono i contenuti. Noi siamo già in via di superamento del Prc perché stiamo cambiando radicalmente natura. Noi stiamo rinunciando a tutti i cardini della nostra diversità strategica dalla sinistra moderata, dal Pds del ’91. Stiamo partecipando alla ricostruzione del nuovo Pds. Ascoltate cosa dice Mussi sull’Unità del 4 luglio scorso. Leggo testualmente: “Se vogliamo difendere il bipolarismo, una delle poche cose buone compiute dal nostro sistema politico, dobbiamo costruire una sinistra unitaria, che stringa una forte alleanza con il nascente Partito democratico”. E ascoltate cosa dice il neoeletto sindaco di Taranto appena iscritto al Prc, in prima pagina di Liberazione del 7 luglio. Leggo testualmente: “Come immagina questa nuova sinistra e i futuri rapporti con il Pd?”, gli chiede il giornalista. Risposta: “Noi dobbiamo costruire una forza che sia quasi di sostegno e di completamento al progetto del partito democratico”. Chiaro no? Da qui vengono gli apprezzamenti di Bertinotti ed altri a Walter Veltroni. Dall’idea di fare una sinistra alleata organicamente con il Pd, quasi una sinistra del Pd. Rifondazione in questa doppia prigione sta morendo.
Abbiamo rimosso la nostra opposizione sia al bipolarismo dell’alternanza che alla concertazione, come si vede dalla subalternità alla Cgil. Per questo non proponiamo lo sciopero generale, di cui ci sarebbe grande bisogno, come facevano sia Garavini che Bertinotti contro gli accordi concertativi di luglio ‘92 e ‘93. Questa è la crisi grave del nostro partito e la radicale svolta moderata che ci viene proposta. Liquidazione del partito e sua omologazione alla sinistra moderata di governo, vanno di pari passo. Non si può lottare contro il superamento del Prc senza fermare il processo di omologazione alla sinistra moderata di governo in cui ci ha infilati il congresso di Venezia. Per uscire da questa doppia prigione dovremmo mettere le ali, dovremmo avere il coraggio e la dignità che avemmo nel 1998, quando rompemmo con Prodi.
Ma questo può avvenire solo se riusciamo a immettere una fortissima spinta dal basso e democratica, solo dando la possibilità che gli iscritti decidano la linea del partito. Bisogna chiamare gli iscritti (che sono gli unici proprietari del partito), a pronunciarsi su scelte chiare e comprensibili, sia sul governo che sulla Rifondazione Comunista. Ma affinché gli iscritti possano partecipare democraticamente alle scelte, devono comprendere l’oggetto del contendere. Purtroppo si sta invece facendo il contrario, si va ad un congresso con una mediazione preventiva pasticciata, incomprensibile, ambigua. Si fa il contrario di cui ci sarebbe bisogno e si alimenta il processo di delusione e di allontanamento dal partito; si aiuta la scissione silenziosa in corso, la crisi della politica, e anche senza volerlo, il superamento del Prc nel nuovo partito della sinistra di Bertinotti e Mussi.