Carissimi compagni e compagne, debbo innanzitutto portare il saluto del compagno Fosco Giannini che, per motivi di salute, oggi non può essere qui con noi, ma non mancheranno certamente altre iniziative che vedranno sicuramente la sua presenza.
L’area politico-culturale de l’Ernesto, come voi sapete, sta promuovendo in tutto il territorio nazionale iniziative-dibattiti sulla situazione politica ed economica attuale. Oggi siamo qui a Sassari in questo bellissimo spazio culturale che è la libreria Odradek.
Riteniamo che l’attuale fase politica richieda una forte mobilitazione di massa e presa di coscienza a fronte della devastante crisi economica, finanziaria, politica e direi anche culturale che il nostro paese sta attraversando. Per la prima volta dal dopoguerra la sinistra non è presente nel Parlamento. L’assenza di una forza anticapitalista e comunista è senza dubbio un fatto grave che ci deve far riflettere sulle cause di questa sconfitta. E’ vero: non è la prima sconfitta che la sinistra subisce ma il fatto politico più rilevante penso sia quello che, purtroppo, la nostra gente, i lavoratori, gli operai, gli studenti, insomma il nostro popolo ci ha in qualche misura abbandonato. Non ha creduto (io dico giustamente) alla nostra proposta politica, al nostro progetto.
Dobbiamo pertanto ripartire dal basso, dal confronto quotidiano con la nostra gente, dobbiamo ricostruire la fiducia sulla base di proposte politiche alternative e credibili di fronte all’imperversare dell’antipolitica, della demagogia, della propaganda che la destra, questo governo di destra ogni giorno ci propone. “Crisi del capitale, attacco al lavoro, pericolo del regime “: appunto.
CRISI DEL CAPITALE.
Dobbiamo dire chiaramente che questa non è solo una crisi finanziaria, causa il crollo dei mutui offerti dalle banche americane (come invece ci vogliono far credere), ma è l’ennesima crisi del sistema capitalista, perché, come ci insegna Marx, questo modello di società capitalista produce nella sua naturale evoluzione cicli di grande espansione e profitto e , una volta esaurita la sua forza propulsiva, di contro produce cicli di profonde crisi prodotte dallo stessa sistema per rigenerarsi e di conseguenza scaricare sul proletariato il costo economico della crisi stessa. Dobbiamo pertanto ribadire che alla crisi si risponde con una forte opposizione sociale che noi chiamiamo lotta di classe. Questa, a volte esplicita, anche in forme dure, altre volte in forme indirette, mascherate o mediate, imprime profonde trasformazioni a tutta la costruzione sociale, non solo ai rapporti economici ma anche a quelli giuridici, politici, e culturali. Ciò che avviene in Francia in questi giorni ne è un esempio. (Sequestro di dirigenti Caterpillar e Auscan)
ATTACCO AL LAVORO
Logica conseguenza della crisi capitalista l’attacco al lavoro. Ancora una volta saranno i lavoratori a pagare il prezzo più alto. Nella sola Unione Europea si sono persi nel 2008 672.000 posti di lavoro. L’Italia è ormai definito il paese dei precari. Il tasso di disoccupazione è oltre il 10%. In questa drammatica situazione le parole del capo del governo Berlusconi “Italiani, dovete lavorare di più” e, per chi ha perso e perderà il posto di lavoro “Inventatevi qualcosa da fare, magari curare giardini” suonano come una vera e propria provocazione, un insulto che supera l’indecenza. In Sardegna abbiamo dovuto sopportare anche la beffa della telefonata al “suo amico” Putin per salvare “l’Euroallumina”. Irritante e patetico.
In questa situazione è chiaro quindi che il padronato e il governo sferrano l’attacco alle conquiste più importanti dei lavoratori a partire dal diritto di sciopero che viene fortemente ridotto. Si tenta l’operazione di trasformare il sindacato in un docile intermediario fra i lavoratori e il comando dell’impresa. Ritorna la pratica della repressione e del manganello come è successo agli studenti della Sapienza. E per i ministri Brunetta e Maroni “questo non è che l’inizio”. Si aboliscono importanti norme sulla sicurezza nei posti di lavoro, si allargano le maglie sulle regole nelle gare di appalto e nella realizzazione di importanti opere pubbliche. Così assistiamo a pericolose infiltrazioni mafiose e della ‘ndrangheta che dilaga non solo nel meridione ma fortemente anche nel settentrione. La vicenda dell “’Impregilo” è emblematica; mentre il tribunale condanna i suoi dirigenti per truffa ai danni dello Stato, il Cavaliere ne tesse le lodi ed inaugura il termovalorizzatore di Chiaiano.
Manca purtroppo nel parlamento una vera opposizione che sappia in qualche maniera arginare la deriva del governo di destra. Certo questo non può essere il Partito Democratico che annovera fra i suoi eletti la senatrice Paola Merloni proprietaria della Indesit di None (Torino) che si appresta al licenziamento di 600 lavoratori per poi trasferire la produzione in Polonia (la chiamano delocalizzazione) magari col contributo statale. Cito le parole di Giorgio Cremaschi in occasione della nostra manifestazione del 27 a Roma “Il PD deve scegliere non può stare in mezzo al guado, o sta con i lavoratori o sta con i padroni”.
PERICOLO DI REGIME
Attacco alle libertà individuali, attacco alle libertà sindacali e di manifestare, attacco alla costituzione nata dalla resistenza. Veniamo attraversati da un’ondata razzista e xenofoba senza precedenti, siamo in pieno revisionismo storico, io penso che il pericolo di regime sia fondato e reale. Il governo approfitta della crisi per portare un attacco frontale alle istituzione a cominciare dal parlamento quando propone il voto per i solo capigruppo o quando usa sistematicamente la decretazione d’urgenza esautorando così tutti il poteri del parlamento. INSOMMA UN UOMO SOLO AL COMANDO COME INVOCA BRLUSCONI.
Il federalismo fiscale così come viene proposto divide di fatto la nazione in regioni ricchi e regioni povere dove queste dovranno solo fornire manovalanza e cervelli a quelle economicamente più forti.
I pesanti tagli annunciati mettono in pericolo la libertà di stampa, la scuola e la cultura, la ricerca (in Europa siamo all’ultimo posto come finanziamenti in questi settori) . La televisione pubblica è ormai sotto il controllo governativo per cui tutte le voci di dissenso e di opposizione non hanno più alcun spazio. I temi pur importanti della sicurezza vengono usati ad arte, in maniera strumentale e demagogica per distorcere la popolazione dai veri problemi che attanagliano il paese ossia la perdita dei posti di lavoro e la crisi economica che distrugge i salari e le pensioni.
Come reagire a questo stato. Certo nessuno di noi ha la soluzione in tasca. Al contrario ci aspetta un lungo e faticoso lavoro per ricostruire la fiducia della nostra gente. Dobbiamo tornare innanzitutto dentro i luoghi di lavoro, dare nuova linfa ai circoli aziendali, ai coordinamenti di settore alle commissioni che non devono restare solo delle sigle ma devono diventare centri propulsivi e motori della nostra iniziativa. Affiancare e sostenere il sindacato di base e in particolare la FIOM-CGIL che in questo momento sembra l’unica forza che ancora tenta di arginare lo strapotere di Confindustria. Sostenere la lotta e le istanze dei movimenti a cominciare da quello studentesco dell’ONDA. Far rivivere le sezioni e i circoli come luoghi di formazione, di dibattito e di confronto, ma anche, dove possibile, di informazione e aiuto per risolvere quei piccoli problemi quotidiani rivolti non solo ai nostri iscritti ma a tutti i cittadini. Noi non abbiamo le televisioni, ebbene allora dobbiamo avere di nuovo la capacità di entrare nelle case della nostra gente per parlare con loro, per spiegarli ed esporli i nostri obiettivi e anche e soprattutto per chiederli scusa. Si chiederli scusa se li abbiamo abbandonati, se non siamo stati capaci di interpretare le loro istanze, di capire i loro problemi, le loro angosce. Chiederli scusa se anche noi ci siamo rinchiusi nelle stanze del “palazzo” e non siamo riusciti invece a far valere il nostro peso politico specie quando siamo stati chiamati al governo della nazione.
Ci sono comunque segni di ripresa e di speranza. Mentre L’Europa è attraversata da una nuova ondata di destra, reazionaria e razzista, nei paesi del l’America Latina si assiste ad una nuova stagione di lotta e di riscatto dal Venezuela di Chavez, al Brasile di Lula alla Bolivia di Evo Morales, e come non salutare con orgoglio la vittoria del Frente Farabundo Martì in Salvador e ancora ricordare il cinquantesimo anniversario della rivoluzione Cubana.
Proviamo a ripartire compagni. Presentarci uniti sotto un unico simbolo comunista alle prossime elezioni Europee e Amministrative è un grande risultato. L’abbiamo costruito giorno per giorno, certamente ognuno con le proprie differenze e istanze che abbiamo comunque alla fine portato a sintesi.
L’unità delle forze comuniste e anticapitaliste dovranno essere sicuramente il collante, le fondamenta di una nuova stagione rivoluzionaria, di lotta di classe, di costruzione di quel partito di massa aperto, plurale e sociale che rimane il nostro obiettivo. Siamo comunisti perché pensiamo e viviamo il comunismo “come movimento reale che abolisce lo stato di cose presente”