Soffia sempre più forte il vento dall’Est. E’ proprio dai paesi dell’ex-socialismo reale, dopo il cui crollo molti osservatori superficiali avevano decretato la morte del comunismo, che viene la sorpresa più interessante. E’ da qui che viene la riscossa del movimento comunista in Europa, è da qui che, dopo le amare sconfitte degli anni 80 e 90, riparte la speranza di un cambiamento, che può positivamente influenzare il corso politico nella stessa Europa occidentale. E’ un peccato che molti qui da noi, anche a sinistra, non si accorgano di quanto sta avvenendo in quasi tutti i paesi dell’Europa dell’Est al termine di una più che decennale sbornia neoliberista che, assieme al capitalismo, avrebbe dovuto portare qui ricchezza e benessere per tutti. Il sogno sta per finire, e con esso il sonno della ragione. Dopo il recente clamoroso successo elettorale del Partito comunista di Boemia e Moravia, che ha conseguito il 18,5%, diventando uno dei più forti partito comunisti d’Europa, un’altra bella notizia è giunta nei giorni scorsi dalla Slovacchia. Qui, alle elezioni parlamentari tenutesi il 20 e 21 settembre scorso, il Partito comunista slovacco ha ottenuto il 6,32%, superando per la prima volta dal 1993 (anno della nascita del paese dopo la divisione della Cecoslovacchia) la soglia di sbarramento del 5%, che gli consente di essere rappresentato in Parlamento. Sono 11 ( su un totale di 150) i deputati eletti nelle liste del Kss e questo dato viene da gran parte degli osservatori considerato come la vera sorpresa del recente voto slovacco.
Il successo del Kss arriva in un contesto difficilissimo, in un clima di criminalizzazione e di caccia alle streghe scatenato dalle forze conservatici di governo e dalla quasi totalità dei mass media. Proprio poche settimane prima del voto era stata presentata in Parlamento una proposta di legge per la messa fuori legge del partito comunista, una proposta sottoscritta purtroppo anche dai deputati del Partito della “sinistra democratica” (nato dallo scioglimento, dopo l’89, del vecchio partito comunista slovacco), i quali – tanto per non essere gli ultimi della classe – hanno pensato di inseguire la destra sul suo stesso terreno, nella speranza che la messa fuori gioco dei comunisti avrebbe loro consentito di prendersi tutto lo spazio a sinistra. E’ successo il contrario. A restare fuori dal parlamento è stato proprio il partito della sinistra “democratica”, legata all’Internazionale socialista, che ha subito una batosta memorabile. La sconfitta più dura l’ha subita, elettoralmente, il capo di questo partito, quel Peter Weiss che era stato l’artefice dello scioglimento del vecchio Pc, diventando uno dei più accesi sostenitori dell’ingresso della Slovacchia nella Nato e delle scelte neoliberiste del governo. E’ vero che le forze governative di centro-destra, capeggiate dal premier Dzurinda, conservano la maggioranza; ma è una maggioranza risicatissima, potendo contare solo su 78 seggi su 150, oltretutto divisi in una miriade di piccoli partiti, compreso quello della minoranza magiara, spesso in polemica tra di loro.
La maggioranza relativa va invece al maggior partito di opposizione, il Movimento per una Slovacchia democratica (Hzds) di Meciar, spesso presentato in Occidente come un partito nazionalista e antidemocratico, una demonizzazione che ha, in realtà, le vere motivazioni nel fatto che Meciar si è sempre pronunciato contro l’ingresso nella Nato e nell’Unione europea. E’ proprio a Meciar che il presidente della Repubblica, Schuster, dovrebbe dare in via prioritaria l’incarico per la formazione del nuovo governo, in quanto leader del partito più forte. E Meciar ha già anticipato di voler aprire un tavolo di trattativa con tutti i partiti, compreso il partito comunista. E’, questa, una novità assai positiva rispetto a quanto avviene, ad esempio, nella Repubblica Ceca, dove si pratica, invece, una sorta di “conventio ad excludendum” nei confronti dei comunisti, che continuano ad essere discriminati dallo stesso presidente della Repubblica, Havel, il quale continua a rifiutare di ricevere il loro gruppo parlamentare nei suoi giri di consultazioni con le forze politiche presenti in parlamento.
Il presidente Schuster ha, al contrario di Havel, dato subito prova di imparzialità e di garanzia democratica, ricevendo la delegazione parlamentare del Kss, guidata dal presidente del partito Jozef Sevc, e intrattenendola a colloquio per ben 70 minuti. Al termine dell’incontro col presidente della Repubblica, Jozef Sevc ha tenuto una conferenza stampa, che ha visto una straordinaria partecipazione di giornalisti, cosa che testimonia un improvviso cambiamento di clima e di interesse nei confronti di un partito che, fino al giorno prima delle elezioni, veniva regolarmente ignorato dai mezzi di comunicazione.
“Vogliamo portare una nuova cultura e un modo nuovo di fare politica in parlamento – ha spiegato Sevc ai giornalisti- innanzitutto portandovi la voce dei più deboli, di tutti coloro che in questi anni non si sono sentiti rappresentati, vogliamo essere i portavoce di un’altra verità sulla Slovacchia. Al centro delle nostre proposte ci saranno le questioni sociali, a partire dal lavoro, la scuola, la sanità, le pensioni”.
Sevc ha poi voluto ringraziare in modo particolare i comunisti cechi. “Senza l’aiuto e il sostegno – ha detto – del Kscm , difficilmente avremmo potuto conseguire questo risultato. I comunisti cechi sono i nostri amici migliori Li inviteremo alla prima seduta del Parlamento e in quella sede esprimeremo loro il nostro sincero e pubblico ringraziamento. Sia noi che loro consideriamo un grave errore la divisione della Cecoslovacchia, decisa contro la volontà dei nostri popoli, senza un referendum, voluta dalla borghesia e da alcune potenze straniere, che avevano interesse a frantumare il nostro paese, per indebolirci e dominarci meglio.”