Lunedì 15 maggio. La Questura di Brescia informa per la prima volta alcuni immigrati che hanno chiesto di beneficiare della sanatoria del 20 ottobre 1998 (cui erano ammessi immigrati in grado di dimostrare di essersi trovati in Italia prima del marzo ’98, e di disporre di una residenza e di un lavoro regolare) che la loro domanda non è stata accolta. Una condizione che coinvolge più di cinquemila immigrati che hanno presentato domanda a Brescia (su un totale di 14.151 domande presentate), e oltre 50mila in tutta Italia. Dall’analisi della documentazione prodotta dagli immigrati emerge che molti di loro sono stati truffati da italiani che hanno venduto loro documenti non validi.
Sabato 20 maggio. Con l’appoggio del Centro sociale Magazzino 47 un corteo di immigrati (da 2.500 a 3.000 secondo le notizie di cronaca) muove dal centro della città e raggiunge il piazzale antistante la Questura. “Permesso per tutti” è lo slogan rilanciato con maggiore insistenza. Il corteo è composto in prevalenza da pakistani e indiani. Sono le avvisaglie di quella che verrà giornalisticamente battezzata “la protesta dei pakistani”.
Lunedì 22 maggio. Duecento manifestanti decidono di iniziare una forma non violenta di protesta attraverso lo sciopero della fame e un sit-in permanente davanti alla Questura. Ai manifestanti pakistani si associa un nutrito gruppo di donne e uomini senegalesi.
Martedì 23 maggio. Lo sciopero della fame continua e alcuni manifestanti accusano malori. Una loro delegazione viene ricevuta dal questore Gennaro Arena. In serata i manifestanti raggiungono piazza della Loggia, che da questo punto in avanti diviene il vero epicentro della protesta.
Mercoledì 24 maggio. Alcuni degli scioperanti minacciano di darsi fuoco in piazza. Nel pomeriggio in duecento sfilano per le vie del centro.
Giovedì 25 maggio. Aumenta il numero di manifestanti colti da malore. In un solo giorno in 23 devono ricorrere alle cure dei sanitari dell’ospedale Civile. In mattinata incontro in prefettura di una delegazione di immigrati con l sindaco Paolo Corsini, il prefetto Alberto De Muro e il questore. Nel pomeriggio la delegazione incontra la segreteria generale della Camera del lavoro. Da questo momento in avanti i sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil affiancano l’iniziativa degli immigrati. La città nel frattempo è invasa da partecipanti e spettatori della 1000 Miglia storica. La manifestazione mondano-sportiva e quella di protesta degli immigrati si sfiorano diverse volte, ma coesistono senza incidenti.
Venerdì 26 maggio. I manifestanti minacciano di bloccare il Giro d’Italia, atteso lunedì a Brescia. Alcuni manifestanti inscenano impiccagioni simboliche in piazza Loggia.
Sabato 27 maggio. Una delegazione di manifestanti e di sindacalisti incontra il presidente del Senato Nicola Mancino, giunto a Brescia per partecipare a un convegno in occasione delle manifestazioni per il 26° anniversario della strage di piazza Loggia.
Domenica 28 maggio. Una delegazione di immigrati impegnati nello sciopero della fame rende omaggio alla stele dei caduti di piazza della Loggia, nel giorno dell’anniversario della strage. I sindacati propongono e ottengono che, nell’ambito della manifestazione ufficiale in piazza, prenda la parola un rappresentante degli immigrati. Il senegalese Dia M’baye dal palco delle autorità espone le ragioni della protesta degli immigrati davanti alla piazza gremita. E la piazza riserva a lui l’applauso più lungo dell’intera cerimonia. Nasce per la prima volta la figura del “clandestino ufficiale”: il portavoce degli immigrati “sans papier” ha preso posto sul palco a fianco di sindaco, presidente della Provincia e Procuratore della Repubblica. Al termine della giornata un complesso musicale senegalese prende posto sul palco in piazza Loggia e improvvisa un’esibizione musicale che coinvolge immigrati e bresciani.
Lunedì 29 maggio. Dopo una trattativa con i responsabili della Rai, gli immigrati rinunciano ai progetti di bloccare il Giro d’Italia che arriva in città. Grazie all’accordo raggiunto, tuttavia, le telecamere della Rai riprendono i loro cartelli di protesta e rilanciano succintamente le ragioni dello sciopero della fame, che ora procede in maniera simbolica e viene affrontato a turno dai manifestanti.
Mercoledì 31 maggio. Quella che è ormai diventata l’emergenza-immigrati a livello nazionale, e che ha Brescia come epicentro, viene affrontata a Roma durante un incontro fra il sindaco di Brescia Paolo Corsini, alcuni parlamentari bresciani e il ministro degli Interni Enzo Bianco.
Giovedì 1 giugno. Nella notte fra mercoledì e giovedì i manifestanti vengono sgombrati da piazza Loggia con un’azione congiunta polizia-carabinieri. L’iniziativa apre una crisi istituzionale nella prefettura di Brescia, che non era stata informata dell’intervento. Tutti gli immigrati che occupavano la piazza vengono segnalati ma – per effetto di un accordo raggiunto fra sindacati e questore – nessuno di loro riceve il foglio di espulsione. Manifestanti e sindacati concordano col Comune di Brescia, mons. Giulio Sanguineti, nel giorno in cui la Chiesa celebra il giubileo degli immigrati. Il vescovo dichiara il proprio appoggio a iniziative che vadano nella direzione della regolarizzazione degli immigrati. E aggiunge: “Io credo che noi dobbiamo saper attuare una accoglienza oculata ma aperta. È chiaro che il nostro Paese non può ospitare tutti gli immigrati della terra, così come è chiaro che chi arriva da noi deve rispettare il Paese che lo ospita e le sue leggi. Ma è per noi altrettanto importante saper rispettare e aiutare chi si trova nel bisogno. Non dobbiamo mai dimenticarci che chi ha lasciato la sua casa per venire a lavorare da noi solitamente non lo ha fatto per capriccio”. Lo stesso giorno il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, prendendo spunto dal caso-Brescia chiede che la definizione delle quote semestrali di immigrati da ammettere in Italia sia affidata alle Regioni.
Sabato 3 giugno. Le ragioni della protesta vengono rilanciate nelle vie del centro cittadino da un corteo di cinquemila fra immigrati e italiani. Il servizio d’ordine, assicurato in prima persona dai pakistani, garantisce lo svolgimento della manifestazione senza che si verifichi alcun incidente.
Martedì 6 giugno. I sindacati illustrano alla stampa la proposta che l’indomani presenteranno al ministero dell’Interno insieme a una delegazione di immigrati. Prevede un periodo di tempo contingentato entro il quale tutti coloro che sono stati esclusi dalla sanatoria per irregolarità della documentazione prodotta possano ottenere e dimostrare il requisito fondamentale: disporre di un lavoro, e grazie a questo fatto ottenere la regolarizzazione. Non si tratta di una nuova sanatoria, spiegano i sindacati, ma di un’applicazione dello spirito della sanatoria, nell’ambito delle norme esistenti.
Mercoledì 7 giugno. Un pullman con a bordo una delegazione di immigrati e di sindacalisti, rappresentanti di partiti della sinistra e del Centro sociale Magazzino 47, giornalisti, dopo un viaggio durato un’intera nottata raggiunge Roma per incontrare il ministro Enzo Bianco e esponenti di numerosi partiti. Al Viminale una delegazione composta da Dia M’baye (senegalese), Peinda Kebe (senegalese), Ehsan Ullah (pakistano), Dino Greco (Cgil), Antonio Lazzaroni (Cisl) e Claudio Comencini (Uil) incontra il sottosegretario Aniello Di Nardo, appositamente delegato dal ministro Bianco, e i massimi dirigenti del ministero degli Interni. A loro la delegazione bresciana, affiancata da rappresentanti dei sindacati nazionali, espone la proposta elaborata a Brescia. Di Nardo ne prende atto, assicura tempi rapidi per la risposta e spiega i principi che guidano l’azione del governo: “Il problema degli immigrati dev’essere affrontato e risolto. C’è una legge che va rispettata, e se ci sono diritti che sono stati acquisiti dagli immigrati, vanno salvaguardati”. Nel corso della giornata la delegazione mista partita da Brescia viene ricevuta anche da rappresentanti di numerosi partiti: Rifondazione comunista (Giordano, Mascia, Curzi), Verdi (Francescato), Ds (Leoni), Ppi (Pistilli e Del Bono) e I Democratici.
Martedì 13 giugno. Viene annunciata ufficialmente una manifestazione nazionale per sabato 17 giugno a Brescia e domenica 18 giugno a Roma, per rilanciare ancora una volta la richiesta di dare un’opportunità di regolarizzazione agli immigrati che non hanno vista accolta la domanda di accedere alla sanatoria del ‘98. Una delegazione di sindacalisti e di immigrati viene ricevuta dal presidente dell’Amministrazione provinciale, Alberto Cavalli.
Mercoledì 15 giugno. Crescono le adesioni alla manifestazione, che ottiene l’appoggio dei sindacati confederali, di Ds, Verdi, Prc, numerosi centri sociali, personalità come Dario Fo e Franca Rame, una galassia di associazioni del volontariato internazionale. Vengono organizzati anche due treni speciali, uno da Milano su iniziativa del centro sociale Leoncavallo e uno da Venezia, per favorire la partecipazione alla manifestazione che assume rilevanza nazionale.
Venerdì 16 giugno. Il sottosegretario agli Interni, Massimo Brutti, convoca per lunedì 19 giugno a Roma un incontro con la delegazione bresciana che aveva già incontrato il sottosegretario Di Nardo. In Consiglio comunale la Lega e il Polo attaccano l’Amministrazione comunale e il sindaco accusandoli di “atteggiamento connivente nei confronti dei clandestini”. Il sindaco replica che “l’unico soggetto istituzionale che si è assunto con una propria ordinanza l’onere di intervenire sulla vicenda dell’occupazione di Piazza Loggia da parte degli immigrati è stato il sindacato di Brescia, il quale si è impegnato nel ruolo proprio, così come è ovvio, ma anche esponendosi in un quadro di confusione nelle norme e nella titolarità istituzionale dei vari interventi”.
Sabato 17 giugno. La manifestazione nazionale porta per le vie del centro di Brescia almeno 10mila persone fra immigrati e italiani che sostengono le loro ragioni. Come gesto distensivo nei confronti della città, lungo il percorso del corteo vengono distribuite ai bresciani tremila rose. Sfatato l’allarmismo circolato nei giorni precedenti: la manifestazione si svolge senza il minimo incidente.
Domenica 18 giugno. A Roma si svolge un’iniziativa analoga a quella di Brescia. I manifestanti, secondo stime giornalistiche, sono quattromila.
Lunedì 19 giugno. La delegazione bresciana composta da Dia M’baye (senegalese), Peinda Kebe (senegalese), Ehsan Ullah (pakistano), Salvatore Cinque (Cgil), Antonio Lazzaroni (Cisl) e Claudio Comencini (Uil) incontra al Viminale il sottosegretario Massimo Brutti, che annuncia che il governo non prevede di ricorrere a un nuovo decreto ma intende risolvere la situazione con un’applicazione più estensiva delle norme già esistenti. Seguendo questa linea di governo – dopo un rapido riesame delle diverse posizioni di coloro che hanno fatto domanda di regolarizzazione – intende procedere al rilascio dei permessi di soggiorno a tutti coloro che ne hanno fatto richiesta e non l’hanno ancora ottenuto, a meno che le domande siano completamente prive di documentazione o l’interessato abbia precedenti penali.
Martedì 20 giugno. I sindacati confederali bresciani esprimono la propria soddisfazione per l’esito dell’incontro col sottosegretario Brutti, che ha anche fissato una data entro la quale definire il quadro dei permessi concessi e negati in base alla nuova interpretazione normativa: il 3 luglio. Il prefetto Alberto De Muro annuncia la creazione del Consiglio territoriale per l’immigrazione aperto a enti locali, associazioni di categoria e sindacati.
Venerdì 23 giugno. Nell’ambito di una serie di nuove nomine e spostamenti che interessano 23 questori di tutta Italia, il questore di Brescia Gennaro Arena viene destinato alla sede di Catanzaro. Tutti, a cominciare dal diretto interessato, considerano questa decisione punitiva, e conseguenza della linea di cui lo stesso Arena s’è fatto interprete nell’intera gestione dell’affare-immigrati. Solo la Lega Nord plaude allo spostamento del questore. Un documento congiunto di Cgil, Cisl e Uil parla di “un provvedimento punitivo nei confronti di un funzionario dello Stato macchiatosi della colpa grave di aver gestito con grande sensibilità ed intelligenza il problema immigrati a Brescia. (…) È anche al lavoro del Questore di Brescia, oltre che alla correttezza degli immigrati, che va ascritto il merito di aver scongiurato che la situazione degenerasse. Chi ha alacremente lavorato perché gli immigrati in lotta fossero trattati alla stregua di delinquenti, perché la loro civile protesta fosse soffocata come un sussulto malavitoso e le loro buone ragioni eluse, ora potrà fregiarsi di una vendetta che colpisce una persona integra, che avrebbe meritato ben altro riconoscimento”.
Sabato 24 giugno. Momenti di tensione e brevi tafferugli in piazza Loggia fra gli esponenti della Lega Nord, che manifestano contro “l’occupazione di alcune piazze cittadine da parte di un folto gruppo di immigrati pakistani”, e giovani del Centro sociale Magazzino 47.
Martedì 27 giugno. Nel corso di un incontro con una delegazione di sindacati nazionali il governo annuncia la soluzione adottata per il caso-immigrati. Ad almeno la metà degli immigrati con permesso “sospeso”, il sospirato documento verrà rilasciato entro pochi giorni. Tempi leggermente più lunghi per coloro che hanno presentato la domanda senza documentazione, e dovranno ricorrere a un’autocertificazione.
Mercoledì 28 giugno. Fra gli immigrati sale l’attesa per la consegna dei primi permessi.
Giovedì 29 giugno. La Questura di Brescia consegna i primi 250 permessi a immigranti di venti diverse nazionalità.
Venerdì 30 giugno. I portavoce degli immigrati annunciano che la protesta non smobiliterà finché non saranno ottenute assicurazioni circa il numero e i tempi di consegna dei permessi di soggiorno.
Domenica 2 luglio. Una fiaccolata serale, da piazza Loggia al piazzale della Questura, sposta ancora una volta l’epicentro della vicenda a San Polo, dove i manifestanti pernottano in attesa dell’apertura dell’ufficio stranieri e di un incontro con il nuovo questore Paolo Scarpis.
Lunedì 3 luglio. Una delegazione di immigrati viene ricevuta dal questore Paolo Scarpis, che fornisce indicazioni sui tempi per la consegna dei permessi di soggiorno. In giornata ne vengono approntati altri 200. Si conclude con un successo la lotta degli immigrati bresciani. Per complessità, livello organizzativo, eco politica, è sicuramente la più importante nella breve storia dell’immigrazione in Italia. A partire dalla decisione di ricorrere allo sciopero della fame, la lotta è durata 45 giorni.
Alcuni dati sull’immigrazione a Brescia
48.000 (16% minori) gli immigrati presenti in provincia
di Brescia
45.000 provvisti di permesso di soggiorno
35.000 svolgono un lavoro regolare
12.823 gli avviati al lavoro nel 1999
4.500 i bambini scolarizzati (dalle materne alle
superiori)
500 i miliardi di reddito guadagnato e speso
per vivere
170 i miliardi di tasse pagati allo Stato
40 i miliardi di rimesse alle famiglie Centinaia
le donne immigrate inserite nel lavoro domestico,
di assistenza domiciliare degli anziani e dei
malati, di cura dei bambini.
Fonte: Camera del Lavoro di Brescia