Il trionfo di Confìndustria sulla Cosa Rossa

Un trionfo. Confìndustria sfiora l’en plein nell’infuocata battaglia su protocollo Welfare e registra un clamoroso trionfo nei confronti della Cosa Rossa. Ma quello che fa più male, dalle parti di Rifondazione e compagni, è che il governo di Romano Prodi non ha concesso loro nemmeno l’onore delle armi. Quella dell’estrema è stata una resa “senza se e senza ma”: delle modifiche che erano state apportate dalla commissione Lavoro, quelle per capirci che sposavano il volere dei comunisti, ne è sopravvissuta solo una di un certo valore. Si tratta della norma che tratta i 36 mesi raggiunti i quali i contratti a termine possono essere prolungati solo una ulteriore volta, e che prevede che non debbano essere necessariamente continuativi. Un provvedimento importante, che evita l’azzeramento del conteggio stesso ogni qualvolta si verifica lo stop end go tipico dei contratti precari. Con tale innovazione raggiungere i 36 mesi sarà concretamente possibile: prima era solo un miraggio. Per il resto il bottino della Cosa Rossa si limita alla conferma per le deroghe sul job on cali, che potrà continuare ad essere utilizzato dai settori dello spettacolo e del turismo, e all’abrogazione dello staff leasing. Da qui in poi un nulla che fa rima soprattutto con la cancellazione della proroga fino ad un massimo di 8 mesi per i contratti a termine una volta esauriti 36 mesi. Da alcune indiscrezioni si apprende che il tetto di mesi per il rinnovo del contratto precario verrà trattato di volta in volta fra aziende e lavoratori. Una libertà d’azione che sposa in pieno gli interessi in materia di Confìndustria, che continuerà, grazie a questo escamotage, a decidere i tempi del precariato a suo piacimento. Ma c’è di più. Un’altra istanza che era stata bocciata anche in commissione Lavoro ma che l’estrema sinistra aveva intenzione di riproporre in aula, non vedrà mai la luce. Si tratta della norma che prevedeva la possibilità di sommare i periodi di lavoro coperti sotto tipologie contrattuali precarie diverse per concorrere a raggiungere la quota dei 36 mesi. Scomparso questo vincolo, basterà che il datore di lavoro si sbizzarisca nel proporre contratti precari di diversa natura ai suoi dipendenti per impedire loro di arrivare a quota 36 mesi. Ancora: viene ripristinato il riferimento alle 80 notti per la definizione di “lavoro notturno” ai cui addetti è consentito di andare in pensione anticipatamente. In Italia non esistono categorie di lavoratori che raggiungono quota 80: in questo modo la possibilità di raggiungere i benefici del riposo anticipato verranno raggiunti solamente attraverso la contrattazione di settore. Questo significa che alcuni comparti, come quello del tessile, manderanno in pensione prima lavoratori che coprono 50 turni post meridiani, mentre altri, come quello metalmeccanico, si comporteranno a contrario con impiegati che ne effettuano, ad esempio, 75. In ultima istanza il maxiemendamento non conterrà le nuove misure sull’apprendistato introdotte dalla Commissione, secondo cui un datore di lavoro poteva assumere anticipatamente, con contratto a tempo indeterminato, un apprendista, continuando a versare per il periodo restante i contributi con l’aliquota agevolata al 10%. In definitiva una debacle per la sinistra, e a poco serve la speranza che si apra in gennaio una finestra per ricontrattare alcuni aspetti che, ad oggi, sono stati letteralmente cancellati.