Il sesto congresso della Pds tedesca

Dal 7 al 9 aprile si è svolto a Munster il 6° congresso della PDS tedesca, il Partito del Socialismo Democratico (5,1% alle ultime elezioni politiche del 1998, di cui 21,6% nelle regioni dell’Est e 1,2% all’Ovest; 5,7% alle europee del 1999, 98.000 iscritti di cui solo 4.000 nella parte occidentale della Germania). Il congresso ha visto un vero e proprio terremoto politico che ha modificato profondamente gli equilibri interni. Gregor Gysi ha annunciato che lascerà la direzione del partito e il ruolo di capogruppo al Parlamento e che non si ricandiderà alle elezioni politiche del 2.002. Gysi è il leader della componente socialdemocratica del partito, che prospetta una rottura radicale con tutta l’esperienza storica e il patrimonio politico e teorico della DDR, ed una trasformazione della Pds in una formazione socialdemocratica di sinistra, prossima alla SPD tedesca. Con Gysi viene fortemente ridimensionato il ruolo di Andrè Brie, oggi deputato europeo, che di questa tendenza è considerato l’ideologo principale e più radicale.

Il congresso ha visto anche le dimissioni annunciate di Lothar Bisky, presidente della Pds dal 1993, quando subentrò a Gysi al vertice del partito, per volontà dello stesso. Bisky ha annunciato che non ripresenterà la sua candidatura alla presidenza del partito nella prossima scadenza congressuale del gennaio 2.001, nonostante lo statuto della Pds preveda la possibilità di un prolungamento del suo mandato fino al 2.003, e che si ritirerà a svolgere il ruolo di capogruppo della Pds nel proprio Land (regione). È evidente, commenta una dichiarazione ufficiale della Pds, che “il ritiro di questi due dirigenti di spicco dai rispettivi ruoli, pone a tutto il partito una sfida seria per il rinnovamento del gruppo dirigente”.

La causa scatenante della crisi interna al gruppo dirigente è stato il rifiuto della grande maggioranza dei delegati (216 contro 126) di approvare la mozione presentata dalla maggioranza della direzione e del gruppo parlamentare, sulla questione dell’utilizzo di truppe tedesche nel caso di interventi militari all’estero sotto l’egida dell’Onu. “La Pds, nei suoi precedenti congressi, aveva rifiutato ogni tipo di intervento armato, anche quelli con la benedizione del CdS delle Nazioni Unite (come nel caso della guerra contro l’Iraq). Gysi e Bisky, in nome di un rafforzamento del ruolo dell’Onu, chiedevano di non escludere a priori l’appoggio a missioni armate, ma di decidere caso per caso” (Il Manifesto, 11.4.00).

Il rifiuto della valutazione “caso per caso” ha visto, nel voto, una vasta convergenza su una mozione alternativa presentata da un centinaio di delegati, tra cui alcuni parlamentari, sostenuta da aree diverse del partito : l’area giovanile, l’area pacifista, la “Piattaforma comunista” e l’area del “Forum marxista”, che rappresentano – queste ultime – le componenti di ispirazione leninista e marxiste (con una articolazione di posizioni). Ma gli osservatori più attenti fanno notare che la grande maggioranza dei delegati e del corpo del partito non è organizzata per componenti (che pure nella Pds sono ammesse); e che una maggioranza di quasi due terzi dei delegati presuppone il sostegno determinante del corpo centrale del partito, al di là delle componenti. Un voto quindi che, diversamente dai commenti interessati apparsi su diversi organi di stampa, non è la sommatoria delle “ali estreme” del partito, sia pure ideologicamente eterogenee, ma esprime al contrario una più profonda contrarietà del corpo centrale del partito ad una evoluzione della Pds in senso socialdemocratico e “occidentalista” e ad una rottura di ogni elemento anche positivo di continuità con la propria esperienza storica.

Dal congresso è uscita fortemente rafforzata la figura e la posizione del presidente onorario Hans Modrow (che fu l’ultimo premier della Ddr prima del crollo) il cui intervento al congresso ha raccolto il consenso della grande maggioranza dei delegati, e che ha tentato – senza successo- una mediazione sul testo della mozione. Modrow è considerato vicino alle posizioni del “Forum marxista” ed è sicuramente l’esponente di maggior spicco della sinistra marxista del partito. Da sempre ostile ad un approccio liquidatorio dell’esperienza storica della DDR, favorevole ad una collaborazione, ad ovest, col Pc tedesco (Dkp), da tempo viene sostenendo le potenzialità di ripresa e sviluppo dei comunisti e delle forze di sinistra nei paesi dell’Est e dell’area ex sovietica, e il ruolo ponte che un partito di frontiera come la Pds può svolgere nel collegamento coi comunisti e le sinistre di trasformazione dell’Europa occidentale. Di lui Gysi disse un giorno, con sottile ironia : “Modrow è un uomo con un piede nel passato, uno nel presente, e lo sguardo rivolto al futuro”.

Secondo Le Monde (11.4.00), “la sconfitta di Gysi e Bisky è la sconfitta di una linea che voleva far adottare al loro partito un approccio comparabile a quello dei socialdemocratici tedeschi all’epoca di Bad Godesberg nel 1959”. Per cui, commenta il giornale francese, “la questione dell’avvenire della Pds è nuovamente posta”.