Il quarto congresso del Partito socialista di Serbia

Il 17 febbraio scorso si è tenuto a Belgrado il 4° congresso del Partito Socialista di Serbia (SPS), che celebra quest’anno il decimo anniversario della sua fondazione. Vi hanno preso parte 2.314 delegati in rappresentanza di circa 700.000 iscritti ( la Serbia conta circa 10 milioni di abitanti). La grande maggioranza dei delegati era di età compresa tra i 30-50 anni, con una forte presenza di giovani e di donne. Dato il contesto post-bellico di emergenza e di ricostruzione in cui si trova il Paese, tutt’ora esposto ad un pesante embargo economico e politico da parte delle grandi potenze capitalistiche e della Nato, più che di un congresso ordinario di discussione politica, si è trattato di una manifestazione militante e patriottica in difesa dell’autonomia e della sovranità del proprio paese, e di un messaggio di solidarietà nazionale e popolare per la sua ricostruzione, rivolto a tutta la popolazione yugoslava.

Due fatti politici rilevanti hanno caratterizzato il congresso. Il primo è il discorso di Slobodan Milosevic, rieletto quasi all’unanimità presidente del SPS, che ha difeso il principio “multinazionale e multietnico” su cui si è fondata e vuole continuare a fondarsi la nuova Repubblica Federale Yugoslava, ha attaccato il “nuovo fascismo” che nel 1999 si è manifestato con l’aggressione militare della Nato, “sostenuta da 19 tra i paesi più ricchi e sviluppati del mondo, contro la piccola Serbia e i suoi 10 milioni di abitanti”. Una guerra che è stata accompagnata “da una campagna mondiale mediatica degna della propaganda di Goebbels”, ma che “non è riuscita alla fine a nascondere il carattere eroico della resistenza con cui il popolo serbo ha tenuto testa all’aggressione”.

E che si è conclusa con un “compromesso sancito dalle Nazioni Unite che la Yugoslavia ha accettato, ma che viene apertamente violato dal terrorismo albanese nel Kossovo e dall’atteggiamento dei principali paesi aggressori”. Infine, Milosevic ha attaccato la cosiddetta “opposizione interna”, che si trova per giunta “al governo in numerose amministrazioni locali” del paese, accusandola di “non essere una vera opposizione che prospetta un progetto nazionale di società alternativa a quella oggi esistente, ma una forza asservita, sostenuta e finanziata da paesi stranieri aggressori, che dopo avere bombardato la Jugoslavia oggi vogliono colonizzarla e privarla della sua sovranità”.

L’altro fatto politico rilevante che ha caratterizzato il congresso e che ha contribuito fortemente a rompere ogni tentativo di isolamento della sinistra yugoslava nel contesto internazionale, è stata la folta e qualificata presenza di 92 delegazioni straniere, provenienti da 55 paesi di ogni parte del mondo: per lo più partiti comunisti, socialisti, socialdemocratici, progressisti e in qualche (raro) caso partiti di diverso orientamento (ad es. la Lega Nord) che si erano comunque opposti alla guerra della Nato. Erano presenti, tra gli altri:

• dall’Europa occidentale: i partiti comunisti di Austria, Cipro, Danimarca, Germania (Dkp), Grecia, Italia (Prc e Pdci), Portogallo, Spagna (Izquerda unida e Pc catalano). Dalla Grecia erano presenti anche tutte le altre forze di sinistra (Pasok, Dikki, Synaspismos) e così pure da Cipro;

• dall’Europa dell’Est e dall’area ex sovietica: la sinistra socialista ed ecologista di Bulgaria, tutta la sinistra rumena e macedone, i Pc di Ungheria, Rep. Ceca e Slovacchia, tutta la sinistra comunista e socialista di Russia, Ucraina, Moldavia, i Pc di numerose altre repubbliche ex Urss;

• dall’Asia-Oceania: tutta la sinistra giordana, i partiti Baath di Siria e Iraq, l’Olp, i Pc di Cina, Vietnam, Laos, Corea del Nord, India, Nepal, Bangladesh, Australia;

• dall’Africa: l’Anc sudafricana, l’Mpla angolano, il Frelimo mozambicano, la Swapo della Namibia, lo Zanu dello Zimbabwe, la Libia;

• dalle Americhe: i Pc di Cuba, Cile e Brasile (PcdoB), i partiti socialisti di Cile e Argentina (Psd), la Sinistra unita di Bolivia, il Fronte sandinista e quello del Salvador.

Presenti anche una rappresentanza della Federazione Mondiale della Gioventù Democratica e del Congresso socialista eurasiatico, che comprende tutti i partiti socialisti delle repubbliche ex sovietiche.

Il saluto al congresso è stato portato da un rappresentante per ogni continente, con una scelta significativa: per l’Europa il delegato del Pc greco-KKE, per l’Africa il delegato dello Zimbabwe, per le Americhe il delegato di Cuba, per l’area ex sovietica il delegato del Partito comunista della federazione russa, per l’Asia il delegato del Pc cinese, tutti accolti (in particolare quest’ultimo) da autentiche ovazioni. La Cina è infatti il paese che più ha sostenuto la Yugoslavia durante la guerra, “meritandosi” il bombardamento Nato sulla sua ambasciata di Belgrado, e quello che più lo sta aiutando materialmente nella ricostruzione.