Il potere, la violenza, la resistenza

Si è svolto venerdì 26 e sabato 27 marzo scorsi, presso la storica “casa della Cultura” a Milano, il convegno organizzato dalla rivista l’ ernesto (con la collaborazione del Centro culturale “Concetto Marchesi” di Milano) sul tema “Il potere, la violenza, la resistenza”. La manifestazione, seguita complessivamente da circa 400 tra compagne e compagni, ha visto la partecipazione, in veste di relatori, di figure di spicco della cultura comunista, della sinistra critica, dell’area cattolica e del movimento. La serata di venerdì 26 è stata aperta, e poi coordinata, dal direttore Fosco Giannini, che ha offerto una cornice per la discussione e ha affermato: “ La scelta di organizzare una discussione libera, un confronto aperto tra scuole, pensieri, orientamenti comunisti e di sinistra tra loro diversi , a differenza – ci permettiamo di dire – del convegno autoreferenziale recentemente organizzato dal nostro partito a Venezia, rimanda in verità alla natura politica e culturale stessa della nostra rivista, l’ernesto, una rivista che vuol dare il suo contributo al rilancio di una teoria e di una prassi comuniste, antimperialiste e anticapitaliste; il rilancio di un progetto che passi innanzitutto attraverso l’analisi critica del capitalismo contemporaneo e che non faccia né della nostalgia né del liquidazionismo delle nuove e false coscienze, ma punti alla definizione di una identità comunista all’altezza dei tempi e dell’attuale scontro di classe”.
Dopo l’introduzione di Giannini si è aperta la tavola rotonda, con una primo intervento di Claudio Grassi, seguito dagli intervenuti di Piero Bernocchi, Rina Gagliardi e Valentino Parlato.

Grassi, dopo aver contestato la spirale guerra-terrorismo, ha ricordato che la guerra non è causata dal terrorismo ma dalla crisi del capitalismo e dalle sue politiche economiche spogliatrici. Dopo aver ribadito come la guerra alimenti il terrorismo “che uccide l’idea di trasformazione sociale e anche per questo è avversato dai comunisti”, ha poi messo in luce la differenza tra la critica (“necessaria”) al comunismo del ‘900 e la sua condanna totale, “che cancellerebbe la stessa storia dei comunisti rendendoli senza futuro”. Soffermandosi poi sulla legittimità della resistenza irachena ha rilevato come sia giunta l’ora di “avere meno pentimenti e più forza nel denunciare le violenza dell’imperialismo e dei padroni, dal ‘900 ai nostri giorni”. Grassi, in fine, rammentando lo strapotere dei pochi centri capitalistici sui popoli del mondo, ha sottolineato come non possa essere elusa, da parte dei comunisti, la questione del potere. Bernocchi, dopo aver sottolineato “come non vi sia alcuna emergenza violenza nel nostro paese”, si è dichiarato stupito della condanna in astratto della violenza, che significherebbe, in ultima analisi, la rinuncia alla lotta da parte dei popoli e ad ogni trasformazione rivoluzionaria.
Rina Gagliardi si è soffermata sull’opzione politica della non violenza circoscrivendone la validità al “qui e ora” riconoscendo,inoltre, sia la difficoltà che la necessità di coniugarla all’idea e alla pratica del comunismo. Dopo essersi chiesta perché il movimento operaio nel corso del ‘900 abbia perso, ha sottolineato la necessità di compiere una approfondita riflessione interna ed esterna al partito che indaghi le ragioni della sconfitta. “Il comunismo – ha concluso la compagna Gagliardi – non può ridursi a una nostalgia, qualcosa ciò è a cui rimanere fedeli. Anche il leninismo, che non ho mai condiviso, è stato capace di grandi innovazioni”.
Valentino Parlato, in dissenso con Rina Gagliardi (che l’ha accusato bonariamente di “continuismo”), si è interrogato sul perché dell’operazione politica relativa alla non violenza compiuta dal gruppo dirigente di Rifondazione. “Il pericolo – ha detto Parlato – è rompere con tutta la tradizione comunista”. “L’uso della forza – ha proseguito – è talvolta indispensabile e bisogna stare attenti a non ripetere l’operazione che Craxi fece con Proudhon”.

Nella giornata di sabato si è svolto il seminario di approfondimento storico teorico che ha visto la partecipazione, fra gli altri, del comandante partigiano Giovanni Pesce, di dirigenti sindacali come Franco Arrigoni (FIOM), intellettuali come Giuseppe Prestipino, Franco Russo, Andrea Catone, Lidia Menapace, Josè Luis Del Roio, Fausto Sorini e Alberto Burgio, di militanti femministe e comuniste come Lidia Cirillo ed esponenti del mondo cattolico come don Renato Sacco e infine con la lettura dei contributi di Lucio Magri, Angelo Del Boca, Giorgio Bocca, Enzo Collotti e Gianni Minà.
La giornata seminariale è stata aperta dalla lettura dell’intervento di Magri, che ha ribadito la necessità di un approccio critico con il socialismo realizzato, ma ha anche affermato “che occorre reagire ad un liquidazionismo che oggi sta dilagando in tutta la sinistra” e che “ si rifiuti, perché falsificante, una ricostruzione della storia del ‘900 e del movimento comunista che considera l’uno e l’altro come un cumulo di macerie”.
Prestipino ha ricordato, con Croce, che il giudizio storico deve essere autonomo, svincolato dalle contingenze politicistiche.
Russo ha affrontato il tema delle “vie del potere”, e dopo aver affermato come “Togliatti liquidò il leninismo con l’ipotesi della via nazionale al socialismo”, si è soffermato sulla destrutturazione del potere in Lenin, mettendo a confronto, in tema di garanzia dei diritti universali, le esperienze del potere rivoluzionario e dell’assemblea costituente. Per Russo la diminuzione di sovranità dello Stato è oggi messa in discussione dalla centralità del mercato e dalla lex mercatoria : “oggi ad esempio lo Stato e le imprese delegano alla WTO la regolamentazione del commercio e occorre porsi il problema del superamento dello Stato tramite forme di democrazia deliberativa partecipata”.
Andrea Catone, dopo aver invitato ad osservare la questione della violenza nell’ambito “dei rapporti di produzione”(Engels) si è soffermato sul concetto di “violenza levatrice di ogni società” così come argomentato nel primo libro del Capitale di Marx a proposito dell’accumulazione originaria capitalistica della borghesia tramite l’esproprio e il ricorso all’uso della forza (Gewalt). Dopo aver messo a fuoco la natura e la consistenza del nesso che lega la conservazione degli assetti di potere dati all’impiego della coercizione e di quella che Marx definiva “coazione extra-economica”, Catone ha affermato l’indissolubile legame fra capitalismo e Stato. Infine, dopo aver osservato che “gli uomini fanno la storia in base alle circostanze che trovano davanti a sé e che il proletariato non può scegliere da sé il terreno di lotta”, ha rilevato come non ci sia mai stata, per il movimento operaio italiano, una visione “catartica” e purificatrice della violenza, come invece avvenne nel fascismo.
Fausto Sorini ha svolto una relazione sul tema “Violenza, terrorismo e lotta armata nell’azione del Partito Comunista d’Italia clandestino” nel dibattito che si sviluppò all’interno del partito comunista alla conferenza di Basilea nel 1928. Dopo aver esaminato le posizioni di Ottavio Pastore, Ruggiero Grieco e Palmiro Togliatti , Sorini ha ricordato la critica di Secchia al terrorismo individuale e la sua indicazione, anche in dissenso con Togliatti, di far crescere “anche nel corso di dimostrazioni pacifiche agitazione laddove c’era fermento”.
Lidia Menapace ha motivato il suo pacifismo assoluto ricordando alcune forme di lotta non violente efficaci utilizzate dal movimento operaio nel corso della sua storia (scioperi, boicottaggi, occupazioni, azioni radicali, spesso illegali, ma mai violente). Con forte passione civile, ha infine ricordato la natura razionale e volutamente “anti-eroica” della resistenza italiana.
Del Roio, ricordando i guasti profondi del neoliberismo in America Latina, ha severamente criticato quei settori della sinistra europea che “arricciano il naso quando parlano del Venezuela di Chavez”.
Lidia Cirillo, dopo essersi dichiarata d’accordo con una parte della relazione di Grassi, si è soffermata “sulle differenze in tema di ricostruzione di un soggetto di classe: il movimento dei movimenti va accolto come una positiva novità politica, in considerazione della sua natura giovanile, internazionale e di critica al liberismo. Oggi occorrerebbe tentare di riadeguare il partito alla società senza rimanere una forza meramente identitaria”.
L’intervento di Enzo Collotti ha trattato il tema della vicenda drammatica delle foibe, contestualizzandola storicamente nell’ambito delle violenze commesse dai fascisti e dai nazisti nei confronti delle popolazioni slave dell’Istria negli anni compresi fra il 1939 e il 1944.
Le note di Angelo Del Boca ha ricordato le cifre della resistenza italiana (tratte dal rapporto del generale Clark: 44.ooo morti, 364.ooo combattenti) ed hanno sottolineato l’importanza di opporsi al tentativo di mettere sullo stesso piano repubblichini di Salò e partigiani,vittime e carnefici, in nome di una riconciliazione di tipo revisionistico. Del Boca ha rammentato nel suo intervento il 60° anniversario ( 20 giugno 1944) dell’eccidio nazifascista di Fondotoce (Val d’Ossola), dove furono barbaramente torturati e poi trucidati 42 partigiani, e partendo da tale anniversario il grande storico ha messo in luce lo scarto tra la grandezza della lotta partigiana e l’attuale fase revisionista.
Don Renato Sacco (con il quale ci scusiamo per l’errata sintesi del suo intervento apparsa su “Liberazione”, di cui siamo responsabili) ha raccontato della sua esperienza in Iraq e ha messo a fuoco le questioni che sono alla base della guerra : l’economia, la finanza, il petrolio, gli interessi dell’ENI, parlando poi dell’esigenza della non violenza , del perdono e della necessità che abbiamo di liberarci dalla cultura di guerra che circonda tutta la nostra vita, concludendo significativamente l’intervento con una citazione di Ilario di Poitiers, del V secolo dopo Cristo: “Noi non abbiamo più un imperatore anticristiano che ci perseguita, ma dobbiamo lottare contro un persecutore ancora più insidioso, un nemico che ci lusinga…, non ci flagella la schiena ma ci accarezza il ventre; non ci confisca i beni (dandoci così la vita), ma ci arricchisce per darci la morte: non ci spinge verso la libertà mettendoci in carcere, ma verso la schiavitù invitandoci e onorandoci nel palazzo; non ci colpisce il corpo, ma prende possesso del cuore; non ci taglia la testa con la spada, ma ci uccide l’anima con il denaro”.
La relazione di Gianni Minà ha chiarito come in America Latina l’uso della forza sia necessario, sia per mantenere le conquiste sociali realizzate a Cuba, in Venezuela e in altri paesi, che per difendersi dall’aggressione imperialista.
Nel suo intervento Giorgio Bocca, dopo aver criticato il revisionismo storico imperante e ricordando la necessità etica della lotta dei popoli, si è dichiarato in disaccordo con Bertinotti rispetto alla questione della non violenza. La compagna Luisa Morgantini, che era invitata al convegno e non ha potuto parteciparvi per un impegno in Turchia, ha voluto telefonare da Dyarbakir (Kurdistan turco) per salutare le compagne e i compagni e per esprimere ed ottenere un messaggio di solidarietà per Ocalan.
Un saluto ai lavori è venuto anche dal costituzionalista Gianni Ferrara. Il convegno è stato anche caratterizzato dagli interventi dell’economista Joseph Halevi, che ha trattato il tema “ Imperialismo Usa e Medio Oriente” e di Jaime Ballesteros, presidente dell’Organizzazione per la Solidarietà ai Popoli dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina (OSPAAAL) e già vice segretario generale del Partito comunista di Spagna, che ha affrontato il tema “Assetti geopolitici e guerre imperialiste”. Un significativo saluto al convegno è stato portato da Hugo Ramos Milanes (dell’Ambasciata di Cuba in Italia), da Bassam Saleh’ (rappresentante della Comunità palestinese a Roma) e da Le Vinh Thu (Ambasciatore della Repubblica del Vietnam in Italia).
L’intervento conclusivo di Alberto Burgio ha infine ripercorso lo svolgimento dei lavori, ponendone in risalto l’apertura e la ricchezza e soffermandosi su alcuni nodi cruciali del dibattito. Tre in particolare: la discussione sulla guerra americana contro l’Iraq (a questo proposito Burgio ha sottolineato come in tutti gli interventi la rigorosa critica al terrorismo si sia intrecciata alla problematizzazione di quest’ultimo concetto, e ha quindi messo l’accento sul generale riconoscimento dell’importanza della resistenza irachena, oltre che della sua legittimità); la questione della non violenza (osservando come quasi tutti i relatori l’abbiano affrontata contestualmente al tema dei rapporti di forza e ricordando che l’intera storia recente del movimento operaio –almeno in tutto il secondo Novecento – testimonia della consapevolezza della natura “disseminata” del potere politico); il problema del potere, tematizzato, in più di un intervento, nei termini di una critica della sovranità e della centralità dello Stato. Riguardo a tali questioni Burgio ha richiamato l’attenzione sui presupposti analitici di questa critica (a cominciare dalla ricorrente propensione ad identificare lo Stato con la specifica statualità borghese capitalistica) e sulla subalternità all’ideologia liberale che essi talvolta tradiscono.
Del convegno verranno pubblicato gli atti, da prenotarsi presso la redazione de l’ernesto ( [email protected] ).

per l’ernesto e per Liberazione