Il “condominio imperiale”

*Giornalista e saggista statunitense

NEO-LIBERISMO E NEO-ATLANTISMO RESTANO GLI ASSI PORTANTI DELL’UNIONE EUROPEA, CHE IL NUOVO TRATTATO COSTITUZIONALE – BOCCIATO IN FRANCIA E IN OLANDA – AVREBBE VOLUTO RATIFICARE

Alla questione “qual è la più potente delle argomentazioni a favore del SI?”, François Bayrou risponde: “Il mondo è dominato dalla potenza americana, che è oggetto di concorrenza da parte della potenza cinese. Vogliamo accettare la sovranità di questi imperi e il loro modello di società? Oppure vogliamo contare anche noi, per difendere i nostri valori? (…) Tutti gli avversari dell’idea europea sognano di vederci votare NO, gli ambienti neoconservatori americani, i conservatori britannici antieuropei, la destra estrema europea e la sinistra estrema, Le Pen e Besancenot.”
Dominique Strauss-Kahn è ancora più chiara: “C’è bisogno del Trattato costituzionale europeo per contrastare l’egemonismo americano”. Sotto una forma o l’altra, quest’argomentazione ritorna costantemente nelle difese ed argomentazioni a favore del SI. L’idea alla base è che questa Costituzione sia la condizione necessaria (e forse anche sufficiente) affinché l’Unione europea si affermi come “contro-potenza” di fronte agli Stati Uniti.
Vorrei mostrare che quest’argomentazione è falsa nelle sue premesse, e a maggior ragione nelle sue conclusioni. Allo stesso tempo vorrei sottolineare ciò che appare sincero in quest’argomentazione, cioè il suo significato profondo nello spirito di quasi tutta la classe politica francese. Poiché non si tratta qui di una volgare menzogna, ma piuttosto dell’espressione di una grande confusione per quanto riguarda “l’idea europea”.
Innanzitutto, si possono individuare due premesse errate: a) questa Costituzione rafforza l’Ue come contropotenza, e quindi: b) gli egemonisti americani sperano di vedere i francesi votare NO. Dunque il SI sarebbe, in un certo qual modo, una sottile dichiarazione d’indipendenza dell’ Europa rispetto all’egemonia d’oltre Atlantico.
La prima premessa è contraddetta dal testo stesso di questa Costituzione, perché i “valori” che in essa sono espressi ribadiscono i “valori” neoliberali che sono attualmente quelli della superpotenza americana. Peggio ancora, in tale direzione questa Costituzione va molto più lontano di quella degli Stati Uniti. La parte III riprende la politica neoliberista già presente nei trattati di Maastricht, pietrificandola di fatto in una “Costituzione” il cui emendamento esige l’unanimità. Contrariamente agli Stati Uniti, che conservano la possibilità di cambiare politica economica in modo pragmatico, ad esempio stimolando la crescita con i disavanzi di bilancio, l’Unione europea vuole chiudersi in un giogo neoliberista il cui principale scopo dichiarato – attirare gli investimenti produttivi per creare posti di lavoro – non cessa di allontanarsi.
La Costituzione proposta lega l’Unione europea alla NATO – strumento della sovranità statunitense sull’Europa – ed anche alla sua attuale crociata: la “lotta contro il terrorismo”. Cosa potrebbe dunque sperare più di Washington?
Che l’Europa ed i suoi Stati membri siano completamente privati di qualsiasi possibilità di definire e di perseguire una politica estera indipendente chiara ed efficace!
Ebbene, questa Costituzione risponde anche a questo desiderio, costringendo tutti gli Stati ad accordarsi su di una politica estera decisa all’unanimità. La ricetta perfetta per l’impotenza. Eccetto per quegli Stati che, come il Regno Unito, sceglierebbero di seguire gli Stati Uniti a tutti i costi. […]

IL CONDOMINIO IMPERIALE

Cosa vogliono esprimere coloro che dichiarano che il principale argomento a favore del SI è che questo permettere all’Europa di tener testa alla superpotenza americana? Se si fa riferimento ai testi – in particolare l’articolo I-41, che lega la politica di difesa alla NATO –, questa dichiarazione potrebbe essere liquidata come una semplice contro-verità. Tuttavia è forse più utile assumere che la maggior parte di coloro che fanno questa affermazione non mentono, ma che hanno in testa un’idea particolare, e tentare così di comprendere il fondamento di tale idea.
Mi sembra in effetti che gli atlantisti che difendono la Costituzione per rafforzare l’Ue nei confronti degli USA immaginano una vera rivalità tra i due, ma una rivalità all’interno di uno stesso sistema socioeconomico e geostrategico: un sistema che io chiamo Condominio Imperiale (CI, meglio conosciuto sotto il nome di “Comunità internazionale”). Questa CI rappresenterebbe una soluzione al problema posto dalle guerre tra potenze imperialiste che hanno condotto al disastro del 1914-18. Si tratta di collegare queste potenze imperialiste sotto l’egemonia degli Stati Uniti per promuovere gli stessi “valori ed interessi” ovunque nel mondo. […]
L’“indipendenza” che raccomandano gli atlantisti non è in fondo nulla di diverso dal livello d’efficacia competitiva che dovrebbe possedere l’Europa per proseguire questa concorrenza con gli Stati Uniti pur restandovi strettamente legata. Si tratterebbe, comunque, di non di perseguire mai una qualche politica – economica o geopolitica – fondamentalmente diversa da quella degli USA.
Questa rivalità concorrenziale fra le due entità esiste già, ma i nostri dirigenti ne parlano assai poco o in modo quasi codificato dinanzi al loro pubblico. Così si perseguono politiche la cui vera ragione, i suoi fondamenti ed risultati non sono pubblicamente valutati né discussi. Prendiamo un esempio: l’affrettato allargamento dell’Ue ai paesi dell’Est fa parte di questa politica di rivalità con gli Stati Uniti che non viene chiamata con il suo nome. I filo europei non hanno mai cessato di osservare che sarebbe stato innanzitutto necessario “approfon dire” l’Ue prima di allargarla. Si tratta di buon senso: si può rovinare tutto andando troppo rapidamente. Già si sono visti i danni causati in Germania dalla sua affrettata riunificazione, ma questo si può considerare come un caso distinto.

Per i Paesi baltici, e ora per la Romania e la Bulgaria (e forse un domani per l’Ucraina e la Georgia) questa fuga in avanti segue una logica diversa. Si potrebbe immaginare che si tratti di rivalità con la Russia. Alcuni di questi paesi (in particolare i Paesi baltici) sembrano credersi permanentemente minacciati dalla Russia, nonostante il ritiro volontario e pacifico di questa. Ma i dirigenti occidentali sanno bene che la Russia non è una minaccia.
Effettivamente, l’allargamento dell’Ue verso l’Est soddisfa molto più le necessità della rivalità con gli Stati Uniti, la cui influenza in questi paesi è già predominante e si va rafforzando con la estensione della NATO. L’allargamento verso la Turchia segue una logica analoga. L’ironia della storia è che l’Ue si trova in tal modo costretta ad una gara per l’influenza con gli Stati Uniti proprio quando (attraverso la Costituzione) essa intende ribadire il suo attaccamento ad un’alleanza atlantica completamente dominata da Washington. L’allargamento verso i paesi dell’Est può certamente contribuire a rafforzare l’influenza dei paesi dell’Europa occidentale, ma al prezzo di un indebolimento dell’indipendenza dell’Europa rispetto agli Stati Uniti.
Si osserva un fenomeno simile nel ruolo attivo (benché secondario) giocato dall’Ue nelle “rivoluzioni” arancione e consimili, completamente teleguidate e generosamente finanziate da Washington. Queste “rivoluzioni” mirano chiaramente a sottoporre le economie di questi paesi al capitale straniero tramite dirigenti più fedeli agli Stati Uniti (dove la maggior parte di essi hanno ricevuto la loro formazione) che non ai loro popoli. Tutto ciò – con la costante provocazione verso la Russia che questo implica – è veramente nell’interesse dell’Ue e dei suoi popoli? Ce lo si potrebbe almeno chiedere. Ma su queste questioni un dibattito pubblico europeo non esiste.

LA “LEZIONE DEI BALCANI”

La confusione che regna nella definizione di una politica europea “d’indipendenza” raggiunge il suo culmine con la cosiddetta “lezione dei Balcani”. Il cliché dominante è stato ben espresso da Henri de Bresson su Le Monde quando questi, a proposito della politica estera e di sicurezza contenuta nella Costituzione, scrive: “Traendo la lezione dalle guerre nei Balcani, che essi non hanno potuto impedire e alle quali hanno potuto mettere fine solo con l’intervento degli Stati Uniti, gli europei si dotano di uno strumento che fornisce una nuova credibilità alla loro azione esterna. Si tratta di un grande passo.”
Assolutamente tutto, in quest’analisi, è falso. Non insisto sul fatto che l’attaccamento alla NATO è un vizio di partenza in questo “strumento che fornisce una credibilità nuova alla loro azione esterna”. L’errore è allo stesso tempo più profondo e assai rivelatore.
Innanzitutto non è stata affatto – come ci si ostina a ripetere – la debolezza militare dell’Europa la responsabile del suo fallimento nei Balcani. È stata, piuttosto, la sua debolezza politica. L’Ue non ha mai correttamente analizzato né compreso le cause del dramma jugoslavo. E non ha mai sviluppato -– come avrebbe potuto e dovuto fare – un programma chiaro verso tutta la Jugoslavia al fine di evitarne le guerre di secessione. E una volta che il peggio si è verificato, è stata incapace di elaborare una politica suscettibile di portare la pace – che avrebbe contrastato gli sforzi di Washington per evitare qualsiasi pace che non fosse quella americana. (Vedere a questo riguardo le memorie di David Owen).
Questa debolezza era legata alla mancanza d’unità tra gli Stati membri dell’Ue – ma ancor più alla volontà di nascondere questa assenza d’unità dando l’impressione di un’unità che non esisteva affatto! In tal modo la posizione della Germania a favore di secessioni non negoziate – una posizione che rendeva la guerra civile inevitabile – è stata all’inizio respinta, e giustamente, da parte di tutti gli altri Stati membri dell’Ue, soprattutto da parte della Francia, del Regno Unito ed anche da parte di diplomatici tedeschi in forza a Belgrado. Ma precisamente a causa della prossimità della firma del trattato di Maastricht, e poiché non era opportuno rivelare al mondo le proprie divisioni, il buon senso di questa maggioranza ha capitolato dinanzi al desiderio del governo tedesco di sopprimere il suo vecchio nemico, la Jugoslavia, a profitto dell’indipendenza dei suoi vecchi clienti, la Croazia e la Slovenia. E successivamente tutti i dirigenti – in particolare francesi – che avevano avuto ragione, hanno cercato di giustificare una decisione tragicamente sbagliata.
E non è tutto. Si è anche cercato di nascondere all’opinione pubblica le sorde rivalità tra potenze – soprattutto tra gli Stati Uniti e la Germania – per attirare i vari secessionisti nella propria sfera d’influenza. Con una grande manifestazione d’unità occidentale in gran parte fittizia, la NATO ha poi devastato nel 1999 quanto restava della Jugoslavia. Dei reali problemi, fino ad oggi nulla è stato realmente risolto, ma non se ne parla più. Si tratta di una situazione classica: i potenti regolano le loro rivalità, facendo poi pagare il conto ai deboli. […]

A queste determinanti questioni, la Costituzione europea e i suoi partigiani non offrono alcuna chiara risposta. A parte – come diceva quel grandissimo umorista che era il generale di Gaulle – il solo gridare: “ L’Europa! L’Europa!”.