Il “Che” eroe globale

L’anno 1967 segna una fase nella storia dell’America: l’8 ottobre di quell’anno fu assassinato il Comandante Ernesto “Che” Guevara, per ordine della CIA e del governo degli Stati Uniti. Fino a quell’anno, La Higuera era stato un luogo anonimo e sconosciuto, ma a partire da quella data divenne una località conosciuta, grazie ai mezzi di comunicazione del mondo, dal Rio Bravo fino alla Patagonia, dall’Alaska fino alla Terra del Fuoco; dai paesi africani, all’Asia e all’Europa, dove gli uomini e le donne sensibili e degni sentirono il dolore nel più profondo del loro essere. La decisione di assassinare il Guerrigliero Eroico è stata qualificata come un crimine e, allo stesso tempo, un grave errore politico. Iniziarono a sollevarsi da tutte le parti voci di condanna. Coloro che decisero, diressero e commisero il crimine furono giudicati moralmente da milioni di persone. Per questo vogliamo ricordare che ad ottobre ricorrono i 40 anni da quelle manifestazioni di protesta che fecero rimbombare il mondo, mobilitando personalità che con il loro agire continuano ad onorare il presente. Furono loro che diedero inizio a quel giudizio morale che è e sarà, per le future generazioni, un punto di riferimento nell’incontro con il Che e quando raggiungeremo gli 80 anni dal crimine, noi che abbiamo sollevato le nostre voci di condanna contro gli assassini avremo compiuto il nostro dovere. Quando la notizia del tremendo crimine e del grave errore politico del governo degli Stati Uniti, della CIA e del Generale Renè Barrientos fu trasmessa a tutte le latitudini della Terra, si produssero un rigetto e una condanna che rimarranno scritte nella storia dell’umanità in maniera perpetua. Gli operai, gli studenti, i contadini, i professionisti, gli intellettuali ed i governi progressisti di tutto il mondo manifestarono quindi la loro indignazione. Le manifestazioni di condanna giunsero p e rfino nelle sedi diplomatiche della Bolivia nelle principali capitali del mondo e negli stessi Stati Uniti. La stampa dell’epoca costituisce una fonte di infinito valore, dal momento che precisa le ripercussioni del crimine. Da Parigi, l’agenzia di Stampa AFP riportò come la stampa europea avesse dedicato grandi spazi e riconosciuto che in generale, qualsiasi fosse la sua tendenza, il “Che” era stato un uomo di enorme prestigio, in grado di unire i fatti alle parole. In Francia, tutti i quotidiani pubblicarono la notizia. L’Humanite sottolineò che tutti i giornali concordavano sul fatto che Guevara era, al di là delle sue opinioni politiche, un uomo eccezionale. Il giornalista Marcel Niedergang scrisse su Le Monde De Paris: “Primo cittadino del Terzo Mondo e ardente difensore dei popoli oppressi”. La famosa Josephine Baker e i suoi figli inviarono un messaggio di condoglianze al Comandante in Capo Fidel Castro. L’Editoriale Larousse realizzò un’inchiesta popolare – in occasione del 150° Anniversario della nascita del suo fondatore, Pierre Larousse – che rivelò come Che Guevara fosse la prima personalità mondiale da includere nel famoso dizionario. In Colombia, il settimanale comunista Voz Proletaria pubblicò in prima pagina un articolo dal titolo “Il Che è morto combattendo per la libertà dell’America”. A Santiago del Cile, gli studenti scesero nelle strade principali in omaggio al Che; alla Facoltà di Medicina realizzarono un atto solenne in sua memoria. Il Parlamento cileno gli rese omaggio, e parlarono Salvador Allende, Volodia Teltemboin, Tomás Chadwick, Baltazar Castro e Fernando Luengo. Il Partito Democratico Cristiano gli rese omaggio. Gli studenti di Tegucigalpa realizzarono manifestazioni di condanna e furono d’accordo nel dichiarare il Che “eroe nazionale” dell’Honduras. In un’importante partita di calcio in Perù, i partecipanti si presentarono con una fascia nera sul braccio in segno di lutto. Gli universitari di Lima e di tante altre università – a partire da quella di Espiritu Santos -, come l’Istituto degli Studi Sociali di Rio de Janeiro, organizzarono dimostrazioni pubbliche e manifestazioni di omaggio. Il vescovo Antonio Batista Agoso, alto gerarca della Chiesa, condannò l’assassinio, mentre l’arcivescovo del Brasile, Helder Camara, considerò il Che martire d’America. Nelle città di Sataozinho e Santos si realizzarono grandi manifestazioni. Le Camere municipali di Niteroi e Campos, presso Rio de Janeiro, elogiarono il Che. Per la strada tra Rio Branco e Rio de Janeiro manifestarono migliaia di studenti. A San Juan, Porto Rico, il leader indipendentista Juan Mari Brass parlò di fronte a centinaia di persone che si riunirono per rendergli omaggio. L’Ambasciata di Bolivia in Uruguay fu circondata da gruppi di manifestanti. Nell’Università di Montevideo si realizzò una serata solonne in cui il rettore di quest’importate centro studi, Oscar J. Maggiolo, disse: “La storia darà al Comandante Guevara un posto privilegiato tra i grandi della nostra America”. Più di mille studenti scesero nelle strade nonostante lo stato di assedio nella capitale uruguayana. Gridarono slogan contro gli Stati Uniti e intervenne anche il dirigente comunista Josè Luis Massera. Grandi manifestazioni si realizzarono nelle principali città dell’Ecuador: a Quito, Guayaquil, Loja e Cuenca, dove centinaia di studenti e simpatizzanti del Che scesero nelle strade. Il suo nome e la data dell’8 di ottobre furono scritti nei muri e nelle autostrade. A Quito, l’Aula Magna della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Centrale fu chiamata con il nome di Che Guevara e fu appeso il suo ritratto. Nella Casa della Cultura Ecuadoriana parlò Benjamin Carrión. Gli studenti di Guayaquil, seconda città per importanza in Ecuador, scesero nelle strade con un enorme ritratto del Che, dipinto dall’artista Antonio del Campo, che fu portato sulle Ande e depositato in un casermone universitario. Tra i manifestanti vi erano il dottor Fortunato Safadi e sua moglie Ana Moreno, che conobbero il Che quando passò a Guayaquil insieme al suo amico Calica Ferrer. A Loja, la città universitaria fu chiamata “Ernesto Che Guevara”, e durante la cerimonia l’oratrice principale fu la famosa scrittrice Nela Martínez che, tra le altre parole, disse anche: “Vidi il suo ritratto stampato con grande soddisfazione della stampa internazionale e piansi. Chi non si è commosso alla notizia? Perfino gli stessi complici del crimine hanno cercato la maniera di lavarsi le mani. La maschera di Pilato torna a nascondere i volti degli aguzzini nei tempi. Steso su una pietra per lavare il suo cadavere, non era un cadavere. Gli occhi aperti ci guardavano. Nel suo rictus non si avvertiva il segno della morte. Gesto di sfida, il suo, fino all’ultimo istante. Quel sorriso vincitore per un suo altro trionfo, illuminava il giorno. Il suo viso di combattente del giorno rimase impresso nelle Ande. Vecchie leggende, riguardo coloro che ritornano per continuare la guerra iniziata, circolano di bocca in bocca e sono ascoltate nel lungo silenzio della campagna, dei caseifici, nell’altra storia degli analfabeti. Quanto tempo ha circolato Tupac Amaru guerreggiando contro la Corona di Spagna, la nemica degli indios? È stato lungo il tempo dell’attesa, fino a quando una, due o cento volte è tornato. Tutta la commozione per la sollevazione più grande contro il colonialismo non si è persa quando il suo corpo è stato diviso in quattro punti cardinali del Tahuantinsuyo. Nuove epiche silenziose, silenziose per la loro natura, hanno stravolto le viscere dei popoli delle Ande. I fuochi rimangono dentro, così come nei vulcani. Quando scuotono il continente, si sente che la lava sale per gli uomini fino a raggiungere la coscienza…”. A Quito, il famoso pittore Oswaldo Guayasamin dichiarò: “Ernesto Guevara non è morto; nessuno può uccidenrlo, la terra d’America sarà segnata dalla sua presenza, si moltiplicheranno i guerriglieri, il valore e l’eroismo saranno di nuovo il pane degli umili. Le tirannie e i golpisti cadranno”. A Georgetown, capitale della Guyana, Janet Jagan esaltò la personalità del Che. In Messico, la facciata dell’Accademia d’Arte fu coperta da con una tela che diceva: “Il Che vive”. La rivista Sempre gli dedicò quattro pagine. La stampa diede ampie notizie in merito. Il giornali- sta Zea scrisse sul mattutino Novedades: “Tutti i popoli d’America, tutti i popoli che nel mondo lottano per la loro liberazione e la loro libertà, sentono nei loro cuori un dolore profondo per la morte del Comandante Guevara, caduto di fronte al nemico comune dei popoli e degli uomini”. Nella capitale messicana, intellettuali, artisti, lavoratori e studenti si riunirono per un atto combattivo, parlarono i dottori Alberto Breamauntz e Fausto Trejo. Il poeta Efraín Huerta, insieme a Margarita Paz e Laura Campos, lessero i poemi in omaggio al Che. A Praga, le delegate latinoamericane che presero parte al Consiglio della Federazione Democratica Internazionale delle Donne si diressero all’Ambasciata cubana per manifestare le loro condoglianze. Il Consiglio Nazionale Slovacco rispettò un minuto di silenzio. Studenti stranieri nella capitale cecoslovacca realizzarono un atto di massa in cui collocarono un’enome tela che diceva: “Hasta la victoria siempre”. Parlarono diversi studenti di diversi paesi. La Federazione sindacale Mondiale condannò l’assassinio del Che. Nella città italiana di Napoli ci furono grandi manifestazioni. A Firenze bruciarono la bandiera nordamericana. A Roma, migliaia di persone, dirette dallo scrittore Cesare Zavattini e da dirigenti di vari partiti di sinistra, giunsero fino alla sede diplomatica degli Stati Uniti per proprotestare contro il crimine. Arrestarono l’artista Alberto Moravia e il regista Pier Paolo Pasolini. Zavattini disse che la morte del Comandante Guevara toccava tutti, come ad una famiglia, la famiglia degli uomini. Il cineasta Francesco Rosi manifestò la sua intenzione di fare un film dedicato al Che; la cantante Mina Mazzini dichiarò che il Comandante Guevara era divenuto un eroe nazionale in Italia. A Vienna, i manifestanti sottrassero la bandiera dell’Ambasciata boliviana. Anche in Svezia, Danimarca e Olanda ci furono manifestazioni di condanna. Bill Littlewood, un umile operaio inglese, con i suoi stessi mezzi fece giungere a Cuba i suoi sentiti e meravigliosi versi dedicati al Che Guevara, e scrisse: “Sono gli unici versi della mia vita”. L’Aula Magna della Facoltà di Filosofia e Lettere dell’Università di Madrid gli rese omaggio e in una grande manifestazione realizzata a Roma, la poetessa Maria Teresa Leòn, a nome di suo marito, il famoso poeta Rafael Alberti, disse: “Io porto il dolore e la pena di Rafael Alberti e la mia, quella di tutti gli esiliati di Spagna, ed il dolore di coloro che rimasero lì con lo sguardo rivolto verso la libertà, il dolore della gioventù spagnola che si mette in ginocchio e che aveva visto nel Che Guevara un eroe del rabbioso tempo presente della nostra America Latina. Morì nella sua legge, vicino all’America più povera, più abbandonata, spogliato di tutto, meno che della sua speranza. Nel luogo dove lo assassinarono, sgorgheranno due fonti: quella della libertà e quella della giustizia. Gli indiani boliviani, i diseredati di un continente, sussurreranno il suo nome, diranno che è ancora vivo, che bussa alle loro porte perché ha sete e lasceranno nelle loro finestre una brocca d’acqua affinché il Che, passando, beva. Perché passerà e attraverserà tutto un continente ed il suo nome sarà la forza del futuro, l’alta stella della Croce del Sud che chiamerà tutta l’America a sollevarsi e a lottare per la sua indipendenza politica ed economica contro tutti i domini stranieri” In Bulgaria, la gioventù comunista gli rese omaggio; anche gli studenti dell’Università Centrale della Romania. Il settimanale Politica in Polonia fece riferimento al Che e alla sua lotta, mentre nell’ex Unione Sovietica gli studenti universitari latinoaemrciani ripudiarono il crimine e condannarono l’imperialismo nordamericano. I dirigenti del partito, lo stato ed il governo della Repubblica Popolare Democratica di Corea e quelli del Vietnam si recarono alle Ambasciate di Cuba nelle rispettive capitali, per testimoniare la loro solidarietà con il dolore del popolo e di tutti i rivoluzionari del mondo. Nguyen Thi Dinh, Vicecomandante in Capo delle Forze Armate Popolari della Liberazione del Vietnam del Sud, inviò un messaggio a Cuba. Le televisioni e le stazioni radio informavano sugli avvenimenti in Bolivia e sull’assassinio del Che. L’onda di protesta sommerse tutto il mondo. Dirigenti di stato, segretari dei partiti comunisti, di altri partiti di sinistra e progressisti inviarono note di dolore al partito, al governo e al popolo di Cuba. A New York, una grande manifestazione percorse le strade di questa città con campane, incenso e fiori condannando il crimine, mentre alle tre del pomeriggio i manifestanti si concentrarono di fronte alla porta della missione boliviana alle Nazioni Unite. Da Washington, il giornalista George Weeks disse il 21 ottobre: “Il leader comunista internazionale Ernesto Guevara fu uno degli eroi nella manifestazione pacifista realizzata oggi qui. Migliaia di ritratti dell’argentino- cubano morto in Bolivia furono distribuiti tra i manifestanti mentre si riunivano di fronte al monumento ad Abramo Lincoln, per iniziare la concentrazione della protesta di 36 ore contro la guerra del Vietnam. Un trovatore gli ha dedicato una canzone; un organizzatore del meeting ha chiesto un minuto di silenzio in sua memoria e gli si è reso omaggio con numerosi manifesti. Ci sono stati applausi tra i 25.000 manifestanti quando un cantante ha annunciato che il suo prossimo numero lo avrebbe dedicato a “uno dei più grandi rivoluzionari del popolo boliviano…”. Newdays pubblicò: “…un magnifico combattente delle guerriglie, un uomo coraggioso”. The New York Post: “Appartiene al romanzo della storia”. Christian Science Monitor: “La fonte principale della sua forza era il suo atteggiamento verso gli Stati Uniti”. The Washington Post: “E’ morto nell’opera della sua vita, lavorando per la Rivoluzione”. A Bamako, Mali, il giornalista P. Haldare disse che il Che era convinto che rinunciare alla libertà equivalesse a rinunciare ad essere uomo. L’Ambasciata cubana di Algeri ricevette i residenti europei, africani e latinoamericani che giunsero nella sede per manifestare il loro dolore. L’Unione Algerina dei lavoratori realizzò una manifestazione di massa in cui Rachid Benhatig, dirigente di questa organizzazione, dichiarò: “La morte di Ernesto Che Guevara ha provocato nei lavoratori algerini un momento di lutto pieno di emozione e di collera”. Studenti di Congo Kinshasa, Congo Brazzaville, Guinea, Mali, Guinea Bissau, Algeria, Marocco, Zimbabwe, Angola, Tanzania, Mozambico e Uganda condannarono l’assassinio del Che. Nella capitale della Tanzania, il quotidiano The National l l i s t scrisse che il Che era il Comandante per eccellenza di tutte le colonne che combattono l’imperialismo nei tre continenti. Gli studenti palestinesi residenti al Cairo manifestarono la loro condanna per la morte del Che. Houari Boumedienne e Seikou Toure, presidenti rispettivamente di Algeria e Guinea, inviarono messaggi di condoglianze a Cuba, cosa che fece anche il Frelimo dal Monzambico. Gli studenti universitari di Cochabamba sospesero la più importante delle loro feste: ogni 21 settembre celebrano l’arrivo della primavera e dell’amore, ma quell’anno 1967, per gli aspri scontri con la polizia e l’intensa repressione, furono costretti a posticipare l’evento per il mese d’ottobre. Nel momento in cui si stava realizzando e stavano per scegliere la compagna prediletta, si venne a conoscenza della notizia dell’assassinio del Che, e la festa fu immediatamente sospesa. Gli studenti universitari e le grandi masse di diseredati della Bolivia manifestarono con atti di condanna e mostrarono il loro dolore. Nell’Università di Cochabamba, sospesero una partita di calcio e vari festeggiamenti programmati già da molte settimane. Si riunirono i dirigenti di tutte le università del paese e resero al Che un omaggio postumo. Venerdì 13 d’ottobre, poi, dopo un meeting, i dirigenti studenteschi firmarono un documento, intestato da Eliodoro Alvarado, segretario esecutivo dell’università, e a Ramiro Barrenechea, Vicepresidente della gioventù mondiale, dove misero in evidenza la lotta per la liberazione dei popoli e dichiararono Ernesto Guevara “cittadino e patriota boliviano”. Durante la mattinata del giorno 14, nell’Aula Magna della facoltà di diritto, si realizzò un’altra manifestazione in sua memoria. In quest’occasione, Alvarado si riferì al dolore che coinvolgeva il popolo boliviano e paragonò il Che a Simon Bolivar, Sucre e altri patrioti latinoamericani. Gli studenti chiesero che gli fosse concessa la cittadinanza boliviana post mortem, per il fatto di essere il combattente della liberazione di Bolivia. In Argentina, gli studenti manifestarono per le principali strade di varie città. A Rosario si fecero cortei di protesta contro il crimine commesso. La gioventù peronista fece circolare una lettera di Juan Domingo Perón, come omaggio al Che e come condanna per il suo assassinio. Lo stesso giorno il sacerdote Hernán Benitez tenne un’orazione funebre al Che in cui, in una delle sue parti, dice: “I due terzi dell’umanità oppressa si è emozionata con la sua morte. L’altro terzo, nel segreto della sua anima, non ignora che la storia del futuro, se camminiamo verso un mondo migliore, appartiene al Che totalmente. Un giorno per niente lontano, il Terzo Mondo vittorioso includerà il suo nome nella lista dei martiri e dei suoi eroi…”. All’inizio della sua orazione, il sacerdote ricordò: “E’ morto con le caratteristiche degli eroi della leggenda, quelli che nella coscienza popolare non sono morti. Così come i giudici del Ve c c h i o Testamento credevano sempre vivo il profeta Elia, gli spagnoli del Medioevo il Cid Campeador e i gallesi Artù, è possibile che, negli anni a venire, i soldati del Terzo Mondo credano di sentire la presenza allucinante del Che Guevara”. Per poi proseguire: “Da vari anni era entrato già nella leggenda. I suoi nemici potranno addossargli pazzie ideologiche, potranno farlo tutti coloro che vorranno. Ma nessuno, che sia sensato, può negargli passione, coraggio, eroismo e costanza nella sua vocazione contro ogni prova. Gli doleva dentro l’anima il dolore delle masse….”. In questo quarantesimo anniversario dell’immortalità del Che e delle sue idee, dovremmo rendere omaggio al popolo boliviano, per averlo mantenuto vivo e presente nella sue lotte coraggiose e degne contro l’imperialismo nordamericano.

* scrittori e storici cubani. Ringraziamo il Partito Comunista Cubano e l’Ambasciata di Cuba in Italia per averci fatto pervenire questo articolo scritto in esclusiva per l’ernesto