Il 7° Congresso del Partito della Federazione Russa

Il 2-3 dicembre 2000 si è svolto a Mosca il VII congresso ordinario del Partito Comunista della Federazione Russa. Ai lavori dell’assise hanno preso parte 392 delegati di 88 regioni della Russia e gli invitati di 82 partiti e movimenti comunisti, progressisti e di sinistra di tutto il mondo. Dalla tribuna hanno portato il loro saluto diversi rappresentanti delle forze politiche straniere, a cominciare da quelli di Cina, Cuba, Corea del nord, Vietnam e Palestina. In particolare il delegato cubano, che parlava alla vigilia dell’importante viaggio di Putin all’Avana, ha voluto concludere il suo intervento, sottolineando che “attualmente Cuba e il resto del mondo hanno bisogno di una Russia unita, prospera e forte, capace di giocare un ruolo crescente nell’arena internazionale”. Grande rilievo è stato attribuito dallo stesso Zjuganov alla presenza di una delegazione del Partito comunista giapponese, che da decenni aveva interrotto le sue relazioni con il Pcus.
Il Pcfr si è presentato alla scadenza congressuale, vantando risultati di tutto rispetto. Gli iscritti sono 547.000, di cui oltre un terzo entrato nelle file del partito dopo il 1991, anno in cui fu decretato lo scioglimento del Partito comunista dell’Unione Sovietica e la sua messa fuorilegge, in seguito al colpo di stato di Eltsin. Solo nell’ultimo anno i reclutati sono stati oltre 20.000, di cui la metà giovani e giovanissimi, in prevalenza studenti. Ciò ha permesso anche il rafforzamento dell’organizzazione giovanile, creata solo da qualche anno, l’Unione della gioventù comunista della Federazione Russa (diretta da K.A. Zhukov). Costituita con poche migliaia di iscritti, l’Ugcfr riunisce circa 40.000 giovani, distribuiti tra le organizzazioni di base di 73 regioni della Federazione, è ha svolto il suo secondo congresso il 29 ottobre 2000 (anniversario della nascita del Komsomol leninista), alla presenza di 293 delegati e di diverse rappresentanze estere (assenti gli italiani). Un’importante risorsa è oggi costituita dal Movimento dei giovani pionieri, che organizza decine di migliaia di bambini in molte regioni del paese e che rappresenta una valida alternativa al disfacimento dell’efficiente sistema di assistenza all’infanzia esistente nel periodo sovietico. Il dibattito congressuale ha coinvolto i militanti di 14.900 organizzazioni di base a livello territoriale e oltre 2.300 di fabbriche ed altri luoghi di lavoro. L’organo dei Pcfr Pravda e le sue riviste politico teoriche Dialog e … Ism hanno pubblicato, nei cinque mesi che intercorrono dall’approvazione del progetto di tesi per il congresso nazionale da parte del Comitato Centrale uscente allo svolgimento dell’assise a Mosca, centinaia di contributi di dirigenti ad ogni livello e di semplici militanti. In tutta la fase preparatoria del congresso il Pcfr ha dedicato particolare attenzione (come del resto è sottolineato nel progetto di tesi I compiti immediati del Pcfr approvato alla fine di giugno 2000, che offriamo ai lettori della nostra rivista nella sua versione pressochè integrale) alle questioni relative al radicamento tra la classe operaia e i lavoratori dipendenti. Lo stesso Zjuganov non ha voluto mancare al secondo congresso dei Consiglio russo dei collettivi di lavoro, svoltosi a Mosca alla fine di ottobre, che ha rappresentato una delle più importanti occasioni di confronto tra le strutture di autorganizzazione operaia presenti nel paese. Il rinnovato impegno dei comunisti russi tra i suoi tradizionali soggetti di riferimento non è sfuggito neppure a molti giornali e agenzie esteri che, al contrario di quelli italiani di ogni tendenza, al congresso dei Pcfr hanno dedicato commenti e corrispondenze. La campagna congressuale si è svolta contestualmente alla partecipazione del partito a numerose ed importanti consultazioni locali, che hanno visto un sostanziale miglioramento delle già forti e consolidate posizioni dei comunisti. Candidati comunisti o sostenuti dai comunisti, nell’ambito dell’alleanza chiamata Unione popolare patriottica di Russia, sono stati designati dagli elettori a dirigere le amministrazioni in 12 regioni su 19 in cui si sono svolte votazioni (a volte con percentuali di circa il 70%). Inoltre su circa 500 eletti negli ultimi tempi in parlamenti locali, quasi 200 appartengono al Pcfr o sono ad esso vicini.
La crescente influenza dei comunisti sull’elettorato sembra confermata dalle indagini demoscopiche dei più autorevoli istituti di sondaggio che, agli inizi di dicembre, proprio mentre si stava svolgendo l’assise congressuale, attribuivano al Pcfr il 37% delle intenzioni di voto su scala federale (a fronte dei 21% attribuito al partito dei presidente Putin e delle basse percentuali accreditate a tutti gli altri schieramenti, che oscillerebbero tra l’1 % e un massimo dell’11%).
Al termine dei lavori i delegati al congresso hanno approvato le tesi, con emendamenti che non ne intaccano la sostanza, sebbene nel corso del congresso si siano manifestate opinioni critiche, anche severe, sia da destra che da sinistra. Alle opinioni divergenti è stato riservato grande rilievo nelle pagine dell’organo del partito Pravda, sia nella tribuna che ha preceduto il congresso nazionale che nella fase immediatamente seguente la conclusione dei lavori, con la pubblicazione dei testi integrali degli interventi critici più autorevoli. Da posizioni moderate, il presidente della Duma Ghennadij Selezniov, nel rilevare le difficoltà derivanti dall’agire quale “minoranza” nell’attuale parlamento, ha sollecitato un approccio più duttile nei confronti degli schieramenti centristi; l’ex segretario dell’organizzazione di San Pietroburgo Jurij Bjelov, facendo un bilancio storico del bagaglio teorico dei comunisti russi, ha rilevato il ruolo che hanno categorie come “nazione” e religione”, facendosi portavoce di quelle suggestioni “eurasiste” presenti (per quanto minoritarie) anche all’interno del Pcfr, che tanta parte hanno nella definizione dell’attuale ruolo internazionale della Russia: “la Russia rappresenta una sintesi dell’Occidente slavo e dell’Oriente musulmano… un’unica cultura, un’unica civiltà”. Dal versante opposto, con tali posizioni hanno vivacemente polemizzato gli interventi della “sinistra”. Di particolare durezza è stato il contributo dell’intellettuale Viktor Trushkov, che valorizzando il ruolo fondamentale della classe operaia, quale interlocutore privilegiato di ogni partito comunista, ha invitato a lottare con maggiore energia contro “l’idealismo” che, a suo avviso, caratterizzerebbe le analisi di molti dirigenti e intellettuali comunisti.
Il congresso ha anche approvato una serie di risoluzioni, tra le quali vanno ricordate quelle internazionaliste a sostegno della lotta del popolo palestinese e contro la repressione del dissenso politico in una serie di paesi ex socialisti e quella, di grande rilievo politico, intitolata In relazione alla globalizzazione imperialista, in cui denunciando l’esistenza di un “modello unipolare dei mondo sottoposto al dominio degli Usa”, si afferma la necessità del rafforzamento della “solidarietà internazionale tra i lavoratori, le forze comuniste, di sinistra e progressiste nella resistenza alla strategia imperialista tesa all’instaurazione sul pianeta di un nuovo ordine mondiale”.
Sono stati infine eletti i nuovi organismi (tra cui un Comitato Centrale di 159 membri, in buona parte rinnovato). Ghennadij Zjuganov è stato riconfermato nella carica di presidente del Comitato Centrale e Valentin Kuptsov in quella di primo vicepresidente. Nel ruolo di vicepresidenti sono stati eletti I. Mel’nikov e L. Ivancenko.
Il rapporto introduttivo, a nome del Comitato Centrale uscente era stato letto dallo stesso Zjuganov con un approfondimento degli elementi fondamentali contenuti nel progetto di tesi. In particolare, per quanto riguarda l’approccio all’iniziativa politica della nuova dirigenza russa, sono implicitamente emersi numerosi punti di convergenza in merito alle concezioni di politica estera e alla valorizzazione del ruolo della Russia nel contesto internazionale, che sembra distinguere Putin dal suo predecessore. Nella relazione di Zjuganov viene lanciato un appello alla realizzazione di “un corso indipendente che realizzi gli interessi nazionali della Russia” e un invito a proseguire con coraggio nella realizzazione di “partnership” strategiche con Cina, India, Yugoslavia, Vietnam e Cuba, nonché ad opporsi con maggior vigore agli embarghi al momento attuati dalle potenze dell’Occidente.
C’è anche il riconoscimento di uno stile di lavoro dei nuovo presidente russo, più rispettoso dei dialogo con l’opposizione di sinistra, almeno sul piano dei metodo(Putin ha anche indirizzato un messaggio di saluto al congresso in cui viene sottolineato il consenso di cui gode il Pcfr nella società, il suo “ruolo rilevante nell’attuale vita politico sociale del paese” e ci si augura “un dialogo costruttivo e ragionevoli compromessi”).
Tali considerazioni non sembrano tuttavia inficiare il giudizio ancora pesantemente negativo sull’operato del presidente per quanto riguarda in particolare la politica economica. “Si deve purtroppo constatare”, afferma Zjuganov nel suo rapporto, “che le speranze dei russi in un radicale mutamento della politica dello stato non si sono avverate” e che i segni formali di rispetto per la dignità nazionale, per quanto apprezzabili, non sì sono tradotti in effettivi miglioramenti della situazione sociale dei paese. “Il nuovo governo risponde alle direttive del Fmi con lo stesso zelo del precedente”, dal momento che le leggi finora varate dal nuovo esecutivo prevedono un ulteriore smantellamento delle garanzie sociali sopravvissute al massacro della trasformazione capitalistica di questi anni.
La stessa lotta intrapresa contro le malversazioni dei magnati Berezovskij e Guzinskij sembra ancora bilanciata dalla relativa impunità di cui godono altri oligarchi come Abramovich, Mamuts e Deripaskas. Tali considerazioni non possono che indurre il Pcfr a riaffermare “il suo ruolo di responsabile ma irriducibile forza di opposizione alla distruttiva politica capitalistica”, espandendo la propria influenza tra le masse popolari , in particolare tra i collettivi di lavoro, e creando le condizioni per la realizzazione di “un’alternativa concreta al regime dominante”.