Il 4 Aprile della Cgil

Giustizia fiscale, tutele verso i pensionati, ammortizzatori sociali ed estensione della cassa integrazione ordinaria, politiche industriali e lotta all’evasione. Questi sono i quattro punti principali della piattaforma con cui la Cgil ha portato il 4 aprile a Roma quasi 3 milioni di persone, inondando il Circo Massimo.

Un successo straordinario soprattutto se si tengono in considerazione le difficoltà che affrontano quotidianamente le famiglie italiane e che inevitabilmente rendono difficile anche lottare rinunciando ad una giornata del proprio salario o pagandosi il viaggio per andare alla manifestazione. In questi mesi, infatti, a causa della crisi, la situazione economica, già di per se non rosea, si è ulteriormente aggravata: tante famiglie sono ormai risucchiate dalla povertà e non riescono più ad arrivare a fine mese a causa della perdita o drastica riduzione dello stipendio dovuto ai numerosi licenziamenti, al mancato rinnovo dei contratti dei precari ed alla cassa integrazione.

Il corteo era uno spaccato rappresentativo ed importante della nostra società e un segno evidente della portata della crisi che colpisce indistintamente le lavoratrici ed i lavoratori del Nord come quelli del Sud: milioni di lavoratori in lotta per la difesa dei propri diritti; molti i licenziati tra i quali numerosi giovani a cui non viene rinnovato il contratto precario e, quindi, privi di qualsiasi tutela; tanti pensionati che dopo una vita di sacrifici percepiscono una pensione appena necessaria a vivere, insieme a tantissimi giovani il cui futuro è minacciato dalla scarsa qualità della formazione oggi, e dall’incerto destino lavorativo domani.

Estremamente significativa, inoltre, la presenza dei lavoratori migranti. Un fenomeno positivo da non sottovalutare: negli ultimi anni, infatti, molti di loro hanno cominciato a prendere parte alle manifestazioni ed alle lotte, rendendo visibile la loro presenza, spesso dimenticata. Tutto ciò è oggi possibile anche grazie al lavoro svolto dalla Cgil che è stata in grado di valorizzare la loro doppia natura, quella di lavoratori (sfruttati) e quella di immigrati, riuscendo a coinvolgerli sia partendo dalla loro condizione sociale, sia dalla loro peculiarità culturale. È questa, una lezione importante per i partiti che a sinistra aspirano a lavorare con le comunità migranti presenti sul territorio ma che spesso hanno difficoltà nel portare avanti questo intento.

Un segnale molto inquietante ma alquanto indicativo è stato il tentativo di cancellare, nascondere e minimizzare questa manifestazione da parte del governo delle destre. Non è casuale né l’attacco di Berlusconi ai giornalisti, accusati di dare notizie false nei suoi confronti proprio il giorno in cui un’imponente manifestazione attaccava frontalmente le politiche del suo governo, né le stime al ribasso della questura di Roma che ha dichiarato che i manifestanti fossero appena 200 mila. Tutto ciò a fronte di una partecipazione ben diversa (2 milioni e 700 mila persone, secondo la Cgil) per la quale sarebbe bastato dare un occhio al corteo, o al Circo Massimo stracolmo di gente, per rendersi conto della realtà. Perché accade questo allora? È evidente che c’è in atto, da parte del governo, un tentativo di cancellare e nascondere il conflitto sociale e, quanto più la crisi produrrà tensioni e lotte, tanto più si cercherà di offuscarle per dare l’impressione che, i lavoratori sono da soli.

Al corteo erano anche presenti i leader del Pd, a partire da Fraceschini, che, in piena continuità col “ma anche” di veltroniana memoria, non ha saputo fare di meglio che chiedere alla Cgil l’unità sindacale. Tutto ciò a pochi giorni della firma che Cisl e Uil si apprestano a dare al nuovo testo sul modello contrattuale che vede la netta contrarietà della Cgil e di milioni di lavoratori chiamati ad esprimersi. Il che la dice lunga sul Pd e sulla sua idea interclassista di fare politica e di rappresentare la società.

Anche per queste ragioni la forte presenza nel corteo del Prc e del Pdci, assume un valore peculiare. A fronte dell’atteggiamento ambiguo del Pd, le forze che hanno deciso di dare vita ad una lista unitaria dei comunisti e della sinistra anticapitalista, hanno invece investito molto sulla riuscita della manifestazione ed espresso vicinanza ai manifestanti. La riuscita di questa iniziativa, oltre alla forte valenza sindacale ci parla dell’esistenza di uno spazio che ha perso rappresentanza politica: i grandi appuntamenti di questo autunno sia della Cgil che dei sindacati di base, hanno dato voce ad un pezzo di società che non si arrende e lotta per un futuro migliore. Gli stessi 3,4 milioni di voti (su 3,6 milioni di votanti) contrari all’accordo separato ci parlano di una classe operaia, colpita dalla crisi, ma niente affatto piegata e vinta. Quale miglior terreno per ricostruire un soggetto di classe, comunista ed anticapitalista, che ponga l’obiettivo di rappresentare questo conflitto e queste istanze? La sfida è tutta aperta.