Fin dalla scoperta del petrolio (anni ‘40) i cittadini siriani hanno iniziato ad emigrare nei paesi arabi del golfo ed in particolar modo in Arabia Saudita ed in Kuwait. Sono questi infatti i paesi che hanno potuto godere delle immense ricchezze petrolifere presenti nel sottosuolo, gli altri stati (Emirati Arabi, Qatar, Oman ed in misura molto minore il Bahrain) hanno avuto uno sviluppo molto piu’ recente.
La Siria fino agli anni ’50 era un paese relativamente sviluppato con una serie di industrie nazionali manifatturiere che andavano dalla meccanica (distretto di Aleppo) all’elettronica di base. La Lira siriana venica quotata alla pari con valute di paesi successivamente esplosi economicamente come la Corea del Sud ed il Cile. A partire dagli anni ’60 a causa del colpo di stato militare la situazione e’ rapidamente peggiorata a causa di una dilagante corruzione ed una totale inefficienza della gestione delle aziende pubbliche, unita ad una serie infinita di norme create appositamente per spremere risorse alle piccole attivita’ private praticando una sorta di usura di stato. Il fattore positivo della Siria e’ stato, d’altro canto, il suo sistema educativo estremamante qualificato e all’avanguardia in molte discipline e soprattutto nell’Ingegneria Civile, Ingegneria Elettrica, Medicina, Biologia e Chimica. Cio’ ha permesso a decine di migliaia di siriani di ottenere lauree di ottimo livello senza dover pagare nulla dato che l’istruzione e’ sempre stata gratuita e di qualita’.
A cio’ e’ dovuto l’alto numero di siriani con un elevato livello di istruzione che ha scelto la strada del’emigrazione verso i paesi del golfo. Emigrazione di lavoro e di cervelli ma….anche di capitale. L’economia siriana ha un prodotto interno lordo di 71 miliardi di dollari (al 65esimo posto al mondo) ed un PIL pro capite di 3.800 dollari. Le le rimesse dei migranti sono state nel 2006 di circa 2 miliardi di dollari (nell’80 erano di 1 miliardo e durante la prima guerra del golfo erano scese a 250 milioni).
Soprattutto a partire dalla seconda meta’ del 2005 si e’ accelerato fortemente il flusso di capitali siriani verso i paesi del golfo a causa del forte timore dei capitalisti siriani che il regime Baathista potesse subire un tracollo, a seguito della risoluzione 1636 delle Nazioni Unite che sanciva de facto il ritiro dei soldati siriani dal Libano dopo quasi 30 anni.
Uno di questi capitalisti si chiama Rami Makhlouf.
Egli e’ cugino di primo grado del presidente Bashar Al Assad (suo padre e’ stato capo della guardia presidenziale di Hafez Al Assad) e controlla la compagnia nazionale di comunicazione mobile oltre ad una lunghissima serie di aziende controllate pubbliche ed a capitale misto pubblico-privato.
A detta di molti sarebbe lui a controllare economicamente il paese (tale e’ la fortuna che sembrerebbe poter controllare).
Ma la lista dei milionari siriani che hanno trasferito il loro denaro nelle casse delle banche del golfo e’ molto lunga e il flusso di denaro non si e’ spostato solamente dalla Siria (ove la redditivita’ da capitale e’ molto bassa e la situazione politica costantemente instabile) ma anche e soprattutto da Europa e Stati Uniti. E’ vero che il rendimento da capitale e’attualmente molto piu’ alto a Dubai, Doha o Ryadh ma e’ anche vero che la fuga di capitali e’ avvenuta essenzialmente per paura, dato che centinaia di conti correnti sono stai bloccati o congelati in USA ed UE con la motivazione della lotta al terrorismo e del riciclaggio di denaro. Cio’ ha favorito tale massiccia fuga di capitali.
La situazione ad oggi e’ pertanto la seguente: da un lato vi sono centinaia di migliaia di lavoratori siriani costretti a condizioni di lavoro durissime ed inique per poter mantenere a stento le loro famiglie con le loro rimesse, e dall’altro lato imprenditori sempre piu’ ricchi che dirottano i loro capitali dal paese verso paradisi fiscali da zero controlli ed alti rendimenti.
Mentre in patria in pochi (sempre in meno) controllano (ma non sviluppano) la sempre piu’ debole economia.