I comunisti spagnoli e la crisi di Izquierda Unida

[…] Se si vuole comprendere la natura più profonda del dibattito in IU e tra i comunisti spagnoli, è necessario ricordare, sia pure sommariamente, alcune tappe della storia di IU.

Izquierda Unida nasce tra il 1985/86 in una fase di grave crisi del comunismo spagnolo, diviso in tre tronconi, che complessivamente contano 50.000 iscritti, contro i 200.000 che il Pce unito contava all’indomani della caduta del franchismo, mentre il suo consenso elettorale si è dimezzato (dal 10,8 del 1979 al 4,4% del 1972, da 23 a 4 seggi in Parlamento). IU nasce come coalizione che si propone di stringere in un patto di unità d’azione, su elementi politici e programmatici comuni, non solo i diversi tronconi comunisti, ma anche piccoli raggruppamenti di sinistra socialista, repubblicana, eco-pacifista. Il Pce, che nella seconda metà degli anni ’80 tenderà a raggruppare nelle sue file la grande maggioranza dei comunisti spagnoli (Carrillo e una parte dei suoi confluiranno nell’alveo del Psoe, mentre il Pcpe si assottiglierà via via fino a raggiungere dimensioni e logiche grupposcolari) diventa il perno della coalizione, in cui si esprimono sostanzialmente tre approcci differenti, che passano trasversalmnete nello stesso Pce.

1) Vi è chi ritiene che IU debba essere movimento politico-sociale e coalizione elettorale pluralista, tra soggetti diversi della sinistra anticapitalistica che conservano la loro autonomia di gruppo o di partito, la loro identità e operano insieme sulla base di un programma comune. Trattandosi di una coalizione (non di un partito unico o di un superpartito che riduca i vari soggetti al ruolo di mere componenti interne) è evidente che il processo decisionale non può avvenire a colpi di maggioranza numeriche (una testa – un voto), ma sulla base del consenso dei diversi soggetti, secondo una logica di tipo confederativo (o fedeferativo “soft”), sulla base di un comune denominatore definito da un programma di “sinistra alternativa”. Una coalizione che si confronti col Partito socialista (Psoe) sulla base dei programmi, con una tattica flessibile di non contrapposizione pregiudiziale.

2) Un secondo approccio prospetta una sostanziale e graduale diluizione del ruolo autonomo del Pce in una IU che tenda ad assumere gradualmente il ruolo di formazione politica unitaria (non più coalizione), con un tesseramento individuale e quindi decisioni assunte a maggioranza, ed una riduzione del Pce e degli altri soggetti al ruolo di componenti interne di IU (il ruolo autonomo dei partiti comunisti, si sussurra, è venuto storicamente esaurendosi e la crisi del “socialismo reale” rende poco attraente il nome “comunista”). Si prospetta quindi un trasferimento crescente a IU delle sovranità e competenze dei diversi soggetti che la compongono, e la conservazione di una loro autonomia poco più che formale e nominale. Il programma comune – si dice – deve essere però radicale e anticapitalistico, anzi, va accentuata in termini di contrapposizione frontale la polemica col Psoe, considerato una forza ormai estranea al mondo della sinistra e Izquierda Unida (nasce da qui la logica del “sorpasso”) deve candidarsi in prospettiva a rappresentare tutta la sinistra spagnola.

3) Un terzo approccio prospetta esplicitamente lo scioglimento del Pce in IU e la sua trasformazione in una formazione politica di orientamento socialdemocratico (il riferimento sarà il Pds italiano), prossima all’Internazionale socialista, che si distingue da un Psoe sempre più dominato da orientamenti liberal-democratici, ma che con esso ricerchi tutte le convergenze possibili, anche gi governo, contro la destra. È in questo filone che sorgerà la componente di “Nuova Izquierda”, ridivenuta partito (e poi uscita da I.U. e confluita nell’alveo del Psoe, ndr).

La prima opzione (quella confederativa: l’unica che forse avrebbe potuto e potrebbe conciliare una relativa autonomia comunista col pluralismo interno a IU) viene ben presto abbandonata dalla maggioranza del Pce e di IU, e dallo stesso Anguita. Tutta la storia di IU degli ultimi anni sarà dunque segnata dalla battaglia politica dei “rinnovatori” di Nuova Izquierda (quasi tutti ex dirigenti del Pce) finalizzata allo scioglimento del Partito comunista e alla trasformazione di IU in una forza di sinistra socialdemocratica, raccordata al Psoe. Cui si contrappone una maggioranza raccolta attorno ad Anguita che persegue la linea che si è definita come “seconda opzione”. Una linea che ha avuto certo il merito di mantenere IU su posizioni politiche e programmatiche antagoniste, ma che ha portato alla impraticabilità di ogni accordo a sinistra, anche solo tattico, per impedire l’avvento della destra spagnola al potere; che ha accentuato il conflitto interno a IU con le componenti meno radicali, che hanno spesso accusato Anguita (non senza qualche ragione, almeno sul piano metodologico) di aver utilizzato la forza organizzata della componente Pce in IU per imporre la sua volontà a colpi di maggioranza, vanificando così il carattere pluralista originario della coalizione, senza una chiara distinzione di ruoli tra Pce e IU. E di avere così costretto la componente di “Nuova Sinistra” a trasformarsi in partito, per auto-tutela (poi uscito da IU, ndr).

Va detto in proposito che il controllo organizzativo su IU non ha impedito una accentuazione della crisi del Pce, che da dedicato tutto il 14° congresso (dicembre 1995) proprio al rilancio della propria presenza e iniziativa autonoma, non solo nominale. Proprio alla vigilia di tale congresso, in un’intervista rilasciata all’Ernesto (n. 5-1995), Miguel Bilbatua, direttore del mensile del Pce, Mundo Obrero, così si esprimeva: “Dopo il 13° Congresso del Pce (1990) non abbiamo più agito come partito, come forza autonoma. Tutte le nostre energie sono state dedicate al rafforzamento di Izquierda Unida, le nostre strutture organizzative si sono completamente messe al servizio della coalizione. Ciò ha comportato una caduta, anche secca, della nostra iniziativa autonoma. Ciò ha provocato, lo dico chiaramente, una nostra grave crisi politico-organizzativa” (da cui il Pce non si è, a tutt’oggi, ancora ripreso, ndr). Una crisi che si misura anche nel fatto che il Pce non dispone che di un mensile a bassa tiratura come unico organo politico di stampa, mentre IU non ha neppure quello e affida il suo messaggio allo spazio che i grandi media spagnoli ancora (sempre meno) concedono alla popolarità carismatica di Anguita. […]

P.S.: Il crollo elettorale di Izquierda Unida alle elezioni politiche del marzo 2000, che conferma quello delle europee del giugno 1999, sta determinando una discussione accesa e complessa, che si concluderà nel Congresso nazionale di IU previsto per l’ottobre 2000; dove da tempo è posta, tra l’altro, la questione della successione ad Anguita per motivi di salute. Tale discussione si svolge parimenti nel Pce, che di IU è la componente largamente maggioritaria e quella che sostanzialmente ne determinerà il destino (il 70% circa del Consiglio federale di IU si compone di membri del Pce, tutti gli otto deputati sono iscritti al partito). Quasi nessuno mette in discussione l’esigenza di salvaguardare il patrimonio unitario di interlocuzione a sinistra innescato dall’accordo politico e programmatico pre-elettorale col Psoe, né propone il ritorno a condizioni di “splendido isolamento”. La discussione evidenzia due tipi di approccio:

– vi è chi propone una accentuazione del rapporto unitario col Psoe ed una correzione in senso “meno antagonista” e più “realista” del posizionamento di IU (in ciò rifacendosi all’esperienza francese); una trasformazione di IU da coalizione in partito, con la diluizione e il progressivo scioglimento del Pce in sua componente interna (a tal fine si chiede di ridurre la percentuale di risorse finanziarie che vengono normalmente destinate al Pce); e un maggiore pragmatismo sul piano identitario, con una minore identificazione tra IU e “comunisti”, ed una maggiore percezione di IU come il partito della “sinistra della sinistra”;

– vi è chi invece propone di allargare ed accentuare il carattere di IU come coalizione plurale, tra forze diverse della sinistra anticapitalistica; e contestualmente riattivare e valorizzare la funzione autonoma (non prevaricatrice) del Partito comunista nella coalizione e nel rapporto con la società e soprattutto col movimento operaio. E su questa base ricercare una interlocuzione anche col Psoe, che non attenui però l’autonomia e la radicalità del programma e del progetto strategico di IU, né comporti alcuna diluizione dell’autonomia comunista del Pce.

Come si vede, una problematica che non riguarda solo la Spagna (ndr).