Grecia: trent’anni di Resistenza

*Giovani comuniste/i del Coordinamento di Roma

Atene. In occasione del trentesimo Festival della Gioventù Comunista greca (KNE), svoltosi recentemente ad Atene, nello spazio dedicato alla Resistenza abbiamo incontrato il compagno Phoibos Toekerus, architetto ottantaquattrenne, partigiano e militante comunista. Phoibos ha militato per tre anni nell’OKNE (Organizzazione della gioventù comunista greca) e per 61 anni nel KKE (Partito comunista greco). La storia greca degli ultimi sessant’anni risulta estremamente travagliata: più di trent’anni di lotta di Resistenza partigiana interna hanno segnato profondamente il paese fino al 1974, anno della proclamazione della democrazia mediante un referendum.

Qual è stata la reazione popolare all’occupazione nazifascista in Grecia, la quale – ricordiamolo – ha causato la morte di oltre 400 mila persone?

In realtà le truppe italiane non hanno saputo gestire l’occupazione. Non erano abbastanza “efficienti” secondo Hitler. Perciò si può dire che la Resistenza organizzata è realmente iniziata con l’occupazione nazista nel 1941. Il primo nucleo di combattenti armati per la Resistenza si è formato quando, il 27 aprile del 1941, i tedeschi entrarono ad Atene credendo fosse senza abitanti. Issate c’erano solo due bandiere, una sulla banca greca e una su un bordello. Sull’Acropoli i nazisti hanno chiesto al caporale Kostas Kukidis di abbassare la bandiera greca e di issare quella tedesca, ma lui ha preferito il suicidio buttandosi nel precipizio. Dopo due giorni Manolis Glesos e Santas hanno abbassato di nascosto la bandiera tedesca e issato quella greca: la popolazione è insorta, avendo acquistato fiducia nella possibilità di battere l’occupante.

Quale fu la reazione degli occupanti di fronte all’organizzazione di una Resistenza armata?

A Cornovo, durante l’occupazione italo-tedesca, ci sono stati 110 fucilati perché, essendo saltato un ponte, venne fatta una rappresaglia tra la popolazione civile. Nessun soldato era morto. E, tuttavia, per il fatto di essere stati bloccati, sono tornati indietro e hanno portato a termine questa strage. In realtà fu un’occupazione molto dura, anche se per la Grecia dovevano venire tempi anche peggiori. Quando il governo greco partì per Creta, c’erano 2000 esuli comunisti detenuti che sono stati ceduti ai tedeschi e poi fucilati. Il primo maggio del 1944 a Kessargani furono fucilati 200 comunisti con piccoli cannoni fatti apposta per le esecuzioni dei comunisti resistenti: tra questi vi era anche Napoleon Sukazidis, interprete dei tedeschi, che un caporale nazista voleva salvare. Lui preferì morire, perché sapeva che al posto suo sarebbe morto un altro. I corpi furono ammassati nei camion della nettezza urbana, che lasciarono una scia di sangue per tutta la città. E gli abitanti, uno ad uno, uscivano dalle loro case e vi posavano sopra dei fiori.
(Non trattiene le lacrime, Phoibos, ma prosegue il suo racconto)
Già poco prima dell’invasione italiana sono entrato nell’OKNE. Ero molto giovane, ma avevo la convinzione nelle mie idee: ero prima di tutto un comunista, divenuto partigiano contro l’occupante per liberare la popolazione greca non solo dagli invasori ma anche dalla monarchia e dall’ingiustizia sociale. Nel 1940 i comunisti evasi dalle carceri si sono riuniti e hanno riorganizzato il KKE, chiedendo agli altri partiti di costituire un’organizzazione per affrontare i tedeschi: tutti i partiti tranne due si rifiutarono Nacque a questo punto l’EAM, il Fronte di Liberazione Nazionale. Nell’ambito dell’EAM, facevo parte dei cosiddetti ELAS. Abbiamo poi combattuto anche contro gli inglesi aggressori, che avevano molte armi e bombardavano i dintorni di Atene: immense baraccopoli di legno dove vivevano civili, per lo più immigrati dell’Asia minore.

Una doppia occupazione, quindi.

Sì. Il popolo greco ha subito una duplice occupazione, quella italo-tedesca e poi quella inglese. Quest’ultima era espressione di un imperialismo aggressivo nei confronti dei civili, mirante a controllare il territorio e ad evitare l’autodeterminazione del nostro popolo. Gli inglesi sono stati occupanti peggiori dei nazisti: sgozzavano uomini e donne inermi. Non dimenticherò mai le donne incinte che hanno trafitto con le baionette. Essi volevano controllare la Grecia nonostante fosse finita la guerra; avevano bisogno di restare in prima persona oppure di instaurare una monarchia fantoccio. Inoltre, avevano l’ordine dai loro alleati, gli USA, di non desistere finché i comunisti non fossero stati stroncati.

L’occupazione inglese del Peloponneso aprì la strada ad una guerra civile che, in effetti, si protrasse dal 1946 al 1949. Il Fronte Nazionale di liberazione (EAM) si contrappose alle forze conservatrici e monarchiche sostenute dagli inglesi. I comunisti che costituivano il fulcro dell’EAM, nonostante l’esito del referendum vedesse il ritorno della monarchia, proclamarono la repubblica, riprendendo la lotta armata nel nord del Paese.

In effetti il governo si trovò a dover affrontare anche il problema del disarmo dei gruppi armati di resistenza. In particolare noi dell’ELAS rifiutavamo di consegnare le armi. Dopo 33 giorni stringemmo un accordo con gli occupanti, a seguito del quale la Resistenza rese le armi al governo inglese. Ma quel patto fu tradito e gli inglesi, insieme ai turchi, avvalendosi di spie comprate con poco denaro e false promesse, riuscirono a fucilare migliaia di ELAS inermi e a torturarli dentro e fuori le carceri.

La polarizzazione della situazione politica riportò sulle montagne i gruppi di resistenza comunisti. Tra questi ne emerse uno nuovo, l’Esercito democratico capeggiato da Markos, ex leader degli ELAS. Intanto gli Stati Uniti subentrarono alla Gran Bretagna quale potenza “protettrice” della Grecia e continuarono a fomentare l’anti-comunismo.

Sì, ci furono petizioni e manifestazioni contro gli inglesi perché se ne andassero. Torture compiute dagli inglesi venivano falsamente attribuite ai comunisti. Molti di noi si nascosero sulle montagne al confine macedone e albanese per salvarsi e sfuggire alle forze reazionarie scatenate dagli inglesi. Nel 1947 i Combattenti democratici attaccarono su tutto il territorio nazionale. Solo con l’intervento americano si pose fine alla guerra civile, con la sconfitta dei resistenti e delle unità armate comuniste combattenti. Fino al 1949 migliaia di ELAS persero la vita in combattimento o vennero fucilati: tra questi c’era il giovane studente Belo Ianis, detto il “ragazzo con il garofano”. Tutte le isole erano piene di prigionieri, incarcerati sulla semplice base del sospetto. Eravamo fuori legge perché volevamo la nostra indipendenza e perché eravamo comunisti.

Anche dopo la guerra civile la repressione nei confronti dei comunisti non cessò.

No, non cambiarono di molte le cose rispetto al passato. Dovevamo continuare a nasconderci, a combattere nell’ombra e a guardarci dalle spie infiltrate in più livelli della società. Ovviamente sotto la dittatura era praticamente impossibile fare attività politica alla luce del sole. In occasione della mobilitazione universitaria del 1963, facemmo irruzione nel Ministero del Lavoro e appiccammo un incendio per fare in modo che anche i nostri documenti e le nostre identità andassero distrutti, così da poter proseguire la lotta sotto altro nome. Quello fu un momento in cui abbiamo messo in grossa difficoltà il regime, seppure la sua capitolazione fosse ancora lontana.

Tra la fine degli anni ’50 e i primi anni ’60 la geografia politica greca subisce una rapida trasformazione. Si è formato un partito conservatore, l’Ere, che comunque credeva nel processo democratico, Giorgio Papandreu dà vita all’Unione di Centro e, a sinistra si forma l’Eda, uno schieramento che raccoglie socialisti e comunisti (con quest’ultimi che risultano “fuorilegge” dal 1949). Cosa ricordi del periodo successivo alla guerra civile?

Le trasformazioni maggiori sono avvenute nella struttura sociale. L’emigrazione interna trasformò Atene in una metropoli a tutti gli effetti, e nelle città greche si andò formando un ceto medio che, su posizioni politiche sempre più radicali, voleva una modernizzazione del paese all’interno di istituzioni democratiche. Ulteriore conseguenza dell’urbanizzazione fu la scolarizzazione: io stesso potei accedere all’istruzione superiore e alla formazione universitaria (proprio al Politecnico di Atene). Siamo stati noi studenti universitari ad animare, nel ’63, le manifestazioni di protesta dopo l’assassinio da parte della polizia del giovane compagno Gregori Lambrakis. Organizzammo una mobilitazione che portò alla caduta del governo, ad elezioni politiche anticipate e alla vittoria dell’Unione di Centro di G. Papandreu.

Come si è arrivati al regime dei colonnelli?

Dalla fine della guerra civile si sono alternate al potere giunte militari e deboli governi legittimati solo dalla corona. Pochi i partiti che hanno partecipato alla vita politica, quasi inesistente l’attività sindacale sui luoghi di lavoro. Il 21 Aprile del ’67 ci fu il colpo di stato di G. Papadopoulos, Stylianos Pattakos e Nikola Makarezos. Il primo novembre del 1968 morì Papandreu e, due giorni dopo, il suo funerale aperto dal massimo rappresentante della chiesa ortodossa di Atene si trasformò in una manifestazione contro la giunta dei colonnelli. La polizia ci represse duramente, e centinaia tra i manifestanti furono arrestati. Io stesso fui incarcerato, ma riuscii a fuggire. Quella fu l’ultima manifestazione contro la dittatura militare fino al novembre del 1973, quando gli studenti del Politecnico, i più avanzati politicamente, si barricarono all’interno dell’università. Quell’esperienza fu una vera rivolta armata contro la giunta dei colonnelli. Furono usati i carri armati contro gli studenti, tra i quali ci furono ufficialmente almeno 150 vittime a seguito delle cariche della polizia. Ma si tratta di un dato parziale. Molte famiglie nascosero il fatto che figli o nipoti erano stati vittime degli scontri per evitare l’accusa di essere comunisti armati o cospiratori.

Considerando l’esperienza della dittatura dei colonnelli, si comprende meglio come il KNE punti ad una sensibilizzazione dei giovani sui temi della Resistenza. Ho notato quanto spazio è stato dedicato al vostro osservatorio sull’antifascismo. Non è un caso, vero?

Il revisionismo ha attaccato pesantemente la memoria collettiva della Resistenza, tanto che, nelle scuole greche, i manuali non ne parlano. E non c’è neppure un monumento ai caduti della Resistenza. Oggi più che mai il revisionismo nasconde la grande lotta di liberazione e per il socialismo che tutti noi, a migliaia, abbiamo condotto. Perciò riteniamo fondamentale continuare a promuovere iniziative, dentro e fuori il partito, per far conoscere la verità storica, soprattutto ai giovani militanti e nelle scuole. Il fascismo è una degenerazione endemica del capitalismo e della democrazia borghese, e i nostri carnefici hanno perseguito anche vie legali pur di prendere il potere. Sottovalutarli è un grave errore.

In ricordo di Harilaos Florakis

Al Comitato centrale del KKE

Cari compagni,
a nome di tutti i comunisti de l’Ernesto e nostro personale vi inviamo i sentimenti della nostra più fraterna e solidale partecipazione per la morte del compagno Harilaos Florakis, presidente onorario del vostro partito. Il compagno Florakis è una figura che appartiene ormai alla leggenda e rappresenta una delle personalità più grandi e prestigiose della storia del movimento comunista del‘900. Una di quelle figure che ci rendono orgogliosi di essere stati parte integrante di quel movimento e dello sforzo presente volto ad attualizzarne e rilanciarne gli ideali e le prospettive nelle condizioni nuove del 21° secolo.
Vi abbracciamo tutti.

Fosco Giannini (Comitato Politico Nazionale PRC , direttore de l’ernesto)
Fausto Sorini (Direzione nazionale del PRC, della direzione de l’ernesto)

Harilaos Florakis, nasce il 20 luglio 1914, nel villaggio di Rahoula (Itamos) in Thessalìa. Nel 1929, a soli quindici anni, quando il governo Venizelos comincia a perseguitare i comunisti, entra nella Federazione Giovanile Comunista di Grecia. Membro del sindacato postelegrafonici (PTT), partecipa alla lotta contro la dittatura del 4 agosto e nel 1940 combatte nella guerra italo-greca. Nel 1941 entra nel Partito e partecipa attivamente alla sua ricostituzione. Opera in clandestinità e viene arrestato due volte. Partecipa all’organizzazione e alla guida dello sciopero delle PTT dell’aprile del 1942, il primo grande sciopero tenutosi durante l’occupazione, tra i primi dell’Europa asservita al nazi-fascismo. Si unisce al Fronte di Liberazione Nazionale (EAM) sin dalla sua costituzione e lotta contro le forze di occupazione dalle file dell’Esercito di Liberazione Nazionale (ELAS), dove raggiunge il grado di Maggiore. Si batte contro l’imperialismo britannico e l’oligarchia locale nel dicembre 1944 e successivamente contro l’imperialismo anglo-americano, come ufficiale dell’Esercito Democratico, con il grado di Generale. Nel 1949 è eletto membro del CC del KKE. Studia e si laurea con onore all’Accademia Militare di Mosca. Perseguitato, imprigionato ed esiliato per un totale di diciotto anni (di cui dodici trascorsi in carcere), viene più volte processato e condannato all’ergastolo. Riceve la Medaglia d’Onore dell’ELAS (Esercito di Liberazione Nazionale) e la Medaglia al Valor Militare dell’Esercito Democratico greco. Nel settembre 1984 riceve il Premio Lenin per la Pace del CC del Partito Comunista dell’Unione Sovietica. Sarà Segretario generale del KKE dal 1972 al 1989 e successivamente Presidente onorario.