Una clamorosa avanzata del Partito comunista di Boemia e Moravia (Kscm) ha caratterizzato le prime elezioni regionali svoltesi nella Repubblica Ceca lo scorso 11 novembre.
I comunisti hanno praticamente raddoppiato la percentuale dell’11,3% ottenuta alle politiche di due anni fa, passando al 21%, che ne fa la seconda forza politica (in precedenza, era la terza), subito a ridosso del Partito civico democratico (Ods, di destra), che ottiene solo un punto in più.
Pesantemente penalizzato dagli elettori il Partito socialdemocratico (Cssd), che prende il 15%, cioè meno della metà del risultato delle politiche, quando aveva superato il 32%.
Il successo del partito comunista, che è riuscito a intercettare a sinistra una larga parte dell’elettorato socialdemocratico, ha impedito che i disastrosi risultati del governo socialdemocratico (un governo monocolore di minoranza, che si regge con l’appoggio determinante della destra dell’Ods, che di fatto impone ai socialdemocratici la propria linea politica neoliberista) andassero esclusivamente a vantaggio dell’altra formazione di destra (di opposizione), composta da una coalizione di quattro partiti, che ha ottenuto il 20%. In pratica, si è avuto un arretramento elettorale di tutte le formazioni politiche, ad eccezione del Kscm, il cui risultato, in questo quadro, risulta ancor più spiccato. E questo hanno dovuto riconoscerlo tutti, anche tv ed organi di stampa (quasi tutti in mano alle destre) hanno dovuto, seppur a malincuore, ammetterlo.
Il successo del Kscm è più forte nelle regioni industriali del nord (Boemia settentrionale e Moravia settentrionale), cosa che sta ad indicare un grande recupero elettorale tra gli operai, gran parte dei quali finora votavano destra o socialdemocrazia, ma anche tra i disoccupati, che in quelle regioni di crisi sono assai numerosi. Per la prima volta i comunisti colgono un grosso successo anche nelle grandi città (Praga, Brno, Ostrava, Ceske Budejovice), dovuto soprattutto ai nuovi votanti. Ciò significa che il voto giovane, che fin qui era esclusivo appannaggio della destra, comincia ad orientarsi in gran parte verso il Kscm.
Delle tredici regioni in cui si è votato, il partito comunista ha ottenuto la maggioranza relativa in quelle di Ustecky (col 28,2%), in quella di Ostravsky (col 25%) e in quella di Karlovarsky (col 22,4%). Nella regione di Ustecky la lista comunista era guidata dal vicepresidente del partito Vlastimil Balin. In queste ed in altre regioni ci sono i numeri per dar vita ad amministrazioni di sinistra: da questo punto di vista, il Kscm ha subito rivolto un appello ai socialdemocratici per delle giunte unitarie.
Le ultime notizie dicono, però, che il partito socialdemocratico voglia andare in tutt’altra direzione. La cosa sta lacerando il partito, la cui base non è affatto contenta delle scelte del vertice, che vuole a tutti i costi tenersi buono l’Ods e salvare così il governo da una probabile crisi.
Il rischio è che l’appello delle destre per una grande coalizione anticomunista in tutte le regioni venga alla fine accolto dai vertici socialdemocratici, il che segnerebbe la sicura fine politica di questo partito. Se i socialdemocratici vogliono perdere anche le elezioni parlamentari – ha detto in una conferenza stampa il vicepresidente del Kscm Balin – vadano pure per questa strada”. Che i segnali provenienti dai socialdemocratici fossero piuttosto negativi, lo si è già potuto verificare il 19 novembre, in occasione del secondo turno del voto per il Senato.
Occorre, qui, dire che l’11 novembre si era anche votato per il rinnovo di un terzo del senato (si vota per un terzo ogni due anni, 27 collegi su 81), con un sistema a doppio turno di collegio. I comunisti erano al ballottaggio in ben 8 collegi, i socialdemocratici in 5.
Il presidente del Kscm, Miroslav Grebenicek, in un incontro col capo del governo e presidente del partito socialdemocratico, Milos Zeman, era riuscito a strappare da quest’ultimo l’impegno ad un sostegno reciproco dei rispettivi candidati. Ma, il giorno dopo, pressato dalla destra, Zeman ha smentito tutto e non ha fatto alcun appello ai suoi elettori.
La conseguenza è stata che nessun comunista è stato eletto, pur nel contesto di un risultato eccezionale per il partito, che, pur affrontando il voto coalizzato di tutti gli altri partiti, è riuscito a raggiungere da solo percentuali che vanno dal 40 al 48%. Dei socialdemocratici è riuscito a farcela un candidato soltanto. La destra ha quasi fatto l’en plein. Un risultato disastroso per la sinistra nel suo complesso, di cui il partito di Zeman porta per intero la responsabilità. Tutto questo per far rimanere a galla il governo.
Ma si tratta non solo di una scelta miope, ma anche illusoria. La sopravvivenza del governo non è affatto garantita. Anzi, una destra ringalluzzita dalla sconfitta socialdemocratica e pronta ad unirsi (abbandonando i contrasti personali tra i vari leader finora sfruttati a proprio vantaggio da Zeman) in nome del “pericolo comunista” potrebbe decidere di dare il colpo di grazia al governo e provocare elezioni politiche anticipate. Certo, dovrà fare poi i conti con un partito comunista forte ed organizzato, capace di rappresentare una coerente alternativa alle politiche neoliberiste. E questo non farà certo dormire sogni tranquilli ai capi della destra e della Confindustria locale.