Nel periodo che va dalla fine degli anni ’60 alla metà degli anni ’70 riprende quota a Ferrara, come nel resto del paese (si conteranno 250 testate censite), un fenomeno che già si era manifestato, seppur con caratteristiche ovviamente diverse, nell’immediato dopoguerra: quello del fiorire della stampa operaia e, in particolare, dei giornali di fabbrica.
LA FIORITURA DELLA STAMPA OPERAIA NEGLI ANNI 1960-70
In quegli anni si affiancarono alla ormai pluridecennale attività de La Sintesi (diventata nel frattempo sempre più lo strumento di informazione della Federazione ferrarese del PCI, e sempre meno, come in origine e come recita il sottotitolo, l’organo dei lavoratori comunisti della Montedison) una serie di fogli operai che in alcuni casi resteranno numeri unici, prodotti direttamente dai lavoratori di diverse fabbriche ed aziende su tutto il territorio provinciale. Da Hellebore oggi, di una fabbrica di accessori per auto di Serravalle, ad ALTERNATIVA, della FOX-BOMPANI di Ostellato, da BURGO DOMANI, della Cartiera Burgo, a FABBRICA e SOCIETÀ”, della Montedison, a L’ELETTROMECCANICO, della Felisatti, a NUOVE INTESE della IMI, questi ultimi tutti periodici di collettivi operai della città1. Tra le diverse esperienze, sarà NUOVE INTESE ad avere una vita più lunga, sia per il grado di maggiore omogeneità ed attività del gruppo di redazione, sia, anche per la natura della crisi che la fabbrica andava attraversando, costringendo, appunto, ad un maggior dinamismo i lavoratori per impedirne lo smantellamento.
GIORNALI OPERAI E NASCITA DEI CONSIGLI DI FABBRICA
Cosa abbia spinto i lavoratori in quel dato momento a dotarsi di strumenti di informazione (che diventeranno ben presto anche di formazione) oggi non è certo facile decifrare: si andava formando quella che in anni più tardi si sarebbe definita soggettività operaia, ma certo è che esisteva in quel momento la necessità di aumentare la coesione tra i lavoratori, specie nei luoghi dove la produzione non permetteva loro di “vedersi”, di incontrarsi spesso, nonché l’esigenza di diffondere, in alternativa alla “informazione” fornita dai mass media tradizionali (giornali e televisione in primo luogo), le idee e le proposte – allora si diceva “la linea” – operaie, non di rado in contrasto con gli orientamenti dei gruppi dirigenti del sindacato ufficiale, sia dentro che fuori le aziende. I giornali di fabbrica nascono, infatti, nelle aziende contestualmente, e in qualche caso in anticipo, rispetto alla fase del superamento delle vecchie Commissioni Interne, delle RSA (Rappresen – tanze Sindacali Aziendali), proponendosi e concretamente diventando lo strumento informativo-for- mativo dei nuovi gruppi dirigenti di azienda: i Consigli di Fabbrica. A leggerli bene, cogliendone gli umori non “filtrati”, anche laddove non è il singolo lavoratore che scrive, ma un redattore o la redazione, si coglie il valore politico della lotta in corso: lo testimoniano gli editoriali, i commenti e le cronache delle lotte. È attraverso questi “fogli” che si sviluppa la lotta politico-sindacale, il confronto-scontro tra “il nuovo che avanza” e le vecchie concezioni del sindacalismo operaio. Per questo, oltreché strumenti di informazione li si può considerare veri e propri progetti formativi, di quadri e di idee, strumenti per combattere su di un terreno culturalmente più avanzato la battaglia per il rinnovamento e il cambiamento delle strutture sindacali, oramai considerate obsolete. In quelle pagine, scritte solo, o quasi esclusivamente da operai e tecnici alle prime armi della vita sindacale, si evidenziano certo tutti i temi “normali” della vita di fabbrica, che ripropongono un approccio “tradizionale”, tipico dei fogli operai di inizio secolo, di quelli clandestini editi nel periodo fascista e degli stessi giornali di fabbrica fioriti negli anni ’50. Ciò che differenzia la produzione tra la fine degli anni ’60 ed i primi anni ’70 è la consapevolezza, esplicitamente nominata, di una “centralità operaia”, che si ricollega attraverso un evidente “filo rosso”, di continuità-contiguità, alla concezione della condizione operaia tipica degli anni ’50. Emerge cioè una cultura operaia nuova, quella che si trasmette dal vivo, poiché la fabbrica costituisce “l’esperienza” per eccellenza dei giovani lavoratori che si raccolgono intorno ai “fogli” operai, giovani che sperimentano “in diretta” le vecchie ingiustizie dell’organizzazione del lavoro dopo aver subito, negli anni precedenti, quelle dell’organizzazione sociale. È su queste basi che si crea tra “movimento” e sindacato una mediazione del rapporto organizzativo ed ideale, mediazione più appropriata alle nuove e inedite forme della condizione e della cultura operaia che si traduce, nell’esperienza dell’informazione, in inedita “creatività”.
IL CDF DELLA MONTEDISON DI FERRARA
L’esperienza più significativa, al proposito, che più ha segnato quel periodo, sia in termini di quantità che in termini di qualità degli strumenti e dei contenuti, a noi pare quella del Consiglio di Fabbrica della Montedison di Ferrara che, anche grazie ad una forte ed ampia capacità unitaria, ha dato vita ad uno strumento di informazione complesso e complessivo, fatto di più periodici succedutisi nel tempo, che non ha avuto eguali sia sul territorio ferrarese, che, ci pare, a livello nazionale. In che cosa consiste l’originalità dell’esperienza Montedison? C’è nelle pubblicazioni del Consi – glio di Fabbrica della Montedison una incontestabile qualità, che si manifesta con molto anticipo rispetto al fenomeno rilevato in altri giornali di fabbrica: potremmo definirla come capacità di partire dalla propria esperienza per guardare, sempre, al di là della propria fabbrica e della propria categoria. Partiamo da una veloce carrellata sulle testate che fioriranno nel giro di pochi anni. NOTE dei lavoratori chimici è il primo ciclostilato che esce dal gennaio 1970 al marzo 1971, rendendo periodica una pubblicazione cui la Unione Sindacale provinciale della CISL di Ferrara aveva dato vita nel 1964, con il titolo NOTE, e che veniva utilizzata anche dalle categorie, in particolare per numeri speciali. I chimici, dopo diversi “speciali” trasformano il giornale in periodico trisettimanale, dandogli, appunto, il titolo di NOTE dei lavoratori chimici. La pubblicazione non è ancora formalmente unitaria, ma è diretta e prodotta da un collettivo unitario di lavoratori. Questo ciclostilato – si ripete ogni anno in seconda di copertina – è nato come l’“Edizione dei Chimici” del periodico NOTE della CISL Ferrarese. Nell’attuale veste […] esso intende porsi come strumento UNITARIO a disposizione dei lavoratori ferraresi […] Il lavoro di allestimento del giornale è svolto da un gruppo di lavoratori di alcune fabbriche chimiche. […] Un Comitato di Redazione cura la preparazione dei vari numeri assumendo la responsabilità, di fronte ai “lavoratori che pagano”, dell’utilità dell’iniziativa. Il nostro ciclostilato è un giornale di base, fatto dalla base dei lavoratori “(progettato – scritto – stampato e spedito da lavoratori che lavorano in fabbrica), per un dibattito di base. […] [l’obiettivo è] dare, con questo metodo di lavoro un contributo alla grande esperienza di base avviata nell’“Autunno Caldo” nelle nostre fabbriche. Al primo gruppo si affiancano collaboratori che tendono a concretizzare la vocazione “unitaria” del periodico, dedicando al dibattito intersindacale apposite pagine, contrassegnate da una testata autonoma, l’Assemblea, le cosiddette pagine verdi, (dal colore della carta usata per distinguerle), scritte da di- rigenti sindacali di fabbrica e da “semplici” lavoratori.” L’obiettivo di NOTE dei lavoratori chimici è definito con chiarezza di ide e di contenuti nel numero 6 del maggio 1970: Lo scopo di questo ciclostilato è la ricerca e la valorizzazione, per quanto lo consente la portata dei nostri “strumenti”, di ogni momento UNITARIO del sindacato ad ogni livello. In particolare, come impegno politico, lo scopo è quello di stimolare e sostenere TUTTE le esperienze di base, unitarie. A questa breve considerazione si aggiunge, in polemica con chi, dei vecchi quadri sindacali sia di fabbrica che provinciali, voleva chiudere o perlomeno “rivedere” l’esperienza: si rendeva indispensabile un filo conduttore che, quasi […] legando un volantino all’altro, contribuisse a creare una specie di assemblea permanente in cui i lavoratori delle fabbriche potessero partecipare, dalla base, come nell’autunno caldo avevano dimostrato di saper e voler fare, alle scelte e alle lotte che tutto il movimento sindacale andava portando avanti. Altrettanto chiara ed esplicita è la presentazione delle pagine verdi l’Assemblea, sottotitolato “dibattito tra i lavoratori”: Queste pagine, sotto il titolo l’Assem – blea sono a disposizione di TUTTI i lavoratori. Lo scopo è quello di consentire la massima e più libera espressione di opinioni, esperienze, proposte, ecc. da parte di ognuno a vantaggio della conoscenza di tutti, ritenendosi questa la funzione più genuina di un “giornale di base”. l’Assemblea l’Assemblea assumerà via via sempre più importanza, tanto da porsi come naturale prosecuzione dell’esperienza NOTE dei lavoratori chimici, che infine cesserà le pubblicazioni proprio per far posto ad uno strumento, il primo di informazione unitaria, la cui redazione sarà composta da quella di NOTE integrata dalle componenti CGIL e UIL, ed assumerà la denominazione “Comitato Unitario per l’informativa (CGIL – CISL – UIL) di fabbrica”. Sarà questo gruppo che gestirà, con poche dimissioni e molte immissioni, tutte le pubblicazioni che usciranno nel prosieguo degli anni dal “laboratorio Montedison”. l’Assemblea diventa così il periodico del Consiglio di Fabbrica della Montedison. Il suo primo numero nella nuova veste è del 14 giugno 1971. Tre numeri unici speciali prodotti l’anno precedente avevano anticipato la nuova forma della testata: il primo nel maggio del 1970 era stato dedicato al Convegno dei lavoratori delle fabbriche chimiche di Ferrara-Mantova-PortoMarghera; il secondo, nell’agosto dello stesso anno, era uscito in occasione della elezione del primo Consiglio di Fabbrica; il terzo, in dicembre, in occasione della trasmissione televisiva della RAI, “TURNO C”, dedicata, appunto, ai giornali di base, mandata in onda nel gennaio successivo, nella quale si esaminava l’esperienza di NOTE. La periodicità de l’Assemblea è un po’ alterna, soprattutto nella fase iniziale, per la necessità di un “rodaggio unitario” della redazione, formata da componenti ideologicamente molto diverse fra loro. Ciò che appare importante in questa esperienza è la volontà del gruppo di base di non lasciare spazio al peso e all’influenza delle “centrali di partito e sindacali” (come allora si diceva), e l’esperienza durerà più di altre nel tempo grazie anche a questo suo carattere autonomo e più spiccatamente “aziendale”, capace di sviluppare quella mediazione tra posizioni diverse che restava più difficile a livello “centrale”. Questa scelta di fondo si “legge” oggi nella scelta dei temi evidenziata fin dalla presentazione del numero dell’agosto 1970: La necessità che i lavoratori siano interessati e informati unitariamente (e tempestivamente) circa gli avvenimenti che caratterizzano all’interno delle fabbriche l’attuale fase sindacale (problemi delle qualifiche – organici – nocività e così via) è un fatto indiscutibile [per questo si propone la creazione di] un bollettino unitario informativo con scadenza periodica che [può] assolvere la funzione richiesta (divulgazione delle notizie e delle esperienze, accelerazione del processo unitario, rafforzamento del potere dei lavoratori) ed essere inoltre strumento di stimolo per analoghe iniziative presso le altre fabbriche chimiche. Nel numero uno del 1971 si fa un bilancio dell’iniziativa e dell’impegno del sindacato dei chimici verso i lavoratori, intitolando “un nuovo impegno per il collegamento di base” l’articolo in seconda di copertina: Il processo di unità sindacale in atto sta imponendo il superamento progressivo di alcune tappe fondamentali, tra cui l’organizzazione unitaria dell’informazione. […] A Ferrara il processo unitario marcia spedito […] I chimici in particolare hanno già avviato la pubblicazione di un periodico ciclostilato a livello provinciale […] Il Comitato Unitario per l’ “Informativa” che già cura il periodico dei Chimici a livello provinciale si è per- ciò assunto l’impegno di intensificare il lavoro di informazione e documentazione a livello di fabbrica […]. l’Assemblea (dedicato all’informazione varia o al dibattito), uscito fino ad ora in occasione di particolari avvenimenti unitari (nel 1970 è uscito tre volte), intensificherà della sua pubblicazione fino a diventare (possibilmente e se ciò sarà utile) settimanale, e la tiratura verrà portata a 1.000 copie. Il periodico QUADERNI DELL’ASSEMBLEA dedicato ad argomenti specifici (l’ultimo numero, dedicato alla situazione della Montedison, è uscito due mesi fa) continuerà ad uscire in corrispondenza della necessità di particolari sintesi i9nformative, e anch’esso con tiratura di oltre 1.000 copie. L’obiettivo, come si può vedere, è al – to, lo sforzo titanico, e ciò che la re – da zione si propone sarà soltanto parzialmente raggiunto: ciononostante il volume dell’informazione assumerà una dimensione assai ampia. I Quaderni de l’Assemblea La pubblicazione, a partire da dicembre del 1970, dei Quaderni de l’Assemblea esplicita in modo non episodico la scelta di occuparsi di problemi non strettamente di fabbrica, affrontando argomenti di varia natura: dall’ambiente, all’economia, dai fatti politici italiani (No al fascismo è il titolo di uno di questi), ai temi internazionali (Spagna, Vietnam, Cile). La funzione dei Quaderni è esplicitata nel numero dedicato a libertà alla Spagna: Questa che andiamo ad iniziare è una nuova esperienza nel campo della informativa all’interno delle fabbriche […]. Le finalità sono quelle di migliorare sempre più i nuovi strumenti sindacali (RAS – Delegati di reparto – Consiglio di Fabbrica – Comitati di Reparto) allo scopo di avere una organizzazione sempre più di base e sempre più forte. Siamo consapevoli, infatti, che attraverso una continua informativa si possa sviluppare il dibattito fra i lavoratori e con esso la partecipazione. Appare evidente che si vuole portare alla “base” anche tutta la coscienza internazionalista del sindacato, dal momento che si sceglie per il primo numero un argomento così pregnante come la repressione del regime franchista nella sua espressione più “rabbiosa”: il processo di Burgos. Nel 1968 l’ Eta uccide per la prima volta. La vittima è il capo della polizia politica della provincia di Guipuzcoa, Meliton Manzanas. Il poliziotto, ex-informatore della Gestapo, è fulminato da una pallottola sulla porta di casa. Vengono arrestati 16 separatisti baschi, fra i quali 3 donne e 2 sacerdoti. Il regime franchista decide di aprire contro di loro un processo pubblico dinanzi alla Corte marziale di Burgos, capitale della regione militare da cui dipendeva il Paese basco. Il processo ai sedici baschi, tutti accusati di terrorismo, ribellione ed appartenenza ad Eta, si svolge fra il 3 e l’8 dicembre del 1970. A partire dalla vigilia, manifestazioni quotidiane si svolgono in Spagna, sfidando le leggi repressive, e in tutta Europa. A Genova, i portuali decidono il boicottaggio delle navi spagnole per solidarizzare con gli imputati di Burgos, cominciando dal transatlantico ‘Cabo San Vicente’. Diversi governi fanno pressione su Madrid perché usi clemenza ed interviene direttamente Paolo VI. Per i responsabili di terrorismo e di ribellione è prevista la pena di morte ed è chiaro fin dal primo momento che la sentenza è scontata. Il 28 dicembre il Consejo de Guerra condanna a morte i sei principali accusati, tre dei quali con doppia pena capitale. Il 31 dicembre, obbedendo ad una raccomandazione unanime del governo la cui immagine è uscita definitivamente danneggiata agli occhi del mondo, il Caudillo commuta le pene di morte in ergastoli. La scelta evidenzia una sensibilità ed una maturità politica che verrà riconfermata tre anni dopo, nel settembre del 1973, quando verrà pubblicata una raccolta di tutti i Quaderni legati ai temi internazionali e antifascisti, gli ordini del giorno, i documenti e le mozioni stilati dal Consiglio di Fabbrica nel corso degli ultimi anni. La necessità di affinare i messaggi induce la “Commissione per l’informativa” a cimentarsi con una “Rassegna Stampa” che, inizialmente curata solo dal Consiglio di Fabbrica della Montedison, verrà poi pubblicata con la collaborazione dei Consigli di Fabbrica Solvic-Solvay e Fragd (poi Cerestar) a partire dal numero 8.
ESSERE MALE INFORMATI È UN MODO DI ESSERE SFRUTTATI
Si tratta di un ciclostilato settimanale che, partendo dall’assioma “essere male informati è un modo di essere sfruttati” inizia una difficile operazione di vera e propria contro-informazione, utilizzando le testate dei maggiori quotidiani e settimanali nazionali (Il giorno, l’Unità, Il Corriere della Sera, la Stampa, il manifesto, l’Avvenire, L’espresso e Panora ma) in modo critico tale da presupporre grande fiducia nella nuova capacità critica raggiunta dai lavoratori cui è rivolta una operazione di “decodificazione” dei messaggi politici. L’operazione è resa possibile dal montaggio dei vari stralci fatta in modo da mettere in contrapposizione i diversi “messaggi” indirizzati al mondo del lavoro, con l’obiettivo di demistificarne e/o di stravolgerne, in qualche caso, il significato. La redazione si presenta così: Lo scopo di questa iniziativa è la circolazione di notizie essenziali al dibattito fra i lavoratori. Si riportano, infatti, in questa pubblicazione settimanale, informazioni riguardanti avvenimenti di significativo interesse politico, economico e sindacale, desunte dai maggiori quotidiani o da alcuni importanti settimanali del Paese. La schematicità delle notizie riportate pressoché sotto forma di appunti o di rapidi flash, ha lo scopo di sollecitare i lavoratori ad approfondire quegli argomenti che possono rappresentarsi di particolare interesse per i lavoratori stessi. La pubblicazione pur rivolta a tutti i 4.000 della Montedison, verrà consegnata ai soli delegati di reparto, a causa del notevole costo che comporta un tale ciclostilato e quindi del modesto numero di copie che vengono “tirate” settimanalmente (circa 250). Sarà comunque dovere e compito dei delegati far arrivare ai lavoratori del reparto le notizie riportate sulla pubblicazione per aprire il dibattito su tutti i problemi riguardanti la classe lavoratrice […] le notizie dei vari giornali [verranno messe] in contrapposizione tra loro in modo da sollecitare il lettore a ricercare da che parte sta la ragione, chi sta dalla parte della classe lavoratrice e chi invece – anche se non sembra a prima vista – tenta di addormentare ogni azione innovativa. [Per] formare nei lavoratori una capacità critica che li aiuti a valutare le fonti di informazione. In definitiva il lavoratore dovrà essere in grado di dare una sua interpretazione a qualsiasi notizia, anche a partire dalla cronaca spicciola. L’iniziativa si concluderà nel settembre del 1973 (era iniziata poco meno di un anno prima nel novembre del 1972) per permettere, si dice, al Consiglio di Fabbrica di occuparsi di un’altra iniziativa editoriale e politica (che vedremo in seguito), stante l’impegno ormai gravosissimo dei militanti coinvolti in questo settore di attività. Va sottolineato, a proposito della “rassegna”, che l’obiettivo che si voleva raggiungere, quello della controinformazione- demistificazione, fu solo parzialmente raggiunto, per cause dipendenti non tanto dalla volontà del comitato di redazione, quanto, proprio, dal carattere oggettivamente difficile dell’operazione che andava ad infrangersi contro un altro dato, altrettanto oggettivo: il basso livello di istruzione, pressoché generalizzato, dei lavoratori dello stabilimento, che era stato peraltro evidenziato da una ricerca promossa dallo stesso Consiglio di Fabbrica nell’agosto del 1973. I dati che ne emersero rivelarono che: 1. Il 33% dei lavoratori era privo di licenza media (tra i turnisti la percentuale saliva al 61%); il 19% aveva la licenza media, il 45% la media superiore o il diploma di scuola professionale, il 3% la laurea. 2. Tolto un 5% di cinquantenni, l’età media dei lavoratori privi di licenza media non superava i 40 anni. RICERCHE dei QUADERNI DEL CONSIGLIO DI FABBRICA A partire dal novembre del 1973 esce la serie RICERCHE dei QUADERNI DEL CONSIGLIO DI FABBRICA, che avrà carattere molto episodico. Di carattere monografico, le pubblicazioni affrontano in profondità temi legati soprattutto ai problemi di fabbrica. I temi sono subito evidenziati nel primo numero dal titolo “Impiegati e lotte di fabbrica”. Con questo quaderno – si legge nella presentazione – dedicato ad una ricerca tra gli impiegati, si apre una nuova serie di pubblicazioni del Consiglio di Fabbrica, dedicata a studi e ricerche su problemi di particolare interesse per il movimento sindacale, Si tratta di un ulteriore impegno che il CDF si assume e che il Gruppo di lavoro dell’informativa cercherà di portare avanti, in considerazione del nuovo ruolo che le strutture di fabbrica sono chiamate a sostenere nell’attuale fase di proiezione esterna alla ricerca del collegamento con le realtà politico- sociali operanti fuori dalla fabbrica, ed in primo luogo nella direzione della costituzione dei Consigli di Zona. Altri titoli significativi, il n. 2, “L’in – for mazione sindacale e la comunica – zione di base” (riflessione sulla propria esperienza informativa), e il n. 3, “I chimici della Mon tedison dalla Conferenza di Genova ad oggi”. La vocazione del gruppo informazione a “guardare fuori” dalla fabbrica, già evidente nelle prime esperienze, strettamente intrecciata al clima complessivo del dibattito politico di quegli anni, trova fertile terreno di esplicitazione in una originale pubblicazione che ha caratteristiche di “zona” ed è prodotta con la collaborazione delle Commissio ni Culturali dei Quartie ri di Ponte lago – scuro e Barco (quartieri ad alta concentrazione di lavoratori della zona industriale), unitamente ad un eterogeneo collettivo di studenti e insegnanti. È, questo, il tentativo che, mentre rende più evidente la volontà di guardare “oltre” le mura dello stabilimento, nel contempo propone un nuovo strumento di direzione sindacale: Il Consiglio di Zona.
IL CONSIGLIO DI ZONA
Il primo bollettino, significativamente titolato Fabbrica – Scuola – Quartiere, è, infatti, del settembre 1973: il dibattito sui Consigli di Zona è ai primi vagiti e a Ferrara si comincerà a metterne le basi solo diversi anni dopo. L’obiettivo è quello di rendere operante il legame tra il sindacato operaio e la scuola, riprendendo un antico desiderio del movimento operaio quello della riappropriazione della cultura e, al suo interno, della valorizzazione della “cultura popolare”. Come sempre, più articolata e ricca è la presentazione della iniziativa da parte della redazione, o meglio del gruppo di lavoro costituitosi per questa iniziativa più unica che rara: Questo primo numero – si legge nell’introduzione – di Fabbrica – Scuola – Quartiere nasce come strumento di informazione, di circolazione di materiale politico, di stimolo al dibattito attraverso la conoscenza di un’iniziativa promossa all’inizio dell’estate [1973] dalla Commissione Culturale della Delegazio – ne di Quartiere di Pontelagoscuro e Barco […]. L’iniziativa è nata dall’istanza di porre in luce e affrontare operativamente tutti i problemi connessi alla scuola dell’obbligo, alla sua effettiva utilità, al suo costo “globale” per le classi lavoratrici […]. La prima conquista significativa raggiunta dalle forze che attorno a questa istanza si sono raccolte, è stata una larga convergenza e omogeneità sui punti di riferimento da cui far partire qualunque iniziativa dei lavoratori nel mondo della scuola. Il primo obiettivo di questo lavoro è il superamento del gap di istruzione dei dipendenti della Montedison: il recupero della scuola dell’obbligo. E lo si fa con un corso autonomo, in strutture scolastiche, gestito, appunto, dal “Collet – tivo” di Fabbrica-Scuola-Quartiere, che possiamo definire un classico esempio di scuola non istituzionale, cioè – come allora si diceva – di controscuola. I risultati dell’iniziativa, ottenuti anche con momenti di conflittualità sindacale, faranno di questa esperienza un momento simbolo della originalità e capacità di elaborazione (e di prassi) politica del Consiglio di Fabbrica della Montedison. I QUADERNI de “L’ASSEMBLEA” rappresentano un corpus significativo della capacità di questo Consi – glio di Fabbrica di misurarsi su questioni non puramente aziendali ed in essi si ritrova tutta la carica culturale e innovativa del gruppo dirigente di fabbrica che affronta ogni tipo di problema, situazione, tema, con una forte connotazione di classe: espressione, certo, non di tutti i lavoratori ma di una forte e nutrita avanguardia che oltre alla discussione “teorica” guida le lotte di quel periodo. Forse nei Quaderni non c’è l’immagine speculare di questa avanguardia, ma è certo che essi rappresenta no il mezzo attraverso il quale il grup po dirigente si esprime e rap pre sentano, contestualmente, il mo men to della sua formazione collettiva. Possiamo raggruppare per filoni i singoli Quaderni, usciti dal dicembre 1970 al marzo 1977, a seconda dei temi periodicamente trattati.
PROBLEMI INTERNAZIONALI E ANTIFASCISMO
Un primo grande tema, con il quale inizia la serie, è quello dei problemi internazionali e dell’antifascismo. Questi temi sono trattati in cinque numeri, dal 1970 al 1973, che, a cominciare proprio dal numero uno, documentano la scelta consapevole di un terreno che è proprio del movimento dei lavoratori. In un articolo, pubblicato in ultima pagina, dal titolo “La risposta delle forze antifasciste in Italia” si legge: Innumerevoli le prese di posizione contro il regime fascista di Franco […] Numerosissime le manifestazioni nei maggiori centri come Roma, Genova (boicottaggio delle navi spagnole) […] quello che qui ci preme sottolineare [è] che il problema non va visto semplicemente sotto aspetti solidaristici pure importanti, ma soprattutto sotto quello della necessità di realizzare una strategia internazionale della classe operaia dal momento che è internazionale l’organizzazione capitalistica […] Consapevoli e coscienti di questa precisa realtà, dell’organizzazione internazionale dello sfruttamento della classe operaia le organizzazioni sindacali si sono mosse non sulle basi del semplice moralismo ma degli interessi reali e precisi della classe operaia che non possono essere visti e risolti pienamente nel ristretto ambito nazionale. È nello stesso 1973 che il Consiglio di Fabbrica pubblica Quaderni e documenti in un’unica raccolta e spiega ai lavoratori questa iniziativa un po’ inusuale. Sotto il titolo PERCHÉ in seconda di copertina, si afferma che: Il trentennale dell’8 settembre, di quella data cioè che vide crollare definitivamente in Italia la residua impalcatura dello Stato monarchico e fascista, diviene per un’organizzazione sindacale quale è la nostra, l’occasione per approfondire il dibattito su ciò che ha significato, e significa tuttora il fascismo in Italia e nel mondo […] Un C. di F. ha il dovere di essere sempre presente su di un tema così scottante: il fascismo è una delle alternative del capitalismo, il quale non esita a ricorrere al fascismo stesso per conservare le sue posizioni di potere minacciate dall’avanzare della classe lavoratrice e come tale rappresenta un pericolo permanente per una società a struttura capitalistica quale la nostra. I quaderni pubblicati sono: “libertà alla Spagna”; “no!! al fascismo”; “LIBERTA’ PER IL VIETNAM!”; “FASCISMO, un pericolo sempre presente”; più un numero dedicato alla vicenda cilena, che non ha titolo, ma che riporta al suo posto, significativamente, una frase di Salvador Allende “… con la Fortaleza der ser mayorìa, con la pasiòn del revolucionario”.
LA LOTTA PER LA SALUTE NEI LUOGHI DI LAVORO
Un secondo filone è quello dell’ambiente. Non poteva essere diversamente per una grande fabbrica chimica, avvertita com’era la stragrande maggioranza dei lavoratori, della pregnanza di un problema come questo. Ne è cosciente anche La redazione che, nella “presentazione” del primo numero, sot – to il consueto “PERCHÉ” scrive: È entrata nella prassi nei quaderni dell’Assemblea spiegare il Perché. Ma crediamo che per il problema dell’ambiente di lavoro non ci sia bisogno di spiegarne le ragioni del perché si fa un quaderno. Ogni lavoratore trova la risposta nelle sue condizioni di salute, nella pesantezza dei turni, nelle condizioni nocive del suo reparto, nella insufficienza degli organici, nei turni delle ferie, nella stanchezza quotidiana. Non c’è bisogno di dire ai lavoratori che è l’ora di parlare e di prendere coscienza dei problemi della sua [sic] salute. Semmai c’è da dire che è sempre tardi per parlare di queste cose. Come è avvenuto per tante altre fabbriche, bisogna costringere l’azienda a trasformare il posto di lavoro in un luogo dove non si va a morire, ma per vivere. Il contenuto di questo numero è tutto incentrato sulla informazione e sulle leggi che regolano la tutela della salute dei lavoratori, sugli strumenti contrattuali e sulle “aree di rischio” presenti all’interno dello stabilimento. Il secondo Quaderno su questo tema è quello che pubblica gli atti, in sintesi, della Conferenza Unitaria di Rimini del 27/30 marzo 1972, sulla difesa della salute nell’ambiente di lavoro. Il numero 19, nel marzo del 1977, che chiude anche il ciclo dei Quaderni è dedicato alla salute più in generale. Il titolo “E se fosse un cancro in technicolor?” ne sintetizza bene i contenuti. Il quaderno è scritto a più mani (vi collaborano la Commis sione Mensa, la Commissione Am bien te oltre al gruppo Stampa informativa), ed affronta il tema molto specifico dei coloranti, dei conservanti, antiossidanti, gelificanti, addensanti, tensioattivi, aromatizzanti e brillantanti, visto con l’ottica di chi sa che il mercato italiano dei coloranti alimentari è dominato dalle multinazionali della chimica. Il tema affrontato si inserisce perfettamente nella logica con cui il Consiglio di Fabbrica affronta tutte le questioni sindacali e produttive: Qui il discorso deve essere chiaro fin dal principio: se abbiamo rifiutato il MAC [la fissazione dei massimi livelli di concentrazione] per le sostanze tossiche, le polveri, il rumore, ecc. nelle fabbriche, dicendo che esso deve essere zero, dobbiamo a maggior ragione rifiutare l’ADI (Acceptable Daily Intake), ossia la quantità giornaliera accettabile che si può ingerire senza danno […]. Nelle fabbriche lottiamo contro i padroni per la nocività del lavoro, per gli alimenti nocivi occorre individuare le controparti […]. Per accelerare il processo di smascheramento non c’è che un unico mezzo: una grande presa di coscienza e la creazione di un movimento di lotta.
IL NODO DELLA CRISI ECONOMICA
Altri tre numeri sono dedicati al nodo della crisi economica, a cominciare da quella che investe Ferrara e la sua provincia, definita qui (secondo la lettura che all’epoca si dava del problema, e che fu poi, in anni successivi, ritenuta erronea) “la Reggio Calabria del Nord. In un articolo dal titolo, appunto, “Fer – rara: la Reggio Calabria del Nord” si afferma che: Non è uno slogan prefabbricato quello di chiamare la provincia di Ferrara la “Reggio Calabria del Nord”. Le cifre parlano purtroppo chiaro e confermano la grave e drammatica situazione […]. Basti pensare al continuo aggravarsi della situazione demografica: nel Basso Ferrarese nell’arco di tempo che va dal 1961 alla fine del 1969, la popolazione è passata da 170.680 unità a 154.670 […] nel comune di Berra su un numero di 7.500 abitanti vi sono 2.400 pensionati dell’INPS […] in quello di Lagosanto su 4.400 abitanti vi sono 1.450 pensionati […] nel comune di Argenta su 25.400 abitanti vi sono 5.950 pensionati […] i giovani in cerca di prima occupazione nel Basso Ferrarese dall’1.1.70 al 30,10.70 sono stati ben 4.073.
PER UN “NUOVO MECCANISMO” DI SVILUPPO
Il numero successivo (il numero 16 del febbraio 1976) affronta le “tappe ufficiali” del sindacato sul piano dell’iniziativa e della linea politica della Federazione Unitaria CGIL-CISL-UIL rispetto al “piano a medio termine” del governo, tappe che partono dalla Conferenza Na – zionale dei Delegati di Rimini del maggio 1975, per arrivare al Comi – ta to Direttivo della Federa zione Uni taria del gennaio 1976: Questa manifestazione (la Conferenza di Rimini) resta un punto di riferimento importante per il movimento sindacale italiano che dopo aver colto e guidato tutto il potenziale di lotta espresso dalla base dal ’68-69 […][sconta] ora un certo impaccio per le cause che avevano bloccato il processo unitario due anni prima. […] Rimini pertanto rappresenta il punto più alto dello sforzo di approfondimento del sindacato unitario, per dirigere dopo le vittorie dell’“autunno”, il movimento dei lavoratori verso il nuovo obiettivo: l’avvio nel Paese di un “nuovo meccanismo” di sviluppo economico e sociale. E la premessa di tutto ciò sta anzitutto nella presa di coscienza della situazione […]. A Rimini il sindacato pone quindi le basi per una precisazione ed un aggiornamento della sua linea, che si faccia carico della gravità della crisi economica in atto, della pesantezza dell’attacco padronale dentro e fuori la fabbrica (verso chi ha il lavoro e verso chi non ce l’ha), del pericolo perciò di emarginazione di tutta la classe operaia e quindi dell’arresto dell’avanzata democratica del Paese. Nel dicembre dello stesso anno esce il numero 18 che, raccogliendo la sfida lanciata a Rimini, titola “DAL – LA CRISI SI ESCE COSÌ”. La presentazione a pagina 3 è, come sempre, molto netta: Di fronte all’aggravarsi della situazione ed alle ripercussioni che essa ha sulla vita delle famiglie dei lavoratori si sta sviluppando nelle fabbriche e nei posti di lavoro un intenso dibattito che spesso rischia di non essere approfondito […]. L’approssimazione […] ed il conseguente rischio di non partecipazione, di delega, di sfiducia […] gioca […] a favore […] di [quelli che] manovrano affinché […] non si verifichi un profondo mutamento […]. In questi mesi [è stato] chiarito un punto essenziale: il sistema italiano non è più in grado di rendere compatibile la sopravvivenza della democrazia con una distribuzione squilibrata dei redditi. In questo senso gli obiettivi primari da colpire sono le aree di rendita e di parassitismo tanto protette dal malgoverno recente e passato. Ma ciò significa anche infliggere un colpo decisivo a chi vede le proprie fortune legate alle fortune del partito di maggioranza [all’epoca era la Democrazia Cristiana][…] Allo scopo di contribuire a chiarire i termini del dibattito economico e politico in atto nel Paese abbiamo elaborato queste note.
LA MONTEDISON E I DESTINI DELLA CHIMICA
Uno spazio occupa anche la ricerca chi mica, le sue vicende, la vertenza con la Montedison, sugli assetti produttivi e le conseguenti ristrutturazioni. Sono quattro i “Quaderni” che han – no per oggetto questi due aspetti: due più propriamente legati alla ricerca Montedison, la cui ristrutturazione in tutto il territorio nazionale è trattata nel numero di dicembre 1972, mentre nell’ottobre del 1975 viene affrontato il problema ferrarese. Della cattiva gestione della ricerca fanno le spese, come sempre, i lavoratori, che in questi numeri denunciano la politica aziendale: Ma naturalmente, alla resa dei conti chi ne fa le spese sono i ricercatori mentre i vari responsabili anziché difendere il ruolo della ricerca ne favoriscono lo smembramento. Non ci sembra che le premesse siano confortanti. La risposta dei lavoratori è articolata ma mirata ad un obiettivo preciso. Bisogna legare le produzioni e le tecnologie ai problemi e alle esigenze del territorio. Una fabbrica non deve produrre, per un territorio circostante, soltanto quei posti di lavoro, ma orientare le produzioni alle esigenze della struttura produttiva e funzionare da centro propulsore per nuove attività. Un discorso di questo tipo deve nascere o doveva nascere alle ricerche: a Ferrara da più di vent’anni la Montedison con le sue ricerche e le sue produzioni ha disat teso queste aspettative. Due numeri dei Quaderni affrontano temi particolari. Il numero 8 affronta i problemi della scuola pubblicando i lavori di un Conve – gno Provinciale, tenutosi il 29 giugno 1972, sul tema “L’inter vento degli Enti Locali per il rinnovamento culturale nella scuola, nel la fabbrica, nella società”. E nel “solito” articolo di seconda pagina si legge la definizione di questa iniziativa: Per i lavoratori, infatti , è di particolare interesse il loro rapporto con la scuola (un reale rinnovamento di questa porterebbe ad una soluzione per lo spinoso problema delle qualifiche); come pure è di enorme importanza per i lavoratori venire in possesso di notizie, esperienze realtà esistenti al di fuori della fabbrica […] . Infine le lotte contrattuali di questo periodo devono vedere i lavoratori collegati con le forze sociali esterne alle fabbriche per evitare l’isolamento in cui il padrone vuole tenerli per sconfiggerli facilmente.
IL MINISTRO IN ASSEMBLEA: DOMANDE SENZA RISPOSTE
Infine nel numero 6, datato febbraio 1972, dal titolo significativo “IL MINISTRO IN ASSEMBLEA – ovvero domande senza risposte”, si dà conto del dibattito tra i lavoratori della Montedison e il ministro socialdemocratico Luigi Preti, su investimenti, occupazione e lotte nelle fabbriche di Ferrara. Poiché il ministro Preti (allora al Ministero delle Finanze) aveva rilasciato alcune dichiarazioni, riportate dal Il Resto del Carlino, che non avevano convinto le RSA, queste ultime gli avevano chiesto a mezzo telegramma: Rappresentanze Sindacali Aziendali CGIL, CISL, UIL Montedison Ferrara lette sue considerazioni su Resto del Carlino 25 novembre merito investimenti stabilimenti locali La invitano scambio di opinioni in nostra riunione in azienda in qualunque momento secondo Sua disponibilità. Sarebbe interessante pubblicare tutto, o larga parte del dibattito per capire il livello del confronto svilup – patosi. Riportiamo quanto meno alcuni passaggi delle “Conclusioni” del dibattito, a cura della redazione, che rappresentano il commento politicamente rilevante del gruppo di- rigente sindacale aziendale, e che non afferiscono solo a questa iniziativa ma, ci pare, a tutto il lavoro che seguirà fino alla conclusione delle pubblicazioni. Purtroppo non sempre le aspettative di chiarezza richieste agli interlocutori sono alla fine rispettate ed a proposito di ciò un esempio fin troppo evidente ci è stato dato in questa occasione dal ministro Preti che (in modo a volte maldestro) ha eluso praticamente ogni domanda […] Nello stesso “comizietto finale” […] non ha toccato per nulla i termini della questione, tutto pervaso da un’idea fissa che è poi la stessa portata avanti da Lombardi (Presidente della Confindustria in carica) e soci: “aumentate la produttività […] state calmi in fabbrica […] fidatevi dei vostri dirigenti” […]. Dice infatti il Ministro: “fate i buoni” che al “resto” ci pensiamo noi! Avete un bravo dirigente (Cefis), ci pensa lui! Dovete aver fiducia conosce il suo mestiere!” Ma quale “resto”, quale fiducia! Non è la prima volta che ci è stata carpita e chi ne ha fatto le spese siamo sempre stati noi; adesso, si cerca addirittura di far passare un piano che prevede licenziamenti, e per far questo, niente meno si cerca i soldi [sic] dello Stato, soldi nostri insomma! […] Quando si fa la morale ai lavoratori sulla disaffezione al lavoro, l’assenteismo, non se ne cercano mai le cause […] [che] sono: la nocività degli ambienti, i ritmi eccessivi, la parcellizzazione dei lavori fino alla imbecillità, i ricambi che non ci sono, i meriti di lavoro non riconosciuti e/o carpiti da altri. Ecco qual è signor ministro il motivo della nostra disaffezione! Si fa presto a parlare in certi termini, di maggiore produttività, di conflittualità quando non si è giorno dopo giorno a contatto con le dure realtà del lavoro in cui i contratti di lavoro non vengono rispettati e spesso la nostra dignità di uomini viene calpestata! Che dire poi delle teorie del ministro sull’aumento dei voti fascisti e del rigurgito Cisnal in fabbrica? Secondo lui bisognerebbe fare i buoni stare tranquilli, non commettere più certi errori (così i padroni sentondosi tranquilli non finanziano più l’MSI o Cisnal diciamo noi) […] Perciò signor ministro, i vari richiami al senso di responsabilità se non ci sarà un mutamento di indirizzi (più giustizia sociale) non possono avere presa, perché se è vero che siamo una grande famiglia, che siamo tutti sulla stessa barca, è pur vero che c’è chi rema e chi sta seduto!
LA SATIRA NELLA STAMPA OPERAIA
Un discorso a parte meriterebbe la presenza della satira all’interno delle pubblicazioni. Ne accenniamo in questo lavoro per sommi capi. Di essa si fa un uso modesto e molto spesso si tratta di vignette e strip riprese dai giornali e/o dalle riviste dell’epoca: la presenza più continua è quella di Chiappori con il suo “UP il sovversivo” e di Chum my Chuvez, un umorista spagnolo famoso in quel periodo. Ma fin dai primi numeri di “Note” anche la mano felice, sia nel disegno che nella battuta salace, di un “indigeno”: si tratta di Roberto Lun – ghi, prematuramente scomparso, operaio turnista, iscritto alla CISL chimici, molto vicino alle posizioni del PCI (tanto che parteciperà co – me volontario alle feste de’ l’Unit à, sia sezionali che a quelle provinciali per parecchi anni) che collabora alla stampa di fabbrica fin dal suo sorgere. Di lui e del suo impegno sindacale e politico meglio delle parole parlano i suoi disegni. Il lettore di oggi dei Quaderni e di tutta l’altra stampa di fabbrica, potrà rilevare certo carenze e qualche ingenuità, che sono, a nostro avviso, figlie del clima generale di quel periodo, ma ci pare di poter affermare che ciò che è contenuto in quelle pagine è un mattone del complessivo edificio della cultura operaia, della “centralità operaia” e anche della “soggettività” operaia, costruita in quel periodo e che può offrire ancora oggi, se ne verrà approfondito lo studio, nuovi elementi di riflessione e di strategia per il superamento delle contraddizioni di classe della società italiana.
Bibliografia essenziale
Note dei lavoratori chimici, gennaio 1970 -marzo 1971
l’Assemblea, marzo 1970
Quaderni de l’Assemblea, dicembre 1970
Rassegna stampa, novembre 1972
Fabbrica – Scuola – Quartiere, settembre 1973
Quaderni del Consiglio di Fabbrica – Serie Ricerche, novembre 1973
ACCORNERO A., I giornali di fabbrica, in Almanacco socialista, ed. Avanti, n 17, Milano, 1960
BRAGANTIN G., I giornali di fabbrica, in Rinascita n. 7/1951
CAMPARI A., I giornali di fabbrica al congresso della cultura popolare, in Rinascita, n. 1, gennaio 1953
COCOZZA G. E., ZANDEGIACOMI Ninetta, Gli strumenti di informazione del sindacato: I giornali di fabbrica, in Quaderni di Rassegna Sindacale, nn. 56-57/1975
GAETA G., Contenuti e compiti dei giornali di fabbrica, in Rassegna Sindacale, 1° maggio 1969
PERROT M., Che cos’è la cultura operaia,in Rivista di Storia Contemporanea, n. 4/1963.
SPRIANO P., I giornali operai, in l’Unità, 25.10.1953
ZANDEGIACOMI Ninetta, Autonomia operaia – esperienze di giornalismo operaio, Bertani, Verona, 1974
*Già dirigente FILCEA/CGIL redattore di TuttoFerrara (mensile della CGIL), ora in pensione, cultore di storia sindacale e locale, membro del Coordinamento nazionale de l’ernesto
1 La raccolta dei periodici citati è conservata negli Archivi del Museo del Risorgimento e della Resistenza di Ferrara