“Geostoria dell’Africa”

Freschissimo di stampa il libro di Manlio Dinucci, Geostoria dell’Africa, editore Zanichelli, Bologna, ci propone, finalmente, una lettura, se non esaustiva, certamente tra le più veritiere, documentate ed aggiornate sulla storia reale di un continente che la cultura dominante e il razzismo ancestrale delle nostre civilissime cittadelle bianche di capitalismo avanzato hanno cercato in ogni modo di manipolare e di rimuovere, occultando le pesantissime colpe dei conquistatori europei responsabili dei disastri che hanno ridotto l’Africa ad una sorta di museo mondiale degli orrori compiuti in cinque secoli da un capitalismo reso sempre più feroce dalla competizione incalzante che ha segnato, col sangue di milioni di schiavi, ciascuna delle sue fasi espansive.

Più di 500 anni sono trascorsi da quando i due vascelli portoghesi comandati da Diogo Cao cominciarono a spingersi verso il Capo di Buona Speranza, ben oltre la Costa d’Oro già saccheggiata, e piantarono, prima all’estuario del Congo, poi in Namibia, i primi simboli del potere e del diritto di proprietà dell’uomo bianco: un cippo in pietra con lo stemma della dinastia regnante a Lisbona e l’immancabile croce dell’Ordine di Cristo. Trent’anni dopo l’inizio dei processi di indipendenza dal dominio coloniale, in gran parte fittizi, l’Africa del 2000 appare oggi più che mai sprofondata in un inferno di disperazione, di miseria e di morte che non ha eguali in nessuna altra parte di questo mondo globalizzato. 800 milioni di africani vivono (ma soprattutto muoiono) con il cappio al collo di 360 miliardi di dollari di debito estero. Pur essendo il 12% della popolazione del pianeta contano meno dell’1% del commercio mondiale e del 2% della produzione, attività peraltro gestite quasi tutte da imprese multinazionali con sede nelle metropoli del Nord e prime responsabili del pesante fardello di milioni di morti per fame, epidemie, disastri naturali e guerre che sconvolgono la maggior parte dei paesi situati sotto la linea di confine del Sahara.

Il libro di Manlio Dinucci ci accompagna, pagina dopo pagina, dalle prime civiltà africane alla penetrazione europea, passando per la tratta degli schiavi, la spartizione e il dominio coloniale, per arrivare alle lotte di liberazione della nuova Africa post-coloniale, alle sue dirompenti contraddizioni sociali ed economiche, fino alle attuali forme di dominio dell’imperialismo contemporaneo Questo in sintesi il filo conduttore di un libro che tenta di scuotere la pigrizia mentale di un immaginario collettivo europeo ormai assuefatto dal tubo catodico ad osservare e a percepire l’Africa come meta turistica e riserva ecologica da salvare dal suo incombente destino di discarica dei rifiuti tossici, oppure a commuoversi, con desolante e rassegnata impotenza, davanti alle strazianti immagini dei bambini morti di fame. Ma i 15 paesi dell’Unione Europea, che alla Conferenza euro-africana del Cairo si sono confrontati con i 52 paesi dell’Organizzazione per l’ Unità Africana (OUA), ostentano ancora arroganza, pretendono di impartire lezioni di democrazia e rispetto dei diritti umani, ai paesi e ai popoli sottomessi per secoli con la persuasione della ghigliottina, delle forche, dei plotoni d’esecuzione e del genocidio.

Ed ecco l’ Inghilterra chiedere l’embargo contro lo Zimbabwe di Mugabe (ex Rhodesia) colpevole di voler distribuire ai contadini le terre dei grandi latifondi britannici ancora in mano, per più del 70%, ai coloni bianchi di sua Maestà. Ecco D’Alema e Prodi manifestare uno stizzoso disappunto dopo il clamoroso discorso antimperialista pronunciato da Gheddafi al Cairo, scandalizzati che il leader libico abbia affermato che il primo diritto umano degli africani, più che la democrazia, è quello del diritto all’acqua, e che l’Europa non sarà mai libera se non si sbarazza della Nato. Ed ecco ancora la Francia di Jospin e di Chirac che sembra aver perso la memoria, incapace di una sola parola di scusa per gli 800 mila ruandesi massacrati sei anni fa’ sotto lo sguardo impassibile, e forse compiaciuto, dei parà francesi inviati in Ruanda da Mitterand.

L’autore scava a fondo, ci aiuta a capire quali siano le radici storiche profonde di questa inguaribile ostentazione di potenza e di prepotenza imperialista dei paesi ricchi. Ci squaderna impietosamente documenti, citazioni, foto agghiaccianti, nomi, date, luoghi, della lunga e sanguinosa marcia di conquista che ha cadenzato la penetrazione del capitalismo bianco in Africa. Nessuno sconto viene concesso da Dinucci al vergognoso bilancio coloniale dell’Italia liberale di Giolitti e di quella fascista di Mussolini che, sebbene espressione di un imperialismo straccione, viene mostrato con tutto il suo carico di spietata crudeltà esibita senza misericordia per assoggettare i popoli della Libia e dell’Etiopia. L’autore ci documenta quale sia stata la dimensione terrificante dello sterminio compiuto dal fascismo con una forza militare soverchiante per domare un popolo di pastori pressoché disarmati: bombe chimiche all’iprite, impiego a tempo pieno delle forche e dei plotoni, sterminio in massa delle popolazioni indigene più riottose. Il tutto con la puntuale e generosa benedizione dei prelati e delle gerarchie ecclesiastiche.

Un volume dunque di notevole impatto pedagogico che unisce al rigore della ricerca un modo di raccontare la storia semplice e accattivante che non mancherà di stimolare la curiosità e la voglia di approfondimenti tra la vasta bibliografia che l’accompagna. Non solo da parte degli studenti, per i quali appare tagliato su misura, ma anche di quella dei docenti che spesso si vergognano di suggerire agli allievi testi di studio infarciti di banalità e di luoghi comuni. Un libro che anche ogni militante della sinistra dovrebbe leggere per scoprire che, pur dal fondo della sua immane tragedia l’ Africa non è una zattera alla deriva incapace di reggere la sfida del mare impietoso e crudele del mercato globale. Ma un continente che, sebbene schiacciato da enormi difficoltà, mostra una crescente volontà di sottrarsi, con una seconda lotta di liberazione, agli “aggiustamenti strutturali” e a tutte le micidiali cure imposte all’Africa dai grandi stregoni del 20° secolo: Fondo Monetario, Banca Mondiale e WTO. Nel decimo anniversario del Nuovo ordine giungono, da Pretoria a Tripoli, i segnali confortanti che una prospettiva di progresso sociale e civile per i popoli dell’Africa si è già aperta: questo è il messaggio positivo che si coglie dalla lettura del libro di Manlio Dinucci.