I risultati pressoché definitivi delle elezioni legislative svoltesi il 22 aprile 2009 in Sudafrica vedono una schiacciante vittoria dell’ African National Congress (65,9% – 264 seggi parlamentari su 400), che per un soffio (due seggi) non raggiungerebbe così la maggioranza qualificata di due terzi che consente di modificare la Costituzione. Nelle elezioni precedenti del 2004 l’ANC aveva ottenuto il 69,7% (+ 3,8), ma il saldo attuale è largamente attivo se si considera che in questa occasione era in campo una lista concorrente sorta da una scissione moderata dell’ANC (avvenuta lo scorso anno) – il COPE (Congresso del Popolo).
Il COPE – fondato nientemeno dai fedelissimi dell’ex presidente Tabo Mbeki che avevano lasciato l’organizzazione dopo la svolta a sinistra dell’ANC, la sconfitta di Mbeki e la vittoria di Zuma, e che godevano di solidi appoggi occidentali – esce clamorosamente sconfitta dalla sua prova di forza con l’ANC : puntava dichiaratamente al 15%, si ferma al 7,4%, con 30 seggi.
L’Alleanza democratica (partito moderato e liberale, formato soprattutto da bianchi che si opposero all’apartheid) avanza leggermente e ottiene il 16,7% e 67 seggi (aveva il 12% e 50 seggi)
Molti seggi hanno chiuso a notte tarda, a causa dell’altissima affluenza alle urne, che sembra essere superiore (80%) a quella delle precedenti elezioni del 2004, quando si era attestata al 76%. I risultati del voto saranno definitivi e ufficiali solo tra alcuni giorni.
La nuova direzione dell’ANC è stata eletta dall’assemblea nazionale dell’organizzazione svoltasi lo scorso anno, con l’appoggio determinante dei comunisti del SACP e del sindacato COSATU, il sindacato unitario di classe, collocato su posizioni antimperialiste e di netta opposizione alla linea moderata e neo-liberale della precedente direzione politica e governativa dell’ANC, guidata dall’ex presidente Tabo Mbeki.
A nessuno sfugge la che la formazione di un nuovo governo sudafricano, collocato su posizioni antimperialiste e anti-liberiste, rappresenta una modifica degli equilibri strategici non solo nel continente, ma su scala mondiale, a favore delle forze progressiste.