ROMA. L’Unione ha fallito? L’anatema di Fausto Bertinotti spacca la Cosa Rossa alla vigilia degli stati generali, convocati per sabato e domenica a Roma, per promuovere la nascita del soggetto unitario della sinistra.
Svestiti i panni di presidente della Camera, il leader indiscusso del Prc affida a «Repubblica» una dichiarazione di sfiducia verso il progetto politico che sta alla base della maggioranza che sostiene Romano Prodi, invitando tutti a «prendere atto della realtà: nei 19 mesi di governo, «tutto è cambiato e una stagione si è chiusa». «Alla fine del percorso – aggiunge – io voglio riconoscere al Pd il diritto a trovarsi gli alleati che vuole, ma voglio garantire a noi il diritto di tornare all’opposizione».
Parole apparentemente senza appello, che scatenano la bagarre anche nella sinistra. L’analisi di Bertinotti non piace a nessuno dei possibili compagni di strada del Prc. Non a Fabio Mussi né ad Alfonso Pecoraro Scanio e nemmeno ad Oliviero Diliberto. Diverso, naturalmente, l’atteggiamento di Rifondazione Comunista che fa quadrato.
Giordano incontra a lungo Bertinotti. Tra i due c’è piena sintonia.
Nel partito però non la pensano tutti allo stesso modo. Claudio Grassi, coordinatore di Essere Comunisti, invita il presidente ad avere «l’onestà intellettuale di ammettere» che a fallire è la linea politica del partito, che al congresso di Venezia ha deciso di allearsi con Prodi.
Ma, al di là dei mal di pancia interni, per il Prc le cose si complicano soprattutto nel rapporti con Verdi, Pdci e Sd. E la questione sarà discussa, probabilmente con toni accesi, nel vertice di oggi tra i 4 segretari.