Dove va la Pds tedesca?

La prima sessione del 7° Congresso della Pds tedesca (“Partito del socialismo democratico”) si è svolta il 14-15 ottobre 2000 a Cottbus, nel Brandenburgo. La Pds tiene i suoi congressi quasi ogni anno, spesso ripartiti in più sessioni; quindi non sempre l’assise nazionale assume il carattere di verifica strategica complessiva. In questo caso si trattava di rinnovare gli organismi dirigenti, eleggere un nuovo presidente (la carica principale), dato che l’uscente Lothar Bisky, presidente dal 1993, aveva annunciato la sua indisponibilità a ricandidarsi; e avviare la discussione sulla linea con cui la Pds si presenterà alle elezioni politiche del 2002. La discussione si concluderà nel corso del 2001 in un prossimo appuntamento congressuale, più strategico e chiarificatore del dibattito interno, con l’approvazione del programma.
Nell’ultima sessione del suo 6° congresso, svoltasi sei mesi prima a Munster, nell’aprile 2000 (vedi “l’Ernesto” n. 2, 2000) era emerso un aspro dibattito interno in cui la direzione del partito aveva subito una severa sconfitta, con la bocciatura da parte di 219 delegati contro 126 di una risoluzione in favore della partecipazione tedesca, da valutare caso per caso, agli interventi militari all’estero promossi dall’Onu. Tale bocciatura, vista come un segnale più complessivo di insoddisfazione dei settori comunisti, di sinistra marxista e radicali della Pds nei confronti della direzione, aveva provocato le dimissioni di Gregor Gysi – leader dell’ala più socialdemocratica del partito – dalla direzione e dall’incarico di capogruppo parlamentare; e l’annuncio di Bisky di voler lasciare il ruolo di presidente, con largo anticipo sulla scadenza statutaria del mandato ( normalmente prevista per il 2001, ma prorogabile fino al 2003).
Il congresso di Cottbus, pur senza approvare documenti di “svolta” sul piano strategico e identitario, in buona parte volto a perseguire un rasserenamento del clima interno nel confronto tra le diverse anime del partito, ha visto però – secondo tutti gli osservatori – una “rimonta” dei settori più riformisti della Pds, sull’asse ispirato da Bisky e da Gysi. Nuovo capogruppo parlamentare al Bundestag, al posto di Gysi e a lui vicinissimo, era stato eletto, già prima del congresso, Roland Claus. Alla presidenza della Pds è stata eletta Gabi Zimmer, una giovane dirigente (45 anni) già vice-presidente del partito dal 1999 e capogruppo nel parlamento regionale della Turingia, molto legata a Bisky (1). Il larghissimo consenso ricevuto (93,3 % dei 434 delegati votanti), con il sostegno di tutte le anime della Pds, è dovuto, più che a motivazioni di linea, ad un approccio cosiddetto “integratore”, volto a valorizzare l’apporto solidale di tutte le anime del partito sulle questioni condivise, senza settarismi o esclusioni ideologiche. Un approccio che ha visto l’inclusione nella nuova direzione (18 membri) della esponente più in vista della “Piattaforma comunista”, la trentunenne Sahara Wagenknecht. Una inclusione che in molti considerano peraltro poco più che simbolica, dato che un esponente della “Piattaforma” faceva già parte della direzione uscente, mentre l’insieme della sinistra marxista del partito sarebbe oggi ancor meno rappresentata che in passato (2). Ad un voto unanime di sostegno alla Zimmer ha fatto appello il presidente onorario della Pds, Hans Modrow (considerato vicino alla sinistra del partito, da posizioni “socialiste di sinistra”, comunque propenso a un ruolo di mediazione negli equilibri interni) che ha chiamato ad una “cooperazione critica e costruttiva col nuovo Presidente”.
Nel merito, il congresso ha posto l’accento sulla collaborazione con la Spd, in primo luogo nelle regioni dell’Est, dove la Pds ha un peso elettorale medio del 21% (nel 2004 si terranno le prossime elezioni nei Lander, regioni dotate di ampi poteri nell’ambito dello Stato federale); ha confermato a breve termine il ruolo di opposizione al governo “rosa-verde” del cancelliere Schroeder; ha auspicato, in vista delle elezioni politiche del 2002, la possibilità di intese politico-elettorali con i socialdemocratici per battere la destra (3); ed ha posto l’esigenza di aprire un confronto con la Spd che, nel medio periodo (le elezioni del 2006?) renda possibile anche intese di governo (4). Le condizioni programmatiche minime, per rendere possibili accordi politico-elettorali o di governo saranno appunto l’oggetto del prossimo congresso della Pds; ed è prevedibile che lì, sia pure in forma di discussione sul programma, vengano al pettine i nodi di strategia (e di identità) che l’assise di Cottbus ha solo rinviato. E cioè tra chi ritiene che, per rendersi “accettabile” come forza di governo, nel contesto attuale dei rapporti di forza e di classe in Germania, in Europa e nel mondo, la Pds debba “compatibilizzare” la propria identità, liquidare ogni rapporto dialettico con l’esperienza storica e teorica della DDR e del movimento comunista del ‘900, rivedere il proprio programma per adattarlo alle compatibilità di sistema, liberandosi di ogni residua identità rivoluzionaria, anticapitalista e antimperialista, così come le chiedono la Spd e i Verdi. E chi invece ritiene che, a quelle condizioni, meglio sarebbe “non vendersi l’anima” e predisporsi ad una fase non breve di opposizione strategica e di lotta nella società. Con una tattica che non esclude intese parziali con i socialdemocratici e anche intese di governo a livello locale e regionale, come quelle già in atto. Ma non intravede un terreno possibile di convergenza strategica e di governo con la maggioranza della socialdemocrazia attuale, così come essa è venuta evolvendo entro compatibilità neo-liberali e neo-imperialiste, fino alla guerra emblematica contro la Yugoslavia (5).
Nel suo intervento al congresso, Gabi Zimmer ha detto che “ci faremo coinvolgere nella formazione di coalizioni di governo con i socialdemocratici se i programmi saranno centrati sul lavoro, sulla protezione sociale e se comporteranno un progresso tangibile per il nostro popolo. Ma rifiuteremo ogni cooperazione con politiche di arretramento sociale”. Nella risoluzione finale, approvata a larga maggioranza, si sostiene che “la Pds entra nella campagna elettorale del 2002 come l’opposizione di sinistra in Parlamento, come una forza creativa di riforma, che si oppone al liberalismo di mercato sia nella sua variante più conservatrice che in quella socialdemocratica, come partito della giustizia sociale e contro la guerra, come il partito socialista della Germania, come un partito socialista Europeo. I nostri obiettivi per il 2002 sono chiari: innanzitutto, questo paese ha bisogno di una forte opposizione di sinistra, nel Parlamento e nella società, capace di esercitare una pressione sul governo in modo che, nel medio termine, ciò renda possibile la formazione di una coalizione di governo di Centro-Sinistra, comprendente la Pds, per una politica di riforme”.
Sul piano identitario, la Zimmer ha sostenuto che “la forza della Pds sta nella sua diversità plurale, che include comunisti e socialdemocratici, democratici radicali e riformatori, pacifisti. Siamo quello che siamo per questa diversità, la nostra forza deriva da ciò che abbiamo in comune”. E dopo avere contestato le accuse di “socialdemocratizzazione” venute da alcuni settori del partito, ha sostenuto che “socialdemocratizzazione significa politiche adattative al corso dominante dei poteri forti del mercato mondiale e della logica dominante del profitto, rinuncia alle finalità socialiste… La socialdemocrazia come la conosciamo oggi non ha nulla a che vedere col socialismo come sistema di valori, e con la Pds. Anche se il rifiuto di una nostra socialdemocratizzazione non significa rifiuto della cooperazione coi socialdemocratici… La Pds non è né un partito comunista, né un partito socialdemocratico: è il partito del socialismo democratico…il partito socialista della Germania” (6).
Nella risoluzione finale si sostiene che “per la prima volta da quando la Spd ha abbandonato le sue posizioni socialiste e anti-capitaliste, la Germania ha un partito socialista democratico, che considera irreversibile la rottura con la pratica non democratica della Sed, che non accetta né la demonizzazione, né la glorificazione della esperienza della Ddr… E respinge il revisionismo storico che conduce all’equazione tra Ddr e nazismo, definendoli entrambi regimi totalitari”; equazione che misconosce, tra l’altro, “il patrimonio antifascista della Ddr”.
Anche nel dibattito sull’integrazione europea la maggioranza del gruppo dirigente della Pds si è collocata su posizioni sempre più vicine a quelle dell’ala sinistra della socialdemocrazia. Nel voto sulla “Carta europea dei diritti”, che ha visto una estrema differenziazione di posizioni all’interno del Gue (il Gruppo della Sinistra Unitaria Europea, che comprende i comunisti e le sinistre critiche), i sei eurodeputati della Pds hanno votato a favore – eccetto Modrow che si è astenuto -, insieme ai due del Synaspismos greco, a un deputato del Dikki greco (sinistra socialista), a Cossutta del PdCI e ad un esponente socialista di Izquierda Unida. Si sono astenuti, oltre a Modrow, Manisco del PdCI, l’altro esponente Dikki e gli altri tre deputati di Izquierda Unida. Hanno votato contro, con motivazioni diverse, i tre eurodeputati del Pc greco (Kke), i due del Pc portoghese (Pcp), i quattro di Rifondazione italiana, i cinque della sinistra rosso-verde nordica, il socialista olandese e i cinque trotzkisti francesi. La delegazione del Pc francese (Pcf), composta da tre iscritti al partito e tre indipendenti, ha registrato al suo interno tutto lo spettro delle posizioni. I tre iscritti hanno preferito non partecipare al voto, gli altri hanno votato ognuno in modo diverso.

Note
1) Il Foglio (12.10.2000) definisce il nuovo presidente e il nuovo capogruppo della Pds “ambedue quarantenni, filogovernativi, e convinti sostenitori di una alleanza con la Spd” del cancelliere Schroeder.
Il Corriere della Sera (16.10.2000) titola: “La Pds sceglie nuovi leader e apre ai socialdemocratici”, e scrive che “sia Zimmer che Claus vengono considerati assolutamente in linea con l’approccio pragmatico e riformista dei loro predecessori”.
Il manifesto (17.10.2000) parla del “nuovo vertice” della Pds come “espressione diretta dell’ala cosiddetta riformista del partito” e scrive: “a Cottbus, la linea dei riformisti ha avuto la meglio sull’ala più ortodossa della Pds e la disponibilità alla collaborazione con socialdemocratici e verdi, non solo a livello regionale ma anche federale, è stata decisa come indirizzo politico in vista delle elezioni legislative del 2002”.
L’Humanitè (19.10.2000) titola: “L’idea forza del congresso della Pds è la cooperazione con la Spd”, “La Pds sceglie l’apertura”; e scrive di “una posizione di principio favorevole alla generalizzazione della cooperazione con la Spd” con “ambizioni da partito di governo”.
La Frankfurter Rundschau (16.10.2000) evidenzia che “Gabi Zimmer ha sollecitato il suo partito ad essere aperto a una coalizione con la Spd e a non ripiegarsi su se stesso, con il pretesto di un pericolo di socialdemocratizzazione”. E scrive che “la Pds si propone di agire come correttivo sociale aumentando la pressione sulla Spd tramite una cooperazione a tutti i livelli”.
Le Monde Diplomatique (dicembre 2000) scrive che “al congresso di Cottbus la direzione del partito si è battuta – con successo – per ottenere l’adesione della base alla politica di riforma e di alleanza con i socialdemocratici”. E descrive un partito “in piena trasformazione, diviso tra una direzione che ne vuole fare un partito di governo, socialista di sinistra, e un’ala che vuole mantenere il profilo rivoluzionario”.
2) Si fa notare, nei settori di sinistra del partito, che tali dichiarazioni sul pluralismo interno e sull’unità a sinistra, vengono contraddette da scelte quali la brusca sostituzione, voluta dalla direzione nazionale, della dirigenza “di sinistra” della federazione di Amburgo, che aveva costruito tra l’altro positivi rapporti unitari coi comunisti della Dkp. Verso la Dkp il centro nazionale pratica una linea di crescente emarginazione e preclusione ideologica (e di esclusione dai Forum di discussione della sinistra europea), benchè essa abbia ad Ovest un numero di iscritti e un radicamento sociale e sindacale superiore alla Pds. Essa conta nella parte occidentale della Germania solo 4000 dei 90.000 iscritti totali, e un’influenza elettorale dell’1,2%, su una media nazionale del 5,1 alle politiche del 1998 (5,7% alle europee del 1999).
3) Nel suo intervento, Lothar Bisky ha detto che “non dobbiamo mai dimenticare la lezione della storia degli anni ’30, quando comunisti e socialdemocratici si consideravano rispettivamente il nemico principale, e fu il nazismo a vincere. E anche se oggi le condizioni sono diverse, dobbiamo unire le forze contro il pericolo dell’estrema destra”.
4) Scrive il Corriere della Sera (16.10.2000) che la Pds “è oggetto da qualche mese di una vera e propria ‘offensiva dello charme’ lanciata dal cancelliere Schroeder in persona …con l’invito a partecipare alle trattative preliminari sulla riforma delle pensioni”. E, alla vigilia del congresso della Pds, “con un invito a pranzo a Lothar Bisky, ufficialmente definito “incontro privato”, ma di grande significato simbolico” (e senza precedenti), cui è previsto faccia seguito un analogo incontro con Gysi. Un gesto fortemente criticato dalla Cdu e dai liberali, e anche dai Verdi, preoccupati della concorrenza della Pds. “Il calcolo probabile di Schroeder è di intensificare la collaborazione con la Pds a livello regionale, già avviata con successo nel Meclenburgo e, sia pure con un appoggio esterno, nella Sassonia-Anhalt. La forza elettorale della Pds, nel Brandenburgo e a Berlino (40% nella zona Est, 4% nella zona Ovest-ndr), rende infatti possibile un ribaltamento della “Grande coalizione” tra Spd e cristiano democratici che oggi governa questi due Lander. Se questo dovesse accadere, verrebbe neutralizzata la maggioranza della Cdu al Bundesrat, la Camera delle regioni, e il cancelliere non sarebbe più costretto a compromessi sui suoi atti di governo più importanti”. Secondo Il Foglio (12.10.2000), a ciò “si aggiunge l’allettante prospettiva di un più ampio schieramento a suo sostegno nelle elezioni politiche del 2006, quando l’argomento Pds non sarà più tabù”. Scrive Le Monde Diplomatique (dicembre 2000): “Schroeder ha infranto l’estate scorsa un tabù: ha coinvolto la Pds nei negoziati sui progetti di riforma del governo. In cambio, ha ottenuto al Bundesrat (la camera dei Lander) il voto dei rappresentanti Pds, indispensabile per far passare il suo progetto di riforma fiscale…A dire il vero il cancelliere (sostenitore di una collocazione sempre più centrista della Spd, non certo di una svolta programmatica a sinistra- ndr) cerca soprattutto di rafforzare il proprio potere in vista delle prossime elezioni federali e di consolidare una maggioranza potenziale al Bundesrat”, di bilanciare “le minacce dell’estrema destra, …di stabilizzare le alleanze del suo partito nell’ex Ddr, isolando i cristiano-democratici…In Sassonia e in Turingia, due Lander governati dalla Cdu, l’alleanza con la Pds potrebbe portare la Spd al potere regionale”.
5) Secondo Le Monde Diplomatique (dicembre 2000) la portavoce della “Piattaforma comunista”, Sahara Wagenknecht, ha dichiarato che “se vogliamo allearci con la Spd, dovremo sacrificare il nostro profilo politico: sarà impossibile mettersi d’accordo sulla politica sociale. Non parliamo poi delle misure anticapitalistiche”. O della “politica estera”.
6) Secondo Le Monde Diplomatique (dicembre 2000), una serie di rivendicazioni sociali e di orientamenti pacifisti, contrari alla nuova politica di interventismo militare (es. Kosovo), “avvicinano la Pds, l’ala sinistra della Spd e molti sindacalisti. A tal punto che Peter Gloz, uno degli strateghi dell’Spd, ha parlato della nascita di una ‘terza sinistra’, un movimento socialista, ecologista e popolare riunito attorno a Gregor Gysi e a Oskar Lafontaine”, volto ad occupare a sinistra lo spazio lasciato libero da una socialdemocrazia che si sposta sempre più al centro. Una sorta di socialdemocrazia di sinistra con venature eco-pacifiste. Si tratta di un progetto strategico di “nuova sinistra”, o di “sinistra alternativa”, presente anche (con molte varianti) nella sinistra rosso-verde dei paesi nordici, in una parte di Izquierda Unida e di Rifondazione, nell’area del Manifesto, in settori di sinistra sindacale.. e altrove, che ha come corollario la rinuncia alla ricostruzione e/o al rilancio del ruolo autonomo dei partiti comunisti, la cui funzione storica viene considerata ormai “esaurita”.