Lo sciopero generale del 16 aprile è riuscito e gli effetti di questa idimenticabile giornata di lotta credo che non mancheranno di farsi vedere, come pure sarà difficilmente evitabile una discussione sul che fare a sinistra che non parta da questo straordinario movimento del lavoro dipendente che non abbandonerà la scena tanto facilmente.
Intanto occorre sottolineare la straordinaria adesione sia in termini quantitativi, come anche in partecipazione attiva ai presidi, ai picchetti, (fatto inedito) ed ai cortei di lavoratori come quelli dei servizi, gli impiegati delle banche, come delle multinazionali, dei lavoratori precari nelle molteplici forme nate in questi anni, a fianco dei lavoratori dell’industria a dimostrazione che il tentativo insidioso di divisione perseguito dai padroni e dal governo non è passato, ma al contrario la più tradizionale forma di lotta sociale e politica si rivela, ancor oggi la più efficace modalità di unificazione dei salariati, uniti nell’ aspirazione ad un futuro che cancelli dal nostro vocabolario parole come precarietà o flessibilità .
La straordinaria riuscita dello sciopero, rappresenta una prima parte del raccolto di una semina iniziata con la lotta dei metalmeccanici della FIOM dopo la ferita dell’accordo separato siglato da FIM e UILM sul contratto nazionale, allorchè dopo anni di contrattazione chiusa nei recinti asfittici della concertazione in cui i lavoratori hanno subìto arretramenti sia sui diritti, che nelle retribuzioni, si è avviata una ricostruzione di un rapporto partecipato che ha fatto emergere disagi che prima erano compressi e che ha spinto tutta la CGIL a confrontarsi su temi che andavano ben oltre la contingenza della vertenza in atto quali appunto quello della precarietà, del rapporto democratico con i lavoratori, e quindi della titolarità di quest’ultimi a decidere sulle piattaforme.
È li infatti che si cominciano a vedere dopo anni di discussioni “accademiche” i lavoratori dei call center, precari che scoprono l’utilità di una pratica di rivendicazione collettiva e incontrano il sindacato prendendo coscienza delle loro condizioni nel mezzo di una lotta che all’origine aveva come controversia poche lire non riconosciute dai padroni. E il sindacato incontra loro e comincia a coglierne le esigenze di rappresentanza e a costruire un rapporto fecondo che sfocia nel congresso della FIOM nella proposta di estensione dei diritti a chi non ne ha.
Ora per il sindacato confederale, per la CGIL, per la sinistra e per i comunisti la questione dei diritti diventa centrale dopo anni di ubriacatura liberista, ed è l’elemento essenziale per la ricostruzione di un blocco sociale per l’alternativa alle destre che abbia al centro i veri bisogni dei lavoratori e delle classi popolari più in generale.
Occorre quindi spingere per continuare il conflitto dopo lo sciopero e cercare di mettere in crisi il governo là dove trae maggior linfa cioè nelle imprese, alzando lì il livello dello scontro e aprendo una stagione nuova di vertenze che chiuda con il capitolo negativo della concertazione, sapendo che ciò non è ora l’obiettivo della maggioranza del sindacato dove, prevale tuttora (CISL e UIL ma non solo)l’idea di un nostalgico, ancorchè perdente ritorno alla fase precedente lo scontro, che qualora dovesse affermarsi mortificherebbe un movimento che esprime potenzialità che non dobbiamo permettere che si disperdano.
Non sarà comunque uno scontro di breve durata; la posta in palio è alta e una vittoria sull’articolo 18 non può che elevare la fiducia dei soggetti che si oppongono alla restaurazione reazionaria che il governo persegue e saldare sempre più le molteplici figure del mondo del lavoro protagoniste di questa battaglia e che rappresentano l’antidoto democratico che esprime in embrione un idea di società alternativa al blocco delle destre.
Per Rifondazione è necessario investire in termini politici in questa lotta, per crescere in insediamento sia nei luoghi di lavoro che dentro la CGIL poiché dentro questa battaglia e rispetto al suo esito dipenderanno molto le condizioni dei rapporti a sinistra, ed il ruolo che potrà avere una forza comunista nel futuro prossimo in questo paese. Si può in sostanza fuori da logiche politiciste, far avanzare le nostre proposte in un rapporto dialettico con le altre forze della sinistra politica e sociale, nel mezzo dello scontro che è in atto e che modestamente abbiamo contribuito ad aprire.
Noto con grande interesse e soddisfazione come stia sempre più diventando centrale il tema dello scontro tra lavoratori e governo, anche negli incontri e manifestazioni promossi da quei settori di intellettualità democratica, che negli anni passati aveva rimosso le contraddizioni di classe ritenendole obsolete, se non addirittura superate dalla storia. Questo dimostra che viene colta come elemento fondamentale, anche se non in termini compiuti, la lotta per i diritti democratici dei lavoratori quale pre-condizione per una battaglia più generale a favore della legalità, contro ogni arbitrio, per la libertà di informazione ecc..
Qualcuno ha detto che questo governo teme due cose soprattutto: la prima sono i giudici di Milano, e la seconda sono gli scioperi generali. La magistratura dopo 12 anni, il 6 giugno sciopera; noi dobbiamo lavorare perché da qui ad allora ci sia la data per un’altra giornata di lotta del mondo del lavoro, prima che demoliscano la democrazia .