Sviluppi del sistema imperialistico internazionale. Esigenza di un fronte unito di lotta contro la ristrutturazione capitalistica, la “nuova dottrina della Nato” e le organizzazioni imperialiste.
1- Nel periodo che è trascorso dal 15° Congresso, l’aggressività imperialista si è sviluppata in ampiezza e in profondità: nell’economia , nel campo del lavoro, nel sistema politico e nella politica sociale, nella cultura e nell’ideologia dominante. Nuove e più crudeli modalità di sfruttamento si sono create per i lavoratori, attraverso nuove forme di assunzione, privatizzazione diffusa e commercializzazione dell’assistenza sociale, della sanità, dell’istruzione, dello sport e della cultura.
La rapida crescita delle nuove tecnologie e del settore dell’informatica hanno determinato nuove possibilità per ulteriori politiche neoliberali, ancora più estese, creando un aggressivo blocco di potere di partiti neoliberali e socialdemocratici che sono apparsi come un polo di attrazione per le coalizioni di governi di centro destra e di centro sinistra, in qualche caso cooperando con forze che nascevano dalla trasformazione dei partiti comunisti o da gruppi staccatisi da questi dopo la vittoria della controrivoluzione.
La separazione tra stati oppressori e nazioni oppresse si ripresenta sulla scena e si acutizza. Rapporti di dominio e di vera e propria sottomissione sono diventati più acuti e più oppressivi. Nel sistema capitalistico non ci può essere uguaglianza tra stati membri. Ogni affermazione contraria è sembrata solo un’illusione o addirittura una beffa. Più si cerca , da un lato, di mettere in evidenza la socializzazione della produzione e, dall’altro lato la concentrazione dei mezzi di produzione e della ricchezza sociale, più grandemente diseguale si rivela lo sviluppo nella struttura dell’integrazione capitalistica.
Oggi la ristrutturazione capitalistica, in una forma o in un’altra, si estende in tutto il mondo, indipendentemente dal grado di sviluppo della singola area o nazione. Rapporti capitalistici si sono sviluppati considerevolmente anche nei vecchi paesi socialisti. Conquiste sociali sono state vanificate o sono in procinto di essere eliminate .Forti pressioni per la ristrutturazione capitalistica sono state esercitate in America Latina, in Asia, in diversi paesi dell’Africa e nelle vecchie colonie. Il ruolo dei monopoli internazionali si è accresciuto a scapito di quelli statali o nazionali, che nonostante ciò, si sono ritagliati un ruolo e una funzione di supplemento.
Infatti, senza il ruolo di struttura che si è assunta l’Unione Europea (EU), tutte le procedure per una piena deregolamentazione del mercato e per la concorrenza anche dura tra le varie compagnie monopolistiche non sarebbe mai potuta partire. Acquisizioni, fusioni e ristrutturazioni su larga scala sono in atto nel campo delle telecomunicazioni, dell’energia, nell’industria petrolifera e dei trasporti, nel settore finanziario e degli investimenti. L’obbiettivo è quello di rafforzare la posizione dei monopoli europei in vista soprattutto della competizione con gli Stati Uniti, ma anche con il Giappone. Il risultato è stata una maggiore penetrazione dell’EU nei Balcani, nel Centro e nell’Est dell’Europa, fino alla regione del Mar Nero.
2- Alla Legge Internazionale , che si era affermata nel secondo dopoguerra – per la pressione e la forza dei sistemi socialisti, del movimento internazionale dei lavoratori e delle lotte antimperialiste- è stata sostituita e imposta una nuova Legge il cui fondamento è la cosiddetta “nuova dottrina della Nato” , che pretende piena legittimazione per interventi imperialisti di guerra e raid contro paesi indipendenti, vuole la ridefinizione dei confini tra stati e la creazione di veri e propri protettorati, in base a pretestuose ragioni create da quella stessa dottrina. La guerra contro il cosiddetto “terrorismo” ha di fatto rimpiazzato la politica controrivoluzionaria degli anni 70, basata sulla cosiddetta difesa dei diritti umani contro i paesi socialisti.
La Nato si qualifica ormai come un’organizzazione terroristica globale. Essa ha soggiogato e prevaricato la funzione dell’ONU, che era già sotto la sua influenza. Ma si è anche impadronita dell’OSCE che, per parte sua, agisce ormai come una struttura dell’imperialismo il quale, per la prima volta, ha fatto in modo di spingere l’ONU ad una guerra criminale contro la Federazione Jugoslava.
“Il Patto di Stabilità per l’Europa del Sudest” ha di fatto obbligato i Paesi Balcanici ad intervenire negli affari interni dei loro vicini nel ridisegnare i confini. La nuova dottrina della Nato e il Patto di Stabilità stanno diventando il fattore principale per una accelerazione della ristrutturazione capitalistica e per il riallinamento del quadro politico, fatto in maniera tale da potervi adattare le moderne forme di pressione e aggressione dell’imperialismo. Il ruolo e l’influenza della Nato si sta allargando e la sua azione si estende ormai al Nord Africa e al Medio Oriente.
Le organizzazioni regionali ed internazionali sono state adattate al ruolo della Nato. Ed è aumentato il ruolo della Nato stessa sugli eserciti internazionali. Forze di intervento rapido per garantire il controllo e la sicurezza della Nato sono diventati ufficialmente accessori alla strategia di questa. Allo stesso tempo, è stato aumentato il numero dei militari di professione, così da creare forze autosufficienti, direttamente agli ordini delle forze imperialiste e, ancora, della Nato.
La nuova dottrina militare degli USA, basata sullo “scudo nazionale antimissile” mette in grave pericolo la pace internazionale. Il suo sviluppo susciterà una vera e propria impennata dei conflitti interimperialistici. Porterà alla cancellazione degli accordi sulla limitazione degli armamenti nucleari, ad una crescita complessiva dell’industria delle armi, ad una escalation mondiale degli armamenti militari, ad una militarizzazione generale sotto il segno della Nato. Più di 17.674 bombe atomiche sono stoccate, a tutt’oggi, nell’intero pianeta. La loro forza distruttiva è pari a mezzo milione di bombe uguali a quelle sganciate su Hiroshima e Nagasaki.
Il dibattito sulle armi nucleari, che intorno agli anni ’90 sembrava passato in secondo piano, si ripresenta oggi nell’agenda dei problemi: a partire dalla guerra contro la Federazione
Jugoslava dove sono state usate bombe all’uranio impoverito nella regione del Kosovo e altre sostanze pericolose contro la Serbia.
Privatizzazione e fusioni di larga scala sono state promosse nell’ambito dell’industria bellica. E quello che si sta creando è un potente complesso industriale –militare con una presenza internazionale che tocca oggi le due Americhe, l’Europa, e l’Asia.
L’UE, che ha perso il suo ruolo di “cane da guardia” degli interessi plutocratici in Europa, si sta trasformando in un “cane da guardia” nella competizione con gli Statu Uniti per stabilire il ruolo di guida dei nuovi assetti. Secondo le stesse fonti del CFDP e del CESDP, sono già in atto i meccanismi che dovrebbero contribuire a creare questo ruolo: un esercito europeo (50/60.000 uomini solo nella prima fase) per far fronte ad ogni tipo di crisi attraverso una risposta di tipo militare, una forza mobile europea di repressione (1.000/ 5.000 uomini), una “Polizia Europea, l’intero sistema carcerario, il Trattato di Shengen.
Tutto ciò costituisce evidentemente una grave minaccia ai diritti democratici non solo dei cittadini europei ma anche degli immigrati.
E’ lo stesso sistema di informazioni e sorveglianza elettronica che è stato rafforzato.
Ma questa militarizzazione dell’EU non sostituisce comunque gli accordi con la Nato. E comunque essa nasconde il pericolo insito negli inevitabili conflitti tra i paesi membri dell’Unione, che probabilmente aumenteranno per le diverse mire imperialistiche di Germania, Francia, Inghilterra.
Il fatto che tali scelte di politica imperialistica siano passate senza una prevedibile reazione dell’opinione pubblica, insieme all’internazionalizzazione delle lotte di classe o della solidarietà, è dovuto al declino generale delle forze che potevano bilanciare questa tendenza e la vittoria della controrivoluzione in Europa: il movimento dei lavoratori, il movimento antimperialista che comunque ancora esistono e hanno un loro peso.
In conclusione, le masse devono vigilare, non devono cedere in nessun modo perché il pericolo di uno scontro generalizzato di portata globale continua ad esistere e , per certi aspetti, si è fatto ancora più intenso.
Si stanno creando le condizioni per una brusca accelerazione di tutte le contraddizioni del sistema capitalistico, e per un aggravamento dei fenomeni di corruzione e stagnazione nel campo economico
3- Se da una parte la socializzazione della produzione è più marcata, dall’altro lato i mezzi di produzione e la ricchezza si stanno concentrando nelle mani di pochi. Il profitto dei monopoli aumenta di pari passo con lo sfruttamento dei lavoratori.
4- Le forze della produzione stanno degradando e distruggendo le risorse umane in particolare. Disoccupazione , fame, povertà e indigenza crescono a passi da gigante. Criminalità e dipendenza dalla droga dilagano. Milioni di persone sul pianeta sono alla mercé di disastri naturali e privati dei più elementari mezzi di difesa e protezione.
5- La contraddizione tra le potenzialità di un miglioramento delle condizioni di vita create dal progresso scientifico e tecnologico, dalle scoperte nel campo della genetica, e lo sfruttamento di tipo capitalistico che ne viene fatto è sempre più evidente. Allo stesso modo, appare chiaro che il capitalismo stesso dà oggi un particolare impulso solo a quei settori della scienza che possano creare un ritorno in termini di guadagni finanziari e di vantaggi politici. Il capitalismo, in altri termini, è indifferente, o volutamente ignora, quei campi della scienza le cui applicazioni possono migliorare le condizioni materiali e culturali della popolazione. Le grandi fasce di povertà e malattia, l’ineguale e iniqua distribuzione delle risorse tecnologiche a livello di stati, nello scenario mondiale ma anche regionale, sono altrettanti indicatori della natura di classe di uno sviluppo e di un sistema che nasce già vecchio e che porta in sé i segnali della corruzione e della stagnazione.
6- Nonostante gli sforzi e tutti i mezzi impiegati dalle forze capitalistiche per contrastare in profondità e in estensione i sintomi della crisi e per correggere i parametri fuori controllo della produzione, non sembra possibile trovare una soluzione per questa stessa crisi e per i suoi effetti. E questo ha reso il capitalismo più “barbarico” e aggressivo. I dati oggettivi parlano ormai di una crisi generalizzata, di livello mondiale che colpirà prima o poi tutti gli stati.
Le contraddizioni interimperialiste nel sudest Europa, in Eurasia e nel Medio Oriente. La polveriera balcanica.
4-I conflitti interimperialistici stanno andando verso una nuova fase di acutizzazione per il mantenimento o la conquista di posizioni di dominio globale. Ma, nonostante siano in competizione tra loro, le forze imperialiste sono unite negli interventi in Eurasia, nell’est e nel sud dell’Europa, in Medio Oriente, in Nord Africa, ridotti a “oggetti” di trattative tra la più grande potenza imperialista, gli USA, e il Regno Unito, la Francia, la Germania, l’Italia.
Gli accordi monopolistici e internazionali riflettono la particolare correlazione che c’è tra i grandi centri di potere (USA, EU,GIAPPONE), e gli altri stati di forte sviluppo capitalistico, ma anche con nazioni dipendenti e di basso sviluppo. Infatti tra i più significativi e aspri problemi c’è quello del debito che affligge più di cento paesi. E questo rientra nello sforzo di spostare verso la “periferia” le manifestazioni più acute della crisi mondiale.
Altri problemi sono costituiti dalla gestione delle risorse idriche, dalla distruzione dell’ambiente che recentemente ha portato a pericolosi cambiamenti di clima, dalle ondate migratorie, dal commercio schiavistico di esseri umani, dallo sfruttamento capitalistico delle scoperte in biomedicina, genetica, dall’uso di prodotti geneticamente modificati.
Alcuni dei vecchi paesi socialisti nell’area balcanica sono oggi caratterizzati da grande instabilità politica, da un tasso di sviluppo negativo, da una stagnazione o comunque dal declino della produzione industriale, dal deficit della bilancia commerciale, dalla riduzione drastica della forza lavoro e quindi da un brusco abbassamento dello standard di vita delle persone.
Nell’area balcanica, la principale ambizione dell’imperialismo è quella di creare dei veri e propri protettorati, in vista dello smembramento della Repubblica Federale di Jugoslavia e per l’eliminazione di ogni barriera per futuri investimenti, secondo uno schema neocoloniale.
La situazione lungo i confini con la Grecia è particolarmente allarmante, per la recrudescenza dell’irredentismo in Albania e le tendenze destabilizzatrici della Repubblica Jugoslava di Macedonia. (FYROM). La penisola balcanica è ancora una polveriera. E il pericolo è accentuato dal fatto che il governo greco è un convinto partner e facilita gli affari del grande capitale nella regione.
Caratteristica peculiare dell’EU è oggi quella di essere divisa in paesi che, in un ottica comunque imperialista, premono o meno sulla discussione circa il futuro dell’Unione verso una federazione di stati o per un forte governo centrale. Tematiche che si stanno fortemente sviluppando in Germania, Francia e Inghilterra.
In realtà entrambe le opzioni tacciono il fatto che l’Europa sarà comunque guidata dalle leadership capitalistiche più forti. La cosiddetta “cooperazione avanzata” stessa si sta muovendo secondo la logica e le esigenze delle forze imperialiste dominanti.
Queste , guidate dagli USA, insieme alle strutture dell’Unione Europea, progettano e creano alleanze con i vecchi paesi socialisti, nell’ottica di una accerchiamento della Russia e di ogni altro paese che aspiri ad una posizione autonoma. Queste stesse forze vogliono insomma introdurre il capitalismo in Russia, ma non vogliono che essa assuma un ruolo rilevante nel sistema capitalistico stesso.
Nel meccanismo della pianificazione imperialista e in questa competizione globale, gioca anche un ruolo la questione di Cipro e le procedure di ingresso della Turchia nell’EU.
Con un occhio al mercato turco e alla sua posizione strategica e al suo possibile ruolo nell’area, le forze imperialiste sono pronte a soprassedere e a dimenticare tutte quelle questioni che ipocritamente costituivano fino a poco tempo fa un “ostacolo” per l’ingresso della Turchia in Europa. E la procedura di ingresso di Cipro appare legata ad una soluzione federativa, che costituisce dunque una forma contraria alle risoluzioni dell’UE. Le potenze imperialiste sfruttano comunque schemi e politiche economiche, mentre si cerca di minimizzare o dare per risolti gli antagonismi tra i governi turco e greco. Lo scopo ultimo è in ogni caso quello di sfruttare i due paesi per un’ulteriore infiltrazione ed espansionismo nella regione del mar Nero. L’accordo firmato a Madrid prima (senza la partecipazione della Nato) e l’altro di Helsinky, mette già in discussione la sovranità dei greci sull’Egeo, e risponde al piano di americanizzare e “natizzare” quell’area.
Ora, nonostante che l’acutezza del conflitto tra le forze imperialiste e paesi “dipendenti” non si manifesti nella stessa maniera ovunque, ciononostante essa deve indurre a creare quelle alleanze regionali o locali che possano contribuire alla lotta contro l’imperialismo. I conflitti si stanno internazionalizzando e vanno toccano paesi che hanno un oggettivo interesse a rompere con quelle organizzazioni imperialiste che non vogliono imporre se non i loro diktat.
I lavoratori dei paesi imperialisti devono rispondere formando un fronte comune con i lavoratori dei paesi e delle aree “dipendenti”. Quando c’è un comune avversario, la strategia contro di esso deve essere unitaria. Una particolare responsabilità, in questo senso, ricade sul movimento dei lavoratori dei paesi più avanzati, soprattutto perché non si ricrei il mito a-classista della divisione nord-sud , ricchi-poveri.
Le contraddizioni inerenti al moderno sistema capitalistico diventano più visibili
La difficoltà di produrre risorse sociali, che è diventata evidente nella crisi di sovrapproduzione nei primi anni 90, si accompagna ovviamente al calo del tasso medio di profitto. La fase di ripresa e di recupero nel ciclo della crisi non si è accompagnato ad alcun miglioramento dello standard di vita o ad alcuna crescita nel numero dei posti di lavoro per la maggioranza dei lavoratori e comunque per gli strati medi o poveri.
Né in questa fase c’è stata una significativa riduzione della disoccupazione, soprattutto di quella di lungo periodo.
A complicare il quadro, contraddittorie sono le previsioni circa l’Euro come divisa autonoma. Tutti i vantaggi per i monopoli capitalistici europei sviluppatisi nel processo di integrazione e nell’unione monetaria sono stati accompagnati da molti conflitti in relazione allo sviluppo “disuguale”. Ed esse si sono manifestate nella discussione sull’assetto dell’EU in forma federale, sul suo eventuale allargamento, e sul ruolo della Banca Centrale rispetto al sistema monetario internazionale. Per la prima volta, nell’ambito dei “ circoli” comunitari ufficiali, sono state sollevate domande e dubbi circa l’opportunità e la necessità dell’allargamento e sul pericolo di un ‘Europa Unita divisa in tre parti.
Negli USA, il paese che sta registrando una crescita economica per il decimo anno consecutivo, cresce la disoccupazione. Ma attraverso l’uso di false statistiche che enfatizzano l’aumento del lavoro part-time, si cerca di far passare il messaggio che essa sia stata sconfitta. Allo stesso tempo, comunque, paghe e salari diminuiscono, aumenta la criminalità, si riempiono le prigioni e parti significative della popolazione vengono ghettizzate.
I governi borghesi (classicamente conservatori o socialdemocratici) hanno da tempo abbandonato la gestione diretta e la partecipazione nel settori dell’industria, dei trasporti, delle telecomunicazioni, del settore finanziario e turistico, e con essi i benefici ad essi connessi.
La ristrutturazione capitalistica e neoliberista ha creato una larga rete di “integrazione” e riproduzione economica principalmente negli strati medi della popolazione, ma anche tra i lavoratori salariati dei centri urbani. Queste categorie sociali sono “usate” per creare un clima di consenso sociale. Ma, almeno in un immediato futuro, sarà difficile che si possa creare un’alleanza sociale stabile che la propaganda borghese , usando il concetto di globalizzazione, possa proporre cercando di nascondere la natura di classe e facendo credere che c’è solo una via all’internazionalizzazione, e questa è quella capitalistica.
Si cerca insomma di far apparire lo stato come una “squadra”, neutrale da un punto di vista di classe, la cui “missione” sarebbe quella di facilitare una cooperazione internazionale. Ma questo è solo un tentativo di coprire gli effetti dello sviluppo diseguale capitalistico, i suoi conflitti, le relazioni di dominio e sottomissione che sono la caratteristica della “piramide” imperialista e insieme il suo limite storico. Di pari passo si cerca di abbassare la coscienza delle persone, la loro conoscenza storica, perché non nasca un chiaro orientamento antimperialista.
Le teorie della globalizzazione hanno aperto il fuoco contro tutto ciò che si muove contro la politica imperialista. E dunque contro i movimenti che sono per il rispetto dei confini e dei diritti sovrani degli stati e della loro indipendenza. Queste teorie sono in maniera netta contrarie all’internazionalismo proletario e alla solidarietà internazionale.
La necessità di organizzare un movimento antimperialista internazionale, con il sostegno dei movimenti popolari nazionali, è all’ordine del giorno. Esso sarà un movimento capace di trarre vantaggio dalle contraddizioni e dai conflitti internazionali, denunciando l’inconsistenza di certi legami, sviluppando e coordinando lotte più ampie, rinforzando così allo stesso tempo le azioni di lotta sul piano nazionale..
I paesi che stanno tentando di costruire il socialismo
L’aggressività imperialistica e la ristrutturazione capitalistica esercitano una notevole influenza e creano grandi difficoltà a questi paesi. A partire dagli anni ’80 e ancor più rapidamente negli anni ’90, la Repubblica Popolare Cinese ha portato avanti una politica di apertura all’economia di mercato. Ha stabilito legami con il Fondo Monetario Internazionale e con la Banca Mondiale (1980). Ha creato una zona economica di “libero mercato” con strutture di tipo capitalistico nell’intento di attrarre capitali stranieri ad alta tecnologia. Contemporaneamente ha intavolato negoziati con i membri del World Trade Organisation (WTO). Una scelta facilitata anche dagli accordi siglati nel 1999 e 2000, rispettivamente con Stati Uniti e Unione Europea.
La Cina ha recentemente ripreso possesso di Hong Kong e Macao e in queste zone applica la politica riassunta nello slogan “un paese, due sistemi economici”. Ma sono le stesse relazioni con Taiwan che sono improntate all’obiettivo di riunire l’isola al territorio nazionale.
Il Partito Comunista Cinese sostiene di non aver abbandonato il controllo sull’economia nazionale e sulla società. La sua previsione, basata sugli obiettivi stabiliti dal suo recente congresso, prevede che attraverso la redistribuzione della ricchezza accumulata nelle zone di “libero scambio”, avrà ridotto entro il 2050 il numero di poveri almeno del 50%. Il tasso di sviluppo realizzato nell’ultimo periodo dall’economia cinese (una crescita media del 7%) ha acutizzato la competizione con i centri dell’imperialismo, segnatamente con gli USA e con il Giappone.
E’ indubbio che la politica della dirigenza cinese genera complessi problemi, sia interni (disparità sociali, disoccupazione, ripercussioni sulla vita dei contadini che costituiscono il 66,6% della popolazione) che si riverberano sul sistema politico, sia nelle sue relazioni esterne dove è altissima la competizione, non solo con gli USA ma anche come gli altri paesi imperialisti. Lo scopo evidente di questi ultimi è quello di boicottare il processo in corso, le prospettive socialiste cinesi, di limitare comunque la capacità della Cina di giocare un ruolo nel movimento internazionale antimperialista. Ciò induce la Cina a stringere nuove alleanze per fronteggiare questa vera e propria minaccia. Sotto questo profilo, gli accordi e le relazioni con la Federazione Russa assumono un particolare significato. I “Cinque di Shangai “ è il termine con cui vengono indicati gli stretti rapporti di collaborazione tra Russia, Cina, Kazakistan, Kirgystan e Tajikistan. L’obiettivo è quello di estendere l’accordo ad altri paesi come l’India, l’Uzbekistan , così da costituire una forza di bilanciamento alla dominazione globale degli USA.
Il popolo cubano, guidato dal Partito Comunista e dal governo ha sostenuto in questi anni grandi battaglie per affrontare l’embargo, una dura campagna antisocialista e un vero e proprio sabotaggio. A Cuba sono state stabilite varie forme di cooperazione economica con capitali stranieri che però non hanno toccato il settore commerciale e agricolo. Iniziative contro la globalizzazione sono state comunque incentivate.
Il Partito Comunista del Vietnam e il governo di quel paese continuano i loro sforzi per elevare il livello di vita della popolazione. I settori strategici dell’economia sono rimasti pubblici, ma va segnalata la penetrazione di alcune corporation multinazionali viste come integrazione dell’economia, forme che hanno portato tuttavia , ad esempio, a privatizzazioni e alla nascita di una Borsa. Anche qui sono state incrementate iniziative per la pace e la sicurezza pubblica.
La Repubblica Popolare di Corea ha fatto grandi sforzi per uscire dall’isolamento decretato da molti paesi e per combattere la campagna di calunnie innescata dagli USA. Contando solo sulle sue risorse, ha affrontato la più disastrosa catastrofe naturale della sua storia. E’ anche riuscita ad ottenere riconoscimenti diplomatici non solo da paesi di recente costituzione ma anche da paesi capitalistici sviluppati. La Corea è diventata così una spina nel fianco rispetto alla nuova dottrina Nato. Nel lungo termine, le lotte del popolo coreano unite a quelle dei movimenti progressisti internazionali, rimettono in agenda la questione della normalizzazione tra le due Coree. E’ un processo che, se contestuale al ritiro delle truppe e delle armi nucleari statunitensi, può contribuire alla sicurezza dell’intera area.
L’attuale movimento rivoluzionario e l’imperialismo
7- In anni recenti sono iniziati a sorgere molti dubbi sulle attività delle organizzazioni imperialiste ed un processo di demistificazione riguardo la dottrina della globalizzazione. Si è registrato un aumento del livello di resistenza e di lotta alla guerra imperialista, all’offensiva generalizzata contro i diritti delle popolazioni e a quelle scelte che hanno portato solo povertà diffusa, disoccupazione, oppressione sia a livello di classe che di nazioni. In alcuni paesi dell’Europa occidentale quali Francia, Spagna, Italia, Norvegia e Grecia il fronte dell’opposizione si è fatto più ampio. E questo è tanto più vero, nei riguardi in particolare del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, per paesi quali la Malesia, l’Argentina, la Colombia e specialmente il Libano e la Palestina.
In alcuni ex paesi socialisti la lotta di classe si è acutizzata insieme all’acutizzarsi delle lotte per il lavoro. E a riprova di ciò va segnalato il fatto che sono state emanate nuove leggi anticomuniste in Bulgaria, nella Repubblica Ceca, in Romania e nelle Repubbliche Baltiche. E’ sulla base di sondaggi ufficiali che si registra inoltre un netto cambiamento di opinione in senso sfavorevole circa la Nato e l’EU. Sta crescendo l’opposizione all’ingresso di questi paesi nella Comunità Europea che va di pari passo con la critica ai grandi monopoli. Ma c’è anche ormai una vera e propria ostilità al ritorno del capitalismo, anche se questo non ha creato finora un movimento organizzato con precisi programmi e rivendicazioni.
8- Uno dei fatti più importanti è stata la comparsa di una forte mobilitazione e di una forte reazione popolare contro la guerra in Jugoslavia. Un movimento di opposizione nei confronti della Nato e della sua dottrina che non è stato tuttavia attivo in tutti i paesi coinvolti nel conflitto. La lotta contro il nuovo ordine internazionale, mentre ha assunto una connotazione marcatamente antiamericana, non sembra però comprendere il ruolo negativo che sta giocando l’Europa nella ridefinizione dei confini e sul tema della pace.
Azioni di lotta contro importanti multinazionali sono state intraprese (sciopero alla Renault, alla Michelen , alla Candy, alla Coca Cola, nel settore metallurgico e in imprese greche dislocate in Bulgaria) e analoghe iniziative ci sono state anche in Messico e in altri paesi latinoamericani, con un particolare accento sui temi del lavoro e della prostituzione minorile. Nella Corea del Sud intanto le lotte hanno assunto un aspetto più propriamente politico. Forme di lotta si registrano negli stessi StatiUniti mentre è un dato generale l’aumento della popolazione che si organizza a livello sindacale.
Le mobilitazioni contro l’Accordo Multilaterale e contro il WTO hanno avuto carattere internazionale anche se sono state condotte da forze molto eterogenee. L’eterogeneità è in effetti diventata una caratteristica dei movimenti di questi ultimi anni e questo appanna la portata della critica all’imperialismo e ai grandi monopoli.
Insomma, anche se queste forze sono cresciute molto, ancora scontano la loro frammentarietà e un certo opportunismo; hanno scarsi legami tra loro e mancano di quella continuità e di quella stabilità che sono le condizioni minime per la creazione di un robusto movimento antimperialista che unisca tutte le forze rivoluzionarie e radicali.
L’imperialismo dal canto suo ha cercato in tutti i modi di sradicare, ridurre o assorbire queste nuove realtà di lotta. Nei fatti le organizzazioni antimperialiste a antimonopolistiche hanno una strategia assai debole, divise come sono tra opportunismo e riformismo, tanto che non sono ancora riuscite a internazionalizzare i loro sforzi e le iniziative anche a livello locale, anche per una scarsa capacità di comunicazione e per la mancanza di risorse finanziarie.
Sono problemi che appaiono particolarmente gravi se si fa un confronto con il dinamismo del movimento sindacale degli anni passati.
9- Il trend emergente mostra comunque la possibilità di portare avanti la lotta di classe antimperialista. Il primo compito è quello di rafforzare le alleanze internazionali dei lavoratori su posizioni di classe, di rafforzare le avanguardie del movimento per più rapide ed efficaci risposte ai problemi sul tappeto. E’ importante insomma rafforzare le componenti più radicali nei movimenti operai e dotarle di una maggiore organizzazione, affinché siano anche di aiuto e di stimolo ad un risveglio della coscienza rivoluzionaria nelle masse e nei movimenti nazionali.
Il movimento comunista internazionale
10- Il movimento internazionale dei lavoratori comunisti, nonostante i progressi che si sono avuti in molti paesi, rimane organizzativamente e ideologicamente frammentato Le battaglie ideologiche tra riformisti, opportunisti e forze rivoluzionarie sono state particolarmente aspre. Il punto focale della questione è ancora l’attualità del marxismo-leninismo, oltre alla strategia dei comunisti e dei lavoratori durante la fase di transizione dal capitalismo al socialismo, in una fase in cui si registra una temporanea vittoria della controrivoluzione ed un nuovo equilibrio a livello mondiale. E’ una battaglia tra opposizione resistente e adattazione-integrazione. Questo concerne anche l’analisi dell’attuale crisi capitalistica, la lotta antimperialista e il ruolo storico della classe operaia, insieme alla valutazione delle profonde ragioni che hanno portato alla vittoria delle forze anticomuniste alla fine degli anni ’80. Il problema sembra essere più acuto nei paesi di più forte sviluppo capitalistico. La sconfitta continua a pesare molto sui comunisti e i lavoratori degli ex paesi socialisti che sono stati il bersaglio più ambito della “controrivoluzione”
In queste condizioni si sente la necessità di una controffensiva ideologica da parte dei partiti comunisti che credono nella necessità di superare il capitalismo, credono nel ruolo del movimento antimperialista e in un processo rivoluzionario. Così, è necessario dare il massimo sostegno alle lotte internazionali per creare un forte polo alternativo che potrebbe essere un contrappeso al potere capitalistico e creare prospettive per battaglie anche a livello nazionale.
Un più serrato dialogo deve essere avviato con tutti i movimenti comunisti discutendo tutti i punti di vista differenti in vista di un’azione unificatrice a livello internazionale. E’ grande la responsabilità di ogni partito verso i lavoratori del proprio paese ed è un dovere farsi carico dei loro problemi e delle loro necessità. L’internazionalizzazione dei problemi aumenta ulteriormente questa responsabilità.
Vi sono molte teorie contrapposte, a partire dall’eurocomunismo fino alla via socialdemocratica , che hanno circolato tra il 1970 e il 1980. Esse hanno dimostrato il loro fallimento e il pericolo e i danni che hanno creato per l’intero movimento comunista, con gli accordi stipulati con i governi borghesi e in situazioni come quella della guerra in Jugoslavia.