Dai Congressi dello SPI di Milano e provincia

* delegato al Congresso Provinciale dello SPI CGIL di Milano
** Coordinamento nazionale de l’Ernesto e Rete 28 Aprile

Vorremmo intervenire nel dibattito aperto da l’Ernesto per riferire notizie e impressioni genuine e di prima mano del nostro primo congresso da pensionati, ovviamente basate da quanto visto ai Congressi dove abbiamo presentato la mozione 2, rispettivamente in 6 e 26 Congressi.

Superato il primo impatto con la macchina organizzativa – decifrazione del Regolamento Congressuale, caccia ai calendari che abitualmente erano comunicati all’ultimo momento, impossibilità di conoscere i dati relativi alle suddivisioni in Leghe e Subleghe dello SPI – c’è stato quello con i pensionati che hanno partecipato alle assemblee.

Balza subito all’occhio la bassa affluenza al voto – sebbene le urne siano rimaste aperte due giorni consecutivi per un totale di 12 ore, e questo per ogni Congresso di Sublega.

La minima riscontrata, tra quelle seguite, è stata quella del quartiere Gratosoglio di Milano (3,5%), poco più alta quella della Lega più numerosa di Milano: San Siro (5,5%), leggermente superiori quelle del quartiere Niguarda (7,5%) e di Sesto S. Giovanni (10,6%).
E non se ne attribuisca la causa esclusivamente a difficoltà legate all’età, visto che al Dopolavoro di Voghera non si è svolto il Congresso per mancanza di partecipanti anche se nelle due sale adiacenti un centinaio di pensionati giocavano a carte – disinvoltamente poi il presidente ha tenuto aperte le urne nei due giorni successivi.

Ben più bassa la partecipazione alla presentazione delle due mozioni e al dibattito nel corso del quale si toccava con mano la scarsissima conoscenza non solo degli argomenti oggetto del contendere ma della situazione sindacale generale. Un problema, peraltro, poco sentito dato che sia i pensionati che i presentatori della mozione 1 limitavano l’orizzonte della discussione a questioni strettamente corporative – se non a generiche quanto sacrosante lamentazioni – senza toccare questioni generali.

Insomma, per dirla con franchezza, la quasi totalità dei presenti appariva sostanzialmente passiva e disposta a seguire senza tanti interrogativi la visione proposta dai dirigenti della maggioranza. Né sembravano essere scalfiti quando si è sollevato l’argomento delle minori entrate per la previdenza dovute alla crisi e alle difficoltà che si intravedono per figli e nipoti.

E quanto detto non sembra politicamente irrilevante.

Gli interventi apparsi in questa tribuna sindacale de l’Ernesto – peraltro – confermano la percezione risultante dai Congressi seguiti: dobbiamo confessare che non c’è stato un presentatore della mozione 1 che abbia sfoderato un argomento che ci abbia sorpreso.
Non un confronto argomentato sulle differenti posizioni ma la condanna aprioristica delle posizioni, immancabili valutazioni sulle persone e sulle posizioni passate, processo alle intenzioni e via via fino all’accusa di “disonestà intellettuale” o l’utilizzo della contrapposizione “amico-nemico”.
E lo diciamo a ragion veduta perché ad un capo lega, mentre spiegava la questione dell’attribuzione della “quota di solidarietà” come interpretata ultimamente, è scappata detta proprio la parola “nemico” riferendosi ai sostenitori della mozione 2; mentre un altro, consegnando la scheda ad un pensionato che non aveva seguito il Congresso, spiegava le modalità di voto e, indicando la lista 1, usava queste parole: “questi siamo noi”.

Ritornando al merito: gli accenni alla gravità della crisi fatti dai presentatori o negli interventi letti in questa tribuna vengono costantemente utilizzati per giustificare, ma senza ulteriori argomentazioni, le posizioni della mozione 1: particolarmente eclatante l’uso che ne fa Luisa Rasero che dice: «Questa fase storica non è paragonabile ad altre che abbiamo vissuto nel recente passato, bisogna risalire al 1929 per trovare una gravità sufficientemente comparabile. E dal ’29 si uscì con la IIa guerra mondiale (tocchiamo ferro…).»
Ora, l’analisi ci trova di massima concordi e siamo pienamente convinti della validità dell’intuizione di Marx che la sovrapproduzione di merci sfocia prima o poi nella guerra. Solo che alla teoria Marx ha fatto seguire una poderosa prassi, a cui dovremmo ispirarci, e non semplici scongiuri.

Altra immancabile accusa quella di mirare a “sopprimere lo SPI” – un’accusa tanto assoluta ed ardua da controbattere quanto sfuggente riguardo alla sua fondatezza.
Di seguito le parole, nella mozione 2, in cui se ne accenna:
“L’esperienza del sindacato generale dei pensionati mantiene tutta la sua validità e va confermato. Tuttavia, i nuovi pensionati e pensionandi tendono a mantenere un rapporto diretto e identitario con le categorie di appartenenza,accentuato anche dal legame dato dalla previdenza integrativa.
A tal fine è necessario costruire tra SPI e le categorie degli attivi, dei nuovi rapporti di integrazione e collaborazione anche sperimentando soluzioni, da definire, che conservino l’identità di provenienza.”
Ma dagli attacchi è parso che creasse allarme non già la “sperimentazione di soluzioni” (da definire!) ma il solo parlarne.

“Mancanza di confederalità!”
Brandendo questa accusa ad effetto si è inteso colpire di volta in volta varie posizioni; replichiamo solo alla meno incomprensibile di tutte – ma pur sempre vaghissima – e cioè che si vogliono accorpare le categorie in tre grandi comparti: industria, servizi pubblici e servizi privati.
Sembrerebbe che accorpare categorie faccia male alla confederalità; che dire allora della recente unificazione dei Chimici e dei Tessili? Non sarà che, come ha ipotizzato Vaia nel suo intervento, si vuole costituire una categoria che per numeri e importanza strategica bilanci la presenza della FIOM nel settore industria?
Fa bene forse alla confederalità che i chimici della CGIL abbiano accettato sostanzialmente ciò che i metalmeccanici della CGIL hanno totalmente respinto?

La mozione 1 auspica l’unità sindacale con CISL e UIL, appellandosi ad una “riflessione” anziché “insistere su questa strada”; una posizione ben più morbida e vaga di quella della mozione 2, espressa dalla frase – pacata nel tono ma ferma nella sostanza:
“La pratica degli accordi separati e la scelta di CISL e UIL di rifiutare il voto delle lavoratrici e dei lavoratori su piattaforme ed accordi hanno messo in crisi l’unità.”
In pratica traspariva chiaramente sia dalle presentazioni che dagli interventi che l’unità sindacale era più desiderata che la coerenza della mozione 2.
Ma a proposito di rapporti con CISL e UIL e di coerenza sono da segnalare gli slalom dialettici nell’esaltare l’importanza dell’unità sindacale nei successi ottenuti, salvo precisare subito dopo che – naturalmente – è sempre la CGIL quella che deve “trainare”.
Una contraddizione ben rappresentata dalle parole ascoltate in un intervento, a favore della 1, in cui si è fatto riferimento ai “cugini di CISL e UIL” ma facendolo seguire immediatamente dall’inciso “se fosse per me li cancellerei”.
E mettersi prima d’accordo con sé stessi?

Cercando documentazione sulle tesi, e sempre in relazione a CISL e UIL, abbiamo scoperto una singolare affinità di lessico.
”Il futuro oltre la crisi” è il titolo di un libro – autori F. Delbono, F. Lazzari, G. Tamburini – uscito l’anno scorso, come pure il titolo di una serie di convegni organizzati dalla CGIL-FILLEA (a gennaio a Milano, a febbraio a Firenze), mentre “Quale futuro oltre la crisi: il giusto sostegno, la giusta formazione” è il titolo di un convegno del 3 luglio scorso organizzato unitariamente a Bertinoro da ALAI-CISL, NIdiL CGIL, UIL-CPO di Forlì e Cesena e, per finire in bellezza, del convegno del 22 luglio a Roma – anch’esso intitolato “IL FUTURO OLTRE LA CRISI” in cui c’è stata una relazione del presidente della Regione Lazio e le conclusioni di Angeletti, Bonanni ed Epifani.
Se – come si dice – “le parole sono importanti”, ci pare che già il titolo stesso della mozione Epifani lasci perplessi sull’effettiva volontà di contrapporsi a CISl e UIL.

Non siamo poi in grado di dire se anche il titolo dell’incontro informativo organizzato il 3 aprile 2009 dalla Regione Lombardia intitolato “PER IL LAVORO OLTRE LA CRISI” sia ispirato da un indirizzo comune.
[http://www.formalavoro.regione.lombardia.it/shared/ccurl/919/321/invito.pdf ]