Cuba, oltre i luoghi comuni

Quando i media nazionali (televisioni e giornali) parlano di Cuba, la maggior parte delle volte ci descrivono il suo governo e la sua società come entità in decadimento, ultimi residui anacronistici di un Novecento che si è concluso con la fine della guerra fredda. La morte di Fidel Castro viene prospettata come un evento atteso non solo dagli Stati Uniti d’America, ma da tutte le anime “nobili” liberal-democratiche, che impartiscono al mondo lezioni di civiltà, considerando Cuba uno dei vari tasselli rovesciati del puzzle planetario, da rimettere dritto non appena il leader maximo – di una delle maggiori rivoluzioni del Secolo scorso – si decida a lasciare il timone del comando per passare a miglior vita. Questi Signori e Padroni delle comunicazioni impongono di raccontare una realtà che non è propriamente corrispondente a quella concretamente vissuta dai cittadini cubani. Anche in questo caso però, troviamo delle piccole eccezioni che, come si usa dire, confermano la regola. Infatti all’interno di un piccolo trafiletto de Il Venerdì di Repubblica della prima settimana dello scorso dicembre leggiamo che “Per non mandare in fumo la Terra dovremmo fare tutti come i cubani” e che secondo il Global Footprink Network (un’associazione che analizza l’impatto ambientale dello sviluppo economico) soltanto Cuba nel mondo assicura un buon livello di vita ai suoi cittadini, garantendone tenori di vita dignitosi in modo sostenibile e senza sprecare risorse (1) .

Tra realtà e propaganda

Purtroppo anche i giornali di riferimento della sinistra nostrana, molte volte preferiscono sparlare dell’esperienza cubana e non affrontare seriamente la questione, anteponendo una impostazione propagandistica (che si accoda alla vulgata liberaldemocratica filostatunitense) ad una scientifica, seria, rigorosa ed a-pregiudiziale analisi della società contemporanea cubana, che consideri sì i limiti e le contraddizioni, ma anche la sua ricchissima storia, i suoi passi in avanti. Soprattutto perché i passi in avanti sono stati fatti in un contesto storico particolarissimo, che ha visto progredire Cuba da una situazione estrema di povertà ed arretratezza socio-culturale (presente nella fase pre-1959, cioè nel periodo pre-rivoluzionario), in una condizione di pressione fortissima da parte degli Stati Uniti d’America, che hanno utilizzato e stanno ancora utilizzando tutti i metodi possibili ed immaginabili (dall’attacco militare frontale al terrorismo organizzato) per cancellare il legittimo governo dello scomodo Paese Caraibico. Anche in questo caso le piccole eccezioni confermano le regole ed ecco che il Manifesto del 18 dicembre scorso ha pubblicato un’interessante intervista a Mariela Castro Espin, figlia di Raul Castro e direttrice del Cenesex, il Centro nazionale cubano di Educazione sessuale. In questa intervista Mariela Castro ha risposto per le rime a Francesco Rutelli, il quale pochi giorni prima aveva paragonato Cuba all’Iran, in merito alle condanne a morte contro i gay. Giustamente, la figlia di Raul Castro non solo ha ricordato al nostro vicepresidente del Consiglio che a Cuba l’omosessualità non viene punita per legge, ma ha anche fatto riferimento ad un’importante proposta di legge che sta per essere discussa nel Parlamento cubano, in cui è prevista l’istituzione dell’ “unione legale” per gli omosessuali, che finalmente anche a Cuba avranno a breve i medesimi diritti che hanno gli eterosessuali, qualora decidano di unirsi consensualmente e convivere al di fuori del matrimonio (2).

Da quale pulpito…

Questo è il benservito minimo che la figlia di Raul Castro potesse riservare ad un rappresentante del Governo italiano: stiamo cioè parlando del governo dell’Unione, che aveva già dovuto rinunciare, nel programma elettorale, alla proposta completa dei Pacs (optando invece per formulazioni vaghe, incerte e contraddittorie in merito alle unioni civili) e che poi ha dovuto cedere alle componenti moderate e reazionarie del centro della coalizione che, sotto i ricatti delle alte gerarchie cattoliche, hanno fatto miserabilmente naufragare anche il progetto di legge dei Dico (3). Mariela Castro ha potuto invece rivendicare con nettezza importanti conquiste fatte a Cuba per quanto riguarda i diritti dei gay, delle lesbiche, dei transessuali e dei transgender. La Rivoluzione Cubana ha dovuto fare i conti con la pesante eredità del codice spagnolo che prevedeva pene severe per gli omosessuali che “davano scandalo” in pubblico e con una cultura “machista” fortemente radicata fra la popolazione. Ovviamente, è giusto riconoscere ciò, soprattutto in una prima fase, a Cuba il mito – incentrato prevalentemente su valori maschilisti – dei “Barbudos” forti, eroici e valorosi si tradusse presto in una sostanziale persecuzione dei gay, che venivano internati in veri e propri campi di rieducazione. Non ha senso negare che – soprattutto negli anni Sessanta del secolo scorso, ci sia stata una diffusa discriminazione degli omosessuali, considerati soggetti malati da ricondurre alla “dritta via” della tradizionale virilità. Questa terribile pratica fu però presto abbandonata e, anche se sono rimasti radicati nella popolazione forti pregiudizi omofobici, l’atteggiamento persecutorio e repressivo del governo cubano cessò e si realizzarono presto anche importanti interventi legislativi. Infatti, nel 1975, la Corte Suprema Cubana annullò la Risoluzione n. 3 del cosiddetto Consiglio della Cultura (poi divenuto Ministero della Cultura) che applicava le direttive della Dichiarazione Culturale del 1971 e che poneva forti limiti agli omosessuali negli ambiti artistico-educativi. Nel 1979 il nuovo Codice Penale depenalizzò definitivamente l’omosessualità e nel 2002 è stata promulgata la nuova Costituzione, che all’articolo 42 recita così: “ogni discriminazione causata da razza, sesso, colore della pelle, origini nazionali, credo religioso e qualsiasi altra causa lesiva della dignità umana è punita a norma di legge” (4).

E’ importante dunque chiarire che al giorno d’oggi a Cuba non esiste nessuna legge che discrimina e/o punisce i gay, le lesbiche, i transessuali ed i transgender. Una forte e diffusa cultura cosiddetta “machista” radicata fra la popolazione (Cuba a tal proposito non è una eccezione nel mondo…) non facilita di certo la tolleranza ed il rispetto a 360 gradi della diversità di genere; ma questo è purtroppo anche un problema delle società cosiddette “avanzate” e occidentali come quelle europee.

Gli articoli vigenti del codice penale che a Cuba riguardano la sfera della sessualità, sono molto precisi e rigorosi e di certo non si possono considerare discriminatori. Infatti il primo comma dell’articolo 298 prevede pene pesantissime per la pedofilia (fenomeno che a Cuba è giustamente molto combattuto e contrastato) e per chi pratica rapporti sessuali con minori, mentre l’articolo 303 stabilisce la reclusione da tre mesi ad un anno per chi molesta sul luogo di lavoro (anche con allusioni sessuali) un proprio subordinato, etc. A Cuba esistono gruppi di gay, lesbiche, bisessuali, transessuali e transgender che – anche se non hanno ancora la possibilità di costituirsi in associazioni come avviene, ad esempio, qui in Italia – possono però tranquillamente operare e lavorare senza alcun impedimento. Cosi come se una persona è transessuale e vuole iniziare un percorso che lo porterebbe ad operarsi e cambiare sesso, può ricevere da subito (ancor prima di effettuare l’operazione, che è a carico del sistema sanitario nazionale, cosi come le cure che – già dal 1979 – sono garantite ai transessuali) il nuovo documento d’identità (5) .

A Cuba dunque di passi avanti ne sono stati fatti, tanto che nell’aprile 2004 una delegazione dell’Arcigay e dell’Arci (composta da Sergio Lo Giudice, Renato Sabbadini Riccardo Gottardi, Tom Benetollo e Daniele Lorenzi) ha incontrato all’Avana il Ministro della Cultura cubano Abel Prieto, nell’ambito di una visita ufficiale di verifica delle condizioni delle cosiddette persone “lgbt”. Possiamo leggere sul sito dell’Arcigay (www.arcigay.it) il seguente resoconto, positivo e senza precedenti, dove finalmente sembrano scomparire antichi pregiudizi e vecchie diffidenze: “La situazione delle persone lgbt a Cuba appare migliorata negli ultimi anni, soprattutto sul piano normativo, dove sono state cancellata le leggi repressive. L’attività del Cenesex guidato da Mariela Castro svolge attività importanti di accoglienza per le transessuali e di prevenzione dell’Aids, ma tanta strada è ancora da fare per riconoscere la libertà di associazione e di espressione” (6) . Ancora un commento positivo arriva dallo stesso Sergio Lo Giudice nel recente settembre 2007, il quale, nonostante continui a sostenere che “la situazione dei gay a Cuba continua ad evolvere in modo schizofrenico”, ci informa della nascita di un sito web legato ad un centro sociale lgbt “El Mejunje” di santa Clara (www.lasdivascubanas.com), che “conferma, come, con grande fatica, la situazione lgbt sia in lenta ma costante trasformazione” (7).
Come è stato riconosciuto dalla stessa Mariela Castro, le difficoltà per l’affermazione dei diritti e del rispetto delle e dei cittadini omosessuali a Cuba non sono state poche e sono ancora tanti i passi in avanti da fare.

Il Cenesex (Centro Nazionale di Educazione Sessuale), presieduto proprio da Mariela Castro, ha prodotto e sta producendo importanti lavori collettivi, delle vere e proprie campagne di inclusione collettive, che stanno contribuendo enormemente ad abbattere definitivamente ciò che ancora rimane e sopravvive a Cuba dei pregiudizi pre – rivoluzionari contro alcune forme di amore e sessualità, di cui fino a pochi decenni fa si parlava soltanto in privato. Visitando le pagine internet del Cenesex (www.cenesex.sld.cu -8- ), ci accorgiamo subito come il dibattito sui diritti dei gay, delle lesbiche, dei transessuali e dei transgender sia ormai di dominio pubblico e che la problematica del rispetto delle diversità di genere e delle pratiche della sessualità è stata assunta come punto fondamentale, su cui esercitare un pubblico intervento, da parte di una struttura nazionale legata al governo. Infatti, è la stessa Mariela Castro a sostenere l’importanza del ruolo svolto dai sessuologi, i quali hanno una responsabilità sociale, politica e scientifica indispensabile nel diffondere fra l’intera popolazione nazionale la consapevolezza della sessualità e sollecitarne la comprensione; si può coinvolgere l’intera popolazione a tutti i livelli, soltanto se questo, ovviamente, diventa un impegno prioritario del governo centrale. Il successo del Cenesex è dovuto proprio all’alto e prezioso contributo offerto allo sviluppo della cultura della sessualità fra la popolazione cubana, una cultura nuova che considera la sfera della sessualità nella sua dimensione complessiva e incardinata sul binomio piacere – responsabilità. Il fattore della responsabilità, soprattutto al giorno d’oggi, è diventato una condizione sine qua non per vivere la sessualità.

Il Cenesex dunque svolge un lavoro difficile e delicato, proprio perchè, storicamente parlando, il cambiamento di una mentalità collettiva e di una cultura radicata, è uno dei processi più difficili da realizzare all’interno di una società.
A Cuba sta avanzando un processo che sta modificando regole vigenti da secoli e si stanno sostituendo i tradizionali elementi che hanno caratterizzato, fra la popolazione, le concezioni della mascolinità e della femminilità. Infatti, per quanto riguarda l’omosessualità, il Cenesex sta combattendo e debellando i retaggi culturali ad essa associati, tentando un vero e proprio approccio epistemologico, che possiamo definire “di massa”. Infatti, si vuole far passare – fra la popolazione – il concetto fondamentale che i retaggi culturali ed i falsi pregiudizi danneggiano in primo luogo la società e producono mali e danni irreparabili.

Sciovinismo maschile

Per fare un esempio, non basta propagandare il semplice “uso del preservativo”, ma bisogna spiegarne i motivi e far capire alle persone l’importanza sociale dell’utilizzo del preservativo. Questa operazione sembra facile ma, soprattutto nei Paesi in cui è forte il cosiddetto sistema dello “sciovinismo maschile” (e non ci sembra che l’Europa ne sia completamente immune…) ha fatto interpretare a ciascun maschio l’utilizzo del preservativo come una vera e propria barriera contro le emozioni e le sensazioni del sesso. Questo accade in primo luogo perché si ha spesso una concezione del sesso legata soltanto alla dimensione del piacere fisico in senso stretto.
A Cuba, ad esempio, nei manifesti del Cenesex (il cui impegno per il sesso sicuro è a 360 gradi nell’ambito dell’arcipelago delle coppie, senza distinzione di sesso) utilizzati dal governo per la campagna contro l’Aids e la Sifilide, il preservativo viene presentato come un simbolo di amore, oltre che di protezione e prevenzione.
A Cuba ormai in tutte le Scuole di Medicina (sedi universitarie che sono diventate veri e propri punti di ascolto) sono presenti i Dipartimenti di Sessualità e di Educazione alla sessualità; in un ambito in cui l’Istruzione è garantita e gratuita, di conseguenza anche l’educazione sessuale è divenuta gratuita, garantita ed accessibile a tutte/i. Ovviamente, ed è la stessa Mariela Castro a riconoscerlo insieme ai vari dirigenti e responsabili del Cenesex, a Cuba l’esigenza di continuare a migliorare è un dato di fatto e sono tanti i passi in avanti che ancora si devono e si possono fare: dal coinvolgere le scuole di ogni ordine e grado presenti sul territorio nazionale (a partire, in modo specifico, dagli insegnanti e dal personale scolastico) fino all’utilizzo sistematico e pervasivo di stampa e televisioni. Uno dei propositi principali del Cenesex è quello di adottare, per la diffusione dei contenuti, un punto di vista completamente di genere. Infatti, sempre secondo il giudizio di Mariela Castro e dei suoi collaboratori, non basta che a Cuba siano state tolte dai codici tutte le parole offensive nei confronti degli omosessuali e dell’omosessualità, ma bisogna cambiare la percezione che la gente ha dell’omosessualità, praticando un delicato intervento culturale di massa. L’attività complessiva del Cenesex (che opera in sinergia con la Federazione delle Donne Cubane) va proprio in questa direzione e si pone come obiettivo principale un cambiamento radicale di mentalità e la sfida lanciata a partire dagli anni ’70 ha senza dubbio portato a dei risultati eccezionali e per certi versi inaspettati, dal momento che si è assistito ad un lento ma decisivo affermarsi del punto di vista di genere.

Un impegno culturale di massa

Il programma del Cenesex, nel momento in cui è stato formalmente riconosciuto dal Governo (anche se solo nel 1996), è subito stato diffuso a livello di massa con risultati concreti e tangibili: non è un caso che in questi ultimi anni a Cuba, per fare un esempio, è drasticamente calato l’abbandono scolastico a causa di gravidanze e matrimoni precoci.
Il Cenesex, per continuare questa importante battaglia culturale ed ottenere contemporaneamente reali miglioramenti, si pone – a breve e medio termine – alcuni obiettivi prioritari. I più importanti sono senza dubbio i seguenti: l’inserimento nella Costituzione Cubana (che a breve sarà rivista) della categoria dell’ “orientamento sessuale”, come diritto sacrosanto da rispettare, poiché non basta soltanto sancire per legge la punizione delle discriminazioni sessuali, specie in un contesto in cui i gay, le lesbiche, i transessuali ed i transgender fanno una fatica enorme a vivere esplicitamente ed alla luce del sole la propria sessualità; una radicale modifica del diritto di famiglia a tutela soprattutto degli omosessuali (a partire dal riconoscimento del matrimonio fra persone dello stesso sesso -9-), in quanto la tutela della diversità di genere – ma queste sono problematiche purtroppo persistenti anche in Europa – non si può praticare solo a livello legislativo, ma in particolar modo nell’ambito della sfera familiare e domestica.

Anche in questo ambito Cuba, un piccolo paese del sud del mondo, che però ha incontrato sulla sua strada la carica rivoluzionaria del movimento comunista, indica la direzione giusta all’occidente capitalistico (negli ultimi tempi in preda a rigurgiti conservatori religiosi) non solo in tema di diritti sociali, ma anche in quello dei diritti civili e della liberazione sessuale. Una società superiore a quella capitalistica, come quella comunista, vuol dire inveramento della democrazia e dei diritti civili in tutti i campi. Per questo, la battaglia culturale e legislativa intrapresa a Cuba che mira ad un cambiamento complessivo di mentalità, ci sembra la strategia migliore e gli enormi passi in avanti (fatti attraverso una modalità che sta producendo importanti risultati) ci dimostrano anche come una moderna forza comunista che voglia realmente incidere nella contemporaneità della storia, debba assumere come ineludibile la problematica della difesa e dell’estensione di tutti i diritti civili. Che non possono essere considerati dai marxisti, dai comunisti e dai rivoluzionari, come diritti “borghesi” da sopprimere una volta al potere; ma, al contrario, come diritti da rendere realizzabili per tutti, all’opposto di ciò che fa concretamente la borghesia, per la quale certi diritti civili valgono nei fatti solo per i ricchi. Così intendevano il comunismo i rivoluzionari del ‘900 e dell’800, a partire da Marx e Lenin, come un processo di generale liberazione umana dal sistema di sfruttamento e di oppressione capitalistica. Questa battaglia per cambiare la mentalità conservatrice intrapresa dai comunisti cubani aiuta anche noi comunisti occidentali, che spesso siamo rappresentati o addirittura ci autorappresentiamo come “conservatori” di un nobile passato che il capitalismo sta rivoluzionando, piuttosto che come i “rivoluzionari” ed i promotori della società futura. Per riprendere il cammino dopo le sconfitte storiche del movimento comunista mondiale della fine del secolo scorso è sempre più necessario riaffermare una mentalità, una cultura politica e persino un approccio rivoluzionario ai problemi, insieme all’idea, indispensabile soprattutto per le giovani generazioni, che il capitalismo è il passato e il comunismo è il futuro, non il contrario.

(1) “Per non mandare in fumo la Terra dovremmo fare tutti come i cubani. (Il Paese caraibico è l’unico a garantire tenori di vita dignitosi senza sprecare risorse)” – di Alex Saragosa su Il Venerdì di Repubblica del 7 dicembre 2007. In questo piccolo articolo, si dice inoltre che “I ricercatori del Gfn hanno incrociato due parametri, l’Hdi, indice di sviluppo umano, che misura la qualità della vita di un Paese in termini di longevità, reddito, sanità, educazione e il Planet Lifestyle (Pl), cioè il numero di pianeti necessari per soddisfare le esigenze di consumo se tutti gli abitanti del mondo adottassero lo stile di vita di una certa nazione. Un Hdi di 1 è la situazione ideale, mentre un Pl di 1 indica uno stile di vita che richiede esattamente quanto il mondo può produrre senza danni ambientali. L’umanità, pur avendo un indice Hdi ancora inferiore a 0,7, ha già un Pl di 1,3: consuma più di quanto la Terra si possa permettere. In realtà, i Paesi africani e parte di quelli asiatici hanno un Pl sopportabile, ma indici di Hdi inaccettabilmente bassi. Al contrario, i Paesi ricchi hanno ottimi indici di sviluppo umano, ma ci vorrebbero 2,5 Terre se tutti volessero vivere come l’Europa e ben 5 se tutti imitassero gli Usa. Unica eccezione Cuba, che con un Hdi di 0,8 e un Pl di 0,9 assicura una vita dignitosa ai suoi cittadini, con un consumo sostenibile.”

(2) “Ma a Cuba i Pacs sono già in Parlamento”. Parla Mariela Castro, figlia di Raul: “Rutelli ci accusa di perseguitare i gay, ma discutiamo leggi impossibili da voi” – Emanuele Giordana (Lettera 22) su Il Manifesto del 18/12/2007

(3) Uno degli ultimi sconcertanti episodi che ha visto in opera l’oscurantismo del neonato Partito Democratico è avvenuto a metà dello scorso dicembre 2007, quando il Consiglio Comunale di Roma ha bocciato le delibere per il registro delle coppie di fatto. Durante le votazioni il Pd ha votato insieme alla destra, impedendo di fatto che fosse istituito nella Città di Roma il registro delle Unioni Civili, evento che avrebbe destabilizzato i rapporti di Veltroni ed il Vaticano ed avrebbe sconcertato, sconvolto e traumatizzato non poco i vertici della Chiesa Cattolica, in quanto realizzatosi nella capitale della cristianità…

(4) Cfr. “Cuba. La reale condizione di gay, lesbiche e transessuali” – Relazione del 25 luglio 2003 di Rosalba Carena, portavoce del Coordinamento “Pasolini” – Gay, Lesbiche, Transessuali e Transgender (GLBTT) del Partito dei Comunisti Italiani. Questa relazione – consultabile sul sito www.cubainforma.interfree.it – è stata scritta dopo un incontro avvenuto a Roma il 20 luglio 2003 presso l’ambasciata di Cuba e cha ha visto la partecipazione oltre che del Coordinamento “Pasolini”, dell’associazione Informagay, del consigliere politico cubano Hugo Ramos Milanés (in rappresentanza del governo di Cuba), del consigliere culturale cubano José Carlo Rodriguez Ruiz, di Fabrizio Casari (Responsabile dei rapporti con l’America Latina del Partito dei Comunisti Italiani) e di Mariela Castro Espin (presidente del Centro Nazionale di Educazione Sessuale).

(5) Ibidem. Nella Relazione viene inoltre ricordato che se in Italia un transessuale che si è operato vuole ottenere il nuovo documento di identità, se gli va bene, lo ottiene sei mesi dopo l’operazione…

(6) Cfr. http://www.arcigay.it/storia

(7) Cfr. htpp://www.sergiologiudice.it/blog – Sempre Sergio Lo Giudice, a proposito del Centro Sociale El Mejunje, sostiene che “è un’esperienza, unica sull’isola, una sorta di centro sociale lgbt in cui ogni settimana un’orgogliosa compagnia di drag queen mette in scena spettacoli en travesti.”

(8) E’ un sito internet aggiornato e dettagliato diviso nelle seguenti sezioni: Rivista di sessuologia e società (che si riferisce ad una rivista cartacea distribuita sul tutto il territorio nazionale cubano); Specialisti (in cui ci sono i riferimenti dei responsabili del Centro e di alcuni medici che si occupano di sessualità); Sessualità (dove sono archiviati i numeri, consultabili in pagine word, del “Bollettino della Rete Cubana di Genere e Salute collettiva); Diversità sessuale (sezione dedicata interamente al rispetto per le diversità sessuali); Notizie; Servizi; Cenesex (sezione in cui sono descritti gli obiettivi e le attività vere e proprie del Centro); Storia (dove possiamo leggere la storia completa del Cenesex fin dalla sua nascita, avvenuta nel 1972)

(9) Anche se in maniera non ufficiale, a Cuba già ci sono stati matrimoni fra persone dello stesso sesso senza alcun impedimento.