Dopo un anno di governo Prodi, scendono i consensi per l’attuale esecutivo, ma anche per la sua maggioranza. Sono i sondaggi a dircelo, a rendere noto un malcontento che proviene soprattutto dalla classe dei lavoratori, i quali nutrivano forti aspettative di cambiamento sociale. Sondaggi come quelli pubblicati, giorni fa, dal Sole 24 Ore, con i quali è facile leggere la delusione strisciante legata, particolarmente, alla situazione economica. Il 61%, rivela, infatti, l’indagine Ipsos per il Sole 24 Ore, fatta tra i lavoratori dipendenti privati e pubblici, dà un giudizio negativo all’esecutivo. Gli ipotetici consensi elettorali per la CdL salgono al 49%. In queste settimane, poi, si susseguono altri tipi di sondaggi che mostrano le difficoltà reali di persone che, già alla terza settimana, faticano con lo stipendio ad arrivare a fine mese; che saltano le vacanze estive per mancanza di soldi; che si indebitano con banche ed agenzie di credito per l’acquisto di beni di consumo primario. D’altro canto, la ripresa dell’economia nazionale non può considerarsi un solo fattore congiunturale. Il trend di crescita segna punti positivi che si prevedono anche per i prossimi anni a venire. Eppure, la percezione di questa ripresa è quasi nulla nelle tasche degli italiani. Per quale ragione, quindi, si avverte questo crescente disaggio, che si traduce in sfiducia verso l’intero centro-sinistra? Sicuramente servirebbero studi più approfonditi, ma non è difficile intuire che la domanda di redistribuzione della ricchezza nazionale – attesa, ma anche dichiarata nel corso della campagna elettorale 2006 – è venuta meno. A questo si aggiunge un lento ed inesorabile (se non si riuscisse ad invertirne la rotta) smantellamento dello stato sociale, che è iniziato proprio dal settore previdenziale: dalla riforma del Tfr, dirottato in fondi privati, fino alla riforma pensionistica (bocciata da un considerevole 66%, secondo quanto riportato sempre dal Sole 24 Ore del 22 luglio, a pagina 2). Il mancato riassetto del mondo del lavoro attraverso l’abolizione della legge 30 e una legge finanziaria che ha inteso guardare più alle direttive di Bruxelles, alle richieste provenienti dagli imprenditori, con linee guida a dir poco liberiste, che soddisfare le esigenze di migliaia di cittadini al limite e al di sotto della soglia di povertà. Una ripresa di fiducia verso l’intero centro-sinistra, e quindi di consensi, siamo certi possa avvenire se le politiche sociali del governo, con le dovute riforme strutturali, incidano sensibilmente sulla richiesta di maggiore equità e giustizia fiscale, sulla capacità di ristabilire un reale potere d’acquisto dei salari e aiuto alle famiglie; se verso gli operai, il vero motore della crescita e dello sviluppo economico del Paese, si cambia atteggiamento.