Le conseguenze dell’odio razziale fomentato negli ultimi anni sia dal centro-destra che dal centro-sinistra sono sotto gli occhi di tutti. Un pacchetto sicurezza che fa carta straccia della legalità costituzionale, rastrellamenti e deportazioni di chiaro stampo razzista e fascista (come li ha definiti giustamente Rossana Rossanda) di poveracci, donne, vecchi, bambini, prelevati e cacciati via solo perché di nazionalità rumena, l’annuncio dei circoli di Forza Italia guidati dalla signora Brambilla di costituire ronde cittadine a caccia di immigrati, fino al raid squadristico, alla Ku Klux Klan, contro cittadini romeni innocenti che facevano la spesa con le famiglie, quasi ammazzati con spranghe, asce e coltelli da parte di una decina di vigliacchi incappucciati. E di questo passo tempi ancora peggiori sono dietro l’angolo.
Ma la notizia non è questa. Purtoppo ciò che sta avvenendo in questi giorni era tutto prevedibile. Sono anni che viene avanti, incontrastata, anzi fomentata anche da una parte della sinistra, una cultura di destra, razzista, xenofoba, omofoba, maschilista, che non vede, per esempio, che secondo tutte le statistiche la maggioranza della violenza contro le donne avviene da parte di mariti, fidanzati, amanti, parenti, amici, conoscenti, piuttosto che da parte di immigrati. Non è questa la notizia. La novità è che una parte della sinistra cede clamorosamente alla cultura di destra. E non stiamo parlando del Partito democratico, di D’Alema, Veltroni, Amato. La deriva moderata di questa sinistra la conosciamo ormai da anni, dai tempi dei bombardamenti della Nato su Belgrado e forse anche da prima. Stiamo parlando della sinistra con cui i massimi esponenti del Prc vorrebbero costruire la Cosa rosa, gli Stati generali, la Costituente, la Federazione, il nuovo soggetto politico, il nuovo partito.
Pietro Folena, leader della già defunta sezione italiana della sinistra europea e quindi tutto sommato uno dei più vicini al Prc nella costruzione del nuovo soggetto politico di sinistra, ha affermato senza giri di parole: “Mi sento distante moralmente dalla prima pagina di Liberazione, dove fra l’altro la notizia della morte della povera donna violentata è stata nascosta nell’occhiello. Ma come si fa. E’ ora di smetterla con il sociologismo che alberga tuttora a sinistra, secondo il quale quando si parla di sicurezza si rimanda sempre ad altro, i poveri, gli emarginati, come se il tema invece non riguardasse proprio la parte debole della società, la vera vittima di abusi, soprusi e criminalità” (Il Messaggero, 3 novembre 2007). In cosa differisce questa polemica contro Liberazione e il Prc dai soliti luoghi comuni securitari della destra e della sinistra moderata, che ci siamo sentiti per anni sbattere polemicamente in faccia ?
Come si vede ogni giorno, per quanti sforzi di volontà si possano fare, i contenuti e vorrei dire persino la cultura politica di buona parte di questa sinistra con cui si vorrebbe fare il nuovo soggetto politico, la Federazione e quant’altro, è obbiettivamente più vicina e simile alla cultura politica della sinistra moderata di Veltroni, Amato, Boselli (cioè la nuova socialdemocrazia italiana oggi, dentro o fuori del Pd), che ad una cultura politica comunista e anticapitalista rifondata e aggiornata ai tempi. A giugno era Mussi che non aderiva neanche alla manifestazione moderata di Piazza del Popolo contro Bush, capo della destra mondiale e promotore della guerra permanente anche con le armi nucleari. Poi sempre Mussi prendeva le distanze dal No del Prc, del Pdci e della Fiom all’accordo truffa su pensioni e legge 30. Oggi persino sulla sicurezza, cioè persino sui diritti civili e democratici, le sinistre sono ancora due, come dimostrano le dichiarazioni di Folena: una socialdemocratica, riformista e moderata, l’altra comunista e antagonista al capitalismo. Bisogna per questo rinunciare a costruire l’unità fra queste due sinistre ? No, ma la strada maestra ce l’ha tracciata la manifestazione del 20 ottobre. L’unità è utile, efficace, di massa se e solo se è costruita sui contenuti (e non a tutti i costi), nelle lotte e nei movimenti (e non nelle alchimie politiciste come gli “stati generali”) e se non lega in alcun modo le mani alla autonomia comunista, teorica, politica ed organizzativa, come invece avverrebbe nella ipotesi di una “federazione” o nelle liste uniche alle prossime elezioni amministrative.
Come abbiamo fatto per il 20 ottobre contro la precarietà e la legge 30, ciò che bisognerebbe fare è costruire la massima mobilitazione unitaria di tutte le forze contrarie a questa ondata razzista e securitaria, contro il pacchetto sicurezza (a cui il Prc dovrebbe, senza alcuna incertezza, votare contro in parlamento) e per l’abrogazione della Bossi-Fini.
Leonardo Masella