Il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici da sempre rappresenta un passaggio significativo per l’insieme delle relazioni sindacali nel nostro paese, ma non c’è dubbio che oggi si carica di una valenza, per certi aspetti decisiva, su futuro, funzione e ruolo della contrattazione collettiva, funzione e ruolo della rappresentanza sociale. Infatti è del tutto evidente che le scelte compiute dal Governo e dalla Confindustria, sono esplicitamente finalizzate a ridisegnare la configurazione stessa del mondo del lavoro subordinato, attraverso atti legislativi ed accordi separati, che determinano una molteplicità di rapporti individuali e tutte le forme possibili di precarizzazione dei rapporti di lavoro.
La circolare applicativa dei contratti a termine, art. 18 e collocamento privato, la delega sul lavoro giunta al passaggio finale nei lavori parlamentari, rappresentano, come afferma la Confindustria, una “svolta epocale” nei rapporti di lavoro così come li abbiamo conosciuti nel Novecento.
Non c’è bisogno di declamare la fine del contratto nazionale, per capire che in questo modo si ridisegna il ruolo della stessa rappresentanza sociale, che da soggetto contrattuale, espressione di un punto di vista autonomo, quello del lavoro, si trasforma in un ente che accompagna, attraverso una molteplicità di Enti Bilaterali, questo processo.
Il sindacato, che assieme alle associazioni imprenditoriali, certifica i nuovi rapporti di lavoro, per ogni singolo dipendente, credo che ren-da l’idea della profondità dei cambiamenti sociali in atto.
Da qui, da questi mutamenti radicali nel lavoro, si può leggere e capire che lo stesso assalto allo stato sociale, alla sua privatizzazione, sarà il compendio di una idea generale che pone al centro l’individuo, spogliato dei diritti fondamentali, a partire dal rapporto di lavoro a tempo indeterminato, che in quanto tale, individualmente, dovrà pagarsi la propria assicurazione per accedere alla sanità, all’istruzione, ad una pensione decente. Lo Stato assisterà le fasce sociali più deboli, garantirà il minimo. Tutto ciò, una categoria come quella dei metalmeccanici lo tocca con mano quoti-dianamente, dove sono evidenti, anche in questa fase di difficoltà economiche nazionali ed internazionali, le scelte delle imprese a partire dalla Fiat, che annullano qualsiasi reale contrattazione, chiedendo semplicemente atti di pura subalternità.
Precarizzazione, gestione unilaterale dell’organizzazione del lavoro e riduzione delle retribuzioni reali, sono gli aspetti centrali, non eludibili, in cui si gioca il futuro della condizione lavorativa.
Per questo, la piattaforma della Fiom, approvata da una consultazione referendaria, che ha coinvolto oltre 450.000 lavoratori, compie delle scelte precise.
Come sempre, non era l’unica scelta possibile, erano possibili anche altre opzioni, compresa quella di non affrontare le questioni che prima ho richiamato, con l’illusione in questo modo di evitare gli snodi sociali che stanno destrutturando il mondo del lavoro e l’intera società. Come se le lotte che abbiamo sviluppato sul terreno dei diritti fosse-ro consegnate, non si capisce a qua-le soggetto politico e/o istituzionale, mentre la contrattazione parla d’altro, diventando in questo modo sempre più inconsistente e priva di significato per i lavoratori e le lavoratrici.
Decisivo nella definizione delle nostre rivendicazioni è il terreno della democrazia, come fattore strategico nella stessa identità della Fiom.
Il contratto è un diritto dei lavoratori e delle lavoratrici, non dei gruppi dirigenti e soltanto l’esercizio democratico può convalidare o meno una piattaforma, un accordo, affermando, anche in questo modo, un processo di ricomposizione democratica a fronte dei processi di frantumazione del mondo del lavoro.
Non è un caso che proprio su questo terreno abbiamo verificato l’impossibilità di costruire un percorso comune per una piattaforma unitaria. Del resto la logica degli accordi separati, presuppone la negazione della democrazia.
Si colloca, in questo ambito, la scelta che abbiamo compiuto con la piattaforma e che segna i diversi capitoli contrattuali.
Mi riferisco alla lotta contro la precarizzazione, con la richiesta che, entro un tempo definito, abbiamo proposto 8 mesi, tutti i rapporti di lavoro definiti impropriamente atipici siano trasformati in assunzioni a tempo indeterminato.
È nostra convinzione che soltanto in questo modo sia possibile intervenire sui processi che utilizzano la flessibilità per destrutturare l’insieme della condizione lavorativa. Basti pensare che la recente circolare applicativa della direttiva sui contratti a termine prevede esplicitamente il superamento delle percentuali definite nei Ccnl, con una casistica che di fatto annulla qualsiasi possibilità di controllo.
Conseguentemente ad una impostazione che mette al centro la valorizzazione del lavoro ed il ruolo della contrattazione a partire da ruolo e funzione del contratto nazionale, la stessa richiesta di aumenti retributivi è rigorosamente finalizzata al recupero integrale del potere d’acquisto e di una quota, seppur limitata, di produttività.
La Federmeccanica ci ha accusato di avere costruito una piattaforma dai costi non sostenibili, fuori dai canoni dell’accordo del 23 luglio e della politica dei redditi.
È veramente singolare che la Confindustria ed il Governo, dopo avere praticato una politica fondata sugli accordi separati, sulla negazione della politica concertativa fino ad arrivare a mettere mano all’insieme delle regole che definiscono i rapporti di lavoro, chiedano semplicemente di programmare la riduzione del potere d’acquisto dei lavoratori, assumendo come riferimento l’inflazione programmata.
È un semplice atto di arroganza.
Per l’insieme di queste ragioni, il rinnovo contrattuale dei metalmeccanici si presenta con una valenza di carattere generale. Le nostre scelte parlano all’insieme dei lavoratori e delle lavoratrici dipendenti e sono finalizzate a mutare il segno dei processi sociali in atto ed evocano la necessità di una iniziativa sociale e politica più ampia. Sarebbe miope non capire,che i processi inquietanti che attraversano i diversi aspetti della vita del nostro paese con la riduzione di tutti gli spazi di democrazia trovano nel lavoro, nella sua trasformazione, aspetto decisivo.
C’è in questo un rapporto di assoluta continuità con la campagna referendaria per estendere a tutti i lavoratori e lavoratrici l’articolo 18, l’affermazione di un diritto universale come alternativa alla totale destrutturazione del modo del lavoro.