Concertazione e discontinuità: parole che contano per costruire una nuova strategia contro la crisi

* Direzione Nazionale FILTEA C.G.I.L.

L’importanza del XVI congresso della C.G.I.L., è dovuta alla fase politica ed economica in cui si svolge, per certi aspetti assolutamente nuova, fase con la quale una organizzazione di massa in questa paese non si era mai confrontata.
Il combinato disposto di una crisi politica della Sinistra in questo paese, con la sparizione di una forza Comunista e Anticapitalistica, e ove presente , ormai residuale, e una crisi economica le cui origini e ragioni vanno al di là dei processi ciclici a cui il Capitalismo ci aveva abituato, imponevano e impongono, che la C.G.I.L. definisca una linea autonoma, non solo di elaborazione, ma di pratica, che oggettivamente passa per una fase in cui il conflitto diviene il modo di operare prevalente della prassi sindacale.

Dicevo situazione eccezionale, in quanto alla C.G.I.L. ormai manca oggettivamente una sponda politica che possa tradurre poi in atti legislativi le eventuali battaglie che sviluppa, anzi spesso si trova in concorrenza con la C.I.S.L. rispetto alle forze politiche istituzionali di opposizione.
Crisi politica,crisi economica, crisi nei rapporti unitari, imponevano quindi un congresso dalle caratteristiche eccezionali, oserei dire quasi fondativo, per affrontare una fase non solo complicata, che questo la C.G.I.L. nella sua lunga storia ha già sperimentato ,ma lunga, il cui sbocco non pare scontato,e il cui esito ne potrebbe addirittura mettere in discussione l’esistenza, per come ne avevamo percepito fino ad oggi il tipo di organizzazione.
Una fase come questa avrebbe necessitato quindi di un documento unico, che avesse il coraggio di analizzare i cambiamenti profondi intervenuti nella società, che non si soffermasse sugli aspetti di resistenza che la C.G.I.L. aveva pur prodotto nei quattro anni precedenti, ma tirasse un consuntivo, anche spietato, della situazione in cui i lavoratori si trovavano, correggendo una politica, che ci aveva portato in questa situazione.
Nella realtà è successo che la maggioranza del gruppo dirigente, ha prodotto un documento, che pur nella articolazione delle proposte, alcune anche condivisibili, non affronta il nodo di un giudizio sulla politica fin qui condotta e la ragioni della sconfitta della classe lavoratrice.
Anzi fa ricadere la situazione in atto sul fatto che vi è una crisi epocale, riconducibile ad una fase di globalizzazione sfrenata che non siamo riusciti a governare.
Non affronta, uno dei nodi di questa crisi, la redistribuzione del reddito, che a causa di una politica concertativa, ha portato allo spostamento in questo paese del 10% della ricchezza dal mondo del lavoro a quello della rendita e delle imprese.
Ammettere che la politica concertativa è una delle cause della crisi avrebbe voluto dire proporre una linea che il documento alternativo chiama di “ discontinuità”.
Noi tutti sappiamo che in C.G.I.L. i termini e la parole contano, con quella parola “discontinuità” si voleva mettere in risalto tutta la positività di resistenza e mobilitazione che la C.G.I.L. ha prodotto in questi anni, ma la necessità anche di trovare una nuova linea con cui affrontare la situazione.
Il fatto che il documento alternativo sia stato sottoscritto, a differenza di altre volte, in cui i documenti alternativi erano espressione di ben definite lobby o espressione di pezzi di partiti, dicevo sottoscritto da un arco variegato di dirigenti provenienti da esperienze, storie e pratiche diverse, dà il segno della complessità delle analisi, e della trasversalità che la fase richiede per dare risposte convincenti
Stupisce quindi, che anche nostri compagni si attardino a polemizzare sul fatto, che fra i firmatari del documento alternativo vi siano anche quadri dirigenti che hanno diretto in “ continuità” la C.G.I.L. o categorie della stessa.
Questo metodo di giudicare i contenuti delle proposte, facendo l’analisi del DNA dei proponenti, non ci ha mai portato lontano, e del resto per chi volesse esercitarsi in questa pratica avrebbe da che sbizzarrirsi vedendo i firmatari del documento di maggioranza.
Al contrario noi comunisti, abbiamo sempre cercato, specialmente negli organismi di massa, di allargare al massimo le alleanze e la base del consenso e di interlocuzione con chi consideriamo alleati di fase per una battaglia che riteniamo giusta
Venendo ai contenuti, è vero che molti pezzi dei rispettivi documenti si assomigliano e si sovrappongono, ma si ha l’impressione che nel caso del documento di maggioranza sia la riproposizione di una serie di obbiettivi condivisibili, a cui non farà seguito una prassi conseguente.
Del resto, per esempio, i rinnovi contrattuali siglati dopo l’accordo separato, in modo unitario, e questo è positivo, hanno nel loro contenuto e recepiscono sostanzialmente pezzi importanti dell’accordo del 22 Gennaio 2009
Esempio eclatante il contratto dei chimici, che al di là del valore monetario degli aumenti, ottenuto con uno scambio sulla rinuncia degli scatti di anzianità,conferma la possibilità delle deroghe a livello aziendale sulle normative del contratto nazionale, punto centrale dell’accordo separato del 22 gennaio, per non parlare dei fondi Bilaterali Aziendali, pagati anche dai lavoratori, finalizzati ad integrare i salari in caso di CIG o CIGS, decisione che renderà impossibile richiedere alle imprese di farsi carico delle integrazioni, che saranno così pagate anche con i contributi dei lavoratori.
Questo è un chiaro esempio di come spesso, chi brandisce la clava della polemica sulla presunta non confederalità dei firmatari del documento alternativo, poi nella pratica percorre vie in contraddizione con le decisioni della Confederazione.
Vale la pena del resto, spendere alcune parole sulle proposte che sembrerebbero solo di carattere organizzativo, inerenti l’unificazione in grandi aree dei contratti nazionali e quindi delle categorie.
L’unificazione dei contratti è una battaglia che alcuni dirigenti della C.G.I.L. avevano impostato alla fine degli anni 60, ricordo in questo senso il bel libro di memorie di Nella Marcellino, dirigente fra l’altro del sindacato degli alimentaristi e poi dei tessili, uscito in questi giorni , che consiglio di leggere.
In particolare per quello che riguarda l’industria, ove è chiara la necessità di disporre in questo paese di una analisi ed elaborazione seria su che tipo di sviluppo del manifatturiero affrontare per garantire una produzione duratura e di qualità.
Un unico contratto dell’industria porrebbe il sindacato nella condizione di intervenire con una visione complessiva sul modello di sviluppo e sulle priorità del paese.
Cosa diversa da quella della unificazione delle categorie dei Chimici e dei Tessili, avvenuta in questi giorni, giustificata essenzialmente per ragioni di semplificazione organizzativa, ma nella realtà con lo scopo di produrre una categoria che per numeri e importanza strategica bilanciasse la presenza della Fiom nel settore dell’industria.
Altro punto un poco sottovalutato della piattaforma alternativa, riguarda l’organizzazione dei lavoratori precari .
Viene qui tracciato un bilancio negativo su come abbiamo affrontato il tema attraverso il sindacato del Nidil.
Il fallimento organizzativo non è da imputarsi solo alla scarsa considerazione che vi è nella confederazione per il lavoro precario e le sue espressioni di lotta,ma al fatto di considerare i precari un corpo separato nei luoghi della produzione o della conoscenza. La proposta del secondo documento che siano le categorie ad occuparsi dei loro lavoratori precari potrebbe aiutare a superare il problema iniziando un percorso di ricomposizione dei diversi soggetti che operano nelle stesse unità produttive.
Rimane infine nel giudizio sul dibattito in corso l’opinione di chi, sostenendo la eterogeneità dei due documenti, privilegia il documento di maggioranza, per il fatto che in esso si ritrovi la supposta “sinistra di classe” che si riconosce in Lavoro Società.
Affidare alle componenti organizzate, autoreferenziali, che rispondono solo a se stesse, in un continuo processo di autoconservazione, il destino della lotta di classe in questo paese mi pare molto pericoloso.
Più interessante fare affidamento su chi il conflitto lo costruisce nella pratica quotidiana, e quindi su quelle categorie come i metalmeccanici della Fiom che nella lotta sperimentano pratiche di partecipazione costruendo così nuovi giovani quadri sindacali.