SCHERZA sull’accoglienza freddina avuta in mattinata agli esecutivi unitari di Cgil Cisl e Uil: «Io ho visto scene di entusiasmo, magari un po’ represse». Ma il tono di Gianni Rinaldini, numero uno della Fiom, diventa serio e categorico quando sente la parola scissione: «La Fiom non esiste senza la Cgil». Tutti ora si chiedono: quali saranno le conseguenze del “no” Fiom? «Siamo nell’ambito di un confronto democratico. Noi non faremo nessuna campagna per il no. Sarebbe sbagliato, perché la titolarità dell’intesa è delle confederazioni, non delle categorie. Spesso in occasione di passaggi delicati i rapporti sono stati vivaci. Prendiamo la riforma delle pensioni del ’95: i metalmeccanici, a voto segreto, la bocciarono».
Fu il voto della base, non del comitato centrale.
«Ma in seguito a quel voto all’interno della Fiom si aprì un processo di ricostruzione».
C’è una parola che circola: scissione. Voci infondate?
«È una totale invenzione che non ho idea da dove derivi. La Fiom non esiste senza la Cgil. Io non sarei qui».
In queste ore ha avuto modo di parlare a quattr’occhi con Epifani?
«No. Dopo il voto avevo un impegno di natura contrattuale. E in questi casi spengo il telefonino».
Ma ritiene che un chiarimento ci sarà presto?
«Continueremo a vederci e a parlarci, come sempre, con stima reciproca. Del resto non penso che il voto del comitato centrale Fiom fosse una cosa inaspettata per Guglielmo».
Nel direttivo di luglio sul Protocollo fu Cremaschi a votare contro, lei si astenne.
«Si, ma con una una dichiarazione scritta in cui affermavo la mia contrarietà all’accordo».
Chiederà un congresso straordinario?
«No».
Come vede il futuro della Cgil?
«Non ho la presunzione di avere una risposta. I cambiamenti in atto da diversi anni, intemazionali e nazionali, pongono il problema sul come rilanciare la rappresentanza sindacale. È una discussione aperta».
Che cosa c’è che non va nella Cgil?
«Non c’è dubbio che in questo ultimo anno e mezzo sia sulla Finanziaria che su questa vicenda del protocollo del Welfare, il sindacato ha rinunciato a utilizzare il suo strumento principale, la mobilitazione. E così tutte le decisioni sono state il frutto di equilibri politici, di veti incrociati. I lavoratori sono diventati solo spettatori della trattativa. E ciò fa crescere tra i giovani il qualunquismo. In questo referendum sarà un problema convincere la gente ad andare a votare».
C’è un asse tra sinistra radicale e Fiom?
«Io sono assolutamente geloso dell’autonomia e dell’indipendenza del sindacato».
Di fatto, però, dopo lo strappo della Fiom, la sinistra radicale sembra ringalluzzita.
«Vorrei che le responsabilità fossero nettamente distinte. Io non chiedo a nessuna fòrza politica di assumere come proprie le decisioni e le valutazioni della Fiom. Per quello che ci riguarda varrà l’esito della consultazione».
Prevede un autunno caldo?
«Certo per i meccanici c’è un problema in più: il contratto che scade a fine settembre».
Aproposito di contratto, il no al Protocollo avrà un’influenza negativa sui rapporti con Firn e Uilm?
«Lo troverei davvero strano. Abbiamo una piattaforma unitaria, c’è stato un percorso democratico tra i lavoratori. Non sono in discussione le regole».