C’E’ POCO DA ESSERE SODDISFATTI

In questi giorni grande interesse ha suscitato la proposta di legge elettorale avanzata da Veltroni. L’atteggiamento è stato generalmente benevole, anche se non pochi hanno espresso perplessità. In questo contesto si colloca anche l’atteggiamento tenuto da Rifondazione Comunista. In alcuni articoli pubblicati su Liberazione si è addirittura arrivati a sostenere che avrebbe trionfato il sistema tedesco, che si sarebbe trattato di una vittoria del partito, che Veltroni si sarebbe convinto… e via dicendo.

E d’altronde, non è forse vero che il Presidente della Camera era stato promotore di un incontro fra i vertici di Rifondazione Comunista e del Partito Democratico nel quale proprio di questo si è parlato?

La realtà, però, è molto diversa ed ora, che finalmente è stata pubblicata la proposta in questione, ci si può rendere conto del piatto che ci è stato cucinato.

Per i nostri elettori che non hanno dimestichezza con le questioni elettorali e che con sofferenza si accostano a meccanismi spesso un po’ astrusi, lo diciamo subito: si tratta di una brutta proposta, più arretrata dell’attuale legge elettorale. La ragione fondamentale è che con la stessa si eleva a tal punto le soglie di sbarramento da ridurre drasticamente la possibile presenza di Rifondazione Comunista a livello parlamentare. Cerchiamo di capire come questo sia possibile.

Nella proposta di Veltroni non esiste un recupero nazionale dei resti, ma tutto si decide in singole circoscrizioni, che hanno mediamente una dimensioni più piccola di una regione. In ciascuna di queste circoscrizioni sono in palio dai 12 ai 16 seggi, con una soglia di sbarramento che va dal 6 all’8%. La metà dei seggi vengono assegnati ai candidati vincenti nella competizione a livello dei singoli collegi, che sono da 6 a 8 in ciascuna circoscrizione, successivamente gli altri seggi vengono distribuiti attingendo ai candidati non vincenti ma che si sono meglio piazzati, sulla base di un recupero proporzionale a livello circoscrizionale. Senza farla lunga, in ultima analisi gli effetti sono i seguenti: da un lato, se una forza in quella specifica circoscrizione non arriva alla soglia di sbarramento e quindi non ha dal 6 all’8 percento dei voti validi espressi nell’intera circoscrizione, non ottiene alcun seggio e i suoi voti vanno perduti; dall’altro, se una forza molto forte nella stessa circoscrizione facesse l’en plein di seggi uninominali e cioè li ottenesse tutti o quasi tutti, il successivo recupero dei non vincenti meglio piazzati non riuscirebbe alla fine a consentire una proporzionalità piena, col risultato che quella forza alla fine otterrebbe un numero più che proporzionale di seggi. In soldoni, con questa proposta, non solo si opera un drastico ridimensionamento delle forze politiche ammesse al riparto dei seggi, costringendo quindi a sostanziali fusioni per oltrepassare le soglie di sbarramento implicite, ma si dà anche un vantaggio sostanziale alle forze maggiori, come PD e FI, che possono lucrare sui seggi in virtù della loro consistenza e dell’omogeneità della loro forza in alcuni contesti locali.

Rifondazione comunista in tutto questo non guadagna nulla, ma anzi rischia di non passare in molte circoscrizioni. Se anche si andasse a costruire la “cosa rossa” assemblando i quattro partiti, si rischierebbe comunque di essere esclusi dal riparto dei seggi in molte delle circoscrizioni. Cosa c’è allora da essere soddisfatti? A meno che, visto che l’unico obiettivo che ormai pare state a cuore al Presidente della Camera e alla maggioranza di Rifondazione Comunista è quello di costruire la “cosa rossa”, non si consideri che tutto quello che passa il convento e che costringe alla unificazione delle forze minori vada bene. Ma se è così, ce lo si consenta, siamo ormai al masochismo.