Capitalismo: fame e profitto

Lo sviluppo come ci appare oggi è solo l’espressione della civiltà capitalistica che si caratterizza per la sua esclusività se confrontata con altre civiltà del pianeta; una crescita quantitativa che configura il modello di sviluppiamo capitalista come unica prospettiva della società dell’umanità. L’esistenza di questa società basata sul modo di produzione capitalistico riesce a sopravvivere solo dominando le altre civiltà e sfruttando le risorse umane e naturali del mondo.

UN SELVAGGIO SVILUPPISMO QUANTITATIVO AD ESCLUSIVO FAVORE DEL PROFITTO

Il modello di capitalismo renano (pur trattandosi sempre di capitalismo!) viene oggi sostituito dal modello di capitalismo anglosassone che si caratterizza per le minori garanzie sociali e per i minori. Il continuo attacco alle garanzie sociali viene mistificato attraverso una forma di celebrazione dell’instabilità che viene presentata come la possibilità per tutti i lavoratori di acquisire nuove esperienze attraverso la normalizzazione dei lavori instabili, flessibili e a tempo. Il posto di lavoro stabile viene sostituito da quello a termine, a contratto in nome della flessibilità e della competitività. La selvaggia economia di mercato, la finanziarizzazione e la sempre crescente disparità tra offerta di beni e bisogni effettivi delle persone sono i risultati di una competizione globale incentrata sullo sviluppismo capitalista, sulla crescita quantitativa e il consumismo per pochi, senza freni e senza limiti. Ecco allora che il falso e comodo paradigma dello “sviluppo sostenibile di mercato”, accompagnato dai cosiddetti indicatori alternativi, macro e micro, le diverse proposte della decrescita, etc., si accompagnano ai vari progetti di uso di energie “sostenibili” alternative; a volte con buone idee, ma spesso con programmi più o meno stravaganti alla “moda” e di propaganda populista, e ancor più grave con menzogne criminali al servizio delle multinazionali, come nel caso dei biocombustibili, nome di buona facciata che nasconde la dura realtà degli agro combustibili, prodotti ottenuti a partire da materie prime di origine agricola; ad esempio l’etanolo è ottenuto da canna da zucchero, cereali ecc.; gli Stati Uniti e il Brasile producono insieme più del 70% dell’etanolo del mondo.

GLI AGROCOMBUSTIBILI: UN CRIMINE CONTRO L’UMANITÀ

Gli Stati Uniti assegneranno il 20% della produzione di mais alla produzione di etanolo che porterà alla sostituzione di solo l’1% del petrolio (se fosse utilizzato il mais al 100% nella produzione di etanolo si potrebbe sostituire solo il 7% del petrolio!). Anche l’Unione Europea prevede di soddisfare quasi il 10% del proprio fabbisogno energetico grazie agli agrocombustibili con il sacrificio di quasi il 20% dei terreni agricoli entro il 2020. L’obiettivo dei paesi industrializzati, ossia quello di destinare tutte le terre fertili alla produzione di agrocombustibili, provocherebbe un disastro nel sistema alimentare mondiale senza precedenti. Ed oltre un anno fa sottolineava, in un atto di accusa duro e chiarissimo Fidel Castro: “ L’energia è concepita come qualsiasi merce…La terra e i suoi prodotti, i fiumi, le montagne, le foreste ed i boschi sono vittime di una incontenibile rapina. I beni alimentari, ovvia – mente, non sono sfuggiti a questa infernale dinamica. Il capitalismo trasforma in merce tutto quello che gli giunge a por – tata di mano….
…. L’utilizzazione dei beni alimentari per fabbricare energetici è un atto mostruoso. Il capitalismo è pronto a praticare un’eutanasia di massa ai poveri, soprattutto per coloro che vivono nel sud, perché è proprio lì che s’incontrano le maggiori riserve di bio – massa del pianeta, necessaria alla fabbricazione dei carburanti biologici” (Fidel Castro, Granma, 3.07). Non è possibile togliere il cibo , la terra e l’acqua alle comunità povere per sostenere i lussi dell’Occidente del mondo. L’obiettivo dei paesi industrializzati, ossia quello di destinare tutte le terre fertili alla produzione di agrocombustibili, provocherebbe un disastro nel sistema alimentare mondiale senza precedenti. La teoria economica classica attesta che se la domanda supera l’offerta i prezzi crescono; in questo senso il mercato dei Futures è uno mezzo che utilizzano gli speculatori finanziari che comprano il grano ad un prezzo molto basso dai contadini e poi fanno in modo che questo prezzo aumenti sostenendo artificiosamente la domanda e contenendo l’offerta, realizzando così forti guadagni; è chiaro che con questi meccanismi di giochi finanziari i prezzi dei raccolti, del cibo ecc. subiscono aumenti molto elevati; e il gioco diventa sempre più sporco: rendite per gli speculatori , morte per fame per milioni di persone. Ogni anno, i movimenti internazionali di capitali sono trenta volte più alti del valore del commercio mondiale. La crescita delle rendite e dei profitti ha avuto come ripercussione la diminuzione dei salari diretti, indiretti e differiti. Questo ha aumentato la differenza tra le classi sociali e la concentrazione della ricchezza in poche mani. La finanziarizzazione dell’economia è, quindi, una tra le maggiori cause del critico stato dell’economia mondiale, anzi è una scelta del capitale internazionale per tentare di uscire dalla crisi strutturale di accumulazione che si protrae ormai da oltre trenta anni. Il processo di finanziarizzazione dell’economia genera una ricchezza fittizia, svincolata dal lavoro e dalla redistribuzione della ricchezza. Eppure lo sviluppo della ricchezza finanziaria, senza lavoro vero, sembra incontrollabile. “La denutrizione oggi minaccia 52,4 milioni di Sud Americani e di Caraibici, ossia il 10% della popolazione del continente. Con l’espansione delle superfici convertite alla produzione di etanolo, si corre il rischio di trasformare di fatto i cosiddetti “biocombustibili” in “necro – combustibili”, in predatori di vite umane.” (Frei Betto,30.07.2007) Ma a che scopo tutto ciò ? Il miglioramento della sicurezza energetica e l’abbassamento delle emissioni di CO2 risultano essere molto marginali se rapportate al disastro alimentare che queste nuove politiche portano come conseguenza. Tra i primi effetti si registrano infatti un aumento vertiginoso del prezzo del mais a livello mondiale ( va ricordato che gli Stati Uniti sono tra i maggiori esportatori di mais nel mondo e il cambiamento di coltivazione ha influenzato fortemente il prezzo del mais che è raddoppiato in pochi mesi) e un aumento di oltre il 50% di quello del grano. La FAO afferma che nell’anno tra il marzo 2007 e il marzo 2008 si è registrato un aumento di circa l’88% del prezzo dei cereali mentre quello dei grassi e degli oli addirittura del 106%;la Banca Mondiale sostiene che nell’ultimo anno e mezzo i prezzi delle granaglie sono cresciuti di oltre l’80%. I sostenitori degli agrocombustibili, dalle multinazionali a tanti partiti, intellettuali e governi del “modernismo” di sinistra, assicurano che le sementi usate sono rinnovabili, non dannose per l’ambiente, sono in grado di diminuire il riscaldamento globale e favoriranno lo sviluppo rurale; sono molti i cosiddetti miti che inseguono i fautori degli agrocombustibili. Anche se i discorsi ufficiali assicurano che non si tratta di scegliere tra alimenti e carburanti, la realtà dimostra che è questa e non un’altra, l’alternativa, perché o si utilizza la terra per la produzione alimentare o per la fabbricazione di carburanti da prodotti agricoli ( Granma,5.07). “Nel 2005 pagavamo per importare una tonnellata di riso 250 dollari: oggi ne paghiamo 1050, quattro volte di più. Per una tonnellata di grano pagavamo 132 dollari: adesso ne paghiamo 330, due volte e mezzo di più. Per una ton – nellata di mais pagavamo 82 dollari: adesso 230, tra volte di più. Per una tonnellata di latte in polvere pagavamo 2200 dollari: adesso 4800. È una situazione perversa e insostenibile. Questa realtà è uno shock nei mercati interni della maggioranza dei paesi della nostra regione e del mondo e danneggia direttamente la popolazione, soprattutto i più poveri e porta alla mise – ria milioni di persone. Ci sono paesi che solo dieci anni fa producevano abbastanza riso e mais, ma le ricette neoliberali del FMI li hanno portati a liberalizzare il mercato e importare cereali sussidiati dagli USA e dalla UE, sradicando la produzione nazionale. Con l’aumento dei prezzi e i ritmi segnalati, un numero crescente di persone già non può più man – giare questi alimenti indispensabili. Non sorprende quindi che ci siano proteste e che ci sia chi va nella strada a cercare in qualsiasi modo del cibo per i suoi figli” (Esteban Lazo Hernández, Granma, 8 maggio 2008). La direttrice esecutiva del Programma Mondiale degli Alimenti – PAM – delle Nazioni Unite, Josette Sheeran, ha riferito che a causa dell’aumento dei prezzi del cibo, questo organismo può comprare nel 2008 il 40% in meno di alimenti che nel giugno dell’anno scorso con lo stesso denaro, rendendo molto più difficile il lavoro e collocando così altri 100 milioni di persone in una situazione di povertà. Non si tratta solo di un problema di fame, ma anche d’instabilità, ha dichiarato la Sheeran, ed ha rammentato che si stanno già vedendo proteste e rivolte sociali contro la crescita dei prezzi in decine di paesi del mondo.

UN VERTICE FAO CHE “DIMENTICA” DI METTERE SOTTO ACCUSA L’ORDINE ECONOMICO INTERNAZIONALE

Nella Dichiarazione di chiusura del vertice della FAO di Roma (giugno 2008) viene espressa la necessità di dare una risposta duratura alla crisi alimentare, che ha bisogno di azioni coordinate della comunità internazionale. Il vertice si è concluso in maniera deludente semplicemente con l’impegno dei capi di Stato e dei tanti ministri presenti di assumere un generico dovere per sconfiggere la fame nel mondo, senza assolutamente individuare le responsabilità politiche delle grandi potenze occidentali, delle multinazionali, e della stessa crisi strutturale del modo di produzione capitalista. Il Viceministro agli investimenti stranieri di Cuba, Orlando Requeijo nel dar lettura della dichiarazione di Cuba nell’assemblea generale finale della FAO ha ribadito e rinforzato alcuni passaggi chiave dell’intervento tenuto il giorno prima dal capo della delegazione cubana Ramon Machado Ventura. La delegazione cubana ha denunciato apertamente che tale poco significativo risultato, raggiunto nella dichiarazione finale del vertice, dipende dalla mancanza di volontà politica dei paesi a capitalismo maturo a dare soluzioni sostanziali e durature ad una crisi alimentare mondiale che è ormai connessa fortemente ad una crisi energetica e ambientale, denunciando nel contempo che nel documento finale non vi sono riferimenti all’impatto dei sussidi agricoli protezionistici, al controllo monopolistico della distribuzione degli alimenti, alla strategia criminale dell’uso degli agrocombustibili in contrapposizione all’utilizzo dei cereali per risolvere i problemi alimentari del sud del mondo; così come nel documento finale nessun riferimento è presente sulla focale questione del cambio climatico dovuto ai modelli di produzione e di consumo imposti dal neoliberismo, unendo a ciò le conseguenze della speculazione finanziaria sull’aumento dei prezzi degli alimenti. La delegazione di Cuba, nell’esprimere il ringraziamento per l’appoggio ricevuto dalla maggioranza dei paesi presenti sul porre fine al criminale blocco imposto dal governo degli Stati Uniti, ribadisce che il proprio paese continuerà a lavorare in difesa della giustizia, dell’equità della solidarietà “affinché la fame si converta al più presto in un flagello sradicato dalla storia dell’umanità”. I delegati di Argentina, Nicaragua, Ecuador, Bolivia e Venezuela hanno appoggiato la posizione di Cuba. In particolare l’ambasciatore alla FAO della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Gladys Francisca Urbaneja Duran, nel suo intervento ha sottolineato che la crisi alimentare non è un problema tecnico ma un problema sociale e politico, “è la maggiore dimostrazione del danno e la rovina storica del modello capitalista… tutte queste cause di potrebbero riassumere in una sola: il carattere di merce che si attribuisce agli alimenti nella attuale struttura economica internazionale rappresentata dal modello di produzione e consumo capitalista, che privilegia la massimizzazione del profitto in contrapposizione al benessere collettivo dei popoli e dell’uso sostenibile delle risorse naturali.” E’ per tali motivi, sottolinea la delegata del Venezuela, che bisogna dare un forte impulso all’ALBA, cioè l’Alternativa Bolivariana dei popoli di Nuestra America, per contrapporsi così alla logica capitalista, alla logica del profitto e della competizione globale, proponendo altresì la creazione immediata di un Fondo Especial Agricola dove raccogliere una percentuale concordata del prezzo del barile del petrolio per finanziare la meccanizzazione dell’agricoltura, il finanziamento delle tecnologie agricole, per sviluppare la produzione di alimenti, determinando così una vera sovranità alimentare dei popoli contro gli interessi delle multinazionali. Tali importanti temi sostenuti dalla delegazione cubana e venezuelana e appoggiati fortemente da Argentina,. Bolivia, Ecuador e Nicaragua sono state le idee portanti anche, di chi come noi ha voluto promuovere un vertice alternativo per accusare direttamente l’attuale ordine economico internazionale che aumenta sempre di più la povertà , la disuguaglianza e l’ingiustizia. Infatti mentre si inaugurava il vertice della FAO sull’emergenza alimentare, all’Università La Sapienza di Roma si svolgeva molto partecipato e con interventi molto qualificati, l’incontro internazionale per un vertice alternativo “Terra, acqua ed energia: quali politiche sui beni comuni”. L’incontro internazionale è stato organizzato che scrive, da Memmo Buttinelli. dalla rivista Nuestra America, Ass. Michele Mancino, e molte altre. Associazioni e sindacati di base. L’incontro ha visto la partecipazione del movimento Sem Terra, di Via Campesina, dei movimenti contro la privatizzazione dell’acqua, dei sindacati di base, di riviste che da tempo appoggiano i movimenti di lotta dell’America Latina come Nuestra América, di strutture dell’associazionismo, dei movimenti sociali italiani (contro la guerra, contro la precarietà e di solidarietà con i popoli dell’America latina) e di collettivi studenteschi e docenti universitari. Sono intervenuti tra gli altri: Elmer Catarina (Ambasciatore di Bolivia in Italia), Geoconda Galan (Ambasciatore dell’Ecuador in Italia), Aimone Spinola (Resp. relazioni esterne dell’Ambasciata del Venezuela in Italia) e attivisti e intellettuali che hanno sostenuto le posizioni sui temi in discussione al vertice FAO espesse dai .movimenti di lotta dell’America del Sud e dai governi di Cuba,Bolivia, Venezuela, Nicaragua, Ecuador per una condanna di un sistema economico neoliberista che continua a provocare diseguaglianze sempre più marcate, morte dell’uomo e della natura sia nei paesi del Sud del mondo sia in quelli industrializzati del Nord. Durante l’iniziativa si è dichiarato anche il sostegno alla lettera aperta in difesa dell’Amazzonia firmata a Brasilia il 14 Aprile 2008 e inviata al presidente Lula e al governo brasiliano, inoltre si è espresso l’appoggio alle campagne internazionali per il sostegno dei movimenti indios e di base dei paesi dell’America del sud che lottano per la difesa e la socializzazione dei beni comuni, e di quelle in difesa dei processi di democrazia partecipativa e di autodeterminazione dei governi della Bolivia, Venezuela, Cuba, Ecuador e di tutti i popoli che lottano per la propria indipendenza. Tutti gli interventi hanno sottolineato come la crisi alimentare, la crisi energetica e la crisi ambientale sono i prodotti della crisi del modo di produzione capitalistico, di un modello cioè che si sostiene con un consumismo sfrenato che per realizzare i profitti delle multinazionali sempre più sta provocando guerre , sfruttamento , miseria e fame ed è per questo che vanno create da subito le alternative radicali anche appoggiando i percorsi in atto di costruzione del Socialismo del XXI secolo.

CUBA E VENEZUELA, RIFERIMENTI FONDAMENTALI DEL SOCIALISMO DEL XXI SECOLO E PER LA SINISTRA DI CLASSE INTERNAZIONALE

Da una notizia ANSA di qualche mese fa si legge che in una ricerca del Global Footprint Network, si dichiara che lo ‘’sviluppo sostenibile’’ può essere stato al centro dei discorsi di molti politici in questi ultimi tempi ma, secondo un recente studio, il paese dove lo si può vedere realizzato e’ uno solo: Cuba. Abbiamo potuto verificare direttamente come l’intera società cubana stia crescendo e migliorando continuamente sul piano economico e sociale, salvaguardando e rafforzando le conquiste del socialismo in un processo rivoluzionario dinamico, attivo ,moderno capace di far fronte ai problemi di uno sviluppo equilibrato con forti compatibilità sociali e ambientali e di superare le difficoltà , nonostante l’infame blocco imposto dall’imperialismo degli Stati Uniti e una Europa, nel migliore dei casi, prevenuta e ostile ad ogni processo di autodeterminazione capace realmente di opporsi alle leggi del capitale internazionale. Infatti anche quest’anno una delegazione della Rete dei Comunisti e della redazione della rivista Nuestra America è stata invitata dal Comitato Centrale del Partito Comunista di Cuba. Il viaggio a Cuba è stato ricco di incontri e .il confronto politico con i compagni dei vari dipartimenti del Comitato Centrale ha affrontato molti temi legati alle politiche internazionali e all’attuale fase socio-economica. Si è così ancor più rafforzato il vincolo di collaborazione e l’unità di intenti nella visione complessiva dei fenomeni in atto in campo politico, economico e sociale. Abbiamo incontrato anche compagni intellettuali e di gruppi politici e movimenti di lotta contro l’imperialismo di vari paesi dell’America Latina (del Brasile, Messico, Venezuela, etc ) con i quali si sono intensificate le relazioni politiche e culturali. Durante questi incontri la delegazione ha espresso solidarietà ed appoggio ai popoli e ai governi di Cuba, Bolivia, Venezuela e ai movimenti di lotta contro l’imperialismo e per la costruzione del processo politico del socialismo del XXI secolo. Ecco perchè tante menzogne e propaganda anticomunista all’annuncio del Comandante Fidel di non aspirare nè accettare la rielezione a Presidente. La delegazione era a Cuba e abbiamo potuto verificare come i compagni del Partito Comunista e il popolo cubano abbiano immediatamente reagito ad un primo momento di tristezza con espressioni di profondo e sentito riconoscimento al Comandante , tuttora punto di riferimento di Cuba e di tutta l’America Latina e di tutti i rivoluzionari internazionalisti, e con la dignità, la lealtà e la consapevolezza che il Partito e il processo rivoluzionario dispone di quadri di una generazione intermedia preparata e capace di dirigere la complessità delle prossime tappe del socialismo, diretti dal Presidente Raul, dal nuovo Consiglio di Stato e dal comandante – “soldato delle idee” – Fidel Castro. Cuba rappresenta nella concretezza dell’attuazione della transizione socialista che è indispensabile un nuovo modello di sviluppo nel quale le disuguaglianze siano corrette da buone politiche sociali che diano voce alle minoranze e alle emarginazioni create dal sistema di produzione capitalistico; cioè una nuova teoria dell’economia socio ecologica politica con al centro le compatibilità sociali e ambientali volute e imposte dalle lotte del movimento di classe, per un profondo cambiamento da subito. Un Socialismo del XXI secolo, possibile, necessario, irrinunciabile, irrimandabile, a partire anche da un programma minimo di grandi riforme di struttura come avviene in Bolivia, Ecuador e sempre più decisamente con un ruolo guida del Venezuela e del Socialismo bolivariano. Una delegazione della Rete dei Comunisti e della redazione di Nuestra America, è tornata da pochi giorni da un importante viaggio in Venezuela, intenso di incontri politici, culturali, sindacali e istituzionali. Tale viaggio si colloca in un periodo di intensa attività internazionale che ci ha permesso di documentare e di intensificare le relazioni in questi primi mesi del 2008 con le varie realtà di partiti, organizzazioni e movimenti che concretamente si stanno muovendo nella costruzione del so- cialismo del XXI secolo. Questa delegazione in Venezuela, fa seguito anche alla partecipazioni ad alcuni incontri tenutisi a Parigi sulla liberazione dei 5 agenti dell’antiterrorismo cubano, sulla realtà politico- economica del Venezuela con le Associazioni europee di solidarietà, ad incontri a Londra, a Madrid e nei Paesi Baschi dove abbiamo partecipato a seminari, conferenze e importanti dibattiti sulla competizione globale che sta imponendosi e sulle ipotesi in campo sulla costruzione del socialismo del XXI secolo. In molti di questi incontri è stata presentata la rivista Nuestra America e sono stati consolidati i legami di collaborazione politici e culturali con le organizzazioni politiche e di solidarietà, con i movimenti di classe europei e latinoamericani. Questo ultimo viaggio in Venezuela ci ha permesso di conoscere meglio e di confrontarci con uno dei fronti più avanzati dello scontro di classe dove si sta costruendo concretamente un processo di transizione socialista . Negli ultimi anni siamo stati altre volte in Venezuela ma abbiamo potuto verificare sempre di più come si tratti di una rivoluzione vera che sta andando avanti con una forte caratterizzazione socialista, e come in tutte le rivoluzioni si sviluppano processi di transizione che hanno all’interno ancora una contraddizione grande – poiché la lotta di classe è viva e non può essere abrogata per decreto – in quanto c’è un’opposizione minoritaria e oligarchica che però è ancora molto potente grazie ai soldi e all’appoggio delle multinazionali statunitensi, una oligarchia che ancora oggi è presente nei settori nell’esercito, nei settori statali, nelle imprese, nell’economia, nell’informazione (giornali e televisioni); una minoranza del paese che si oppone al grande blocco sociale rivoluzionario bolivariano e cerca di riportare il paese verso l’imperialismo e il controllo statunitense. La lotta di classe è diretta e continua, rafforzando la rivoluzione bolivariana il socialismo avanza e soprattutto quel socialismo del XXI secolo che non è una parola, una entità astratta, ma una concretezza basata sulle nazionalizzazioni, sul lavoro per tutti con un degno salario, sulla redistribuzione del reddito, sulla gratuità dei servizi, sulla centralità del movimento delle donne e degli indios, con la grande idea di integrazione continentale, perché solo con un’America Latina forte e socialista ci si può contrapporre allo strapotere dell’imperialismo. Da parte nostra continueremo a dare pieno appoggio e solidarietà politica alla rivoluzione bolivariana socialista di Chavez e a dar forza a tutti quei paesi che si muovono lungo il percorso di costruzione del socialismo del XXI secolo. Solo muovendosi sulle linee guida di Cuba, del Venezuela, della Bolivia, le riforme parziali possono essere consolidate, le tattiche e le lotte per rivendicazioni parziali trasformarsi in vere strategie per il superamento del capitalismo. Ecco perché il nostro riferimento prioritario è Cuba, la sua rivoluzione, il suo governo, come lo è Chavez e la rivoluzione bolivariana, Evo Morales e il movimento indios del “vivere bene”, el “vivir bien”!! Il Socialismo del XXI secolo si riempie così di contenuti reali di classe. Questa formulazione, apparentemente generica, trova un contenuto concreto precisamente all’interno della vita quotidiana con le decisive riforme di struttura di Chavez, di Evo Morales, di Correa, che per radicalità di forme e contenuto rappresentano con Cuba l’orizzonte rivoluzionario dell’America Latina che è il nuovo riferimento concreto per tutto l’universo delle lotte sociali globalizzate di resistenza e di ripresa dell’offensiva di classe. Ed è fondamentale che queste azioni hanno, nella loro natura più profonda, una direzione essenzialmente contraria alla logica del capitale e del mercato. La sfida, pertanto, è quella di perseguire una società che vada oltre il capitale, ma, nello stesso tempo, di dare risposte immediate alla barbarie che flagella la vita quotidiana dell’essere sociale che lavora, della classe dei lavoratori. E proprio perché i mezzi di produzione sono del popolo, Cuba, con tutte le difficoltà e le contraddizioni di un processo socialista ovviamente tutto ancora da ultimare, può proporre una relazione diversa con il sociale, con l’ambiente, con l’uomo perché la produzione rimane orientata alla soluzione dei bisogni della gente, alle possibilità di redistribuzione sociale e quindi al rispetto e alla protezione della natura. Ecco come lo studio e lo sviluppo di teorie alternative di critica dell’economia applicata si realizzano in una economia socio-ecologica politica come supporto e interscambio di esperienze con i movimenti di lotta internazionali dei lavoratori, degli indios; in un intrecciarsi di teoria e pratica della lotta di classe, dove la contraddizione capitale-natura è assunta tutta dentro le dinamiche del conflitto capitale-lavoro, per il superamento del modo di produzione capitalista nella costruzione concreta dei percorsi del Socialismo del XXI secolo. Mai come ora sono di attualità e profondità le parole di Fidel (1996), “Le campane che suonano oggi per coloro che muoiono di fame ogni giorno, suoneranno domani per tutta l’umanità, se non avrà voluto, saputo o potuto essere sufficientemente saggia per salvare se stessa”. (Esteban Lazo Hernández, Granma , 8 maggio 2008). Con Cuba lì, a dimostrare nella pratica della transizione che l’altro mondo possibile c’è, ed è socialista!

* Professore alla Facoltà di Scienze Statistiche alla “Sapienza” Università di Roma, Direttore Scientifico delle riviste PROTEO e NUESTRA AMERICA

Su questi temi si veda: L.Vasapollo, R.Martufi: “L’Ambiente Capitale. Alternative alla globalizzazione contro natura. Cuba investe sull’umanità”, Natura Avventura Ediz., 2008