Con il garbo e la lucidità intellettuale che gli sono soliti, il compagno e vicepresidente del Senato Milziade Caprili rilancia, su l’Unità del 27 novembre, la “questione Amendola”. Una questione grande, come il segno che il dirigente comunista ha lasciato nella storia del Pci e nella sinistra italiana.
Dall’intervento di Caprili , denso e dunque meritevole di ben altra attenzione, possiamo enucleare – e mettere a critica – tre passaggi fondamentali: la piena rivalutazione-assunzione della proposta di Amendola del ’64 ( “ il partito unico della classe operaia”, l’unità, cioè, tra Pci, Psi, Psdi, Psiup ); il fatto che, secondo Caprili, se la proposta di Amendola fosse passata “non solo avrebbe reso fertili i rapporti a sinistra, ma anche messo un freno all’estremismo e al massimalismo”; il tentativo di relazionare il progetto di Amendola all’odierna proposta della “Cosa Rossa”.
Non siamo d’accordo, innanzitutto, nel rivalutare ad occhi chiusi il progetto amendoliano del
“ partito unico” : Amendola, attraverso una sorta di filosovietismo “di maniera” ( che tenteremo di dimostrare) rilancia in Italia lo stesso disegno di unità tra comunisti e socialisti che era stato praticato nei paesi del cosiddetto socialismo realizzato. Il punto è che quella unità trovava una base materiale nell’orrore nazifascista ancora presente e nell’esigenza di fargli fronte uniti e comunque non declinava sul versante moderato ( declinando poi, nel corso dei decenni, sul versante dello snaturamento del socialismo). Mentre la proposta unitaria di Amendola – che è ( anche) un riflesso del filosovietismo, ma che prende corpo quindici anni dopo le esperienze dell’est europeo – si organizza attorno ad un disegno di socialdemocratizzazione dell’intera sinistra italiana. E’ per questo che Caprili afferma che il “partito unico” di Amendola avrebbe messo un freno all’estremismo della sinistra italiana. Un estremismo che, davvero, né il Pci né il Psi hanno praticato, dagli anni ’60 in poi, imboccando invece la strada di una progressiva normalizzazione che ha portato la sinistra italiana all’odierna autoliquidazione .
La questione centrale, quella che può segnare di sé ogni altra problematica, compresa l’essenza politica, sociale e culturale del “partito unico”, è quella relativa alla cultura politica profonda di Amendola e di tutta la grande e determinante area del Pci da lui influenzata.
Sostengo che Amendola fu un “filosovietico di maniera”, nel senso che il suo filosovietismo totale
( attraverso il quale era certamente in grado di riconoscere anche il grande ruolo antimperialista dell’Urss) lo spingeva ad affidare le sorti del socialismo nel mondo all’ “inevitabile” allargamento dell’Unione Sovietica e del socialismo reale. Tale visione, segnata da un certo fideismo e sicuramente di tipo positivista, offriva in verità ad Amendola e alla grande area socialdemocratica interna al Pci le basi per assumere in Italia una posizione “attendista” e dunque, nell’essenza, socialdemocratica.
Il socialismo verrà dall’Urss: qui, in Italia, possiamo avere una posizione paziente, gradualista, volta alla redistribuzione del reddito e ad un buon compromesso tra capitale e lavoro. Il quadro internazionale verrà mutato dal campo socialista e ciò detterà le condizioni per eventuali “salti” rivoluzionari anche in Italia. E’ questo – a mio avviso – il cuore dell’amendolismo, un’idea segnata da una certa dose di razionalità, ma che, confidando essenzialmente in forze esterne, nel “faro”, sbocca nella cultura socialdemocratica e nella rinuncia a quell’intervento soggettivo nel divenire storico ( che nulla ha a che vedere con l’estremismo) che è l’essenza della cultura comunista, leninista, gramsciana e rivoluzionaria. Il senso ultimo del Partito comunista, che non interiorizza come immodificabile lo “stato presente delle cose”.
Alla luce di ciò non è casuale il fatto che sarà proprio Amendola a destrutturare l’organizzazione leninista e gramsciana del Pci, costruita da Secchia, riconducendo il Partito ad un struttura organizzativa da Seconda Internazionale, tutta sezioni territoriali ( “ove militano avvocati ed operai, ove gli operai soccombono agli avvocati e ove si costituisce la media delle posizioni di classe : l’interclassismo” – – come scriveva Lenin) e sempre minor radicamento nei luoghi della produzione e del conflitto capitale- lavoro. Così come non appare paradossale – alla luce del suo filosovietismo di maniera – il fatto che Amendola sia d’accordo con l’intervento sovietico in Afghanistan, essendo nel contempo il capo della socialdemocrazia interna al Pci.
Per ultimo, è davvero difficile poter accostare la proposta di Amendola all’odierna proposta della “Cosa Rossa”, così come tenta di fare Caprili.
Con tutta la sua pulsione socialdemocratica, l’unità della sinistra immaginata da Amendola doveva incardinarsi su di un Partito comunista radicato e di massa, legato alla classe operaia e al movimento sindacale. La sola presenza del Pci, nell’eventuale nuovo partito di sinistra, avrebbe garantito sia il legame con la classe che le lotte contro le guerre e contro il liberismo. Pur chiudendo l’orizzonte rivoluzionario avrebbe garantito importanti conquiste sociali.
Oggi la “Cosa Rossa” nasce, specularmene al Partito democratico, nell’alveo stesso del governo Prodi, non ha legami profondi e vasti ( nemmeno di tipo socialdemocratico) né con il mondo del lavoro né con il movimento sindacale e il segno “governista” con il quale nasce – un segno proveniente non solo da Sinistra Democratica e dai Verdi – può condannarla persino ad approfondire la distanza con il movimento operaio complessivo e con le istanze di massa.
Il punto è che, nella fase data e dentro questi rapporti di forza sociali sfacciatamente favorevoli al capitale, il primo obiettivo dei comunisti e delle forze di sinistra dovrebbe essere quello di rilanciare un lungo ciclo di lotte sociali, volto al cambiamento del quadro complessivo.
Ma per chi nasce nel governo e per il governo accetta sia le guerre americane che protocolli come quello del 23 luglio , sarà difficile tornare alla testa delle lotte. Sarà anche molto difficile somigliare al “partito unico della classe operaia” di Giorgio Amendola.