«Salutiamo come molto positiva la decisione della Corte suprema statunitense sui tribunali militari speciali instituiti nei processi contro i detenuti di Guantanamo». Danilo Zolo, professore ordinario di filosofia del diritto all’università di Firenze, non ha dubbi sulla portata storica della sentenza resa nota ieri, soprattutto considerando la caratteristica della corte stessa, di solito abbastanza accondiscendente con l’amministrazione di Bush junior.
Professor Zolo, ci può spiegare la decisione presa dalla Corte suprema?
La corte ha reso esplicita quella che da sempre è stata considerata una grave violazione, non soltanto del diritto internazionale e quindi della convenzione di Ginevra, ma anche della stessa giurisdizione militare statunitense.
Perché?
Perché la Casa Bianca e il Pentagono avevano preso una decisione sconcertante. Non si erano accontentati di lasciare ai tribunali militari ordinari la possibilità di giudicare i detenuti di Guantanamo, ma addirittura avevano fatto in modo di creare commissioni ad hoc. Hanno scelto di formare una commissione speciale per ogni singolo caso, organizzata volta per volta, a seconda del processo da intentare. Una decisione che ovviamente non poteva assicurare alcuna imparzialità di giudizio, visto che la possibilità di una sovrapposizione tra amministrazione e organo giudicante non era soltanto possibile, bensì un’evidenza reale. Si tratta di un’aperta violazione di diritto, anche nei confronti della legge militare. Ma finalmente la violazione è saltata fuori ed è oggi sotto gli occhi di tutti.
Una vittoria quindi. Ma con quali conseguenze reali?
Certo, una vittoria. Il riconoscimento di una violazione i cui effetti concreti sono però per il momento di difficile previsione. L’aspetto decisamente negativo è che non pare messa in discussione l’intera struttura di Guantanamo né tutte le modalità con le quali essa si è andata sviluppando. La sentenza della Corte suprema riguarda un singolo caso e quindi non necessariamente rivoluzionerà qualcosa, anche se è indiscutibile che rappresenta un interessante e positivo precedente. Si tratta di una sentenza che sottolinea le grandi contraddizioni della politica intrapresa dall’amministrazione statunitense internamente e a livello internazionale.
Anche a livello politico il suo valore è comunque alto…
Senza dubbio. Seppure la decisione odierna non potrà avere una valenza universale, essa sottolinea le difficoltà del presidente degli Stati uniti anche internamente. La Corte suprema è un organo che mai prima d’oggi aveva espresso decisioni di stampo liberale come quella odierna. Mai si era schierata, come ha invece fatto ora, contro il presidente Usa. In effetti la scelta sorprende non poco, ma prendiamone l’aspetto positivo.
Il presidente Bush isolato? Abbandonato da una parte dei suoi?
Questo è forse ancora un po’ presto per poterlo affermare. Staremo a vedere.