Zapatero blinda Melilla

Il premier spagnolo stanzia 3 milioni di euro per rafforzare la frontiera con il Marocco
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Blindate. Ceuta e Melilla sono ormai due isole chiuse da un doppio cordone militare che le protegge dalla valanga migratoria, una fascia di sicurezza che impedisce nuovi assalti ma che di certo non risolve il problema. «La nottata è passata tranquilla», riassume il delegato del governo. Tranquilla dentro, ma non certo fuori. Ieri notte i militari marocchini hanno impedito un nuovo tentativo di ingresso in massa a Melilla, mentre dall’altro lato i 240 colleghi spagnoli inviati da Zapatero (altrettanti a Ceuta) assistevano allo spettacolo senza intervenire. «Non sono riusciti nemmeno a piazzare le scale sulle reti», afferma la Guardia civil. A Ceuta la repressione si è materializzata ancora prima che gli immigrati pensassero a un nuovo assalto di massa. Una retata in grande stile nei boschi prossimi alla recinzione ha portato alle consueta caccia all’uomo, con pestaggi, violenze e oltre sessanta arresti (ma il numero non è definitivo). La risposta militare e l’intesa ispano-marocchina forniscono così da subito i loro frutti in termini di tentativi di ingresso, ma non chiariscono un dubbio: chi ha sparato mercoledì notte quando sono morte cinque persone nel tentativo di entrare a Ceuta. La Guardia civil continua ad affermare che i colpi provenivano dal lato marocchino, insistendo nel fatto che loro non sparano, che sono equipaggiati solo con materiale antisommossa e che comunque i proiettili non sono quelli che hanno in dotazione. Anche le autopsie sui due cadaveri ritrovati nel lato spagnolo sembrano indicare, afferma l’agenzia spagnola Efe, che le pallottole provenivano dal lato marocchino. Le forze di sicurezza di Rabat rigettano invece le accuse e accusano i colleghi europei. Il dubbio rimane.

Gli immigrati forniscono infatti versioni differenti, oppure non sono in grado di identificare la provenienza dei proiettili che gli cadevano addosso in quegli istanti convulsi. Alcuni subsahariani entrati a Ceuta raccontano di spari alle spalle, altri di munizioni spagnole, mentre un cooperante che lavora a Tangeri spiega che è difficile capire: «Alcuni immigrati incolpano la Guardia civil, altri le forze marocchine. Fino a che non ci saranno i risultati delle autopsie non si conoscerà il colpevole con certezza. Non è mai successo che sparassero in questa maniera indiscriminata». I due governi hanno aperto un’indagine in modo da chiarire i fatti, un’indagine in cui Madrid rischia di giocarsi la faccia. A Melilla il dispiegamento di forze di sicurezza è ormai imponente. L’altra notte i soldati marocchini (altri 1.600 inviati in zona) si piazzavano uno ogni due metri nelle zone sensibili, come quella del bosco de Pinares de Rostrogordo, dove la recinzione è di tre metri. La Gendarmeria reale marocchina ha pure utilizzato tre elicotteri con potenti fari in modo da tenere sotto controllo tutti i 10 chilometri di frontiera ed al tempo stesso mettere a giorno il bosco in cui si rifugiano e da cui partono i gruppi di immigrati. Dall’altro lato i soldati spagnoli avanzano in gruppi di due nello spazio che separa le due recinzioni. La retata all’esterno di Ceuta è iniziata alle sette del mattino con varie centinaia di poliziotti antisommossa, agenti della Gendarmeria reale, dei Gruppi urbani di sicurezza e cani. «Dopo il morto di fine agosto a Melilla – spiega un altro cooperante – è aumentata la pressione delle forze di polizia, mentre i numeri indicano che nell’ultimo anno è diminuita la pressione migratoria in generale». Meno immigrati via mare (diminuiti del 37% gli sbarchi) ma più tentativi via terra. Per «risolvere il problema», Madrid ha stanziato un pacchetto di 3 milioni di euro ad hoc per Ceuta e Melilla in cui entrano i 480 soldati, il rafforzamento delle strutture tecniche di sorveglianza e di contenzione, con «altri elementi strutturali che impediscano il l’accesso diretto allo spazio tra le due recinzioni», ha spiegato ieri la vicepremier Maria Teresa Fernandez de la Vega.