Wto, un’ora di Seattle

Che possa essere una giornata calda lo si capisce fin dalla mattina. In giro ci sono molti più poliziotti, parecchi già con il kit antisommossa pronto. Incontriamo gruppi di contadini coreani sulla metropolitana, alcuni abitanti di Hong Kong si fermano per stringergli la mano, gesto che sembra smentire gli allarmismi strombazzati dalle autorità locali. Le prime avvisaglie degli scontri si hanno a metà pomeriggio. Le avanguardie dei manifestanti, infatti, riescono ad arrivare a ridosso del gigantesco Convention center, dove si sta svolgendo la ministeriale del Wto. Ma questo è il punto di arrivo di un lungo pomeriggio, iniziato da Victoria Park con una manifestazione spontanea e comunque partecipata (oltre cinquemila persone), coordinata dal sindacato dei contadini coreani, dai movimenti filippini e da Via Campesina. Il percorso contrattato avrebbe permesso ai manifestanti di arrivare ai blocchi di polizia di Hung Hing road, a cinquecento metri dal Convention center, con tanto di spazio vista mare su Kowloon, il luogo dove si sono svolte le scaramucce tra manifestanti e polizia nei primi giorni. Ma all’imbocco del cavalcavia per Hung Hing road i sindacati coreani caricano il primo blocco di polizia (per nulla attrezzato) e riescono a sfondare. Sarà una corsa di alcune centinaia di metri, poi fermata da due camionette messe di traverso e da alcune brevi cariche di alleggerimento.

E’ a quel punto che i manifestanti decidono di cambiare strategia: si riversano sulla parallela Hennessy road, una delle vie principali di Hong Kong, e la bloccano, correndo verso il Convention center. Ci vorranno pochi minuti per raggiungerlo. Ad aspettarli non meno di cinquecento poliziotti, protetti da una fila di transenne che, dopo un po’ di slogan «abbasso il Wto», i contadini coreani riescono a sbattere via. I manifestanti, sostenuti dal ritmo crescente di una trentina di tamburi, provano a sfondare in più punti e in diversi momenti, randellando con le aste delle bandiere. La polizia, a questo punto, decide di reagire. Oltre ai manganelli e al solito gas urticante (prodotto in Wyoming, che oltre alla carne di vacca pare fornisca pure Pepper spray per la Cina), molto di moda in questi giorni di proteste, vengono usati anche gli idranti e i lacrimogeni, che i responsabili della sicurezza avevano sempre assicurato che non sarebbero stati impiegati. La security e i poliziotti che presidiano il centro congressi iniziano a perdere la trebisonda. Bloccano tutte le entrate, non facendo entrare nemmeno i delegati e i giornalisti. Riescono a uscire solo alcuni rappresentanti della rete internazionale Our world is not for sale, per solidarizzare da dietro le fila della polizia con i contadini in lotta.

Il capo della polizia di Hong Kong prova a seminare terrore, invitando gli abitanti di Wan Chai, il quartiere interessato dagli Scontri, ad allontanarsi perché «le forze dell’ordine non riescono più a garantire totalmente la sicurezza nella zona». Dentro la sala stampa si diffonde la voce che alcuni manifestanti sarebbero entrati nel perimetro del centro congressi. Inizia l’esodo di giornalisti, delegati ed esponenti delle ong verso l’entrata principale. Alla confusione dei negoziati si somma quella degli astanti. In tanti passano per i metal detector, che squillano di continuo, i ristoranti e i bar del Convention center chiudono i battenti, per qualche minuto la perfetta organizzazione cinese viene soppiantata da uno stato di pura anarchia. Nel frattempo le cariche della polizia riescono a disperdere i manifestanti nelle vie laterali, dove si organizzano presidi permanenti, in attesa delle prossime azioni e di una notte di veglia in attesa della manifestazione conclusiva. In serata i responsabili della polizia comunicano le «cifre» della giornata: 900 persone «circondate per strada», che possono tramutarsi in arresti, 36 feriti tra i manifestanti, 5 tra le forze dell’ordine. La manifestazione di oggi è in forse, non è da escludere che l’autorizzazione venga negata.

Sarà la prova del nove per la Hong Kong people’s alliance, che ha ospitato gli attivisti internazionali di tutto il mondo. Dopo essere un po’ scomparsa dietro le intimidazioni della polizia e la freddezza della popolazione nei primi giorni delle manifestazioni, proprio quando la gente di Hong Kong aveva iniziato a simpatizzare con i dimostranti, ha ripreso fiato ed ha pubblicamente sfidato l’atteggiamento della polizia. Gli scontri di ieri rischiano di rimettere nell’angolo gli attivisti locali, molto più focalizzati sulla loro battaglia per la democrazia locale che sulle ingiustizie del sistema globale. Wto o no la Cina incombe sempre su di loro.