Braccio di ferro nella maggioranza sul welfare, con Rifondazione comunista che nella notte ha abbandonato polemicamente la trattativa. Ieri sera c’è stato un primo vertice tra governo e capigruppo della commissione Lavoro della Camera per trovare un’intesa su qualche modifica-ai disegno di legge che recepisce l’accordo di luglio tra governo e sindacati. Poi un secondo vertice è cominciato alle 23, ma Rifondazione non c’è andata. Tra il primo e il secondo vertice il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, ha incontrato il presidente del Consiglio, Romano Prodi, e il sottosegretario, Enrico Letta. Quest’ultimo, al termine, ha detto: «Una soluzione in questi giorni si troverà». I punti più delicati riguardano i lavori usuranti, i contratti a termine e il lavoro a chiamata, disciplinati dagli articoli 1-9-11-13 del disegno di legge. Su questi articoli sono stati presentati una cinquantina di emendamenti dall’interno della stessa maggioranza, spesso di segno opposto.
Le sinistre radicali (Rifondazione, Pdci, Verdi e Sinistra democratica) chiedono di allargare la platea dei lavoratori usurati che potrebbero andare ogni anno in pensione in anticipo (il provvedimento prevede un limite di fatto di 5 mila l’anno) e vogliono aumentare i vincoli sui contratti a termine. Al contrario, alcuni emendamenti della Rosa nel pugno chiedono la soppressione dei benefici sui lavori usuranti e il ripristino del job on cali in alcuni settori. Il governo, sottolinea il sottosegretario al Lavoro, Antonio Montagnino, si oppone a qualsiasi aumento dei costi. Favorevole al disegno di legge anche il ministro Fabio Mussi (Sinistra democratica). Pagliarini ribadisce: «Vogliamo portare il provvedimento in aula il 26, come previsto, per concludere il 29». A questo punto, forse col ricorso al voto di fiducia.