Washington è contro l’unificazione della Corea?

La posizione degli USA nei confronti della Corea del Nord si inasprisce sempre più, man mano che prende forza il dialogo di pace tra Pyongyang da un lato e Seoul e Tokyo dall’altro. E’ viva l’impressione che l’avvicinamento tra le due Coree e l’ammorbidimento del clima nelle relazioni tra gli stati dell’Estremo oriente non rispondano agli interessi strategici degli USA nell’area.
Il vicesegretario di stato degli USA John Bolton, che ha avuto colloqui nella capitale russa, ha affermato in una conferenza stampa che gli USA non vedono che senso possano avere colloqui con la Corea del Nord, fino a quando Pyongyang non prenderà misure per l’eliminazione dell’armamento nucleare. Nel corso di un incontro con rappresentanti ad alto livello della Russia, Bolton ha dovuto sforzarsi non poco per convincere la parte russa della giustezza delle considerazioni americane, per quanto riguarda il contesto nucleare e missilistico. L’agenzia “Reuter” ha annunciato che, dopo il suo incontro con il responsabile del Consiglio per la sicurezza russo Vladimir Rushajlo, Bolton ha affermato: “si può dire che la Russia condivida la preoccupazione di Bush riguardo alla decisione della Corea del Nord di elaborare un programma di arricchimento dell’uranio, che rappresenta una palese violazione del Trattato di non proliferazione nucleare”.
A tal proposito si deve notare che il ministro degli affari esteri della Russia Igor Ivanov, in un’intervista all’agenzia “Interfax”, e il vice responsabile dello stesso ministero Gheorghij Mamedov, dopo l’incontro con Bolton, hanno voluto puntualizzare la posizione russa. In effetti la Russia si pronuncia per la rigorosa osservanza da parte di tutti i paesi, compresi quelli della penisola coreana, del Trattato di non proliferazione nucleare. E tutta l’attuale politica estera della Russia dovrebbe togliere ogni dubbio sul fatto che Mosca voglia conseguire tale obiettivo. Tale politica corrisponde prima di tutto agli interessi della Federazione Russa. Mosca, certamente non meno di Washington, che si preoccupa pur essendo lontana dalla Corea e dall’Iraq, potrebbe essere costretta a fronteggiare potenziali minacce ai suoi confini orientali e meridionali. Ma, per confermare le preoccupazioni di Washington circa i programmi nucleari e missilistici nord coreani, alla parte russa sarebbero necessarie prove certe che le preoccupazioni degli americani sono seriamente fondate. Gheorghij Mamedov ha comunicato ai giornalisti, che John Bolton avrebbe consegnato ai rappresentanti russi “informazioni confidenziali”, ma che, tuttavia, esse richiederebbero un’analisi approfondita, per poterne trarre conclusioni definitive.
Gli sforzi insistenti degli Stati Uniti, profusi per convincere il mondo e, prima di tutto, la Russia, che la Corea del Nord, i suoi dirigenti e la sua politica rappresentano una reale minaccia per la stabilità e la sicurezza regionale e mondiale, sono chiaramente non corrispondenti al quadro reale delle vicende che si sviluppano in Corea del Nord e nella regione circostante. Prima di tutto, la Corea del Nord, anche se con molta prudenza, sta uscendo dalla condizione di autoisolamento e si sta avviando, cosa riconosciuta da molti, sulla strada di un efficace sviluppo economico. In secondo luogo, essa aspira chiaramente a normalizzare le relazioni con i propri vicini, in particolare con gli ex nemici reali e potenziali, compresi Giappone e USA. In terzo luogo, molti paesi d’Europa, Asia e America lo hanno già compreso e si danno da fare non solo per non ostacolare il nuovo leader nord coreano nelle sue nuove azioni, ma anche per aiutarlo.
Ma come si comportano gli USA, sullo sfondo di questi sforzi comuni? Innanzitutto, continuano ad ammonire: “La Corea del Nord è uno dei componenti fondamentali dell’ “asse mondiale del male”. L’ambasciatore americano a Seoul, nonostante abbia affermato che Washington è intenzionata a ricercare una soluzione pacifica al problema delle relazioni americano-nord coreane, ha contemporaneamente precisato che la Corea del Nord è venuta meno alla fiducia accordata, violando gli accordi presi riguardo ai programmi nucleari. A tal proposito occorrerebbe non dimenticare che la Corea del Nord da un po’ di tempo non partecipa al Trattato di non proliferazione nucleare e che, contemporaneamente a quanto contestato a questo paese, programmi nucleari sono stati avviati da partner degli USA, come Israele e Pakistan, che, a quanto pare, li hanno realizzati. Inoltre, nonostante alcuni dei partner degli Stati Uniti non abbiano escluso un colpo nucleare nei confronti dei propri vicini, non pare proprio che abbiano subito le conseguenze di quella politica che Washington intende praticare con la Corea del Nord.
Viene seriamente il dubbio che, nella politica degli Stati Uniti verso la Corea del Nord, vengano applicati gli standard irakeni. E’ il classico approccio dei “due pesi e due misure”, che è diventato attributo caratterizzante l’intera politica estera americana. Per questa ragione, i diplomatici russi mettono in guardia Washington dal continuare a preferire tale politica. Gheorghij Mamedov ha fatto notare al suo collega Bolton che la situazione nel mondo è già abbastanza tesa, in conseguenza dell’insistenza sul cosiddetto “asse del male” e della pubblicazione di nuove dottrine militari, come quella dell’attacco preventivo. “Noi riteniamo che tali atteggiamenti possano solo inasprire la situazione. Non favoriscono certo la risoluzione dei problemi della non proliferazione”, ha voluto sottolineare Mamedov, proprio durante l’incontro con Bolton.
In relazione al dialogo che oggi la Russia e gli USA conducono sul problema nord coreano, bisognerebbe far presente alla parte americana l’inefficacia e l’insensatezza del suo approccio a un partner orientale così difficile come la Corea del Nord. Nella posizione americana sul problema, c’è una notevole dose di ipocrisia, che serve a nascondere i veri obiettivi di Washington. In primo luogo, gli americani sono perfettamente consapevoli che proprio la politica di contrapposizione, praticata da sempre nei confronti della Corea del Nord ha favorito l’elaborazione e la realizzazione di piani nucleari e missilistici in quel paese. Inoltre, i servizi segreti americani sono in grado di sapere che i fisici nucleari nord coreani sono interessati più al plutonio che all’uranio. Alla CIA sanno che, per lavorare sull’uranio, per il suo arricchimento, alla Corea del Nord sono necessari una infrastruttura estremamente sviluppata e ingenti investimenti di capitale, di cui non dispone. Così, se anche Pyongyang pensasse di elaborare l’uranio, non ne avrebbe comunque la forza. E se anche ne disponesse, sarebbe certamente sufficiente per poco tempo. E’ così che i timori, espressi dagli americani riguardo al lavoro su uranio arricchito, appaiono se non del tutto infondati, perlomeno prematuri.
Ma perché allora gli americani hanno bisogno di tutto questo chiasso attorno ai programmi nucleari e missilistici della Corea del Nord? E’ chiaro che alimentare una continua tensione nella penisola nord coreana, ed anche nelle relazioni tra Pyongyang e i suoi vicini dell’Estremo oriente, rende legittima la presenza di significativi contingenti militari americani non solo nella Corea del Sud, ma anche in Giappone, a Guam e nell’intera regione dell’Oceano Pacifico. Evidentemente la politica di avvicinamento tra la Corea del Nord e quella del Sud, e in prospettiva quella della loro riunificazione, contraddice seriamente gli obiettivi strategici degli USA.
A tal riguardo, non si può neppure escludere anche l’intenzione degli USA di rafforzare il controllo sugli sviluppi della situazione nella regione dell’Oceano Pacifico, con l’obiettivo di impedire la crescita dell’influenza russa e l’avanzata degli interessi economici russi. Del resto, una politica analoga è stata attuata da Washington anche nella situazione del Kossovo e, più in generale della Jugoslavia, e chiaramente viene condotta adesso con la tensione provocata attorno all’Iraq. E si deve mettere nel conto anche l’aspirazione degli USA a spingersi all’interno dell’Asia Centrale. Alla luce di tale politica americana, la Russia potrebbe, in prospettiva, trovarsi in una posizione politica ed economica molto scomoda.

L’articolo è comparso nel sito del servizio d’informazione nazionale “strana.ru”

Traduzione dal russo
di Mauro Gemma