“Vorrei dire al Congresso Usa: la vostra guerra ha distrutto il mio Paese”

La dr. Rashan Zidan, e le donne irachene, stanno lavorando instancabilmente per tenere insieme le famiglie attraverso gli orrori della guerra. Dopo che il gruppo di attiviste con sede negli Usa CODEPINK l’aveva candidata, i lettori di OneWorld in tutto il mondo l’hanno votata “Persona del 2006”.

A febbraio, abbiamo dato ai lettori di OneWorld la possibilità di inviare domande per la dr.ssa Zidan a Baghdad. Ecco quello che ha detto.

Jeffrey Allen: La settimana scorsa, durante la grande protesta contro la guerra a Washington, ho visto un cartello che diceva che “il 71% degli iracheni vuole che gli Usa se ne vadano entro settembre”. Pensa che sia vero? Cos’è che vuole la maggior parte degli iracheni dal governo degli Stati Uniti?

Rashad Zidan: Vorrei che il governo Usa avesse fatto questa domanda alla maggior parte degli iracheni prima dell’invasione. Questa cifra è stata presa da un sondaggio americano fatto nel settembre 2006, e io credo che la percentuale di iracheni che la pensa in questo modo in realtà sia maggiore. In Iraq, la popolazione è di circa 25 milioni, e a sostenere l’occupazione non sono più di 1 milione. Questa guerra ha distrutto le infrastrutture del nostro Paese. Ha ucciso centinaia di migliaia di civili, creando un numero enorme di vedove e orfani che non hanno nessuno che si prenda cura di loro. Ha sciolto l’esercito iracheno, aprendo le frontiere a insorti di tutti i tipi, armati di armi pesanti, addestrando criminali e milizie che sono al di sopra della legge. Di fronte alla miseria della nostra vita quotidiana, cosa possono dire gli iracheni qualunque agli occupanti americani?

Joe T.: Pensa che il problema principale sia la guerra civile? Oppure sta succedendo qualcos’altro che impedisce alla sicurezza di diventare realtà in Iraq?

Rashad Zidan: Fin dal primo giorno dell’occupazione, abbiamo cominciato a sentire queste parole strane, come maggioranza, minoranza, divisione etnica, guerra confessionale, etc. Noi non le capivamo perché non era questo il modo in cui pensavamo al nostro Paese. L’occupazione è servita a separare la gente, a dividerla in gruppi, e a mettere questi gruppi gli uni contro gli altri. In un primo tempo, le armi di distruzione di massa e al-Qaida sono state date come pretesti per invadere il nostro Paese. Adesso, la guerra civile viene utilizzata come pretesto perché gli occupanti rimangano.

Donna M.: Come possono le donne irachene sostenere di tenere insieme le loro famiglie, quando in Medio Oriente la popolazione maschile non permette a “LEI” di avere alcuna voce in capitolo nelle questioni familiari? E’, ed è sempre stata, una società completamente dominata e controllata dai maschi. Le donne irachene non hanno alcuna libertà di fare o dire qualunque cosa che vada contro il [volere del] marito. Se una donna sceglie di lasciare un marito che stava appoggiando gli insorti, che cosa farà …può divorziare, le sarà consentita la custodia dei figli?

Rashad Zidan: Malgrado quello che vedete sulla stampa americana, prima dell’invasione le donne irachene avevano una vera parità di fronte alla legge nel nostro Paese. Nella giurisprudenza islamica, è da mille e cinquecento anni che la donna viene considerata con parità assoluta. Sfortunatamente, in molti Paesi islamici questa parità non è stata rispettata. Ma in Iraq, per decenni, le donne con una buona istruzione hanno capito chiaramente i loro diritti e hanno lavorato sodo per mantenerli. In Iraq, avevamo leggi nazionali molto buone sotto questo aspetto, un fatto che è stato sottolineato da uno studio dell’UNDP nel 1994.

Da quando è iniziata l’occupazione, e in assenza di una autorità nazionale, sono venute fuori nuove fonti di autorità, come i capi tribù, i leader religiosi, le milizie, etc. Questo ha avuto come conseguenza un deterioramento dei diritti umani in generale, e di quelli delle donne in particolare. Adesso stiamo insistendo perché il Parlamento ripristini la legislazione precedente riguardo alla parità delle donne.

Ma anche al di là dello status legale delle donne, il caos e la violenza che adesso regnano in Iraq a causa delle forze di occupazione, delle milizie, e degli insorti rende miserabile la vita delle donne nel nostro Paese. Non siamo libere nemmeno di uscire fuori dalla porta con i nostri figli essendo sicure che riusciremo a tornare a casa vive.

Dolphi D.: Dr.ssa Zidan, è gratificante sapere che la società da lei fondata lavora per aiutare le donne irachene in difficoltà nel modo più essenziale, fornendo assistenza sanitaria, fondi, istruzione per i bambini, alfabetizzazione, e sviluppo di modi per procurarsi reddito.

Dovete fronteggiare resistenze da parte di qualunque settore della società o delle autorità?

Il fatto di venire collegate a CODEPINK, e i vostri sforzi per far conoscere al pubblico Usa le condizioni delle donne irachene potrebbero essere visti con sospetto e avversione da molti in Iraq. Com’è la risposta negli Usa, e quale la reazione dello spaccato della stampa irachena?

La maggior parte delle donne in Iraq hanno perso i loro mariti, fratelli, e figli, a causa delle continue guerre, della violenza, e dell’oppressione politica che hanno coinvolto una intera generazione. Hanno visto i giorni in cui si viveva in maniera in qualche modo benestante e nel comfort scomparire fino ad arrivare a una totale indigenza, stenti, e lavori umili. Si sono abituate alla mancanza di strutture civiche, servizi pubblici, assistenza sanitaria, e a quella di farmaci salvavita. I punti di vista personali intimi di donne che hanno vissuto tali esperienze estremamente dolorose nel corso di una generazione su questioni come la guerra, la forma di governo, la società, il ruolo delle donne, la religione, e la cultura occidentale sarebbero davvero illuminanti. Può dirci qualcosa in proposito?

Rashad Zidan: Attraverso la mia organizzazione stiamo cercando di fare di tutto per aiutare il maggior numero possibile di persone. Non ci occupiamo di politica, ma ci interessa il compito pratico di cercare di migliorare la vita delle vedove e degli orfani. Attualmente, ci sono più di un milione e mezzo di vedove create da questa guerra, e le autorità non vogliono che il mondo sappia di questo fatto spaventoso, quindi questo crea una certa pressione su di me perché io non parli chiaro. Quanto al lavorare assieme a CODEPINK, abbiamo un messaggio da diffondere, e siamo grate a tutti coloro che ci aiutano a pubblicizzarlo. Quando ero negli Stati Uniti l’anno scorso sono rimasta sorpresa dal numero di persone che hanno espresso la loro solidarietà per le vittime di questa guerra.

Victoria O.: Rashad Zidan, penso che se è rimasto qualcosa di buono nel mondo stia in persone come te. Quindi che tu possa essere sempre al sicuro, e protetta dai tuoi angeli.

Volevo anche affrontare una questione che mi rende perplessa. Sono studentessa negli Stati Uniti, vedo che anche nella mia vita “lussuosa” nel mondo i ricchi stanno diventando più ricchi e i poveri più poveri. Capisco anche che la tua gente, e donne e bambini innocenti stanno soffrendo, e che il governo è lento ad agire, ma veloce ad agire contro gli attacchi dei terroristi. Ma la mia vera preoccupazione sono i media. Sappiamo che i media sono uno strumento molto potente per ottenere l’attenzione del mondo. Dopo l’attacco dell’11 settembre contro gli Usa, il mondo intero ha avuto la possibilità di vedere di che atto devastante si sia trattato. Ma col passare degli anni, hanno visto anche le sofferenze e gli orrori della guerra.

Ricordo le immagini in televisione di quando ero studentessa: era notte in Iraq, e le bombe volavano dappertutto nei vostri cieli. Il mio problema è che i media non parlano di ciò che potrebbe essere, ma parlano dell’orrore che è. E quello che voi fate per gli iracheni è ciò che potrebbe essere. E’ un lavoro di ottimismo. Quindi, perché, secondo te, i media in Iraq e negli Usa non fanno di più per parlare delle ingiustizie che tu dici che l’Iraq si trova a fronteggiare? Perché non parlano del lavoro ottimo che state facendo? Perché i media trascurano persone come te, che fanno giustizia per aiutare le donne nella loro condizione difficile, e invece scelgono di parlare del numero di soldati uccisi e del processo a Saddam Hussein e ai suoi collaboratori?

Rashad Zidan: Uno dei problemi principali nel mondo è la mancanza di media neutrali, equilibrati, e attendibili. Quando ero negli Stati Uniti, l’anno scorso, ho visto che alcune delle emittenti riferiscono solo quello che il governo vuole che la gente senta, non quello che succede davvero.

Il lavoro che faccio mostra la parte tragica dell’invasione: le vedove, gli orfani, i portatori di handicap, e le vittime delle armi chimiche. Se negli Stati Uniti le persone vedessero veramente quello che il loro governo ha fatto in Iraq, metterebbero fine a questa guerra. Quindi è troppo pericoloso mostrarlo nei telegiornali della sera.

Negli Stati Uniti ho visto anche molte persone che protestavano contro la guerra. Volevano che tutti sapessero quanti soldati Usa sono morti e come stanno soffrendo gli iracheni. Queste persone hanno un gran cuore, punti di vista compassionevoli, e motivazioni umane.

Judith Baker: Se il Congresso americano seguisse i suoi consigli, che cosa gli direbbe di fare?

Rashad Zidan: Vorrei dire al Congresso americano: la vostra guerra ha distrutto il mio Paese. Dovete riparare quello che avete distrutto, e poi lasciarci in pace. Non mentite alla vostra gente. Per quanto cerchiate di nascondere la verità, essa splenderà come un sole che sorge.

Gavin R.: Sembra che la maggior parte della discussione generata dai mass media negli Stati Uniti sul coinvolgimento della coalizione guidata dagli Usa in Iraq tenda a venire espresso e/o compreso in termini assai polarizzati, partigiani, come se la situazione fosse o totalmente negativa/evitabile o in generale meritevole/inevitabile, in teoria, anche se, lo si ammette, problematica da mettere in pratica. Sembra esserci un consenso generale sul fatto che i risultati finora non siano positivi come ci si aspettava all’inizio, a causa, in parte, di una aspettativa non realistica riguardo alla reazione della massa degli iracheni alla “liberazione” dal regime totalitario di Saddam.

Sui media si fa riferimento di frequente agli iracheni, in genere rappresentati o come vittime della lotta tra le forze della coalizione e gli insorti, e che temono che le forze occupanti se ne vadano troppo presto, o poco più che favoreggiatori degli insorti, dato che non si oppongono o condannano apertamente la violenza di questi ultimi (che vogliono che le forze di occupazione se ne vadano al più presto possibile).

Su questo, la popolazione irachena è ideologicamente divisa come quella americana, oppure c’è un consenso generale (in un modo o nell’altro – o in qualche altra direzione ancora non articolata) riguardo alla caduta di Saddam, al tentativo di instaurare la democrazia, al tentativo di aiutare nella ricostruzione di scuole e altre infrastrutture, etc?

Rashad Zidan: Non posso dirvi cosa pensano tutti gli iracheni. Ma posso dirvi che perfino coloro che volevano sbarazzarsi del regime di Saddam Hussein sono inorriditi da com’è adesso la nostra vita quotidiana. Un governo centrale efficace e sistematico è scomparso. Ciò che è rimasto è il governo confessionale sostenuto dalle milizie. Non c’è tranquillità, non c’è sicurezza, e certamente non c’è democrazia.

Melissa F.: Ammiro veramente i suoi sforzi e la sua dedizione. Sento così tante cose differenti sulla guerra, e a volte è difficile capire che cosa vogliono effettivamente gli iracheni e di cosa hanno bisogno. Riceviamo informazioni talmente limitate dai media che sembrano sostenere sempre più una “agenda” o un’altra.

Gli Usa hanno avuto una storia di ritirarsi e abbandonare la nave, e lasciare la gente in circostanze disperate. A parte la politica, quello che mi preoccupa è quando alla gente qui in America viene fatto credere che “laggiù” tutti quanti ci odiano e vogliono farci del male. Penso che questa sia una convinzione talmente pericolosa, e una che è stata loro venduta nel tempo. Quando vediamo le cose in bianco e nero, trascuriamo il fatto che, anche se le donne hanno bisogno di aiuto nel campo dell’istruzione, dell’assistenza sanitaria, e di aiuto economico (specialmente dopo aver perso il marito e la famiglia), non sono scontente della loro cultura in generale, e il fatto che, in quanto esseri umani, vogliamo tutti le stesse cose.

Sono una fotografa che crede davvero che le immagini abbiano un modo di esprimere le emozioni e le storie che aiutano la gente a capire. Ho lavorato molto osservando i riti e le religioni di culture diverse, nel tentativo di mostrare quanto siamo simili tutti, e che le altre credenze non sono una minaccia per nessuno. Vorrei concentrami di più sui problemi delle donne, e spesso sono turbata dalla convinzione, che ritengo sia lontana dalla verità, secondo cui tutte le donne stanno male perché provengono da una cultura musulmana. Vorrei vedere maggiore comprensione, e una accettazione delle nostre diversità, invece che una paura nei loro confronti. Vorrei davvero lavorare su alcune storie di donne che stanno contribuendo a cambiare le cose e hanno la capacità di mostrare la realtà degli stenti che devono affrontare, nonché di cosa è importante per loro della loro cultura.

Per quello che posso dire, gli iracheni vorrebbero sapere quando gli verranno restituiti il controllo e la responsabilità del loro Paese, sapendo che saranno appoggiati durante tutta questa transizione. Per favore, ci consigli qualunque storia o opportunità che offrire una possibilità di mostrare agli americani quello che gli iracheni vorrebbero che capissero della loro cultura e delle loro attuali sofferenze.

So che ho trovato la cultura musulmana assai pacifica, accogliente, e cortese. Vorrei che altri lo sperimentassero, e potessero guardare alle crisi che si stanno affrontando senza dimenticare il fatto che tutti vivono i traumi e le afflizioni in un modo assai simile.

Rashad Zidan: L’anno scorso, dopo che sono ritornata dagli Usa, stavo spiegando in una riunione organizzata dalla mia associazione alcuni degli eventi speciali che mi erano capitati nel corso della mia visita. Uno di questi era la storia di due genitori americani che avevano perso il figlio nella guerra. Li avevo incontrati nella Carolina del Nord. Dopo la riunione, una delle donne irachene del nostro gruppo è venuta da me e ha cominciato a dirmi quanto fosse addolorata per quei genitori. “Posso sentire il loro dolore”, ha aggiunto, “perché anch’io ho perso mio figlio quando gli americani hanno bombardato la mia casa”. Sentiamo il dolore nello stesso modo.

Gael M.: Penso spesso a te, e spero che tu e la tua famiglia stiate bene. Sono così triste per quello che sta succedendo a Baghdad. Spero che i tuoi genitori e tuo fratello se la stiano cavando. Diciamo tutti i giorni, a chiunque voglia ascoltare, che i soldati devono cominciare a tornare a casa immediatamente. So che Bush sta dicendo proprio il contrario, e questo per noi è un problema serio. Stiamo cercando di fare tutto il possibile per mettere fine all’occupazione. La maggioranza della gente, compresi generali, diplomatici, parlamentari, e gli iracheni sanno che la politica di Bush è sbagliata. Spero che tu stia dicendo a tutti lì che noi siamo americani impegnati, che stanno lavorando sodo per la pace in Iraq. Il nostro numero sta crescendo e sta crescendo anche la nostra rabbia. I membri della Camera stanno presentando le loro posizioni sull’Iraq e la loro opinione sul “balzo” di Bush, e sul fatto di inviare altre truppe. La maggior parte è contraria, ma molti vogliono che la guerra continui. Quindi noi continueremo con le nostre proteste.

Mando a te e alla tua famiglia i miei migliori auguri, e non vedo l’ora che venga il giorno in cui li incontrerò.

Rashad Zidan: A volte gli esseri umani non possono aspettarsi che cose importanti vengano da piccole cose. Grazie per il lavoro che fai come messaggera di pace e verità. Grazie per il tuo sostegno e per la tua comprensione per la sofferenza degli iracheni. CHE DIO BENEDICA TE e TUTTI I COSTRUTTORI DI PACE.

Emanuel Patsurakis: Ciao, vorrei chiederle che tipo di problemi devono affrontare le donne in Iraq, e se questi problemi ci sono in ogni regione del Paese. Questi problemi sono stati causati dal conflitto, o esistevano prima dell’occupazione Usa? Secondo lei, che cosa bisognerebbe fare in Iraq per occuparsi meglio dei problemi che colpiscono gruppi sociali come le donne e i bambini nella situazione attuale? Quali pensa che sarebbero le conseguenze di un ritiro Usa dal Paese per le donne e i bambini iracheni? Continui così.

Rashad Zidan: Ritengo che l’occupazione sia la fonte principale della violenza. Mettere fine all’occupazione fissando un calendario per il ritiro alla fine aiuterà a fermare la violenza. Abbiamo anche bisogno di risarcimenti equi per coloro che sono stati colpiti dalle operazioni militari: vedove, orfani, i portatori di handicap, lavoratori, agricoltori, militanti precedenti, etc. Questo tipo di assistenza assorbirà l’odio e la violenza. Abbiamo bisogno di una ricostruzione rapida, pulita, e trasparente delle nostre infrastrutture. Abbiamo bisogno di un processo di riconciliazione nazionale equilibrato, con il rispetto della legge per tutti. E un punto finale: negli Stati Uniti dovrebbe esserci un programma educativo per tutti i bambini, per insegnargli a rispettare altri popoli e religioni, in modo che questo tipo di guerra non accada di nuovo.

Katie Gresham: Prima di tutto, devo farle sapere quanto lei sia una ispirazione per le donne e i giovani in tutto il mondo. Non tutti, in un Paese devastato dalla guerra, sarebbero in grado di raccogliere pezzetti di ottimismo e di speranza per creare con successo una organizzazione meravigliosa come la sua.

Molti studenti universitari negli Stati Uniti sono contro l’escalation della guerra, e un numero anche maggiore sono turbati dagli effetti orribili della guerra in Iraq. Come possono gli studenti universitari, che potrebbero non essere in grado di donare [soldi], aiutare la vostra attività? Quale consiglio darebbe a uno studente universitario di un Paese influente come gli Usa per sollecitare un cambiamento nella politica del suo Paese? Non credo che il problema sia una mancanza di passione, ma semplicemente una mancanza di conoscenza su come aiutare, e di un ottimismo sufficiente a pensare che una persona possa contribuire a cambiare le cose.

Grazie perché da ai giovani d’oggi un esempio da seguire e verso cui lavorare.

Rashad Zidan: Il mio primo consiglio è quello di leggere la storia per scoprire la verità. La guerra in Iraq non è la prima volta in cui gli Stati Uniti hanno causato questo tipo di distruzione. La violenza genera violenza. Questa “guerra al terrorismo” sta solo creando altri terroristi.

Il denaro non è il solo tipo di aiuto che si può dare. Si possono anche offrire consigli, parole di sostegno, e si può parlare ad altri. Il profeta Maometto diceva: “Se vedi qualcosa di sbagliato, cerca di cambiarlo con le tue mani. Se non puoi, allora cerca di cambiarlo con le tue parole. Se non puoi, tieni a mente il fatto che continua a essere sbagliato, così non penserai mai che è giusto”. Questa è una lezione importante che dovete imparare. “Trattate gli altri nel modo in cui vorreste essere trattati”. Odiate l’ingiustizia, l’occupazione, l’uccisione di civili che provoca solo sangue e lacrime.

Alexandra B.: Sono interessata a conoscere la sua opinione su Irshad Manji e il suo libro “The Trouble with Islam Today” [Il problema dell’Islam oggi NdT].

Rashad Zidan: Mi spiace, ma non ho idea di questo libro. Sarei molto interessata a leggerlo.

Lys Anzia: Dr.ssa Zidan, grazie per avere accettato la mia domanda. Attualmente sto mettendo insieme un programma radio da distribuire sulle donne del mondo d’oggi e l’abbigliamento femminile islamico per WINGS – il Women’s International News Gathering Service. So che questo potrebbe essere un argomento delicato, ma la sua condizione di medico donna nella società irachena porterebbe un grande contributo a una maggiore comprensione occidentale su questo tema. Se non ci sono problemi, potrei chiederle qual è l’opinione attuale della maggior parte delle donne che lei conosce in Iraq sull’indossare o no l’hijab [velo islamico NdT]? Grazie per qualunque chiarificazione e/o opinione su questo.

Rashad Zidan: Esistono molti modi diversi di essere un musulmano praticante. Per quanto mi riguarda, indosso l’hijab da quando ero alla scuola superiore. Questo modo di vestire sottolinea meno gli attributi fisici di una donna, e più l’opera delle sue mani, della sua mente, e della sua anima. L’hijab non ha rappresentato un problema durante i miei studi universitari o durante il mio lavoro in diversi ospedali. Non ha rappresentato un problema quando mi sono sposata, quando ho portato i miei figli al campo giochi, o quando guidavo la macchina. E’ stata una mia scelta. Da quando è iniziata l’occupazione illegale, in Iraq ci sono autorità che stanno cercando di imporre questo modo di vestire alle alunne e alle donne per motivi religiosi. Io credo che questo sia sbagliato. Le donne dovrebbero poter scegliere cosa indossare, e non essere obbligate a vestire in un certo modo.

[La dr.ssa Rashad Zidan, farmacista e madre di quattro figli, colpita dalle devastazioni provocate in Iraq dalla guerra, ha fondato nel giugno la Knowledge for Iraqi Women Society, una organizzazione che si occupa di aiutare le donne in difficoltà, fornendo loro aiuto finanziario, assistenza medica, e formazione.

L’organizzazione ha attualmente 70 effettivi di personale, e oltre 300 volontari in tutto l’Iraq.