«Vorrei chiudere Guantanamo»

Anche Cindy Sheehan al meeting anti-Bush. C’era anche la «peace mom» Cindy Sheehan (nella foto ap) alle manifestazioni che, a Vienna, hanno protestato contro la presenza del presidente degli Stati Uniti Bush, in Austria per il vertice Usa-Ue. La pacifista americana ha preso parte alla principale delle manifestazioni, che ha portato circa 15mila persone a sfilare per Vienna fino a «conquistare» pacificamente la Hofburg, l’ex palazzo imperiale dove si è svolto il vertice.
Dopo i proclami della vigilia, proclami di difesa dei diritti umani, l’incontro tra l’Europa e Bush si conclude seguendo il copione di sempre, quello del vogliamoci bene. Indipendentemente da Guantanamo, dai voli trans-europei della Cia e da qualche divisione che comunque continua ad esserci, e cresce, tra le due sponde dell’Atlantico.
La parolina magica Guantanamo sparisce dalle conclusioni del vertice Ue-Usa, sostituita da un più generale richiamo al rispetto dei diritti umani nella lotta al terrorismo. Invece delle operazioni della Cia in Europa Bush, l’anfitrione austriaco Schuessel, Solana e Barroso non hanno nemmeno parlato. Zitti su un tema che pure lo stesso cancelliere austriaco aveva promesso di sollevare solo 24 ore prima dell’inizio del vertice. Promessa non mantenuta. Un silenzio che viene bene a entrambe le parti: meglio non mettersi in difficoltà a vicenda.
Su Guantanamo l’Europa fa uno sforzo, ci prova, dice a Bush che andrebbe chiuso, un tentativo spinto dai tre suicidi della settimana scorsa e dal Parlamento europeo che in due occasioni, l’ultima sempre una settimana fa, aveva chiesto a larghissima maggioranza agli Usa di chiudere un carcere avulso da qualsiasi rispetto delle leggi internazionali. Va anche detto che il tentativo è tardivo, visto che quell carcere funziona a pieno regime dal 2002.
Bush non si scompone di fronte alla richiesta, semplicemente ripete con parole un po’ diverse la medesima litania avanzata lo scorso 14 giugno durante il suo viaggio a sorpresa in Iraq: «La pressione internazionale cresce e capisco le preoccupazioni degli europei, vorrei chiudere Guantanamo facendo uscire tutti i detenuti, ma ce ne sono alcuni che necessitano forzatamente di essere processati dai tribunali americani». Tra loro, assicura Bush, ci sono «assassini a sangue freddo, dei veri killer che potrebbero uccidere una volta scarcerati e rimandati nelle strade». In sostanza gente da tenere rinchiusa senza alcun diritto in attesa che il tribunale supremo nordamericano decida «quale sia l’istanza adeguata» per processarli. Il presidente americano chiede pure «l’assistenza» delle istituzioni internazionali, una bella trovata per chi non ha fatto altro che gettare discredito su di loro.
In pratica, agli europei Bush risponde con un vi capisco, sono d’accordo, ma sorry, non è possibile visto che stiamo parlando di gente assai pericolosa: «Non possiamo lasciarli liberi per strada». Schuessel insiste che «gli Usa dovrebbero portarli di fronte ad un tribunale o liberarli» ma qui finisce la polemica, visto che poi il presidente di turno della Ue preferisce non calcare la mano e pescare più dalla storia che dalla dichiarazione sui diritti umani. «L’Austria – afferma il cancelliere – è un chiaro esempio di come gli Usa possono essere fattore di pace, di stabilità e di prosperità. Senza gli Stati uniti, senza il Piano Marshall, l’Austria e l’Europa non sarebbero oggi prospere». Una frase buona anche per confutare, a parole, i sondaggi che indicano come per gli europei, austriaci compresi, la prima minaccia alla stabilità del pianeta non siano l’Iran, la Corea del Nord o la Cina, ma lo Zio Sam. La stampa ne chiede conto, il presidente americano è in difficoltà, ma è proprio qui che il presidente austriaco soccorre l’ospite americano. «E’ grottesco», dice Schuessel, «assurdo», l’eco di Bush. Per lui l’inchiesta dimostra che «la gente non ha apprezzato ciò che abbiamo fatto in Iraq», ma soprattutto che «ha dimenticato la lezione dell’11 settembre, per voi quello fu un momento per noi un punto di svolta». Il cancelliere fa notare che anche l’Europa «è stata colpita a Madrid e Londra», ma siamo solo alle frasi a salve. Se il presidente Usa finisce la conferenza stampa un po’ nervoso, va anche detto che i partner europei si sono ben guardati dall’affondare i colpi, anzi hanno mantenuto un profilo molto più basso di quello promesso alla vigilia.
Andando sui temi potenzialmente meno conflittuali, Usa ed Ue dimostrano una volta di più di avere identità di vedute su Hamas – «deve riconoscere Israele» – e sulla Corea del Nord mentre sull’Iran l’unica sfumatura è sui tempi, con Bush che ha più fretta dell’Europa (l’Iran ha detto che risponderà alla fine di agosto al pacchetto di proposte che gli è stato presentato, un improvvisato vertice telefonico tra le grandi potenze ha replicato che Tehran deve rispondere «in settimane, non mesi»). Siamo invece solo alle prove di dialogo strategico nel settore dell’energia – un terreno buono anche per punzecchiare la Russia – e in quello del cambio climatico, in cui fino ad ora le parti hanno avuto posizioni assai distanti.
Fuori, in una Vienna blindata oltremisura, hanno manifestato in alcune migliaia, senza incidenti, ma con tantissimi poliziotti. Oggi Bush è in Ungheria, da lui ci si attende un affondo contro la Russia.