Voli segreti Cia, il Consiglio d’Europa incalza Washington

La grana dei voli segreti Cia continua a crescere nelle mani degli uomini e delle donne dell’amministrazione Bush. Dopo i giornali e alcuni governi, ieri ci si è messo anche il Consiglio d’Europa a bacchettare la Central Intelligence Agency.
L’organismo continentale che tra le altre cose vigila sui diritti umani – un’istituzione esterna all’Unione, della quale fanno parte ben 46 Paesi – ha reso noti i risultati di un’indagine secondo i quali, le accuse agli 007 statunitensi «sono credibili».
Il presidente del Comitato sui diritti umani, il senatore svizzero Dick Marty, ha diffuso una nota ufficiale molto dura, nella quale si spiega che «Gli elementi raccolti fino ad oggi tendono a rafforzare la credibilità delle accuse relative al trasporto e alla detenzione temporanea di detenuti all’interno di alcuni Paesi europei al di fuori da qualsiasi procedura giudiziaria». A sostenere questa affermazione, spiega Marty, ci sono anche alcuni provvedimenti giudiziari in singoli Paesi europei dove la magistratura ha raccolto prove su trasferimenti «condotti
al di fuori da qualsiasi standard legale».
Un bel colpo per la strategia difensiva adottata dal segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice, che durante il suo tour europeo, la scorsa settimana, ha affermato con sicurezza che tutte le operazioni di intelligence degli Stati Uniti vengono condotte all’interno delle regole dei Paesi dove si svolgono. In pratica la Rice non nega il fatto che ci siano stati dei trasferimenti, ma insiste sul fatto che queste operazioni
non implicano violazioni dei diritti umani. I prigionieri, insomma, non sarebbero stati presi, custoditi in prigioni segrete, trasferiti in Paesi dove i diritti umani non vengono rispettati, per essere torturati. Secondo Washington, infatti, gli agenti della Cia non possono violare le convenzioni internazionali, a prescindere dal luogo in cui agiscono. Perché, allora, la Rice è stata così vaga, si chiede il relatore sui diritti umani del Consiglio? Secondo Marty, Washington dovrebbe escludere quelle missioni oppure fornire i particolari. Se non è successo nulla di male, perché non parlarne? Il Consiglio d’Europa ne ha anche per gli stati membri. Se sul territorio di un qualche Paese ci fosse – o ci fosse stata – davvero qualche prigione segreta e il governo ne fosse stato a conoscenza, si tratterebbe di una grave violazione del diritto internazionale e per questo, ha spiegato il senatore svizzero, ci sono sanzioni e procedimenti. Marty ha comunque precisato che per
adesso non ci sono prove a carico degli stati. Nei giorni scorsi, sui media, si era parlato di prove sull’esistenza di queste prigioni Cia in Romania e Polonia. A questo punto, la pressione su Bruxelles perché apra un’inchiesta si fa davvero forte. Fino a ieri la Commissione
europea non ha voluto avviarne. Già oggi, però, il Parlamento europeo, in occasione della conferenza dei capigruppo, potrebbe decidere di avviare sulla questione dei voli segreti e delle carceri Cia una commissione di inchiesta temporanea.
I servizi giuridici del Parlamento di Strasburgo avevano bocciato l’ipotesi di una commissione d’inchiesta spiegando che i voli segreti della Cia «non presentano legami diretti con una possibile violazione dei diritti comunitari ». La presa di posizione del Consiglio rende comunque pressante il bisogno di un qualche intervento e l’istituzione di un organismo “ad hoc”, più flessibile rispetto alla commissione d’inchiesta, sembra la strada praticabile. A proporre questa strada sarà il capogruppo del Pse, il tedesco Martin Schultz, a decidere sarà la sessione parlamentare di gennaio. «Desidero fare chiarezza sui rapporti tra Stati Uniti ed Unione europea – ha detto Schulz in conferenza stampa a Strasburgo – se ci sono stati veramente casi di detenzione illegale e violazione dei diritti umani». Per questo, ha aggiunto «noi vogliamo che ci sia almeno una commissione temporanea per avviare un’indagine e per sapere se ci sono state violazioni».
Fino ad oggi, inchieste giudiziarie sono state aperte in Spagna, Svezia e Islanda, mentre la Gran Bretagna, nella veste di presidente di turno dell’Unione europea, ha chiesto spiegazioni agli Usa.