Vodafone, accordo bocciato

I call center tornano a riscaldarsi dopo l’accordo di dicembre con il gruppo Cos e la pausa natalizia, contrassegnata dalle votazioni nell’azienda di Alberto Tripi. Ieri Atesia è tornata in sciopero (contro il licenziamento di 4 lavoratrici e in polemica con la stabilizzazione dei 6300 cocoprò in part time da 4 ore), la Wind da diversi giorni è in presidio contro l’esternalizzazione del call center di Sesto San Giovanni, e ora scoppia il caso Vodafone: il 60% dei lavoratori ha respinto l’accordo su ferie e diritti sindacali siglato il 14 dicembre scorso, e ieri le segreterie nazionali di Slc, Fistel e Uilcom hanno inviato la lettera di disdetta all’azienda. Un’intesa che fa discutere non solo per i suoi contenuti, ma anche per la polemica che contrappone parte delle Rsu alla segreteria della Slc Cgil.
Il nodo del contendere sta nelle ferie, che venivano fissate diversamente rispetto al passato, in un sistema ritenuto peggiorativo dai dipendenti. C’è poi il tema delle assemblee e delle comunicazioni sindacali, ridotte nella loro agibilità. Scontro, infine, anche sui passaggi dei lavoratori part time da 5 a 6 ore, in particolare sul numero degli aventi diritto. Vodafone ha circa 9 mila dipendenti a tempo indeterminato distribuiti in 8 call center (Milano, Ivrea, Padova, Bologna, Roma, Pisa, Napoli e Catania), ma negli ultimi anni ha frenato sulle assunzioni a tempo indeterminato, ricorrendo al lavoro interinale e agli appalti, verso gruppi come Cos o E-care. Le esigenze di picco – ad esempio i periodi natalizi – vengono coperti anche con gli straordinari.
Con queste premesse, la richiesta più importante per i lavoratori era quella di vedere passati da 5 a 6 ore tutti i dipendenti che ne avrebbero fatto richiesta, mentre nell’accordo si fissa un numero preciso, ovvero 450. «Non è una cosa da poco – spiega Salvatore Musella, delegato Slc di Napoli – Secondo i nostri calcoli le richieste di passaggio sono di solo qualche decina in più, dunque ritenevamo determinante che non si lasciasse all’azienda la possibilità di scegliere chi accettare e chi no». Anche Sandro Borroni, Rsu Bologna, spiega che «il pilastro politico dell’accordo è proprio scrivere “tutti quelli che ne fanno richiesta” e non un numero, per non escludere nessuno».
Al nodo dell’aumento delle ore di part time si aggiunge quello delle ferie: oggi i lavoratori possono fare due settimane consecutive in estate, più una staccata. Secondo l’accordo rigettato, le settimane di ferie estive avrebbero dovuto essere solo due, senza la garanzia di poterle attaccare. Le ferie si sarebbero dovute consumate entro un anno e non più nell’arco di 18 mesi, con l’azienda che avrebbe potuto costringerti a fissarle in un certo periodo per esaurirle.
Quanto ai diritti sindacali, si disponeva la possibilità di svolgere assemblee nello stesso giorno per soli due call center in Italia, mentre le email inviate dalle Rsu non avrebbero più avuto una riconoscibilità del mittente, ma una generica intestazione del sistema di posta aziendale, rendendo più difficile al lavoratore il riconoscimento immediato.
Per Roberto Di Palma, delegato a Roma, «l’occupazione è importante ma l’aumento di ore non può essere scambiato con i diritti: il sindacato deve capire che quello dei call center è uno dei lavori più stressanti, e un’azienda come Vodafone, che ha margini di utile tra i più alti in Italia, può permettersi di offrire servizi di qualità senza intaccare le tutele».
Su questi punti di sostanza, si innesta la polemica con la Slc: secondo i delegati la maggior parte delle Rsu aveva respinto già in sede di accordo l’ipotesi, e dunque non doveva essere firmata. Di diverso parere Emilio Miceli, segretario generale Slc Cgil: «Non sono un kamikaze e non avrei mai firmato se non avessi avuto il sì della maggior parte dei delegati – spiega – Il numero di 450 era concordato con loro, se cambiano idea dopo l’accordo non ci possiamo fare granché. E’ chiaro che adesso si dovrà fare un chiarimento con le Rsu».