Vite rubate in Guatemala

CITTA’ DEL GUATEMALA

“Era il pomeriggio del 9 novembre. Mandai la mia sorellina, che aveva con sé la mia figlioletta di sette mesi, a prendere delle uova per la cena. Stavo mettendo il caffé sulla stufa quando la sento tornare correndo disperata; quattro uomini le avevano strappato dalle braccia Gloria Marina portandosela via”. Mirna Vicente, 21 anni, ci racconta in lacrime il suo dramma consumatosi nell’umilissima casa all’estrema periferia della capitale guatemalteca. “Era la mia prima e unica figlia, ho paura che se la siano portata all’estero. Spero solo che sia ancora in vita, perché so che c’è gente da quelle parti che usa i bambini per fare degli esperimenti. Se è per darle un futuro migliore sarei già grata a dio. Ma comunque non sarei d’accordo: è mia figlia, io l’ho messa al mondo, e anche se viviamo poveramente la voglio al mio fianco”.
Con ogni probabilità Gloria Marina è fra quei 5 o 6 bambini guatemaltechi che ogni giorno vengono portati fuori dal paese per approdare in famiglie straniere, oltre la metà negli Usa, e poi in Francia, Canada. Sono adozioni perfettamente legali nella forma quanto inquietanti nelle modalità: secondo uno scrupoloso rapporto dell’Unicef locale, il 98% viene realizzato per via privata (e cioé extragiudiziaria) tramite un avvocato/notaio.
Generalmente tutto comincia attraverso un’agenzia di adozioni estera che raccoglie le richieste delle coppie e fornisce un vero e proprio “campionario” di bambini in internet, con tanto di foto, sesso, età, caratteristiche fisiche, se indigeno; e naturalmente prezzo, che può variare dai 15 ai 50mila dollari. Scelto il bambino, l’agenzia dà un mandato all’avvocato-notaio guatemalteco di riferimento che avvia le pratiche, non prima di aver ottenuto da un tribunale di famiglia la certificazione di “stato di abbandono”, rilasciata (invece che da un giudice) da un’assistente sociale sotto “dichiarazione giurata”. Non esiste, in totale assenza di una legge in materia, un’istituzione centrale che supervisioni la correttezza sostanziale dell’iter che va dai tre ai sei mesi al massimo. I documenti vengono solo controllati formalmente dalla Procura generale della repubblica (dove non ci hanno ricevuto), e poi arrivano alle ambasciate per le richieste dei passaporti e dei visti con il nuovo cognome delle coppie adottanti. Queste vengono sul posto o ricevono direttamente a casa il bimbo dalle mani dall’avvocato.
Ma gli avvocati, come si procurano questi bambini? Nel migliore dei casi li comprano per qualche centinaio di dollari alle povere madri che li danno “liberamente” in adozione. Ma da quando la domanda dall’estero è cresciuta, tutti i sistemi sono diventati buoni: dall’inganno alla sottrazione con la forza.
Ad Gustavo Tobar, autista di bus urbani, Osmin e Jeffry, oggi di 11 e 5 anni, glieli ha portati via nel gennaio ’97 la Procura per una denuncia anonima di presunti maltrattamenti e denutrizione. L’avvocata Susanna de Umana, moglie dell’ex presidente della Corte suprema di giustizia, li ha poi venduti per 35 e 25mila dollari a due famiglie in Pennsylvania. Wendy Villatoro invece, qualche giorno dopo il parto è stata drogata, quindi le hanno fatto firmare delle carte in bianco (per l’adozione) in un ambulatorio privato dove l’aveva portata “una conoscente che insisteva che il mio bebé non stava bene”. Per Gabriela de Leon ci ha pensato il marito a farle sottoscrivere a suon di botte e minacce la cessione della neonata terzogenita, Melissa. Mentre a Isabel Chan, poverissima e analfabeta indigena quiché, hanno fatto firmare nell’asilo privato delle carte facendole credere che si trattava di una richiesta di adozione a distanza per il suo piccolo Mario.Se il bambino è stato rubato, come nel caso di Mirna Vicente, ci vuol poco a inventare dei genitori fittizi che lo abbandonano “volontariamente”.Durante le pratiche d’adozione, i piccoli vengono parcheggiati da balie in case-culla (cosiddette “d’ingrassamento”) gestite dagli avvocati.
I bambini degli orfanotrofi che ospitano chi è stato realmente abbandonato potrebbero essere adottati per via giudiziaria. “Ma poiché non sono fonte di businnes – ci racconta madre Gesuina Melzi, dell’orfanotrofio Emiliani, nella capitale, gestito dalle suore somasche – il tribunale impiega dai 2 ai 4 anni a riconoscere lo stato di abbandono, col risultato che le nostre adozioni sono appena una ventina all’anno e di bambini già grandicelli. Mentre gli altri diventano maggiorenni qui dentro”. Accade così che appena il 2% delle adozioni sia affidabile in Guatemala, un Paese che vanta il record di adozioni procapite al mondo, con un giro d’affari di circa 40 milioni di dollari all’anno.

I genitori delle tragiche storie che qui vi abbiamo raccontato sono tra i pochi che hanno avuto il coraggio di ribellarsi e denunciare il sopruso subìto con la sottrazione dei loro figli. Ma chi se lo è visto rubare senza tanti complimenti, come Mirna la sua Gloria Maria, non lo rivredrà mai più. Anche per Gustavo le chanche sono pochissime perché i suoi Osmin e Jeffry li hanno espatriati con grande rapidità. E comunque, una settimana dopo il nostro incontro, alla vigilia dell’udienza di riscatto decisiva, è stato vittima di un brutale attacco a colpi di machete sul suo autobus, ed è finito gravemente ferito all’ospedale. Wendy, invece, ha buone possibilità di recuperare il secondogenito Joshua perché lo ha localizzato in una casa-culla poco prima di essere inviato a una coppia negli States. E così pure Gabriela, con la sua Melissa, che ora si trova a casa tra i suoi fratellini; e la sorridente Isabel, col suo guipil colorato, che ci ha accolto nella sua poverissima casa tre giorni dopo aver riavuto il piccolo Mario. Ce l’hanno fatta grazie all’aiuto delle organizzazioni per i diritti umani che hanno suscitato un gran clamore sui mass media nazionali, scuotendo il marcio e inoperante sistema giudiziario. E’ l’unico modo, anche se le intimidazioni sono fortissime. Quanto agli avvocati-notai coinvolti, a parte un po’ di pubblicità negativa, restano impuniti: il Guatemala non contempla il reato di traffico di minori.