Mossa a sorpresa di Luigi Angeletti. Il segretario della Uil ha annunciato la disdetta dell’accordo del 1993, quello in cui per la prima volta, nella definizione degli aumenti salariali garantiti dal contratto collettivo di lavoro, si faceva riferimento all’inflazione programmata. La decisione è arrivata dalla spinta del sindacato dei bancari Uilca che fa capo alla Uil.
Un modo per impedire all’Abi di utilizzare l’accordo del 1993 nella trattativa per il rinnovo del contratto dei bancari. In pratica, Fiba Cisl, Fisac Cgil, Uilca, Dircredito, Fabi, Sinfub e Ugl credito puntano, per il triennio 2011-2013, a un aumento medio di 245 euro mensili, che consentirebbe di recuperare l’inflazione.
NO ALL’AUMENTO PER I BANCARI. L’accordo del 2009 prevede esplicitamente che gli stipendi recuperino l’Ipca, cioè l’inflazione misurata secondo le norme definite da Eurostat, l’ufficio statistico euopeo. L’Abi ha già definitito la proposta dei sindacati ”irrealistica” e punta a un ritorno al 1993.
Nessuna nostalgia per il passato si nota, invece, per gli stipendi dei banchieri. Nel 1993, per esempio, non esistevano né bonus, né superbonus, né stock option. Lo ha detto a chiare lettere il presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari, nel corso dell’assemblea degli azionisti del Monte dei Paschi tenutasi lunedì 6 giugno e di cui lo stesso Mussari è presidente. Al numero 1 della Fondazione Mps, Gabriello Mancini, azionista di maggioranza del Monte che chiedeva sacrifici economici ai top manager, Mussari ha spiegato che si è già tagliato e più in basso di così non si può andare.
SÍ AI BONUS PER BANCHIERI. Insomma, al Monte, peraltro banca piuttosto morigerata nei compensi ai top manager, d’ora in poi dunque i bonus potrebbero solo salire. Sarà difficile trovare manager disposti a sacrifici anche nelle altre banche tricolori. Poi oltre ai bonus, ci sono gettoni di presenza nei vari cda delle controllate, a volte superiori ai 100 mila euro lordi, basta sedere in tre-quattro consigli e il gioco è fatto, arriva un altro mezzo milione di euro. Che si sia una certa allergia ad affrontare le spese prodotte dai vertici della piramide non è una novità.
C’è voluta l’esternazione del presidente della repubblica Giorgio Napolitano e poi la presa di posizione della Commissione europea per costringere il parlamento a mettere all’ordine del giorno la direttiva europea sui compensi dei banchieri, non ancora recepita. Forse anche i partiti, molto indebitati, stanno in piedi anche grazie alla banche?
SACRIFICI PER I NUOVI PARIA. Al momento nel gioco delle parti tra politica, banchieri e bancari, l’unica cosa certa è che il ruolo dell’agnello sacrificale toccherà ai bancari, i nuovi ”paria (senza casta)” che sono ben 340 mila. Insomma, i banchieri vogliono risparmiare in basso anche perché verso l’alto i numeri dicono il contrario. «Negli ultimi 10 anni si è registrato un aumento delle figure più costose per l’azienda, quali quadri e dirigenti: i primi sono passati dal 29,1% al 39%, i secondi dall’1,5% al 2,1%», ha sottolineato Lando Sileoni, segretario nazionale della Fabi, il maggiore sindacato del settore.