Vis-à-vis tra due vite parallele

«O dio», «Vendetta», «Rivoluzione». Sono le parole forti, cariche di un certo fascino desueto ma quantomai attuali, che ieri Edoardo Sanguineti non ha avuto alcun timore a pronunciare nella sala del Refettorio della Camera davanti a centinaia di persone durante la sua lectio magistralis organizzata dal Centro per la Riforma dello Stato in onore dei 91 anni di Pietro Ingrao. Parole che hanno indicato una «linea di condotta »: «In un mondo in cui il 98 per cento delle persone vive una condizione di precarietà o di vera e propria miseria – ha detto il poeta e intellettuale genovese – il vero lusso è quello di permettersi ancora di essere gentili con gli altri. No, oggi è doveroso essere sgarbati per rendere evidente a tutti che viviamo in un mondo disumano ». Questo è stato l’inizio sconcertante della lezione del teorico più famoso del «Gruppo 63», autore di un recente Il chierico organico. Scritture e intellettuali (2000) e dell’ultima antologia Microcosmos (2005), che raccoglie la sua opera poetica dal 1951 ad oggi.Ma sono bastati pochi istanti per chiarire che l’odio per chi detiene le più grandi ricchezze del pianeta, la necessità di vendicare non solo le sofferenze dei padri ma anche quelle attuali dei figli, non risponde soltanto ad un’elementare esigenza etica o, peggio, ad un risentimento per chi non ha nulla ed aspira ad avere un credito illimitato per fare shopping tra le vetrine luccicanti dell’Impero. Essere sgarbati, oggi, non significa essere violenti. Almeno fino a quando non sarà viva l’esigenza di dare giustizia alle nuove generazioni, e non solo a quelle dei loro padri. Che hanno potuto permettersi il lusso, ha detto Sanguineti, di seguire una educazione intellettuale e sentimentale che non separava l’attività mentale della ricerca teorica da quella della pratica politica. Un itinerario che in quel secolo grande e terribile che è stato il Novecento ha prodotto un pensiero – quello del «materialismo storico» – che Sanguineti ha usato come sinonimo di «marxismo» – che non si è mai fermato alla constatazione dei dolori biografici degli intellettuali, ma si è proiettato su uno scenario infinitamente più largo, quello «della condizione oggettiva della lotta di classe». Oggi anche le nuove generazioni dovrebbero godere di quello stesso lusso che ha permesso di rispondere alla domanda, che alla lezione magistrale ha dato anche il titolo, «come si diventa materialisti storici?». Storie personali e storie politiche si sono intrecciate in platea. Antonio Bassolino seduto accanto a Alfredo Reichlin, dietro c’era Luciana Castellina, e ancora Goffredo Bettini, Giuseppe Vacca, Alfonso Gianni e Gianni Ferrara, Massimo Serafini e Walter Tocci. Più dietro il gruppo de «la voce della luna» del dipartimento di salute mentale della Asl Roma E, oltre ad una serie di giovani e meno giovani legate alla storia politica ed intellettuale di Ingrao. «Una buona abitudine». Così Mario Tronti, seduto accanto a Sanguineti, ha definito la lezione dedicata a Ingrao che, a partire da quest’anno, sarà tenuta ogni 30 marzo. Sanguineti ha poi raccontato la storia della sua conversione politica da «giovane anarchico radicale» a «materialista storico » ripercorrendo il proprio itinerario intellettuale e politico. Un lungo apprendistato che non si è ancora concluso, ma che si è giovato di una lunga serie di incontri. Il primo è stato a Torino nel 1940. Siamo in Corso Porto, oggi Corso Matteotti. Un gruppo di ragazzi tira calci ad un pallone. Sanguineti entra per la prima volta in contatto con un altro mondo, quello operaio, quando un giovane di nome Felice si avvicina e propone di giocare insieme. Era il primo avvistamento della rude razza pagana, ma anche la scoperta di un mondo ancora lontano per quei ragazzi, quello della sessualità. Seguì la scoperta della politica, avvenuta grazie ad un compagno di scuola che indicava al «giovane anarchico radicale qual’ero» la strada per una solidarietà umana «che allora ignoravo ». «Era pieno di quell’attenzione verso la debolezza di coloro che non erano conquistati alla causa del partito – ha raccontato Sanguineti – Sono stato stalinista, filo- cinese in polemica contro gli eccessi di burocratismo dei partiti di sinistra, fino all’ultimo approdo l’euro-comunismo di Berlinguer quando feci il deputato dal 1979 al 1983». «Se fossi oggi in politica – ha continuato Sanguineti – consiglierei a Prodi di tornare ad applicare i principi di quel capolavoro che è la Costituzione italiana: diritto al lavoro, alla scuola e alla sanità pubblica, innanzitutto». In un momento in cui un’intera generazione europea reclama il proprio diritto al futuro, questo non sarà rivoluzionario, ma almeno risponde ad un criterio minimo di giustizia. «Non è follia ma invece/fine della follia. Non è il caos ma/ l’ordine, invece./ E’ la semplicità/ che è difficile a farsi» scriveva Bertolt Brecht, nella sua Ode al comunismo del 1933. Oggi, come ieri, ha ricordato Sanguineti, si sa che questa semplicità è il risultato di una lunga ostinazione.