Finalmente, elezioni. Mezzo milione di greco-ciprioti, su una popolazione
complessiva residente nel territorio sotto sovranità della Repubblica di
Cipro ammontante a 750 mila, che arrivano a sfiorare il milione di abitanti, se consideriamo anche la comunità turco-cipriota residente a Nord, nel territorio sotto controllo della “Repubblica Turca di Cipro Settentrionale”, i cui residenti non sono tuttavia ammessi al voto, sono, alla fine, chiamati alle urne per domenica 21 maggio, in quella che è destinata a passare alla cronaca come una campagna elettorale “storica”: per essere la campagna parlamentare più lunga della storia di Cipro contemporanea (cioè da quando la Repubblica è stata istituita, ormai 46 anni fa), per essere quella in cui il maggior numero di partiti politici (11 per l’esattezza) si presenteranno al giudizio elettorale e infine per collocarsi in un momento unico della storia di Cipro, le prime all’indomani dell’ingresso ufficiale nell’Unione Europea, le prime dopo il fallimento del Piano di Riunificazione proposto dalle Nazioni Unite sotto il nome di “Piano Annan” e dopo, aspetto questo, per gli scopi del lavoro di costruzione di un “dialogo di pace” particolarmente rilevante, il riflusso del “bi-comunalismo”, l’apertura di una fase caratterizzata, cioè, dalla stagnazione della società civile e dalla riduzione delle potenzialità di trasformazione dei percorsi di riconciliazione tradizionali.
Sul terreno politico-istituzionale, le elezioni del 21 maggio determineranno i 56 nuovi membri della Camera dei rappresentanti, il corpo legislativo della Repubblica, la quale è retta da un sistema presidenziale, in cui il Presidente della Repubblica, eletto a suffragio universale e diretto, è anche capo dell’esecutivo. In tutto, 487 candidati concorrono a un seggio nel nuovo Parlamento, con sei politici, “veterani” della classe politica locale, che lasciano l’agone elettorale. La più prestigiosa di queste defezioni è indubbiamente quella di Vassos Lyssarides, 85 anni, storico leader social-democratico e strenuo oppositore del Piano Annan, che, come è noto, è stato rigettato, in referendum popolare, dalla stragrande maggioranza della comunità greco-cipriota, nel referendum del 24 aprile 2004. La lunga campagna elettorale, ufficialmente cominciata nel settembre 2005, è, di fatto, entrata nel suo “fuoco” con l’ingresso della primavera, e si è concentrata soprattutto sulle tematiche economiche (anche in vista del prossimo, programmato nel 2008, ingresso di Cipro nell’Unione Monetaria) e su quelle inerenti la riunificazione (all’indomani dell’apertura del “Processo di Parigi” che ha dato vita all’istituzione di tavoli tecnici bilaterali di confronto tra le rappresentanze delle due comunità maggioritarie).
Come è noto, il Piano Annan è stato rifiutato dalla comunità greco-fona
soprattutto a causa della mancanza di garanzie intorno al ritiro delle
truppe turche di occupazione, stanziate nel nord dell’isola sin
dall’operazione militare del 1974, ma anche per il carattere sostanzialmente “confederale” dell’impalcatura istituzionale che esso disegnava per la cosiddetta RUC (Repubblica Unita di Cipro). Anche se tutti i partiti sembrano convergere nel giudicare il Piano Annan non più conforme ad una soluzione comprensiva della questione cipriota, tuttavia lo si considera ancora una sorta di “base” negoziale, soprattutto da parte delle forze di opposizione, che ne hanno fatto, strumentalmente, terreno di battaglia politica e di scontro con l’esecutivo in carica. Il principale partito della coalizione governativa uscente, anche principale partito dopo le scorse elezioni politiche, l’AKEL (il partito comunista cipriota) ed il suo rivale DISY (liberale), sono accreditati entrambi, in un autentico “testa a testa”, di un 30-32 % dei voti e 19-20 seggi ciascuno, a testimonianza della particolare polarizzazione politica in cui si svolge questa tornata
elettorale. Il partito centrista nazionalista del presidente Tassos
Papadopoulos (DIKO) potrebbe aggiudicarsi il 16-18 % dei voti.
Gli analisti politici sembrano concordi nel considerare il risultato
elettorale decisivo non solo ai fini della definizione dei rapporti di forza
nel quadro politico cipriota, ma anche per le chances di ricandidatura di
Papadopoulos per un secondo mandato presidenziale, che potrebbe viceversa – se le previsioni saranno confermate – passare a un uomo di punta dell’AKEL.
Quest’ultimo ha tenuto la sua manifestazione di chiusura campagna venerdì 19 maggio, nella centralissima Piazza Eleftheria a Nicosia, con un concerto, l’arrivo dei giovani dell’EDON a conclusione della loro sfilata per le vie del centro, megaschermo con una straordinaria sequenza di immagini della storia mondiale e cipriota, ed in particolare del movimento comunista internazionale del XX secolo, e, quindi, comizio finale del Segretario Generale, nonché Presidente della Camera dei Rappresentanti, Dimitris Christofias, raccogliendo in piazza (evento eccezionale per Nicosia e, più in generale, per Cipro), diverse migliaia, tra attivisti e cittadini. Solo le briciole per gli altri partiti: l’EDEK (socialdemocratici) difficilmente potrà superare la soglia del 10 %; tra i partiti minori, il Partito Europeo (Evroko), formazione di destra, mira al 5 % e tre seggi; i Verdi potrebbero raggiungere il 3% e due seggi, in un sistema in cui la soglia di sbarramento è collocata all’1,7%. Un sistema elettorale, per di più, anomalo rispetto alla regolazione europea, che la legislazione nazionale cipriota, in materia elettorale, non ha ancora recepito, dal momento che il voto a Cipro è (ancora) obbligatorio e l’ammontare delle schede bianche e dei non votanti verrà, in sede di computo delle percentuali e di assegnazione dei seggi, ripartito tra tutti i partiti che si sono presentati alle elezioni, in maniera proporzionale sulla base dei risultati conseguiti nel conteggio delle schede valide.
Non sono passati, viceversa, senza esito gli sforzi di ricomposizione che il bi-comunalismo e la mediazione diplomatica e “dal basso” hanno saputo proporre negli anni passati: a gennaio, la Camera dei rappresentanti ha votato all’unanimità una disposizione che, per la prima volta dallo scoppio dei disordini inter-comunitari del 1963, consente ai cittadini turco-ciprioti, residenti a Sud, di partecipare alle elezioni, di eleggere ed essere eletti, purché presentandosi in lista con uno dei partiti ammessi e non in liste a composizione mono-etnica. Pesa tuttavia il condizionamento dell’opinione pubblica e un sistema politico “bloccato”: uno solo sarà il candidato turco-cipriota alle elezioni, la poetessa Nese Yiasin, nelle liste dell’EDI (Democratici Uniti, formazione di centro non nazionalista), sostenuta però anche da settori di società civile e della quale è noto l’impegno civico. Tre seggi saranno riservati alle minoranze
etnico-religiose (Armeni, Maroniti e Latini [cattolici], discendenti dai
Veneziani che hanno dominato l’isola fino al 1571). Va infine aggiunto che i ciprioti residenti all’estero non possono votare nei luoghi di residenza e, così, una nuova anomalia è stata ammessa per consentirne il diritto di voto, con il permesso accordato ai partiti politici di pagare “voli speciali” per permettere ai “ciprioti nel mondo” di rientrare e votare. Una prebenda “privata” per garantire l’esercizio di un dovere collettivo. L’ennesima anomalia in un Paese ancora, in fondo, così “bizantino”.
Gianmarco Pisa
con il progetto “Dialoghi di Pace” a Cipro